![]() |
Latinoamerica-online.it |
L'America Latina di fronte al tornado Trump Tra i primi decreti firmati dal nuovo presidente statunitense, Donald Trump, figura la deportazione degli immigrati irregolari verso i paesi d'origine, deportazione che è iniziata con oltre 260 guatemaltechi. Per compiacere l'elettorato più reazionario, i primi trasferimenti sono avvenuti in modo plateale: le persone espulse sono state imbarcate sugli aerei incatenate in lunghe file, quasi fossero pericolosi delinquenti. Scene che hanno fatto ricordare gli africani al mercato degli schiavi e che hanno provocato le proteste di molti governi latinoamericani. Le autorità brasiliane hanno condannato "il flagrante disprezzo dei diritti fondamentali" dei concittadini, ordinando la loro immediata liberazione dai ferri. In Colombia il presidente Gustavo Petro ha proibito l'arrivo di due aerei statunitensi con deportati a bordo finché a questi non fosse garantito un trattamento "dignitoso". La decisione ha provocato una crisi diplomatica, con l'immediata reazione di Trump che ha ordinato l'imposizione di dazi del 25% a tutti i prodotti colombiani, nonché restrizioni di viaggio e revoca dei visti per i funzionari di Bogotá. Il paese sudamericano ha risposto con analoghi dazi sulle importazIoni dagli Usa. Alla fine si è raggiunto un accordo, anche se dalla Casa Bianca si è voluto far credere che il governo di Bogotá avesse ceduto su tutto, accettando il rimpatrio dei connazionali alle condizioni imposte da Washington. E molti media internazionali hanno dato retta a questa versione, riportando la notizia della resa totale di Petro. In realtà quest'ultimo ha ottenuto che i migranti colombiani tornassero a casa in velivoli della forza aerea nazionale e che viaggiassero senza manette, come documentato dalle foto scattate a bordo e diffuse da fonti ufficiali. Anche la presidente Claudia Sheinbaum ha dovuto fronteggiare il ricatto di Washington, pur se - come hanno fatto notare le autorità messicane - l'imposizione di dazi rischia di danneggiare in primis l'economia del colosso del Nord, viste le tante aziende Usa che hanno spostato la produzione oltre confine per approfittare della manodopera meno costosa. Città del Messico comunque si è preparata ad accogliere il ritorno dei suoi emigranti (ne sono già arrivati oltre seimila) con il programma México te abraza che mira a fornire, a chi è costretto al rientro, appoggio sociale e prospettive di lavoro. Quanto ai dazi del 25% sulle merci messicane (e canadesi), sono stati sospesi per trenta giorni in cambio di un maggior controllo alle frontiere per bloccare il commercio di fentanyl. Sheinbaum ha disposto l'invio di 10.000 militari della Guardia Nacional e gli Stati Uniti si sono impegnati a esercitare un maggiore controllo sul traffico di armi verso il confine meridionale. Altro punto caldo nei rapporti tra America Latina e Casa Bianca è Panama. Il presidente José Raúl Mulino, dopo aver a più riprese ribadito la sovranità panamense sul Canale, si è incontrato con il segretario di Stato Usa Marco Rubio, al quale ha promesso di non rinnovare l'intesa firmata con Pechino sulla Via della Seta (Trump si era lamentato dell'eccessiva presenza della Cina a Panama) e ha offerto agli Stati Uniti l'uso di una base militare nel Darién per facilitare il rimpatrio dei migranti espulsi. Basterà tutto questo per evitare l'invasione dei marines nel paese centroamericano? (4/2/2025)
|
a
cura di Nicoletta Manuzzato |