Latinoamerica-online.it

 

Luis Almagro lascia la guida dell'Oea  (11/3/2025)

L'America Latina di fronte al tornado Trump  (4/2/2025)

 

Argentina

Il criptogate di Javier Milei  (18/2/2025)

 

Colombia

I "crimini di guerra" dell'Eln  (25/1/2025)

 

Cuba

L'amministrazione Trump torna alla "politica dura" contro Cuba  (2/2/2025)

 

Ecuador

Noboa e González al ballottaggio  (13/2/2025)

 

El Salvador

Bukele contro i difensori dell'acqua - El Salvador ospiterà detenuti Usa?  (14/2/2025)

 

Haiti

La missione internazionale non frena la violenza  (19/1/2025)

 

Honduras

La risposta di Xiomara Castro a Trump - L'arresto del generale Romeo Vásquez  (6/1/2025)

 

Messico

Gli orrori di Teuchitlán - Le riforme della presidente Sheinbaum  (20/3/2025)

 

Venezuela

Torna la tensione con la Guyana  (3/3/2025)

 


Messico, gli orrori di Teuchitlán

Il paese è sconvolto per il ritrovamento, nel Rancho Izaguirre di Teuchitlán (Stato di Jalisco), di resti umani bruciati, scarpe, borse, indumenti e altri oggetti personali che fanno pensare a centinaia di vittime. Il luogo sarebbe stato usato come campo di "addestramento e sterminio" dal cartello Jalisco Nueva Generación e qualcuno ha ipotizzato anche l'esistenza di forni crematori. In settembre la Guardia Nacional si era scontrata con membri della delinquenza organizzata, arrestando dieci persone e liberando due sequestrati. Ma dopo di allora la Procura statale aveva affermato di non aver trovato traccia di altre attività criminali. Eppure in marzo i Guerreros Buscadores de Jalisco, un gruppo di familiari di desaparecidos che non si rassegnano alla scomparsa dei loro cari, hanno fatto la macabra scoperta. Teuchitlán, un tempo noto per un antico insediamento preispanico dalle caratteristiche piramidi cricolari, è diventato oggi il simbolo dell'orrore in cui i narcos hanno sprofondato alcune zone del Messico.

Intervenendo sul caso Teuchitlán la presidente Sheinbaum, dopo aver espresso la sua vicinanza alle famiglie degli scomparsi, ha assicurato: "Agiremo nel quadro della legge e con tutta la forza dello Stato" contro l'impunità. E ha annunciato una serie di azioni per fronteggiare il fenomeno, prima tra tutte il rafforzamento della Comisión Nacional de Búsqueda per ampliare la sua capacità di indagine anche attraverso l'acquisizione di nuovi strumenti tecnologici. Gli avversari della Cuarta Transformación non hanno però tralasciato l'occasione per attaccare il governo, diffondendo in soli quattro giorni decine di migliaia di falsi account su X che hanno generato oltre un milione di hashtag quali #NarcoPresidentaClaudia e #NarcoExPresidenteAMLO. Una vera e propria guerra sucia per la quale sono stati spesi 20 milioni di pesos con l'intento di destabilizzare le istituzioni.

LE RIFORME DELLA PRESIDENTE SHEINBAUM. Celebrando l'anniversario della nazionalizzazione dell'industria petrolifera, avvenuta il 18 marzo 1938, la presidente Claudia Sheinbaum ha affermato che "il miglior omaggio che possiamo fare al generale Lázaro Cárdenas e al popolo del Messico" è la promulgazione delle leggi di riforma (già approvate dal Congresso) volte al rafforzamento di Petróleos Mexicanos e della Comisión Federal de Electricidad come imprese pubbliche dello Stato. Viene così consolidata la sovranità energetica del paese, cancellando la controriforma neoliberista promossa nel 2013 dal priista Peña Nieto, che mirava a trasformare petrolio ed elettricità in redditizi affari privati. Alla cerimonia era presente Cuauhtémoc Cárdenas, figlio del generale.

Un'altra importante iniziativa di riforma inviata dalla presidenza al Congresso prevede l'aggiunta di due paragrafi all'articolo 40 della Costituzione, per mettere in chiaro - ha detto Sheinbaum - che con qualsiasi paese, e soprattutto con gli Stati Uniti, "collaboriamo, ci coordiniamo, lavoriamo insieme, ma non ci sottometteremo mai". I paragrafi proposti affermano: "Il popolo del Messico, in nessuna circostanza accetterà interventi, intromissioni o qualsiasi altro atto dall'estero che sia lesivo dell'integrità, dell'indipendenza e della sovranità della nazione, come colpi di Stato, ingerenza nelle elezioni o violazione del territorio messicano, sia questa per terra, mare o spazio aereo. E neppure consentirà alcun intervento in indagini e persecuzione senza l'autorizzazione e la collaborazione espressa dello Stato messicano nel quadro delle leggi in vigore".

In dicembre Claudia Sheinbaum aveva firmato il decreto per la pubblicazione sul Diario Oficial, in 57 lingue originarie, della riforma costituzionale adottata durante il mandato di López Obrador, che per la prima volta riconosce i 68 popoli nativi come soggetti di diritto pubblico con personalità giuridica e patrimonio proprio, obbliga a consultazioni in merito a progetti che riguardino le loro comunità e dichiara il Messico "nazione multietnica". Il mese precedente era stato presentato il Plan Nacional Hídrico, con il quale "si lascia alle spalle la visione neoliberista" dell'acqua come merce. Un persorso, iniziato già da López Obrador, al quale verrà dato maggior impulso per recuperare questa risorsa "come bene della nazione e come diritto umano".

20/3/2025


Luis Almagro lascia la guida dell'Oea

In maggio l'uruguayano Luis Almagro lascerà la guida dell'Organización de los Estados Americanos. A sostituirlo è stato designato il ministro degli Esteri del Suriname, Albert Ramdin: sarà il primo rappresentante di un paese dei Caraibi ad assumere l'incarico di segretario generale dell'Oea. E proprio gli Stati caraibici, insieme ai governi progressisti della regione (Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Messico, Uruguay) sono stati determinanti nella nomina. Ramdin era rimasto l'unico candidato dopo il ritiro del suo avversario, il paraguayano Rubén Ramírez Lezcano, spinto alla rinuncia per l'assottigliarsi del gruppo dei suoi sostenitori. "Il mio impegno è di servire tutti gli Stati membri di questa organizzazione - sono state le prime parole del segretario eletto - La nostra forza collettiva si basa sulla nostra capacità di lavorare insieme".

A differenza di Almagro, perennemente allineato agli interessi statunitensi, Ramdin si è detto disposto a intavolare un dialogo con il governo Maduro e in febbraio aveva ricevuto il suo omologo venezuelano Yván Gil, allo scopo di "rinsaldare i legami". Una posizione agli antipodi di quella di Ramírez Lezcano, secondo il quale l'Oea dovrebbe adoperarsi perché Venezuela, Cuba e Nicaragua (che attualmente non hanno rappresentanti nell'organizzazione) "tornino al sistema democratico e abbiano governi rispettati e rispettabili".

Sulla Cina (membro osservatore senza diritto di voto) il paraguayano esprime la posizione del suo paese: Asunción riconosce Taiwan e non intrattiene relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare. Ramírez Lezcano sostiene l'importanza di vigilare affinché l'appoggio ricevuto da paesi terzi "non faccia deviare" l'Oea dai suoi obiettivi. Il nuovo segretario generale invece mantiene buoni rapporti con Pechino e lo scorso anno si era incontrato con il suo omologo cinese, suscitando la preoccupazione di Washington. Secondo Ramdin, all'interno dell'Oea "tutti i paesi devono avere la stessa opportunità di poter parlare, influire e contribuire".

11/3/2025


Venezuela, torna la tensione con la Guyana

Il presidente della Guyana, Irfaan Ali, ha ordinato una mobilitazione delle forze aeree e navali come risposta all'incursione di una nave militare venezuelana in acque che considera sotto la sua sovranità, nei pressi di una piattaforma della transnazionale ExxonMobil. Il Ministero degli Esteri di Caracas ha risposto affermando che quella zona marittima è ancora contesa e che Georgetown non aveva alcun diritto di concederne lo sfruttamento petrolifero. Come c'era da aspettarsi, il Dipartimento di Stato Usa ha spalleggiato la posizione della Guyana e l'Organización de los Estados Americanos ha accusato Caracas di "minare la stabilità e minacciare i principi di convivenza pacifica".

L'appoggio di Washington a una delle parti in causa nella controversia è solo l'ultimo di una serie di passi volti a indebolire il governo Maduro. Rientra in questo quadro l'annuncio di pochi giorni prima di revocare la licenza per l'esportazione di greggio venezuelano concessa alla compagnia petrolifera Chevron. E in precedenza gli Stati Uniti avevano confiscato un aereo della República Bolivariana nell'aeroporto di Santo Domingo, con il pretesto della violazione delle sanzioni statunitensi, una decisione che Caracas aveva definito "un furto". Si interrompe così la breve tregua che a fine gennaio aveva visto la liberazione di sei cittadini statunitensi detenuti nelle carceri venezuelane e il rimpatrio di 366 migranti espulsi dal territorio Usa.

Tra le ragioni addotte da Trump per giustificare la revoca alla Chevron figurano naturalmente le accuse di brogli avanzate dall'opposizione in merito alle elezioni presidenziali del 28 luglio, che hanno visto la vittoria di Maduro. Una vittoria che gli Stati Uniti, come del resto Israele e l'Unione Europea, non hanno mai riconosciuto. Il 10 gennaio Nicolás Maduro ha giurato per il suo terzo mandato davanti all'Asamblea Nacional e a 120 delegazioni internazionali e la Fuerza Armada Nacional Bolivariana gli ha ratificato la sua lealtà. E questo nonostante nella Repubblica Dominicana il candidato sconfitto Edmundo González Urrutia, proclamatosi presidente eletto, avesse intimato agli alti comandi militari di "non obbedire agli ordini illegali" provenienti "da chi confisca il potere".

La debolezza dell'opposizione era apparsa chiara il giorno precedente l'insediamento: in piazza erano scese poche migliaia di persone anziché il milione di manifestanti che era stato promesso. Ed era durata poco la fake news sull'arresto di María Corina Machado, di cui non era stata presentata alcuna prova. In seguito il ministro dell'Interno, Diosdado Cabello, ha rivelato che prima della cerimonia di investitura erano stati scoperti e sgominati piani di attacco a installazioni militari e che la protesta del 9 gennaio avrebbe dovuto essere il segnale di una rivolta contro la República Bolivariana.

3/3/2025


Argentina, il criptogate di Javier Milei

Uno scandalo finanziario mondiale. È quello che ha come protagonista il presidente Javier Milei, che la sera del 14 febbraio ha promosso, sul suo account X, il lancio della criptovaluta $Libra, creata solo pochi minuti prima, presentandola come "un progetto privato per incentivare l'economia argentina e finanziare piccole imprese e affari". L'annuncio, con annesso link per l'acquisto, ha attirato subito migliaia di persone e il prezzo di $Libra è schizzato in pochissimo tempo alle stelle: a questo punto gli sviluppatori del progetto, che controllavano una grossa percentuale dell'offerta, si sono affrettati a vendere ottenendo enormi profitti, prima che il valore della nuova criptovaluta crollasse lasciando gli incauti investitori con perdite intorno ai 250 milioni di dollari. L'operazione viene definita dagli esperti rug pull: "togliere il tappeto (da sotto i piedi)".

Il caso scoppia quando si viene a sapere che in precedenza il presidente si era incontrato e si era fatto fotografare con i responsabili del progetto, compresi i proprietari di una piccola impresa di Singapore. la Kip Protocol, su cui lo stesso Milei ha gettato poi la colpa dell'accaduto. Mentre fioccano le denunce penali in Argentina e negli Stati Uniti, la maggioranza riesce a bloccare al Senato la creazione di una commissione d'inchiesta. Non è la prima volta che Milei è invischiato in operazioni poco chiare di questo tipo. Quando era deputato aveva consigliato di investire in un'altra criptomoneta, CoinX, che avrebbe "aiutato gli argentini a sfuggire all'inflazione". Anche questa si era rivelata una frode e Milei era stato denunciato per la sua partecipazione nel raggiro.

Se il criptogate, come è stato subito denominato, ha inferto un duro colpo alla credibilità del capo dello Stato, cresce l'opposizione contro la sua politica economica. Come sostiene il gruppo di sacerdoti di Opción por los Pobres, Milei governa "a forza di decreti e veti, giustificando tutto con numeri sempre falsati, generando fame in maniera crescente tra la popolazione e promuovendo la legge della foresta in nome di una falsa libertà. È il trionfo dell'individualismo, del razzismo e dell'odio che conducono alla disintegrazione sociale". E mentre il prezzo degli alimenti e le tariffe di luce e gas continuano ad aumentare, il governo ha deciso la sospensione della consegna di medicine gratuite agli anziani con pensione minima. E i pensionati, che tutti i mercoledì protestano pacificamente davanti al Congresso, sono accolti con cariche della polizia e gas lacrimogeni.

Non sono solo i pensionati a scendere in piazza. Il 5 dicembre erano in migliaia per una mobilitazione organizzata dalle due centrali sindacali Cta, cui si erano uniti movimenti sociali e studenti universitari, con lo slogan: "La patria non si vende; per un'Argentina senza fame, con pace, giustizia sociale e sovranità". Erano addirittura milioni il primo febbraio, a Buenos Aires e in tante altre città, a rispondere alla convocazione dei gruppi lgbtq+ per una Marcha Federal del Orgullo Antifascista y Antirracista. Era la risposta al discorso del presidente che, al Foro Economico Mondiale di Davos, aveva affermato: "L'ideologia di genere costituisce molto semplicemente abuso infantile. Sono pedofili", aggiungendo che "il femminismo, l'uguaglianza, l'ideologia di genere, il cambiamento climatico, l'aborto e l'immigrazione sono tutte teste dello stesso mostro, il cui fine è giustificare l'avanzata dello Stato".

E il 15 febbraio si è conclusa, con l'appoggio di un centinaio di organizzazioni, la giornata di veglia promossa dalle Madres e Abuelas de Plaza de Mayo di fronte alla Casa Rosada, una mobilitazione che venne realizzata per la prima volta nel 1981. Proprio in questo periodo di attacco a chi lotta per la memoria le Abuelas hanno registrato importanti vittorie, annunciando tra dicembre e gennaio il ritrovamento di due nuovi nipoti che la dittatura aveva sottratto alle famiglie originarie. Il primo è figlio di militanti Montoneros sequestrati nel 1976 nella capitale; i genitori della seconda appartenevano al Partido Comunista Marxista Leninista e vennero catturati nel 1977. Tutti e quattro figurano tra i desaparecidos.

18/2/2025


El Salvador, Bukele contro i difensori dell'acqua

Il 13 febbraio l'ex magistrato del Tribunal Supremo Electoral Eugenio Chicas è stato arrestato con accuse pretestuose. Molti hanno visto in questo una vera e propria vendetta da parte di Nayib Bukele, che nel 2018 (quando era candidato presidenziale) era stato da lui sconfitto in una causa per diffamazione e aveva dovuto pagargli 50.000 dollari. Non stupisce dunque che nel novembre scorso un tribunale di San Salvador lo abbia dichiarato colpevole di arricchimento illecito e lo abbia condannato al pagamento di oltre 200.000 dollari.

Ma la questione non si esaurisce in uno scontro personale: Chicas era stato testimone della difesa nel processo contro gli ambientalisti di Santa Marta, assolti nell'ottobre 2024 dopo 21 mesi di carcerazione arbitraria. La sua detenzione è dunque l'ultimo episodio, in ordine di tempo, della battaglia tra il presidente e le comunità in lotta contro la riapertura delle miniere. L'industria estrattiva era stata proibita nel 2017 per le sue gravi conseguenze ambientali e sociali; solo lo scorso dicembre, con una rapida seduta del Congresso (dove Bukele gode della maggioranza) il divieto è stato cancellato. In previsione di questo voto era già partita la persecuzione giudiziaria degli ambientalisti delle zone più interessate all'attività mineraria. Per attaccare cinque difensori dell'acqua di Santa Marta la Fiscalía General aveva rispolverato un'accusa risalente a oltre trent'anni fa, durante la guerra civile nel paese. Il loro vero crimine: come membri della Mesa Nacional frente a la Minería Metálica avevano combattuto e vinto l'impresa canadese Pacific Rim Mining Corporation (acquistata nel 2013 dall'australiana OceanaGold). Nonostante l'assoluzione di ottobre, la causa contro di loro è stata ora riaperta e verrà discussa presso un altro tribunale.

"L'attività mineraria a livello industriale porta allo spostamento di popolazioni, priva la gente dei suoi luoghi d'origine - avverte Andrés Mckinley, esperto in questi temi dell'Universidad Centroamericana José Simeón Cañas - È davvero una situazione che ci fa chiedere se sarà possibile sostenere la vita nel paese". E il processo contro i cinque difensori dell'acqua, che avevano contribuito a fare del Salvador la prima nazione al mondo a vietare l'estrazione dei metalli, è un appoggio agli interessi del regime di Bukele. Contro la reintroduzione dell'attività estrattiva i salvadoregni sono scesi in piazza nella capitale il 19 gennaio e a fine mese diverse comunità del dipartimento di Cabañas hanno realizzato una "camminata per la vita" consapevoli che, diversamente dai benefici economici promessi dal capo dello Stato, la riapertura delle miniere favorirà unicamente le grandi compagnie transnazionali, lasciando sul posto solo inquinamento (tra l'altro contaminando il Río Lempa, principale fonte di acqua potabile per circa quattro milioni di persone). La Chiesa Cattolica ha lanciato una raccolta di firme per chiedere al Congresso la deroga della legge.

EL SALVADOR OSPITERA' DETENUTI USA? Il presidente Bukele ha proposto all'inviato dell'amministrazione Trump, il segretario di Stato Marco Rubio, di ospitare nel sistema penitenziario salvadoregno, dietro un compenso pro capite, detenuti sia di cittadinanza statunitense sia di altre nazionalità che abbiano ricevute condanne definitive negli Usa. L'ipotesi ha sollevato le critiche dell'opposizione, che già contesta gli arresti arbitrari e i tanti casi di violazione dei diritti umani che avvengono nelle prigioni del paese. Nelle carceri del Salvador erano rinchiusi, nel giugno dello scorso anno, quasi 108.000 detenuti (più di 81.000 arrestati durante il mandato di Bukele): è la nazione con la maggior tassa di reclusi al mondo in rapporto al numero di abitanti.

14/2/2025


Ecuador, Noboa e González al ballottaggio

Saranno l'attuale capo dello Stato Daniel Noboa, di Acción Democrática Nacional, e la candidata del correista Movimiento Revolución Ciudadana Luisa González Alcívar a confrontarsi nel ballottaggio del 13 aprile. Le consultazioni del 9 febbraio si sono concluse con Noboa che, con il 44% dei suffragi, supera González per una manciata di voti. Al terzo posto, con poco più del 5%, Leonidas Iza di Pachakutik (il braccio politico della Conaie): il movimento indigenista si conferma così l'ago della bilancia. Il presidente in carica contava su una vittoria al primo turno, ma le sue speranze sono andate presto deluse e le sue denunce di brogli sono state smentite dagli osservatori dell'Oea e dell'Unione Europea. Per quanto riguarda la composizione della prossima Asamblea Nacional, Mrc e Adn hanno ottenuto il maggior numero di seggi, ma nessuna delle due formazioni può contare sulla maggioranza assoluta e il vincitore delle presidenziali sarà costretto a ricercare alleanze con i partiti minori.

La campagna elettorale è stata contrassegnata dalla violenza: del resto l'Ecuador ha il poco invidiabile primato del più alto tasso di omicidi della regione, con le strutture criminali profondamente infiltrate nell'apparato statale. La proclamazione dello stato d'emergenza in diverse zone e la militarizzazione della sicurezza non hanno portato a frenare la violenza, anzi, hanno provocato una serie di esecuzioni extragiudiziarie. Il caso più drammatico riguarda quattro ragazzini afroecuadoriani, catturati in dicembre dai militari perché sospettati di tentato furto e i cui corpi sono stati ritrovati in seguito carbonizzati.

Prima del voto era scoppiato anche il conflitto istituzionale tra Noboa e la sua vice, Verónica Abad, che il presidente aveva cercato di sostituire con una funzionaria di sua fiducia, Cynthia Gellibert. La polemica tra i due era in corso da tempo, ma era diventata di particolare rilevanza nel momento in cui la vice avrebbe dovuto assumere le funzioni di capo dello Stato al posto di Noboa, impegnato nella campagna per la rielezione. La vicenda aveva avuto anche risvolti giudiziari: in gennaio la giudice costituzionale Nobia Vera aveva ordinato l'immediato reintegro di Abad nel suo ruolo di vicepresidente.

13/2/2025


L'America Latina di fronte al tornado Trump

Tra i primi decreti firmati dal nuovo presidente statunitense, Donald Trump, figura la deportazione degli immigrati irregolari verso i paesi d'origine, deportazione che è iniziata con oltre 260 guatemaltechi. Per compiacere l'elettorato più reazionario, i primi trasferimenti sono avvenuti in modo plateale: le persone espulse sono state imbarcate sugli aerei incatenate in lunghe file, quasi fossero pericolosi delinquenti. Scene che hanno fatto ricordare gli africani al mercato degli schiavi e che hanno provocato le proteste di molti governi latinoamericani. Le autorità brasiliane hanno condannato "il flagrante disprezzo dei diritti fondamentali" dei concittadini, ordinando la loro immediata liberazione dai ferri.

In Colombia il presidente Gustavo Petro ha proibito l'arrivo di due aerei statunitensi con deportati a bordo finché a questi non fosse garantito un trattamento "dignitoso". La decisione ha provocato una crisi diplomatica, con l'immediata reazione di Trump che ha ordinato l'imposizione di dazi del 25% a tutti i prodotti colombiani, nonché restrizioni di viaggio e revoca dei visti per i funzionari di Bogotá. Il paese sudamericano ha risposto con analoghi dazi sulle importazIoni dagli Usa. Alla fine si è raggiunto un accordo, anche se dalla Casa Bianca si è voluto far credere che il governo di Bogotá avesse ceduto su tutto, accettando il rimpatrio dei connazionali alle condizioni imposte da Washington. E molti media internazionali hanno dato retta a questa versione, riportando la notizia della resa totale di Petro. In realtà quest'ultimo ha ottenuto che i migranti colombiani tornassero a casa in velivoli della forza aerea nazionale e che viaggiassero senza manette, come documentato dalle foto scattate a bordo e diffuse da fonti ufficiali.

Anche la presidente Claudia Sheinbaum ha dovuto fronteggiare il ricatto di Washington, pur se - come hanno fatto notare le autorità messicane - l'imposizione di dazi rischia di danneggiare in primis l'economia del colosso del Nord, viste le tante aziende Usa che hanno spostato la produzione oltre confine per approfittare della manodopera meno costosa. Città del Messico comunque si è preparata ad accogliere il ritorno dei suoi emigranti (ne sono già arrivati oltre seimila) con il programma México te abraza che mira a fornire, a chi è costretto al rientro, appoggio sociale e prospettive di lavoro. Quanto ai dazi del 25% sulle merci messicane (e canadesi), sono stati sospesi per trenta giorni in cambio di un maggior controllo alle frontiere per bloccare il commercio di fentanyl. Sheinbaum ha disposto l'invio di 10.000 militari della Guardia Nacional e gli Stati Uniti si sono impegnati a esercitare un maggiore controllo sul traffico di armi verso il confine meridionale.

Altro punto caldo nei rapporti tra America Latina e Casa Bianca è Panama. Il presidente José Raúl Mulino, dopo aver a più riprese ribadito la sovranità panamense sul Canale, si è incontrato con il segretario di Stato Usa Marco Rubio, al quale ha promesso di non rinnovare l'intesa firmata con Pechino sulla Via della Seta (Trump si era lamentato dell'eccessiva presenza della Cina a Panama) e ha offerto agli Stati Uniti l'uso di una base militare nel Darién per facilitare il rimpatrio dei migranti espulsi. Basterà tutto questo per evitare l'invasione dei marines nel paese centroamericano?

4/2/2025


L'amministrazione Trump torna alla "politica dura" contro Cuba

Neanche una settimana prima dell'assunzione di Donald Trump, il presidente Joe Biden, pur non eliminando il bloqueo, aveva cancellato Cuba dall'elenco dei paesi patrocinatori del terrorismo, togliendo anche alcune sanzioni finanziarie e sospendendo la possibilità per i cittadini statunitensi di ricorrere davanti ai tribunali contro l'esproprio delle loro proprietà all'indomani della Rivoluzione. Nel frattempo il governo dell'Avana annunciava la liberazione, in seguito alla mediazione del Vaticano, di 553 detenuti condannati per diversi reati.

Ma il sollievo dei democratici di tutto il mondo è durato poco: tra i primi provvedimenti di Trump figura il reinserimento dell'isola nella lista nera e il ritorno a una "politica dura" nei confronti dell'Avana. Del resto c'era da aspettarselo vista la scelta di Marco Rubio, un feroce anticastrista, come segretario di Stato. Il pretesto per l'inasprimento delle misure sarebbe l'appoggio dato "per molto tempo" da Cuba ad "atti di terrorismo internazionale". Si tratta di "un altro abuso, avvolto nella menzogna, per giustificare l'assedio criminale" contro il paese, ha commentato il presidente cubano Díaz-Canel. E in un comunicato del Ministero degli Esteri si afferma che le decisioni della nuova amministrazione Usa sono dettate "dall'impegno contratto con famiglie reazionarie e gruppi speciali di interesse negli Stati Uniti e in Florida", una dimostrazione "della natura corrotta con cui generalmente opera questo governo".

Una risposta alla politica di Washington è venuta dalle migliaia di giovani che il 27 gennaio hanno partecipato alla tradizionale Marcha de las Antorchas, organizzata dalla Federación Estudiantil Universitaria, con lo slogan Siempre antimperialista, alla vigilia del 172° anniversario della nascita di José Martí. La prima marcia delle fiaccole, avvenuta nel 1953 in occasione del centenario di Martí, aveva rappresentato una sfida al regime di Batista da parte di quella che sarebbe poi passata alla storia come Generación del Centenario.

2/2/2025


Colombia, i "crimini di guerra" dell'Eln

Nella regione del Catatumbo (dipartimento di Norte de Santander) oltre 40.000 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per sfuggire alla violenza. Sono almeno ottanta i morti provocati dagli attacchi dei guerriglieri dell'Eln contro membri del Frente 33, una delle dissidenze delle Farc. Secondo Indepaz, l'Instituto de Estudio para el Desarrollo y la Paz, tra le vittime ci sono due minori e un bambino di appena nove mesi. Le risorse minerarie e le condizioni climatiche, che ne fanno un luogo ideale per la coltivazione della coca, rendono il Catatumbo una delle zone più contese dai gruppi armati.

Il presidente Gustavo Petro ha dichiarato lo stato d'emergenza, ha definito "crimini di guerra" le azioni dell'Ejército de Liberación Nacional e ha dichiarato la sospensione del dialogo in quanto "l'Eln non ha nessuna volontà di pace". "Quanto successo nel Catatumbo non è se non un'ulteriore dimostrazione del passaggio delle guerriglie insurrezionali verso organizzazioni narcoarmate L'azione di massacro commessa dall'Eln con forze fatte venire da Arauca verso il Catatumbo ricalca perfettamente l'agire dei gruppi paramilitari quando, sotto la direzione di Mancuso, giunsero in zona: un massacro di contadini e civili indifesi - ha scritto Petro sul suo account X - L'Eln si è allontanato dalla teoria dell'amore efficace del suo fondatore, il sacerdote Camilo Torres Restrepo, di cui ancora conservo la tonaca, e si è spostato verso le strade di Pablo Escobar, che hanno scelto come loro guida permanente. È il passaggio che ogni essere umano fa quando il suo cuore è vinto dall'avidità o, come direbbe José Eustasio Rivera, è vinto dalla violenza. Ho conosciuto molti militanti dell'Eln quando ero in carcere o nelle mie notti di amore e di guerra: ho sempre ammirato i loro principi, la loro dedizione rivoluzionaria; credo che questo Eln sia morto".

25/1/2025


Haiti, la missione internazionale non frena la violenza

Sono oltre un milione le persone che hanno dovuto abbandonare le loro case a causa della violenza delle bande criminali: lo afferma l'International Organization for Migration. Nel corso del 2024 si calcola che gli assassinati siano stati più di 5.600. Tra questi quasi duecento anziani e leader religiosi vudù di Port-au-Prince, fatti uccidere per vendetta da un capoclan che li accusava di aver provocato, con un maleficio, la morte del figlio. Nel paese regna il caos e la furia della criminalità non risparmia neppure gli ospedali: in dicembre è stato incendiato il Bernard Mevs, uno dei pochi centri di cura ancora funzionanti.

A peggiorare la crisi umanitaria l'arrivo nel paese di 200.000 haitiani espulsi dalla vicina Repubblica Dominicana. La situazione peggiore è quella dei minori che spesso, per sfuggire alla fame, si vendono sul mercato del sesso oppure vanno a ingrossare le file delle gang, dove il reclutamento di giovanissimi è cresciuto enormemente negli ultimi tempi. E l'intervento della Missione Internazionale di Appoggio alla Sicurezza sotto comando keniano non sembra in grado di frenare la violenza, anche se agli iniziali 400 agenti del Kenya si sono aggiunti circa 150 poliziotti provenienti da Guatemala, Belice, Giamaica e Bahamas e altri 217 dal Kenya.

Sul piano politico in novembre il Conseil Présidentiel de Transition ha deciso la destituzione del primo ministro Garry Conille, con cui l'organo aveva in corso da tempo un conflitto sul controllo del governo. A succedergli è stato designato l'imprenditore Alix Didier Fils-Aimé, ex presidente della Camera del Commercio e dell'industria haitiana. Una sostituzione non indolore: Conille ha infatti definito illegittima e contraria alla Costituzione la sua rimozione.

19/1/2025


Honduras, la risposta di Xiomara Castro a Trump

Con un discorso pieno di dignità, la presidente Xiomara Castro ha risposto alle minacce di Donald Trump di cacciare dagli Usa migliaia di immigrati irregolari. "Di fronte a un atteggiamento ostile di espulsione di massa dovremmo considerare un cambiamento nelle nostre politiche di cooperazione con gli Stati Uniti, specialmente in campo militare dove senza pagare un centesimo mantengono da decenni basi militari sul nostro territorio", ha affermato Xiomara aggiungendo che in tal caso quelle basi "perderebbero ogni ragione di esistere in Honduras". La presidente si augura dunque che Trump "non assuma rappresaglie inutili contro i nostri migranti, che in genere recano un grosso apporto all'economia statunitense". Si calcola che circa 250.000 honduregni potrebbero essere deportati dagli Stati Uniti e il paese - a detta del Ministero degli Esteri - non è in condizioni di riceverli adeguatamente.

L'ARRESTO DEL GENERALE ROMEO VASQUEZ. Il generale Romeo Vásquez, ex capo di stato maggiore congiunto, è stato arrestato per la sua responsabilità nell'omicidio, per mano di militari, del manifestante diciannovenne Isis Obed Murillo e nel ferimento di Alex Zavala nel corso della repressione contro le proteste per il golpe del 2009. Insieme a Vásquez sono stati arrestati altri due ex alti ufficiali. Il 5 luglio, pochi giorni dopo il colpo di Stato, il deposto presidente Zelaya aveva tentato di rientrare in patria a bordo di un aereo: all'aeroporto c'erano ad attenderlo decine di migliaia di sostenitori. In quell'occasione i soldati avevano aperto il fuoco sulla folla uccidendo il giovane Murillo e ferendo gravemente Zavala.

6/1/2025

Latinoamerica-online.it

a cura di Nicoletta Manuzzato