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Perù, una beffa alla giustizia Una vera e propria beffa ai difensori dei diritti umani. Il 25 dicembre è stato pubblicato su El Peruano (la Gazzetta Ufficiale) il decreto governativo che nomina i nuovi giudici del Consejo Supremo de Justicia Militar, il massimo tribunale militare. Si tratta di alcuni alti ufficiali a riposo (quattro generali dell'esercito, tre tenenti generali dell'aviazione, due viceammiragli e un generale di polizia) che durante il regime Fujimori, come membri delle corti marziali, protessero gli autori di crimini contro l'umanità e in seguito si diedero da fare per nascondere le responsabilità di Fujimori e del suo braccio destro Montesinos. Il decreto, che porta la firma del presidente Alan García e dei ministri Anero Flores Araoz (Difesa) e Rosario González (Giustizia), contrasta con le sentenze del Tribunale Costituzionale, che assegna esclusivamente al Consiglio Superiore della Magistratura la facoltà di designare i magistrati. "La nomina di giudici e procuratori da parte del capo dello Stato è del tutto incostituzionale", ha dichiarato un ex membro del Tribunale, Magdiel Gonzáles, parlando con i giornalisti di Ips. La cosa non sembra turbare Alan García, che da tempo si avvale in Parlamento dell'appoggio del gruppo fujimorista. Del resto anche il primo periodo di presidenza García (1985-1990) aveva conosciuto ripetute violazioni dei diritti umani. Una di queste è la strage avvenuta nel 1986 nel carcere dell'isola di El Frontón: dopo una rivolta 118 detenuti, appartenenti a Sendero Luminoso, vennero uccisi a sangue freddo. E proprio l'11 dicembre il Tribunale Costituzionale ha deciso di non pronunciarsi sulla prescrizione o meno di questo crimine. Il caso si trascina da tempo immemorabile nelle aule di giustizia. Nell'agosto del 2000 la Corte Interamericana per i Diritti Umani aveva ordinato allo Stato peruviano di procedere nell'inchiesta, processare i colpevoli e offrire riparazione alle famiglie delle vittime. In seguito a tale ingiunzione, nel 2007 la Procura aveva rinviato a giudizio 34 marinai: uno di questi aveva fatto però ricorso a un tribunale di Lima, che aveva dichiarato prescritto il reato. L'Instituto de Defensa Legal, in rappresentanza dei parenti delle vittime, si era appellato allora al Tribunale Costituzionale, sostenendo che non si può parlare di prescrizione per un crimine di lesa umanità. Ma i giudici costituzionali, come si è visto, hanno deciso di non decidere. "Sufficienti elementi indicano che sui magistrati sono state esercitate pressioni - ha detto a Ips il giurista Juan Carlos Ruiz - Il caso era molto semplice dal punto di vista legale. Il Tribunale doveva solo sentenziare in base alla decisione della Corte Interamericana, che dichiara non soggetto a prescrizione il massacro di El Frontón". Scegliendo di non pronunciarsi, "ha convalidato l'impunità decretata nel caso di un marinaio. Ora gli altri imputati invocheranno lo stesso diritto per liquidare il processo". L'Instituto de Defensa Legal intende comunque presentare un nuovo ricorso alla Corte Interamericana. 27/12/2008 |
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Venezuela, si accende il dibattito sulla rielezione Il rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale con il governo di Hugo Chávez si sarebbero registrati passi indietro nel rispetto dei diritti umani, è stato contestato da 118 intellettuali di diversi paesi. Il documento, presentato in settembre con il titolo Un decennio di Chávez: intolleranza politica e opportunità perdute per il progresso dei diritti umani in Venezuela, "non possiede i minimi standard accademici di imparzialità, esattezza o credibilità - si legge nel messaggio degli intellettuali al direttore di Hrw, José Miguel Vivanco - Pubblicando una relazione grossolanamente carente, e riconoscendo di averlo fatto per una motivazione politica, Vivanco ha minato la credibilità di un'importante organizzazione per i diritti umani". Tra i firmatari della lettera figurano il linguista statunitense Noam Chomsky, il regista Usa Oliver Stone, il sociologo brasiliano Emir Sader. La loro critica fondamentale è l'uso abbondante di fonti apertamente legate all'opposizione venezuelana, come i quotidiani El Nacional ed El Universal e l'emittente tv Globovisión. E a proposito di mass media, il ministro degli Esteri di Caracas Nicolás Maduro ha denunciato l'avvio di una campagna di stampa "contro la democrazia venezuelana e contro la stabilità del paese". L'operazione è iniziata il 19 dicembre con un editoriale del quotidiano The Washington Post: solo ricorrendo ai brogli - sostiene il giornale statunitense - Chávez potrebbe vincere il referendum sull'emendamento costituzionale che gli consente di presentarsi candidato un numero illimitato di volte. Il giorno seguente, in una nota, lo spagnolo El Mundo riferiva di un accordo tra il gruppo separatista basco Eta e il raggruppamento radicale Fuerzas Bolivarianas de Liberación per un programma di addestramento. Infine domenica 21 il giornale italiano La Stampa scriveva che aerei venezuelani trasportavano dall'Iran alla Siria materiale per la costruzione di missili nucleari. Dietro questi articoli, ha affermato Maduro, vi è una manovra internazionale diretta "da quanti hanno messo gli occhi sul nostro petrolio e sul nostro gas". L'avvio di questa campagna coincide con l'approvazione, da parte dell'Assemblea Nazionale, dell'emendamento sulla rielezione illimitata. Il progetto di legge dovrà essere nuovamente dibattuto in Parlamento in gennaio e poi sottoposto a referendum. Prima della discussione in aula, i parlamentari avevano ricevuto oltre quattro milioni di firme, raccolte dal Partido Socialista Unido de Venezuela, a favore della rielezione. E il 6 dicembre migliaia di sostenitori di Chávez avevano manifestato a Caracas per appoggiare la proposta. Nello stesso giorno i leader dell'opposizione avevano annunciato la formazione di un "comando politico unificato", costituito dai partiti Un Nuevo Tiempo e Primero Justicia, per respingere il progetto. 26/12/2008 |
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El Salvador, campagna elettorale e provocazioni Il candidato del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional, Mauricio Funes, è sempre in testa nei sondaggi in vista delle presidenziali di marzo. Proprio nel timore di una vittoria di Funes - denuncia l'opposizione - il governo sta cercando con ogni mezzo di screditare il Frente, accusandolo di organizzare gruppi armati. Il 13 dicembre un articolo comparso su La Prensa Gráfica riferiva dell'esistenza di campi di addestramento guerrigliero nei pressi delle comunità rurali formate da ex combattenti del Fmln, citando come fonti un rapporto dei servizi segreti militari e le dichiarazioni del ministro della Difesa, Jorge Molina. Il giorno seguente il Consejo Nacional de Seguridad presentava, in una conferenza stampa, le presunte prove dell'esistenza di una quarantina di raggruppamenti armati: tra queste, alcune fotografie che mostravano gli abitanti della comunità Dimas Rodríguez (nel dipartimento di San Salvador) mentre si esercitavano nell'uso delle armi. Pochi giorni dopo si apprendeva che in realtà le foto erano state scattate nel corso della tradizionale parata con cui, da quindici anni, la comunità ricorda la lotta di liberazione: i fucili impugnati erano... di plastica. Ugualmente prive di fondamento risultavano le segnalazioni di movimenti sospetti sulle falde del Cerro Cinotepeque, nei pressi della comunità Rutilio Grande (così chiamata in onore del sacerdote gesuita assassinato dall'esercito nel 1977). Ma i media conservatori, dopo aver lanciato l'allarme, si guardano bene dal pubblicare le smentite. E intanto le provocazioni si susseguono (un'auto carica di armi è stata trovata abbandonata in zona) e gli abitanti temono che si tratti dell'ennesimo pretesto per giustificare un intervento dell'esercito. NUOVA SENTENZA CONTRO L'IMPUNITA'. Una nuova sentenza della Corte Interamericana per i Diritti Umani ingiunge allo Stato salvadoregno di portare a termine le indagini per l'uccisione, avvenuta nel 1994, dell'imprenditore Mauricio García Prieto e di porre fine alle minacce e alla persecuzione contro la sua famiglia. Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti umani e i genitori della vittima, il crimine è collegato alle tante aggressioni di quegli anni contro ex comandanti del Fmln, tutti assassinati da squadroni della morte. Due persone sono attualmente in carcere come autori materiali dell'omicidio, ma le irregolarità e le lacune dell'inchiesta hanno finora impedito di individuare i mandanti. 23/12/2008 |
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Bolivia, una vittoria sull'analfabetismo Dopo Cuba (nel 1961) e il Venezuela (nel 2005), anche la Bolivia è stata dichiarata "libera dall'analfabetismo come fenomeno sociale" (così le Nazioni Unite definiscono un paese quando il tasso di analfabetismo è uguale o inferiore al 3,9-4%). Un risultato eccezionale per una delle nazioni più povere del continente, ottenuto grazie a tre anni di mobilitazione sociale, alla volontà politica del governo Morales e alla solidarietà dell'Avana e di Caracas. Le cifre parlano di 28.424 punti di alfabetizzazione, che hanno permesso di insegnare a leggere e a scrivere a 819.517 persone. Oltre l'85% degli "alunni" era costituito da donne, anche anziane, che hanno approfittato di questa eccezionale opportunità di emancipazione: con il metodo audiovisivo cubano Yo sí puedo, trasmesso con l'aiuto di 130 specialisti cubani e 47 venezuelani, hanno potuto per la prima volta prendere una penna in mano. Nelle comunità più isolate, televisione e videoregistratore erano alimentati con pannelli solari, che supplivano alla mancanza di energia elettrica di molti villaggi. Il programma, che ha avuto un costo complessivo di circa 36,7 milioni di dollari, prevede ora una seconda fase, che partirà nel febbraio 2009 con l'insegnamento di nozioni di base di spagnolo, matematica, geografia, storia e scienze. UN PIANO PER UCCIDERE MORALES. Il 23 dicembre, parlando con i corrispondenti della stampa estera, il presidente Morales ha confermato la scoperta di un piano per attentare alla sua vita, denunciato il giorno precedente dal ministro di Governo, Alfredo Rada. Morales ha accusato esplicitamente la Dea, l'agenzia statunitense antidroga espulsa dal paese in novembre, e ha rivelato ai giornalisti che già in passato, quando era un leader dei cocaleros, avevano tentato più volte di assassinarlo. Due settimane prima il viceministro Cáceres aveva reso noto che la Dea aveva realizzato intercettazioni telefoniche ai danni di Morales e del presidente venezuelano Chávez, quando i due capi di Stato avevano visitato la regione di Chimoré. 23/12/2008 |
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Messico, la sinistra verso nuove alleanze La sinistra messicana ha dato vita a una nuova coalizione, formata da Convergencia e dal Partido del Trabajo, che si presenterà alle elezioni parlamentari e amministrative del 2009. Fino a pochi mesi fa queste due forze facevano parte, insieme al Prd (Partido de la Revolución Democrática), del Frente Amplio Progresista (Fap), che alle presidenziali del 2006 aveva sostenuto la candidatura di Andrés Manuel López Obrador. A determinare la spaccatura è stato lo spostamento del Partido de la Revolución Democrática verso posizioni più concilianti con il governo Calderón, fino all'approvazione in Parlamento della riforma energetica (primo passo verso la privatizzazione di Pemex). Il cambiamento di rotta del Prd incontra però anche resistenze interne: nonostante le minacce di espulsione da parte dell'attuale dirigenza, la corrente Movimiento Cívico Nacional ha dichiarato piena adesione alla lotta di López Obrador. Convergencia e Partido del Trabajo non potranno comunque utilizzare la sigla Fap per presentarsi agli elettori, dal momento che ufficialmente il Frente Amplio Progresista comprende ancora il Partido de la Revolución Democrática: dovranno dunque cambiare nome, come disposto dall'Istituto Federale Elettorale. CRONACHE DI QUOTIDIANO ORRORE. Tra sabato e domenica, nello Stato del Guerrero sono state decapitate tredici persone. Quattro cadaveri sono stati rinvenuti a Huitzuco, altri nove a Chilpancingo. L'uccisione di questi ultimi, otto militari e un dirigente della polizia statale, sarebbe una rappresaglia delle bande criminali per la morte di tre loro uomini in uno scontro a fuoco con l'esercito. Sempre nel Guerrero sono stati assassinati un comandante della polizia locale e la moglie. Al macabro conteggio vanno aggiunti altri sei morti nello Stato di Chihuahua, mentre nello Stato di Sinaloa i killer hanno assalito una macchina uccidendo una donna e ferendo l'uomo che viaggiava con lei. 22/12/2008 |
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Uruguay, battaglia per le primarie nel Frente Amplio Il Congresso Nazionale del Frente Amplio lo ha deciso il 14 dicembre: José Pepe Mujica, ex leader tupamaro ed ex ministro dell'Agricoltura, sarà il candidato alle presidenziali dell'ottobre 2009, anche se tale nomina dovrà essere ribadita nelle primarie di giugno. Accettando l'investitura, José Mujica ha lanciato un appello all'unità della coalizione. Un'unità non certo scontata: il giorno precedente, con lo stile schietto che lo contraddistingue, lo stesso Mujica aveva parlato delle pressioni che "compagni di peso" avevano esercitato su di lui perché rinunciasse alla candidatura. Alludeva tra gli altri al presidente Tabaré Vázquez, che si è sempre espresso a favore dell'ex ministro dell'Economia Danilo Astori. Questi però, con 566 voti, è arrivato solo terzo nelle preferenze dei delegati, superato non solo da Mujica (1.694 voti), ma anche dal sindaco di Canelones, Marcos Carámbula (1.012 voti). Una chiara sconfitta per Tabaré, che negli ultimi tempi ha visto calare la sua popolarità tra i militanti del Frente: prima con l'appoggio aperto alla politica economica di Astori e alla sua proposta di Tratado de Libre Comercio con gli Stati Uniti, poi con il veto posto alla legge di depenalizzazione dell'aborto (legge presentata dallo stesso Frente Amplio). E agli inizi di dicembre si è appreso che Vázquez ha deciso di lasciare il Partido Socialista, in seguito alla presa di posizione della direzione del partito contro il suo veto all'interruzione volontaria della gravidanza. Intanto Danilo Astori non si rassegna. Battuto nel Congresso Nazionale del Frente, ha deciso di lanciare la sua personale campagna elettorale in vista dell'appuntamento di giugno. E lo ha fatto pochi giorni dopo la consacrazione di Mujica, parlando ai suoi sostenitori riuniti in assemblea e ribadendo la decisione di dar battaglia. Lo slogan sarà: "Astori, il cambiamento sicuro", che coniuga l'idea di trasformazione con la sicurezza tanto ricercata dai centristi. 19/12/2008 |
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Argentina, per ora restano in carcere "La Tigre e il Corvo restano in gabbia". Così ha titolato il quotidiano Página/12 dando notizia dell'appello presentato dal procuratore Raúl Pleé contro la sentenza della Cassazione che disponeva la liberazione, per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, di una ventina di responsabili di crimini contro l'umanità. Per ora dunque rimangono in galera, tra gli altri, i torturatori della Esma Alfredo El Cuervo Astiz e Jorge El Tigre Acosta, l'ex giudice Víctor Brusa, l'ex generale Ramón Genaro Díaz Bessone: l'ultima parola spetta alla Corte Suprema. La decisione della Cassazione aveva suscitato lo sdegno e le proteste dei difensori dei diritti umani; la presidente Cristina Fernández aveva parlato di "un giorno di vergogna per tutti gli argentini". Al di là della sospensione della scarcerazione, resta lo scandalo di una giustizia che non riesce a punire i colpevoli del terrorismo di Stato: "La libertà degli accusati nel corso del processo penale non comporta impunità. Impunità è che per negligenza, indolenza o complicità la Giustizia argentina non li abbia ancora condannati", hanno sottolineato le associazioni dei familiari delle vittime. LE AEROLINEAS TORNANO PUBBLICHE. Con il voto favorevole del Senato è stata convertita in legge il 17 dicembre la dichiarazione di pubblica utilità di Aerolíneas Argentinas, Austral e imprese collegate. L'esecutivo potrà così portare avanti la richiesta di espropriazione, richiesta che consentirà allo Stato di recuperare la compagnia di bandiera. Le Aerolíneas Argentinas erano state vendute nel 1990 dall'allora presidente Menem a un consorzio diretto da Iberia. Nel 1994 la compagnia era passata nelle mani di American Airlines; in seguito se ne era impadronita la spagnola Sepi, che l'aveva poi venduta per un euro all'operatore turistico Marsans. 19/12/2008 |
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Colombia, l'esercito uccide il marito di leader indigena Nazioni Unite e Unione Europea hanno condannato l'uccisione, avvenuta all'alba del 16 dicembre, di Edwin Legarda, marito della dirigente del Consejo Regional Indígena del Cauca Aída Quilcué. Legarda è stato abbattuto dall'esercito nel dipartimento del Cauca, mentre si trovava a bordo del suo veicolo. Secondo la versione ufficiale, il mezzo non si sarebbe fermato all'ordine dei militari, ma numerosi testimoni hanno affermato che sulla strada non vi erano chiare segnalazioni di un posto di blocco e che i soldati hanno sparato in maniera indiscriminata. "Si sono confusi e disgraziatamente hanno aperto il fuoco": questa la spiegazione del comandante militare della zona. Quanto al Ministero della Difesa, si è limitato a chiedere un'indagine interna, dal momento che "non c'è sufficiente chiarezza su come si sono svolti i fatti". Non ha dubbi invece il portavoce di Aída Quilcué, Vicente Otero: "Si è trattato di una nuova rappresaglia dell'esercito e del governo contro il movimento indigeno". E la stessa Aída è convinta che l'attentato fosse diretto a lei: il marito stava infatti andando a prenderla quando è stato intercettato dai soldati. La dirigente indigena era appena rientrata da Ginevra, dove il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu aveva esaminato la situazione colombiana, approvando un rapporto di denuncia delle continue esecuzioni sommarie e della persistenza dei legami tra forze di sicurezza e paramilitari. Tra ottobre e novembre Aída Quilcué aveva guidato le marce di migliaia di indigeni che chiedevano accesso alla terra e rispetto dei loro diritti. NIENTE RIELEZIONE NEL 2010. Il presidente Uribe non potrà presentarsi candidato per un terzo mandato consecutivo. La Camera ha approvato mercoledì 17 un progetto di referendum che apre la strada alla rielezione dell'attuale capo dello Stato nel 2014, non nel 2010 come desideravano i promotori dell'iniziativa. Il progetto dovrà ora essere esaminato dal Senato e ottenere il sì della Corte Costituzionale. 18/12/2008 |
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Cuba, una proposta a Obama "Molte generazioni di brasiliani, compresa la mia, hanno celebrato le trasformazioni sociali che Cuba ha realizzato in questi cinquant'anni". Così il presidente Lula ha reso omaggio a Raúl Castro, ricevuto a Brasilia con tutti gli onori a conferma delle ottime relazioni esistenti tra i due paesi. Parlando con i giornalisti, Raúl - che in precedenza aveva partecipato a Sauípe al Primo Vertice dell'America Latina e dei Caraibi - ha voluto tendere una mano alla nuova amministrazione statunitense, proponendo la scarcerazione dei dissidenti in cambio della liberazione dei cinque antiterroristi cubani detenuti negli Usa. Nella capitale brasiliana si è concluso il primo viaggio all'estero di Raúl Castro nelle vesti di capo di Stato. La prima tappa era stata Caracas, dove il presidente cubano si era incontrato con il grande alleato Hugo Chávez. I due governi avevano concordato di dare impulso a 173 progetti bilaterali, 36 dei quali nuovi e gli altri già in corso, e avevano firmato tre protocolli d'intesa per il rafforzamento dell'integrazione in campo economico, politico, sociale e tecnologico. 18/12/2008 |
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Verso un'identità latinoamericana "Tutti i presidenti d'America sono in Brasile". Con queste parole un grande cartello celebrava l'importanza dell'incontro, anzi degli incontri (Mercosur, Unasur, Primo Vertice dell'America Latina e dei Caraibi, Gruppo di Rio) di Costa do Sauípe, nello Stato di Bahia. I capi di Stato e di governo invitati non rappresentavano in realtà l'intero continente, ma solo l'America Latina e i Caraibi: mancavano infatti Stati Uniti e Canada. A chi gli chiedeva se a Sauípe venisse seppellita una volta per tutte la Dottrina Monroe, Marco Aurélio Garcia, uno dei principali consiglieri di Lula, ha risposto in modo indiretto: "In un mondo sempre più multipolare come l'attuale, l'America Latina deve mantenere un'identità propria e questo vertice è un passo in tale direzione. Un'occasione, la prima, per riunirci tutti noi, paesi dell'America Latina e dei Caraibi, senza nessun altro e per analizzare i nostri bisogni di integrazione e di sviluppo". Il summit di Sauípe ha rappresentato una grande occasione per il paese ospitante, sempre più compreso nel suo ruolo di potenza regionale. Certo non è un momento facile: anche il Brasile avverte le prime ripercussioni della crisi finanziaria internazionale, con un crollo del 34% nel settore automobilistico e con licenziamenti in massa in molte imprese. Nonostante ciò, la popolarità del presidente Lula si mantiene intatta, anzi si accresce: in novembre il 70% della popolazione considerava buono o eccellente il suo governo, secondo i risultati del sondaggio pubblicato sul quotidiano Folha de S. Paulo. Al di fuori dei confini nazionali, però, le aspirazioni egemoniche brasiliane suscitano qualche diffidenza. Garcia ne è ben cosciente: "Non è nostra aspirazione esercitare alcuna leadership che possa compromettere l'obiettivo di una maggiore integrazione e autonomia latinoamericana". Critiche all'attuale ordine finanziario internazionale, adozione di una nuova architettura regionale e istituzione di una moneta unica. Sono stati questi i temi dibattuti, con diverse sfumature, nel Primo Vertice dell'America Latina e dei Caraibi e ripresi nella Declaración de Salvador de Bahia che ha concluso i lavori. E c'è già il nome per la futura moneta: il sucre. Proposto da Hugo Chávez, costituisce un omaggio al maresciallo Antonio José de Sucre, ma significa anche Sistema Unico de Compensación Regional. La maratona di riunioni ha comunque messo in evidenza, accanto a una vasta coincidenza politica dei partecipanti, la mancanza di risultati pratici. Lo ha sottolineato la presidente argentina Cristina Fernández: "Il principale problema come regione è la carenza di un sistema di decisioni operative che si traducano in cambiamenti concreti". La questione del debito Moratoria o addirittura condono dei debiti contratti con gli organismi finanziari internazionali. Lo hanno chiesto i presidenti di Ecuador, Venezuela, Bolivia e Paraguay. In prima fila Rafael Correa: l'Ecuador, ha spiegato, ha versato in 28 anni 7.400 milioni di dollari ai creditori, ma ancora si trova di fronte la stessa cifra da pagare. E dunque Quito ha deciso la moratoria, non in seguito alla crisi economica, ma per le "ragioni immorali e illegittime" di un debito estero frutto di contratti illegali. Gli ha fatto eco Hugo Chávez, invitando a una revisione di debiti "che abbiamo pagato due o tre volte" e confrontando questa decisione con le scelte dei paesi ricchi, "che stanno nazionalizzando le banche come fa il compagno Bush, che sembra stia leggendo Il capitale di Carlo Marx". Un capitolo a parte riguarda la controversia tra Ecuador e Brasile per il rifiuto di Correa di riconoscere i debiti contratti dal suo paese con il Bndes, il Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social. Nel corso di un teso colloquio, Lula e Correa si sono impegnati a proseguire le trattative per normalizzare i rapporti bilaterali. Appoggio a Cuba contro l'embargo Un appoggio deciso da parte di Evo Morales, che ha proposto il ritiro degli ambasciatori a Washington in caso di prosecuzione del blocco. Un appoggio più cauto da parte di Lula, che ha invitato a un periodo di attesa per saggiare la politica del presidente eletto Obama. Comunque sia, dal Primo Vertice dell'America Latina e dei Caraibi il governo cubano ha ricevuto pieno sostegno nella sua battaglia contro l'embargo statunitense. Nella seduta plenaria, e nella conferenza stampa offerta dai capi di Stato di Brasile, Honduras, Paraguay, Venezuela, Honduras, Giamaica e Messico, si sono susseguite le critiche a Washington e le dichiarazioni di solidarietà all'Avana. Insieme a questo risultato, Cuba ha ottenuto la formalizzazione del suo ingresso nel Gruppo di Rio: un fatto "storico", come è stato definito da più parti, e un ulteriore segno della presa di distanza latinoamericana dalla politica statunitense. E sempre a Sauípe si è definitivamente chiuso il capitolo dei contrasti tra l'Avana e Città del Messico, sorti durante la presidenza Fox. Al termine dell'incontro con Felipe Calderón, Raúl Castro ha affermato che le relazioni tra i due paesi "cominciano ad essere magnifiche, come avrebbero dovuto essere sempre". Per il 2009 è già previsto uno scambio di visite ufficiali. Unasur: per il segretario rinvio ad aprile La decisione sulla candidatura dell'ex presidente argentino Néstor Kirchner a segretario generale dell'Unasur è stata rinviata ad aprile. In questi mesi la presidente pro tempore dell'organizzazione, Michelle Bachelet, cercherà di superare con un giro di consultazioni il veto uruguayano (motivato dal contrasto per la Botnia, la cartiera finlandese che sorge al confine con l'Argentina). Proprio alla vigilia dell'incontro di Sauípe si è appreso che il presidente Tabaré Vázquez ha negato ai responsabili della Botnia il permesso di dichiarare in tribunale, dove erano stati citati in una causa per tentato inquinamento. In base al protocollo del Mercosur - sostiene Montevideo - il rifiuto è giustificato in caso di richieste contrarie "alla sicurezza, all'ordine pubblico o ad altri interessi essenziali del paese". La decisione è stata accolta con dure critiche dagli ecologisti, secondo i quali gli interessi dell'Uruguay non possono prevalere su quelli delle comunità colpite dall'inquinamento della cartiera. Nessun problema è stato invece sollevato sugli altri punti dell'agenda Unasur: in particolare è stato accolto all'unanimità il rapporto della Commissione d'inchiesta sul massacro dell'11 settembre nel dipartimento boliviano di Pando. È stata approvata inoltre una mozione, presentata dall'argentina Cristina Fernández, che offre appoggio totale al governo di La Paz nella ricerca di giustizia contro i responsabili della strage. I risultati dell'inchiesta Unasur coincidono con quelli di un rapporto delle Nazioni Unite, che parla di "violazione massiccia dei diritti umani" nel Pando. 17/12/2008 |
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Cile, la destra si prepara alle presidenziali L'Unión Demócrata Independiente (estrema destra) ha deciso di sostenere alle prossime presidenziali l'ex senatore Sebastián Piñera, il multimiliardario candidato del partito Renovación Nacional (destra) che nelle elezioni del 2005 venne sconfitto da Michelle Bachelet. La destra dunque si prepara a votare unita l'anno prossimo, ponendo una seria ipoteca sulla massima carica dello Stato. Quanto ai partiti della Concertación, l'alleanza di governo, la Democracia Cristiana ha indicato come precandidato l'ex presidente Eduardo Frei. Si attendono ora le scelte del Partido por la Democracia e del Partido Socialista. Tra i nomi che si fanno con maggiore insistenza, quello dell'attuale segretario generale dell'Oea, il socialista José Miguel Insulza. Agli inizi di dicembre l'ex presidente Lagos aveva annunciato l'intenzione di non concorrere per un secondo mandato. Le primarie della Concertación si terranno il 26 aprile. 14/12/2008 |
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Argentina, in piazza contro l'impunità Mentre celebrava il 25° anniversario della fine della dittatura, la società argentina è stata scossa dalla scoperta di fosse comuni con migliaia di resti umani nel cosiddetto Pozo de Arana, un centro clandestino di detenzione e di sterminio nei pressi della città di La Plata. La notizia ha dato nuovo impulso alle mobilitazioni contro l'impunità. Il 6 dicembre l'organizzazione Hijos de Desaparecidos que Luchan por la Verdad y la Justicia ha manifestato davanti alla Corte Suprema per chiedere al sistema giudiziario di svegliarsi dal letargo. "A 25 anni dal ritorno della democrazia e a cinque anni dall'annullamento delle leggi dell'impunità e dalla riapertura dei processi, continua il debito di memoria, verità e giustizia con le vittime, i loro familiari e la società - afferma un comunicato di Hijos - Al passo attuale, termineremo di giudicare tutti i responsabili del terrorismo di Stato in 60 anni". L'8 dicembre è stato ricordato l'anniversario del sequestro e della scomparsa delle prime Madres Fundadoras de Plaza de Mayo e di un altro gruppo di persone, tra cui due suore francesi, avvenuto nel 1977. A consegnarle ai repressori era stato l'ex capitano di marina Alfredo Astiz, infiltratosi tra le madri (Astiz è attualmente rinchiuso in un carcere di massima sicurezza). Infine il 10 si è svolta in Plaza de Mayo la tradizionale Marcha de la Resistencia. CRISTINA FERNANDEZ IN RUSSIA. La visita ufficiale in Russia di Cristina Fernández non ha portato soltanto ad accordi di cooperazione nei settori dell'energia, dell'uso pacifico del nucleare, del commercio, dell'attività estrattiva. L'incontro tra la presidente argentina e il suo omologo russo Medvedev si è concluso con la firma di una dichiarazione che getta le basi per "un'associazione strategica" tra i due paesi. Buenos Aires e Mosca intendono promuovere "un'articolazione di politiche e di visioni generali su come sviluppare le relazioni internazionali - ha affermato Cristina Fernández - In un mondo sempre più multipolare e multilaterale è necessario riformulare le regole in materia economica, monetaria e di sicurezza internazionale". Regole che devono essere rispettate da tutti, a differenza di quanto avveniva in precedenza, quando il Fondo Monetario e le Nazioni Unite prendevano decisioni che solo "i paesi più piccoli e deboli erano obbligati a osservare". 10/12/2008 |
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Guatemala, un anno di governo Colom Alcune proposte di trasformazione del paese sono state presentate, ma non hanno fatto passi avanti per le pressioni dei gruppi di potere, tesi a difendere i loro interessi. È l'analisi delle organizzazioni che fanno parte della Plataforma Agraria de Guatemala, riunite il 9 dicembre per tracciare un bilancio del primo anno di gestione del presidente Colom. La Plataforma critica la continuità della politica economica: apertura commerciale, sviluppo di megaprogetti in campo minerario, sfruttamento dell'energia idroelettrica nelle mani di imprese internazionali. In campo agricolo, le scelte dell'esecutivo "mirano a rafforzare il modello agroesportatore che ha caratterizzato l'economia guatemalteca", sostiene Abisaías Gómez. E Camilo Salvadó, dell'Asociación para el Avance de las Ciencias Sociales, evidenzia la tendenza a "rendere invisibile il tema della terra". Il governo dell'Unidad Nacional de la Esperanza ha iniziato criminalizzando la lotta dei collettivi sociali: fino a ottobre erano stati realizzati già 38 sgomberi. Per quanto riguarda il tema della criminalità, un rapporto del Grupo de Apoyo Mutuo, dal titolo Violencia en ascenso, traccia un quadro fosco. Il documento individua nella mancanza di politiche di sicurezza pubblica e nella scarsa professionalità delle forze di polizia alcuni dei motivi alla base dell'aumento della violenza. Nell'anno in corso gli omicidi sono stati 2.956, 353 nel solo mese di novembre: tra questi, i 17 morti provocati, nel dipartimento di Huehuetenango, da uno scontro tra bande di narcos. Riferendosi a quest'ultimo episodio, il capo dello Stato lo ha attribuito alla presenza in territorio guatemalteco del messicano Cártel del Golfo. "Vogliono impadronirsi di tutto il paese", ha detto Colom, ammettendo che ci vorrà tempo per recuperare il controllo delle regioni attualmente sotto il dominio della criminalità organizzata. 9/12/2008 |
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Messico, pena di morte per i sequestratori? I primi due anni di governo del presidente Calderón si chiudono con un bilancio negativo: come scrive La Jornada nel suo editoriale del primo dicembre, "Calderón aveva offerto sicurezza pubblica e lotta frontale alla delinquenza, ma le sue strategie hanno fatto affondare il paese in una spirale di violenza criminale senza precedenti; aveva promesso di generare occupazione, e ogni mese decine di migliaia di messicani rimangono senza lavoro; aveva detto che avrebbe combattuto la corruzione, e nella sua amministrazione proliferano il traffico di influenze, le amicizie, le complicità e la mancanza di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche; aveva espresso il proposito di cercare il dialogo politico, e sono due anni che è chiuso in un monologo che non solo disconosce gli avversari, ma ignora la realtà stessa del paese; aveva promesso di difendere la sovranità nazionale, e ha persistito nel tentativo di consegnare, sia pure in modo furtivo, l'industria petrolifera alle transnazionali straniere". Uno dei punti di maggior fallimento, come sottolinea il quotidiano di Città del Messico, è rappresentato dalla guerra alla criminalità organizzata: in questi ultimi mesi si sono moltiplicati non solo gli scontri tra bande rivali, ma anche i sequestri a scopo d'estorsione. Il governatore dello Stato di Coahuila, Humberto Moreira del Pri, ha pensato di sfruttare a fini elettorali (in vista delle consultazioni dell'anno prossimo) l'indignazione suscitata nell'opinione pubblica da una serie di casi drammatici, e ha presentato nel Parlamento locale la sua "soluzione": pena capitale per i rapimenti che si concludono con la morte del sequestrato. La proposta di legge è stata approvata con i voti dello stesso Pri e del Pvem (Partido Verde Ecologista de México) e verrà ora inviata al Congresso dell'Unione perché ne discuta a livello federale. Numerosi politici, intellettuali, difensori dei diritti umani ed esponenti della Chiesa cattolica si sono già dichiarati contrari. 6/12/2008 |
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Ecuador, tensione con il Brasile per il debito Sale la tensione con il Brasile dopo la decisione del presidente Correa di non riconoscere i debiti contratti con il Bndes (Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social) e di ricorrere a un'istanza internazionale. Nei giorni scorsi Lula aveva richiamato per consultazioni il suo ambasciatore: non lo aveva mai fatto finora, neppure quando il boliviano Morales aveva preso il controllo delle risorse energetiche nazionali colpendo gli interessi della Petrobras. Ora il ministro degli Esteri di Brasilia, Celso Amorim, ha dichiarato che la decisione di Quito pregiudicherà i programmi di integrazione regionale. L'oggetto del contendere è il prestito di 286,8 milioni di dollari (che con interessi vari è arrivato a 540 milioni) concesso dal Bndes all'allora presidente ecuadoriano Gutiérrez per la realizzazione del bacino idroelettrico di San Francisco. I lavori, affidati all'impresa brasiliana Odebrecht, sono terminati a metà del 2007, ma dopo neanche un anno di funzionamento la diga è stata chiusa per falle strutturali. Da qui la decisione di Correa di denunciare la Odebrecht per inefficienza e corruzione e di espellerla dal paese. Non sono accuse campate per aria: nel 1993 la Odebrecht, un colosso presente in più di venti nazioni, comparve nell'elenco delle società che pagavano tangenti ai parlamentari. Quanto a inefficienza, l'anno scorso un tratto della sotterranea di San Paolo, che la compagnia stava costruendo, crollò uccidendo sette persone: le perizie rivelarono la mancanza di adeguate misure di sicurezza. Da notare che uno dei responsabili del progetto venne allora allontanato dal Brasile e inviato in Ecuador. 3/12/2008 |
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Cuba, offensiva contro il mercato nero Il mercato nero "può mettere in pericolo l'esistenza stessa della Rivoluzione". Lo scrive la Tribuna de La Habana, parlando dell'offensiva decisa dal governo, "una guerra senza quartiere contro le illegalità e il delitto". L'offensiva è dettata dalla penuria di alimenti e di materiale da costruzione a causa dei recenti uragani, che hanno danneggiato gravemente l'agricoltura e le abitazioni: per questo il Tribunale Supremo Popolare ha esortato i giudici ad applicare le aggravanti previste dalla legge in caso di "calamità pubblica". Secondo dati ufficiali, solo nella capitale negli ultimi due mesi sono stati realizzati interventi contro un centinaio di piccole fabbriche, 60 botteghe e 200 magazzini clandestini. Un terzo degli arrestati è stato condannato per speculazione e accaparramento, appropriazione indebita, furto, attività economica illecita e ricettazione. Le forze di polizia effettuano sistematiche revisioni sulle auto fermate ai posti di blocco e controlli casuali nelle borse dei passanti. 3/12/2008 |
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Bolivia, la verità sul massacro di El Porvenir "Una violazione estremamente grave e flagrante del diritto alla vita e all'integrità delle persone". Così si è espressa la Commissione d'inchiesta dell'Unasur sugli avvenimenti dell'11 settembre a El Porvenir, nel dipartimento di Pando, quando un gruppo di contadini sostenitori di Morales cadde in un'imboscata degli autonomisti. Gli assalitori, che scatenarono una vera e propria caccia all'uomo massacrando venti persone, contavano sull'aiuto di "funzionari e beni del governo dipartimentale al servizio dell'impresa criminale". Il rapporto su quei fatti è stato consegnato al presidente Morales dall'argentino Rodolfo Mattarollo, coordinatore della Commissione (di cui facevano parte delegati di Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù, Uruguay e Venezuela). Viene dunque confermato quanto aveva segnalato a fine novembre il defensor del pueblo Waldo Albarracín, che aveva parlato di un crimine di lesa umanità, "promosso e provocato" dalla prefettura di Pando. Per questo delitto è tuttora in carcere il prefetto del dipartimento, Leopoldo Fernández. NIENTE ATPDEA PER LA BOLIVIA. George W. Bush ha deciso il 27 novembre di escludere la Bolivia dalle facilitazioni doganali concesse ai paesi andini che combattono contro il narcotraffico. Secondo la Casa Bianca, La Paz non avrebbe raggiunto gli obiettivi prefissati nella distruzione delle coltivazioni di coca. Il presidente Morales ha definito il provvedimento "una vendetta politica". 3/12/2008 |
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Colombia, un messaggio alle Farc Oltre 25.000 persone, tra cui intellettuali, politici, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni sociali, hanno inviato un messaggio alla dirigenza delle Farc per chiedere che venga abbandonata la pratica "inumana" dei sequestri. Nel messaggio si ribadisce l'obiettivo di giungere a uno scambio degli ostaggi con i guerriglieri incarcerati, come primo passo verso una soluzione negoziata del conflitto: "Milioni di persone, in Colombia e fuori, non possono allontanare dalla coscienza l'immagine di numerosi colombiani che vedono passare le ore e i giorni in dolorosa prigionia, tanto nelle foreste come nelle carceri dello Stato". I firmatari, tra cui figurano la senatrice Piedad Córdoba e gli ex ostaggi Consuelo González de Perdomo, Luis Eladio Pérez, Oscar Tulio Lizcano, chiedono agli insorti di fissare "scenari in cui sia possibile progettare e dibattere con la società alternative politiche". Hanno intanto lasciato Bogotá, per tornare ai loro villaggi, gli oltre 16.000 indigeni protagonisti di una storica marcia di protesta contro il governo. Nella capitale è rimasta una delegazione incaricata di proseguire le trattative con le autorità. LA TRUFFA DELLE "PIRAMIDI". La Dfre prometteva Dinero Fácil, Rápido y Efectivo. È la truffa delle cosiddette "piramidi", che per anni hanno attratto i risparmi di tutto il paese promettendo interessi fino al 150%. Il sistema era semplice: i primi clienti ottenevano profitti enormi grazie ai contributi dei nuovi sottoscrittori. La piramide cresceva finché riusciva ad ampliare la sua base, ma se il macchinario si bloccava tutto era destinato a crollare, lasciando gli incauti risparmiatori con un pugno di mosche. È quanto è successo con l'improvvisa chiusura della Dfre a metà novembre: decine di migliaia di persone si sono ritrovate sul lastrico e molte hanno reagito assaltando gli uffici della società e scontrandosi con la polizia. Le indagini si sono poi estese a centinaia di imprese simili, fino alla Dmg, una delle più grosse, con 200.000 clienti e filiali in Ecuador, Venezuela, Panama. E proprio a Panama è stato arrestato il principale azionista della Dmg, David Murcia, rinchiuso ora in una cella colombiana: gli inquirenti sospettano che avesse legami con i cartelli della droga. Ma lo scandalo non si ferma qui: come emerge da alcune registrazioni, Murcia avrebbe finanziato le campagne per le amministrative del 2007 di almeno dodici esponenti politici, dieci dei quali sono stati poi eletti. Le ripercussioni della vicenda hanno fatto crollare la popolarità del presidente Uribe e stanno mettendo a rischio la sua possibilità di concorrere per un terzo mandato nel 2010: due parlamentari hanno infatti deciso di non appoggiare il progetto di legge per la convocazione di un referendum sulla rielezione, attualmente in discussione in una Commissione della Camera. 2/12/2008 |
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El Salvador, Fmln in testa nei sondaggi Mancano poco più di tre mesi alle elezioni presidenziali e il candidato del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional, Mauricio Funes, risulta nettamente in testa nei sondaggi, con un vantaggio di 6,5 punti percentuali rispetto al suo principale avversario, l'esponente di Arena Rodrigo Avila. Una vittoria del Frente costituirebbe una svolta per il paese, dopo vent'anni di potere di Arena. Gli accordi di pace del 16 gennaio 1992, che hanno posto fine al lungo conflitto civile, non hanno portato verità e giustizia: il 16 novembre, 19° anniversario dell'assassinio del rettore dell'Universidad Centroamericana Simeón Cañas, Ignacio Ellacuría, di altri cinque gesuiti e di due donne (la domestica Elba Ramos e la figlia Celina), l'arcivescovo di San Salvador Fernando Sáenz ha assunto una posizione di "equidistanza" tra vittime e carnefici. Riferendosi alla denuncia contro i 14 militari responsabili della strage e contro l'ex presidente Alfredo Cristiani (anche lui di Arena), presentata alla giustizia spagnola da due organizzazioni per i diritti umani, Saenz ha affermato che "aprire questo caso nei tribunali di un altro paese non ci aiuterà nel processo di riconciliazione interno" e ha inserito la morte dei sei gesuiti tra i "molti casi di ingiustizie e crimini della passata guerra commessi da entrambi i lati" (esercito e guerriglia). Anche l'attuale rettore dell'Universidad Centroamericana, José María Tojeira, ha scelto di non aderire all'iniziativa giudiziaria in Spagna. Dopo vani tentativi del governo di coprire le responsabilità delle forze armate, nel 1991 i 14 militari erano stati rinviati a giudizio e due di essi erano stati riconosciuti colpevoli e condannati a trent'anni: neanche due anni dopo, però, venivano liberati grazie all'amnistia decretata dal Congresso. 2/12/2008 |
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Ecuador, "Debito estero illegittimo" L'America Latina non permetterà i "ricatti" degli organismi di credito su un paese sovrano. Lo ha detto il presidente Correa il 29 novembre, sottolineando l'appoggio alle sue posizioni ricevuto dai paesi membri dell'Alba (Alternativa Bolivariana para las Américas). Correa si riferiva alla decisione di non pagare la parte del debito estero considerata "illegittima" in base al rapporto della Comisión para la Auditoria Integral del Crédito Público. La realizzazione di questa Commissione, composta da rappresentanti di organizzazioni sociali ed esperti di economia e diritto, costituisce un fatto inedito nel continente. Il suo resoconto, frutto di un anno di lavoro, segnala vari indizi di irregolarità nei negoziati condotti dai governi al potere a Quito nel periodo 1976-2006. Da 240 milioni nel 1970, il debito estero ecuadoriano è salito a 17.400 milioni nel 2007: un indebitamento che "è stato - si legge nel rapporto - strumento di saccheggio delle risorse e di sottomissione a politiche imposte da organismi multilaterali". 29/11/2008 |
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Il viaggio di Medvedev in America Latina Brasile, Venezuela, Cuba: questi i paesi visitati dal presidente russo Medvedev, che ha approfittato del vertice Apec a Lima per il suo primo viaggio in America Latina. Un viaggio importante, che ha confermato l'interesse - economico e politico - di Mosca per il continente latinoamericano. Prima tappa: il Brasile, dove Medvedev è stato ricevuto dal presidente Lula e con lui ha tenuto una conferenza stampa dai toni cordiali. Non è stato sottoscritto alcun accordo, ma sono state gettate le premesse per la firma di una serie di progetti in campo energetico e aerospaziale e per il massiccio acquisto, da parte brasiliana, di armamenti russi (lo scorso anno, su pressione degli ambienti militari, il governo Lula ha aumentato il bilancio delle forze armate), mentre avanza l'alleanza strategica tra Petrobras e Gazprom. Lo sviluppo dei rapporti bilaterali è ben sintetizzato da questi dati: nel 2004 l'intercambio commerciale era di circa 2 milioni di dollari, nel 2007 è arrivato a 5.400 milioni e quest'anno supererà ampiamente tale cifra. Seconda tappa: il Venezuela. Tra gli accordi di cooperazione in campo militare ed energetico siglati tra i due paesi, la creazione di un consorzio energetico tra Pdvsa e Gazprom e l'appoggio russo allo sviluppo dell'energia nucleare venezuelana a scopi pacifici. Da tempo Chávez aspirava alla costruzione di una centrale nucleare e in settembre aveva finalmente ottenuto da Putin la promessa dell'aiuto di Mosca. La visita di Medvedev ha coinciso con l'arrivo della flotta russa, per le manovre congiunte VenRus 2008. Tra il 2005 e il 2007 Mosca e Caracas hanno firmato contratti per la vendita di armamenti per 4.400 milioni di dollari. Il giro latinoamericano del presidente russo si è concluso a Cuba, dove Medvedev è stato accompagnato da Raúl Castro in tutte le attività ufficiali: un gesto estraneo al protocollo, che conferma la speciale attenzione dell'Avana nei confronti di Mosca. Lo ha dimostrato anche il colloquio di Medvedev con Fidel, visto che l'ex presidente cubano riceve ormai un numero assai ristretto di persone. Negli ultimi tempi gli accordi sottoscritti tra Mosca e l'Avana sono stati numerosi e l'intercambio commerciale è enormemente aumentato, superando i 360 milioni di dollari annui. Imprese russe sono interessate alla prospezione del petrolio nelle acque del Golfo del Messico ed esistono crescenti rapporti di cooperazione nello sfruttamento del nichel, nelle biotecnologie, nel trasporto e nella sfera militare. 28/11/2008 |
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Panama, multata miniera d'oro a cielo aperto La compagnia canadese Petaquilla Gold dovrà pagare 1.934.694 dollari per i danni all'ecosistema provocati dalla miniera d'oro a cielo aperto di Cerro Petaquilla. Lo ha stabilito l'Anam (Autoridad Nacional del Ambiente), che ha anche decretato la sospensione temporanea dell'attività estrattiva nella zona. La notizia è stata accolta con favore dai movimenti ambientalisti, secondo i quali però la sanzione avrebbe dovuto essere ben più alta: la somma che la Petaquilla Gold deve sborsare non paga certo i tagli indiscriminati degli alberi, l'inquinamento di fiumi e falde acquifere, la distruzione di ettari di foreste e l'attacco alla biodiversità del Corredor Biológico Mesoamericano. La decisione dell'Anam costituisce comunque una prima vittoria della Coordinadora Nacional para la Defensa de Tierras y Aguas, del Comité pro Cierre de Mina Petaquilla e della Coordinadora Campesina por la Vida, che avevano realizzato presidi e picchetti davanti all'ambasciata canadese e avevano indirizzato una lettera di protesta al governo di Ottawa per denunciare le aggressioni e gli abusi dei funzionari della miniera contro la popolazione. 25/11/2008 |
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Paraguay, i primi cento giorni di Lugo Il 23 novembre si sono compiuti i primi cento giorni di governo di Fernando Lugo. Quale bilancio si può trarre? I cambiamenti promessi dall'ex vescovo durante la campagna elettorale procedono lentamente, in particolare per quanto riguarda la riforma agraria. Da qui la ripresa delle occupazioni di terre, dei blocchi stradali, delle marce dei Sin Tierra. Queste mobilitazioni hanno portato a uno scontro con i coloni brasiliani, proprietari delle grandi coltivazioni intensive di soia: contro la minaccia ai loro interessi, i brasiguayos non hanno esitato a chiedere il sostegno di Brasilia, provocando attriti diplomatici tra i due paesi. Per affrontare il problema delle campagne, il governo ha creato il Consejo para la Reforma Agraria, composto da rappresentanti dello Stato e delle organizzazioni contadine. Tra gli impegni presi da Lugo con gli elettori, uno è stato subito rispettato: l'esecutivo ha disposto la gratuità degli ospedali pubblici, sia per le visite ambulatoriali che per i ricoveri. Qualche segnale è stato dato anche nella lotta alla corruzione: una battaglia non facile perché questo male è profondamente radicato nell'amministrazione pubblica. Passi avanti sono stati fatti nella revisione del trattato con il Brasile per la centrale idroelettrica di Itaipú. A tinte fosche invece il quadro della lotta alla criminalità: tra agosto e ottobre di quest'anno rapine e assalti alle abitazioni sono cresciuti del 138% rispetto allo stesso periodo del 2007. Sul piano politico, non mancano le divergenze all'interno dell'Alianza Patriótica parael Cambio, la coalizione di governo. I contrasti maggiori sono sorti tra lo stesso presidente e il suo vice Federico Franco, del Partido Liberal Radical Auténtico, in seguito alla decisione di Lugo di nominare come ministri esponenti politici contrari a Franco e di affidare al titolare dell'Interno, Rafael Filizzola, la funzione di tramite tra l'esecutivo e il Parlamento (un compito che spetterebbe al vicepresidente). Non sono facili neppure i rapporti con il Congresso, ancora in mano al Partido Colorado: l'iniziale appoggio da parte dell'Unión Nacional de Ciudadanos Eticos (Unace) è venuto meno, dopo la denuncia di una cospirazione contro il governo guidata dal leader dell'Unace, l'ex generale Lino Oviedo, e dall'ex presidente colorado Duarte Frutos. Quanto alle forze armate, il comandante in capo Bernardino Soto Estigarribia è stato recentemente sostituito con il contrammiraglio Cíbar Benítez Cáceres. Alla base della rimozione vi sarebbe il conflitto tra Soto e il ministro della Difesa Luis Bareiro Spaini, che non avrebbe consultato l'allora comandante in capo sulla nomina di alcuni alti ufficiali. Rivolto alla casta militare, che teme di perdere gli antichi privilegi, Lugo ha precisato di voler instaurare nei vertici delle forze armate una coscienza democratica, perché incarnino responsabilmente quanto previsto dalla Costituzione. 25/11/2008 |
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Venezuela, qualche nube sul trionfo del Psuv Positivo debutto elettorale per il Partido Socialista Unido de Venezuela: nelle consultazioni regionali e amministrative del 23 novembre si è imposto in 17 dei 22 Stati e nell'80% dei municipi. Un dato importante, grazie al quale il Psuv si consolida come prima forza politica, nonostante la recente rottura con il Partido Comunista e Patria para Todos, che dopo aver respinto la confluenza nel raggruppamento voluto da Chávez avevano deciso di presentare propri candidati. Le elezioni di domenica 23 hanno visto un'alta affluenza alle urne (intorno al 65%). Il trionfo del governo è però offuscato dal risultato dell'opposizione che, pur diminuendo in numero di voti, ha conquistato il controllo dei due Stati più ricchi e popolosi, Miranda e Zulia, e delle città di Caracas e Maracaibo. In quest'ultimo centro, il secondo per importanza del paese, è stato eletto sindaco Manuel Rosales, il leader violentemente attaccato un mese fa dallo stesso Chávez, che lo accusò di voler attentare alla sua vita. Se il progetto bolivariano si conferma dunque maggioritario, l'opposizione si rafforza in alcuni punti chiave, da cui potrà esercitare un'influenza superiore alla sua consistenza reale. Tra i due poli non rimane spazio per posizioni intermedie: e infatti i grandi sconfitti della giornata sono stati i chavisti dissidenti, che hanno perso in cinque Stati (compreso Barinas, terra natale della famiglia Chávez, dove è stato eletto governatore il fratello del presidente, Adán). 25/11/2008 |
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Vertice Apec: un inno al libero mercato Si è concluso il 23 novembre il XVI vertice dell'Apec, l'organismo di cooperazione economica Asia Pacifico che ha riunito nella capitale peruviana i capi di Stato di 21 paesi (tra cui Bush). L'incontro si è tenuto in un luogo tristemente famoso: il cosiddetto Pentagonito, il quartier generale dell'esercito che durante la guerra sucia funzionò come centro clandestino di detenzione e di tortura. Nella Declaración de Lima, approvata al termine dei lavori, si afferma che la crisi economica va combattuta accentuando le politiche neoliberiste. Nessun accenno di autocritica, nessuna correzione di rotta, anzi. Una posizione sintetizzata dal presidente peruviano Alan García: "Vinceremo la crisi, uniti popoli e imprese; ricapitalizzeremo le istituzioni finanziarie; eviteremo la recessione mondiale. Il miglior rimedio alla crisi consiste nell'approfondire il libero mercato". Di diverso avviso i tanti dimostranti che, sfidando la massiccia presenza di forze di sicurezza, hanno riempito il centro di Lima. Durante la manifestazione, convocata da sindacati, organizzazioni sociali e partiti di sinistra, è stato realizzato un simbolico processo contro George W. Bush, "il maggior responsabile di violazioni dei diritti umani nel mondo e il colpevole della crisi mondiale". 24/11/2008 |
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Honduras, ucciso il vicepresidente del Congresso Il vicepresidente del Congresso, Mario Fernando Hernández, è stato assassinato il 22 novembre a San Pedro Sula. Insieme a lui ha perso la vita l'avvocato Marcio Antonio Collier, noto per la sua battaglia legale in rappresentanza dell'impresa statale di telecomunicazioni Hondutel. Entrambi appartenevano al Partido Liberal, la formazione di governo. Secondo la ricostruzione della polizia, l'auto dei killer ha speronato la macchina di Hernández e Collier: gli assalitori, incappucciati, sono scesi dal veicolo e hanno aperto il fuoco, uccidendo i due e ferendo una terza persona. Hernández intendeva presentare la sua candidatura alla rielezione nelle primarie del partito previste alla fine di novembre e anche Collier voleva concorrere per un seggio al Congresso. Il 14 novembre, nel municipio di Morazán, era stato ucciso un altro esponente politico liberale, l'ingegner Julio César Padilla; due giorni prima era stata la volta di Danilo Castro, del Partido Nacional. 23/11/2008 |
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Cile, termina lo sciopero dei dipendenti pubblici L'accordo raggiunto il 20 novembre tra i dipendenti pubblici e lo Stato ha posto fine a uno sciopero che aveva visto la partecipazione di oltre mezzo milione di persone. L'intesa è stata resa possibile dall'approvazione in Parlamento di un aumento del 10% per tutti i lavoratori del settore, compresi gli alti funzionari governativi. Questo punto è stato contestato dalla presidente Bachelet, contraria all'inclusione tra i beneficiari di sé stessa, di ministri e sottosegretari, proprio mentre il governo lancia appelli all'austerità per fronteggiare la crisi. Michelle Bachelet si è detta decisa a cercare una via legale per escludere dall'aumento le alte sfere, nonostante qualcuno sostenga che tale esclusione sarebbe incostituzionale. Nel frattempo gli impiegati statali hanno ripreso il lavoro, anche se il leader della Central Unitaria de Trabajadores, Arturo Martínez, pur celebrando il trionfo ha ammesso: "Non abbiamo ottenuto tutto ciò che ci aspettavamo". La mobilitazione chiedeva inizialmente un incremento salariale del 14,5%, per far fronte all'inflazione che negli ultimi dodici mesi ha sfiorato il 10%. Lo sciopero a tempo indeterminato era iniziato il 17 novembre con l'adesione quasi totale dei lavoratori delle scuole, delle dogane, del servizio anagrafe, della nettezza urbana, del fisco, cui si erano poi aggiunti medici e magistrati. 22/11/2008 |
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Argentina, ex repressore si suicida in diretta tv Un suicidio in diretta tv, protagonista l'ex repressore Mario Ferreyra. Quando gli agenti si sono presentati nella sua abitazione per arrestarlo, Ferreyra era in compagnia di una giornalista e di un operatore di Crónica Tv venuti a intervistarlo: davanti ai loro occhi - e davanti alle telecamere - si è sparato un colpo, uccidendosi. Mario Ferreyra aveva già fatto parlare di sé nel 1993, quando era riuscito a fuggire da un'aula di tribunale dove era stato appena condannato per l'assassinio di tre uomini. Dopo quasi tre mesi di latitanza era stato ripreso, ma nel 1998 aveva recuperato la libertà grazie alle riduzioni di pena disposte dall'allora governatore di Tucumán Antonio Domingo Bussi (ora in carcere), che era stato suo capo durante la dittatura militare. Nel 2006 nuovo arresto per lesioni e minacce e nuova scarcerazione. Infine l'11 novembre scorso il mandato di cattura per violazione dei diritti umani, nell'ambito della causa sul centro clandestino di detenzione istituito nell'ex arsenale Miguel de Azcuénaga. IL PARLAMENTO APPROVA LA LEGGE SULLE PENSIONI. Con 46 voti a favore, 18 contrari e un'astensione, il Senato ha approvato il 20 novembre il progetto di legge che restituisce allo Stato il sistema previdenziale. Due settimane prima la proposta era passata alla Camera con 162 sì e 75 no. Le risorse che verranno affidate alla gestione pubblica sono costituite da un fondo tra gli 80 e i 90 miliardi di pesos e dagli apporti di lavoratori e imprenditori per un ammontare di 12-14 miliardi annui. 20/11/2008 |
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Bolivia, sarà revocato lo stato d'assedio nel Pando Il presidente Morales ha annunciato la revoca, a partire da domenica 23 novembre, dello stato d'assedio nel dipartimento di Pando, che era stato decretato in settembre in seguito al massacro di El Porvenir. Potrà così iniziare la campagna elettorale in vista del referendum sulla nuova Costituzione, che dovrà tenersi a fine gennaio. Nelle stesse ore Morales ha vietato "la presenza di agenti della Cia nel paese". È l'ultima di una serie di espulsioni di funzionari statunitensi (compreso l'ambasciatore Philip Goldberg), accusati di aver appoggiato i tentativi golpisti della destra boliviana. Il primo novembre Morales aveva comunicato la sospensione di "qualsiasi attività della Dea", che già dagli inizi di ottobre non aveva più accesso allo spazio aereo boliviano. Il 10 novembre il governo di La Paz ha presentato al Dipartimento di Stato Usa la richiesta di estradizione dell'ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada, ricercato per la sanguinosa repressione della cosiddetta Guerra del Gas nell'ottobre 2003 e finora protetto dall'amministrazione Bush. 14/11/2008 |
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Paraguay, le richieste del movimento contadino Riforma agraria e fine del latifondo: queste le richieste del congresso straordinario della Federación Nacional Campesina, che si è concluso il 13 novembre. "Se non ci saranno risposte chiare da parte del governo, cominceremo le occupazioni", ha detto il segretario generale aggiunto della Federazione, Marcial Gómez. I delegati al congresso hanno anche concordato sulla lotta alla produzione su vasta scala della soia transgenica, che pone in pericolo l'ambiente e la salute umana. È stata inoltre ribadita la necessità di contrastare l'offensiva dei proprietari privati. "Loro hanno gli squadristi, i loro uomini sono ben armati - ha dichiarato Gómez - Dobbiamo difenderci, è un diritto costituzionale". La settimana precedente, gruppi di contadini e organizzazioni aderenti al Frente Social y Popular avevano manifestato ad Asunción davanti alla sede della Procura, per chiedere le dimissioni del procuratore generale Rubén Candia Amarilla. Il magistrato è accusato di aver perseguitato e represso le organizzazioni contadine, di aver garantito l'impunità ai responsabili del rogo del supermercato Ycuá Bolaños, di aver protetto i corrotti e i saccheggiatori delle casse statali. Nella seconda giornata di proteste la polizia ha attaccato i dimostranti con gas lacrimogeni, idranti e proiettili di gomma. 55 persone sono rimaste ferite. 13/11/2008 |
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Cuba entra nel Gruppo di Rio Nel corso di un incontro nella città messicana di Zacatecas, i ministri degli Esteri dei paesi aderenti hanno approvato all'unanimità l'ingresso a pieno titolo di Cuba nel Gruppo di Rio. Alla decisione si è giunti "per le espressioni di interesse e di positiva valutazione sul lavoro di dialogo, consultazione e intesa politica che Cuba viene sostenendo con gli altri membri", si legge nel documento finale della riunione. Nell'anno in corso l'Avana ha ristabilito i rapporti diplomatici con il Messico e ha riannodato i contatti con il vecchio continente. Il 16 ottobre rappresentanti dell'isola e dell'Unione Europea avevano tenuto a Parigi il primo incontro a livello ministeriale dal 2003. Erano presenti i ministri degli Esteri cubano Felipe Pérez Roque, francese Bernard Kouchner, ceco Karel Schwarzenberg e il commissario europeo allo Sviluppo Louis Michel. Al termine, Pérez Roque aveva definito "molto positiva" la riunione, aveva ammesso che si era parlato anche di diritti umani e aveva precisato: "Abbiamo spiegato i nostri criteri e il nostro orgoglio per l'opera della Rivoluzione e per i principi che difendiamo". Dal canto suo Louis Michel si era mostrato sicuro della prossima apertura cubana verso la democrazia e l'economia di mercato (concetti da lui ritenuti inseparabili). 13/11/2008 |
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Messico, Pemex già privatizzata di fatto Il 70% delle attività di prospezione e di produzione che la Costituzione affida a Pemex è già in mani private. Lo ha ammesso la ministra dell'Energia Georgina Kessel, parlando in un convegno a Monterrey dedicato al mondo degli affari. La ministra ha acclamato la recente riforma energetica, affermando "che già oggi si realizza" la contrattazione delle imprese private permessa dalla nuova legge. Per il Frente Amplio Progresista, che appoggia la battaglia di López Obrador contro la privatizzazione, la confessione di Georgina Kessel conferma che la riforma di Calderón "è la chiave per consegnare ciò che resta di Petróleos Mexicanos alle imprese private". E nel Partido de la Revolución Democrática il gruppo di Jesús Ortega, che sostiene una linea di avvicinamento al governo con il riconoscimento di Calderón come presidente legittimo e il voto a favore della riforma energetica, è stato "premiato" dal tribunale elettorale federale: con una risoluzione votata all'unanimità la corte ha riconosciuto la vittoria di Ortega, candidato della corrente Nueva Izquierda, nelle contestate elezioni interne. Alejandro Encinas, della corrente Izquierda Unida, ha definito la decisione una chiara intromissione dello Stato nella vita del partito. Intanto il crimine organizzato ha fatto un'altra vittima: il 13 novembre a Ciudad Juárez un commando di uomini armati ha freddato il giornalista Armando Rodríguez Carreón El Choco, che da anni seguiva la cronaca nera per El Diario. GOMEZ MONT NUOVO MINISTRO DELL'INTERNO. L'avvocato Fernando Gómez Mont è stato nominato dal presidente Calderón ministro di Gobernación (Interno) in sostituzione di Juan Camilo Mouriño Terrazo, morto il 4 novembre in un disastro aereo nei cieli di Città del Messico. Il nuovo responsabile dell'Interno, figlio di Felipe Gómez Mont (fondatore e ideologo del Pan), secondo gli osservatori è legato all'ex presidente priista Carlos Salinas de Gortari. Nel disastro che è costato la vita a Mouriño sono morte in totale tredici persone, i nove occupanti del velivolo e quattro automobilisti colpiti dai rottami dell'aereo, esploso al momento di toccare il suolo. Le cause dell'incidente non sono state ancora determinate e persistono i sospetti di un possibile sabotaggio. Oltre al ministro dell'Interno, a bordo vi era l'ex titolare della Subprocuraduría de Investigación Especializada en Delincuencia Organizada, José Luis Santiago Vasconcelos. Contro quest'ultimo il Cartel del Golfo aveva organizzato due attentati, sventati tra il dicembre 2007 e il gennaio 2008. Il funzionario era stato recentemente chiamato dal presidente Calderón a coordinare l'applicazione delle nuove norme sulla sicurezza approvate in aprile dal Congresso. E nei giorni scorsi le autorità avevano ufficialmente confermato quanto rivelato dal quotidiano La Jornada: diversi collaboratori di Santiago Vasconcelos operavano da anni come informatori del crimine organizzato, al soldo dei fratelli Beltrán Leyva. 13/11/2008 |
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Uruguay, Tabaré Vázquez pone il veto all'aborto Due giorni prima, con una storica votazione, era stata approvata in Senato la legge sulla salute sessuale e riproduttiva. Ma il presidente Tabaré Vázquez ha deciso di mettere le sue convinzioni personali al disopra della volontà della maggioranza della popolazione, ponendo il veto alla depenalizzazione dell'aborto. Il Frente Amplio, che aveva presentato la proposta di legge, non può contare sul numero di voti sufficienti a contrastare il veto presidenziale (sono necessari i tre quinti del Parlamento in seduta plenaria) e dunque le speranze di cambiare la normativa vigente vengono rinviate alla prossima legislatura. Contro la decisione di Tabaré si sono pronunciati anche alcuni membri del suo gabinetto, come la ministra dello Sviluppo Sociale, Marina Arismendi, che solo qualche ora prima si era detta sicura che il capo dello Stato avrebbe promulgato la legge. Il provvedimento era passato con uno strettissimo margine (49 sì, 48 no) alla Camera e con un margine un po' più ampio (17 sì, 13 no) al Senato, ma le inchieste indicano che il 57% della popolazione è favorevole alla depenalizzazione. Si calcola che ogni anno in Uruguay gli aborti clandestini siano circa 33.000. Contro la proposta di legge, che riconosceva alla donna il diritto a interrompere la gravidanza entro le prime dodici settimane per motivi economici, familiari o di età, si era scatenata la gerarchia ecclesiastica, che aveva minacciato la scomunica a legislatori e operatori sanitari favorevoli all'intervento. 13/11/2008 |
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Brasile, Lula lancia la candidatura di Dilma Rousseff "La prossima campagna presidenziale sarà la prima dall'89 in cui io non sarò candidato. Credo che il Pt debba costruire una base solida per portare avanti il progetto che stiamo impiantando in Brasile. E lavoro sull'ipotesi che il candidato debba essere del Pt. Il partito discuterà sulla candidatura e io, l'ho già ribadito pubblicamente più di una volta, andrò a dire che Dilma Rousseff ha potenzialità straordinarie per essere la candidata". Con queste parole (che riprendiamo dall'articolo apparso su il manifesto del 13 novembre) il presidente brasiliano Lula ha lanciato ufficialmente la candidatura della ministra Rousseff per le presidenziali del 2010. Parlando con i giornalisti italiani nel corso della sua visita ufficiale a Roma, Lula ha risposto con fermezza a chi ipotizzava una contrapposizione tra i leader latinoamericani della "sinistra responsabile" e quelli della "sinistra radicale", come Chávez, Morales o Correa: "Io non li considero radicali. Ogni presidente parla in funzione del suo pubblico. Quindi io credo che Chavez parli alla sua realtà in Venezuela, Correa alla sua in Ecuador, Evo alla sua in Bolivia e noi alla nostra in Brasile". Anche sulla crisi economica è stato tassativo: "Con il pretesto della libertà di mercato si è consentito al sistema finanziario di funzionare come un casinò, dove l'unica cosa importante era far soldi. È essenziale che le istituzioni multilaterali tornino a funzionare davvero. Ma per questo ci vuole una profonda riforma delle Nazioni Unite, del Fmi, della Banca Mondiale, o forse ci vuole qualche nuovo strumento. Queste istituzioni furono create per curare i paesi poveri. Ma adesso che la crisi è arrivata ed è scoppiata nei paesi ricchi, non profferiscono verbo. (...) Paesi come il Brasile e altri dell'America Latina, che hanno passato vent'anni con un'economia senza crescita e che da poco più di cinque anni hanno cominciato a crescere, non possono essere le vittime dell'irresponsabilità del sistema finanziario internazionale". 13/11/2008 |
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Nicaragua, il Frente vince le amministrative Le elezioni amministrative svoltesi domenica 9 novembre hanno scatenato violenze e scontri tra opposte fazioni, con decine di feriti, tra cui quattro per colpi d'arma da fuoco. Il controllo della maggioranza dei comuni, compresa la capitale Managua, è stato conquistato dai sandinisti di Daniel Ortega, ma il Partido Liberal Constitucional ha impugnato i risultati ufficiali e a sorpresa la Conferenza Episcopale, che con Ortega aveva stretto un patto d'acciaio, si è unita alle richieste dell'opposizione, parlando di irregolarità che "delegittimano e pongono in dubbio il processo elettorale in molti municipi e capitali di dipartimento, mettendo a rischio le istituzioni democratiche". Critiche al governo e denunce di brogli sono arrivate anche dal Movimiento Renovador Sandinista: secondo il coordinatore del Mrs, Edmundo Jarquín, il Consiglio Supremo Elettorale "ha agito chiaramente come uno strumento al servizio del partito del presidente Daniel Ortega". A Managua, dopo le proteste del candidato del Plc, Eduardo Montealegre, le autorità elettorali hanno deciso di effettuare la revisione delle schede, che ha confermato la vittoria dell'esponente del Frente Sandinista de Liberación Nacional, il campione mondiale di boxe Alexis Argüello. Montealegre non ha però inviato suoi rappresentanti a presenziare al controllo, ribadendo la sua richiesta di una revisione delle schede a livello nazionale. 13/11/2008 |
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Haiti, strage di bambini Due volte in meno di una settimana. Il 12 novembre, nella periferia di Port-au-Prince, il parziale crollo dell'istituto scolastico privato Grâce Divine ha provocato otto feriti, di cui tre gravi. Solo cinque giorni prima a Pétionville, quartiere povero della capitale, la scuola cattolica La Promesse Evangélique era crollata seppellendo centinaia di bambini e adolescenti: 89 i morti e 150 i feriti. Nell'edificio di Pétionville erano in corso lavori per la costruzione di un terzo piano, lavori effettuati al risparmio e senza che le autorità competenti esercitassero adeguati controlli. Lo ha ammesso lo stesso presidente Preval dopo aver visitato il luogo della tragedia. "Quello che è accaduto è il risultato dell'instabilità e del disordine di Haiti a livello statale - ha detto - Se si osserva la costruzione, si vedrà che non c'è sufficiente ferro e calcestruzzo". 12/11/2008 |
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Colombia, riprende la marcia indigena Dopo l'incontro infruttuoso del 2 novembre tra il presidente Uribe e la Minga Nacional de Resistencia Indígena y Popular, i gruppi indigeni hanno deciso di riprendere la loro marcia diretti a Bogotá. La protesta continua, ha dichiarato Ayda Quilcué, del Cric (Consejo Regional Indígena del Cauca), "andiamo a camminare la parola". "Ancora una volta noi indigeni percorreremo le strade colombiane, sotto la protezione della solidarietà nazionale e internazionale", ha detto dal canto suo Luis Evelis Andrade, presidente dell'Onic (Organización Nacional de Indígenas Colombianos). A fine ottobre Amnesty International ha pubblicato le drammatiche cifre del conflitto colombiano: oltre 70.000 morti, 15.000 desaparecidos, tra i tre e i quattro milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, 20.000 sequestrati e 10.000 bambini soldato. L'organizzazione ha anche rimproverato i paesi dell'Unione Europea perché non premono a sufficienza sul governo colombiano, per indurlo a por fine a questi crimini di lesa umanità. E dopo lo scandalo dei cosiddetti "falsi positivi", i giovani uccisi dai militari e presentati come guerriglieri caduti in combattimento (servivano ad alimentare le statistiche, comprovando i progressi delle forze armate nella lotta agli insorti), anche gli Stati Uniti non hanno potuto far finta di nulla. L'ambasciatore Usa William Brownfield ha annunciato la decisione di Washington di sospendere gli aiuti militari a tre unità dell'esercito coinvolte nella morte di almeno 23 persone. Lo scandalo ha già obbligato Uribe a destituire 27 ufficiali, tra cui tre generali, mentre il comandante in capo Mario Montoya si è dimesso il 4 novembre. Ma l'epurazione potrebbe non bastare: il procuratore generale Mario Iguarán ha affermato che il suo ufficio ha ricevuto, solo quest'anno, oltre mille denunce su civili uccisi dai militari. Anche l'attività dei killer non si ferma: il 6 novembre a Villa María, nel dipartimento di Caldas, il dirigente del Partido Liberal (opposizione) Jorge Eliécer Restrepo è stato assassinato insieme alla sua scorta. LA LOTTA DEI GIOVANI AVVOCATI. Della situazione in Colombia abbiamo parlato con Judith Maldonado, in visita in Italia per far conoscere l'emergenza umanitaria in atto. Judith appartiene al collettivo di avvocati Luis Carlos Pérez, che da sette anni è impegnato nella zona nord-orientale, alla frontiera con il Venezuela, nella tutela dei diritti umani e dell’ambiente. "Siamo un gruppo di giovani da poco laureati in legge, decisi a dare un senso sociale al nostro lavoro professionale: contribuiamo alla ricerca della giustizia e alla lotta contro l’impunità e difendiamo le organizzazioni sociali, sindacali e contadine che vengono criminalizzate. Tra le nostre attività vi è il sostegno ai Morilon Barí, un’etnia millenaria che abita nella zona del Catatumbo e che si batte per salvaguardare il suo territorio e la sua identità culturale. Diamo loro assistenza giuridica e li rappresentiamo davanti ai tribunali. Ma facciamo anche un lavoro educativo: andiamo nelle campagne, nei villaggi, nelle comunità per illustrare alla popolazione i suoi diritti, il modo di farli valere, le istanze a cui rivolgersi. E abbiamo recentemente creato un settore comunicazione, per unirci agli sforzi dei movimenti che cercano di far conoscere le loro proposte e le loro denunce". La situazione, nell'area in cui opera il collettivo, è particolarmente drammatica: "Come molte altre regioni della Colombia anche questa è stata vittima, a partire dal '98, dell’aggressione dei paramilitari. Nel Catatumbo i paras non erano più di 700, ma si sono resi responsabili di 10.200 omicidi e oltre 600 desaparecidos. Sono dati riconosciuti ufficialmente e siamo convinti che in realtà siano sottostimati: spesso, per paura, molti casi non vengono denunciati. È vero che alcuni grossi gruppi, tra cui il Bloque Catatumbo e il Bloque Norte, hanno deposto le armi. Ma in seguito si sono riorganizzati e dalle campagne sono passati a controllare le città: ora sono presenti in forze in tutti i quartieri, non solo nella periferia dove c’è miseria ed emarginazione. Sono nate così le Aguilas Negras, che si incaricano della vigilanza privata, impongono agli abitanti il pagamento di una somma in denaro che passano a raccogliere ogni settimana (se qualcuno ha un negozio o una piccola attività, la cifra da pagare aumenta) ed esercitano la cosiddetta limpieza social, l’eliminazione delle persone ritenute indesiderabili. A Cúcuta, la capitale del Norte de Santander, prima del ’98 c’erano in media 30 delitti all’anno, che poi sono aumentati fino ad arrivare a 1.400 proprio tra il 2003 e il 2004, quando stava iniziando il processo di smobilitazione che teoricamente avrebbe dovuto portare alla pace. E negli anni successivi i livelli di violenza si sono mantenuti altissimi: all’inizio di quest’anno la media mensile era di oltre 120 omicidi". Judith vuole concludere però con una nota di speranza, di fronte alla "ripresa dei movimenti sociali, delle mobilitazioni, delle proteste" che si registra in questi giorni in tutto il paese. 10/11/2008 |
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Perù, proteste in tutto il paese Il governo ha dichiarato lo stato d'emergenza nella regione meridionale di Tacna, dove giorni di proteste e di scontri hanno provocato la morte di un manifestante. Lo stato d'emergenza sospende i diritti costituzionali di riunione e di transito e l'inviolabilità del domicilio. A dar fuoco alle polveri era stata, il 27 ottobre, una mobilitazione nella regione di Moquegua: migliaia di persone erano scese nelle piazze per chiedere una diversa distribuzione degli introiti provenienti dalle imposte sull'attività estrattiva, accusando Lima di favorire alcune regioni a scapito di altre. Cedendo alle richieste il governo aveva approvato una nuova legge, suscitando però la rivolta nella vicina Tacna, dove la popolazione si sentiva a sua volta defraudata. Nel frattempo nella zona di Cajamba, nel nord del paese, la mancata realizzazione di opere di infrastruttura faceva scoppiare il malcontento popolare. 4/11/2008 |
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Paraguay, scoperti nuovi archivi della dittatura Sedici anni dopo la scoperta dei cosiddetti Archivos del Terror, in uno scantinato nel centro di Asunción sono stati rinvenuti nuovi elenchi di oppositori della dittatura e quella che probabilmente era una sala di tortura. Lo ha reso noto il militante per i diritti umani Martín Almada, spiegando che il ritrovamento è stato reso possibile grazie alla confessione di un poliziotto pentito. Lo scantinato è situato nell'edificio che per qualche tempo, durante il regime di Stroessner, ospitò il Ministero dell'Interno. TENSIONE CON IL BRASILE. Il dispiegamento di 10.000 soldati brasiliani alla frontiera con il Paraguay, per manovre che comprendevano un'occupazione simulata del complesso idroelettrico di Itaipú, non è piaciuto al governo di Asunción. La mobilitazione è stata interpretata come una minacciosa risposta alla decisione, presa da Lugo solo una settimana prima, di proibire la vendita di terre coltivabili a cittadini stranieri: un provvedimento che preoccupa i brasiguayos, i brasiliani proprietari delle coltivazioni di soia nella zona di confine. "Credono di spaventarci con le esercitazioni militari alla frontiera, ma non ci riusciranno", ha avvertito il presidente Lugo. Durante la dittatura di Stroessner i brasiguayos comprarono migliaia di ettari in territorio paraguayano e ora temono la realizzazione di quella riforma agraria che figura tra le promesse elettorali di Fernando Lugo. E a proposito di riforma agraria, i movimenti contadini hanno avvertito l'esecutivo che la tregua è finita e hanno iniziato nuove occupazioni di terre. Il governo ha risposto con l'arresto di decine di persone. 31/10/2008 |
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"Recuperare il ruolo dello Stato" La crisi finanziaria internazionale è stata al centro del XVIII Vertice Iberoamericano svoltosi a San Salvador, con la partecipazione di 19 capi di Stato o di governo (tra gli assenti, il venezuelano Hugo Chávez e l'uruguayano Tabaré Vázquez). La grande maggioranza dei presenti, sia pure con sfumature diverse, ha concordato sulla necessità di un cambiamento dell'attuale sistema economico. Bisogna gettare "nel cesto della spazzatura le istituzioni che non servono", ha detto il presidente ecuadoriano Rafael Correa, e creare una banca per lo sviluppo del Sud e una moneta regionale unica che sostituisca il dollaro. Il boliviano Evo Morales ha chiesto di non salvare il capitalismo a spese dei poveri. E il brasiliano Lula, sottolineando che i paesi del Sud del mondo "sono le vittime e non i colpevoli" dell'attuale situazione, ha riaffermato la necessità di "recuperare il ruolo dello Stato, emarginato dalle tesi del Consenso di Washington". Anche l'argentina Cristina Fernández ha espresso la sua fiducia nel "ruolo insostituibile dello Stato" per far fronte al fallimento del modello neoliberista "che si credeva indistruttibile" e il dominicano Leonel Fernández ha rincarato la dose, parlando di "esequie" del neoliberismo. Una riforma del Fondo Monetario Internazionale è stata chiesta dalla presidente cilena Michelle Bachelet e dal premier spagnolo Zapatero. Il collasso delle finanze mondiali era stato anche l'argomento principale di un incontro tra Chávez e Correa alla vigilia del vertice. I due capi di Stato si erano incontrati nella città ecuadoriana di Puyo per esaminare lo stato della cooperazione bilaterale. Per quanto riguarda la crisi, avevano convenuto sulla necessità di guardare alle possibilità d'azione che si aprono ai paesi sudamericani e alle opportunità che la crisi stessa può rappresentare per la regione. 31/10/2008 |
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Cile, dopo la sconfitta si dimette Soledad Alvear Severa sconfitta del centrosinistra nelle amministrative del 26 ottobre. L'opposizione ha ottenuto la maggioranza dei voti nell'elezione dei sindaci (anche se non in quella dei consiglieri comunali) e governerà molte capitali regionali, comprese Santiago e Valparaíso. Questo risultato pone una seria ipoteca sulle presidenziali dell'anno prossimo, in cui Michelle Bachelet non può ripresentarsi per un secondo mandato consecutivo. L'avanzata della destra è la conseguenza delle divisioni in seno alla coalizione di governo: per la prima volta infatti i partiti della Concertación si sono presentati agli elettori con due diverse liste. Una valutazione ribadita dalla stessa Bachelet, che ha sottolineato come soltanto con "unità, unità e ancora unità" si possa sperare di invertire la tendenza. Tra gli eletti di domenica 26 figura anche la figlia maggiore del defunto dittatore, Lucía Pinochet Hiriart, che ha ottenuto come indipendente un seggio di consigliere a Vitacura (Santiago). La sua candidatura non è stata sostenuta dai partiti che appoggiarono la dittatura. All'interno della Concertación, la sconfitta alle amministrative ha avuto una prima ripercussione con la rinuncia di Soledad Alvear alla direzione della Dc. "Amo tanto il mio partito e credo tanto nei suoi valori e principi che questo era ciò che dovevo fare, non c'era altro modo di ottenere l'unità tanto necessaria nella Democracia Cristiana", ha detto la Alvear il 28 ottobre annunciando le sue dimissioni. Soledad Alvear era stata la principale avversaria di Michelle Bachelet nelle primarie del 2005: ora la sua decisione la mette fuori gioco per le prossime primarie. Sempre il 28 ottobre si è dimessa la ministra della Sanità, la socialista María Soledad Barría, in seguito a uno scandalo scoppiato nell'ospedale di Iquique: per la mancata notifica da parte delle autorità ospedaliere, per anni 25 persone hanno ignorato di essere sieropositive (tre di loro sono morte nel frattempo). ARELLANO STARK CONDANNATO A SEI ANNI. Il 15 ottobre la Corte Suprema ha condannato a sei anni di prigione il generale a riposo Sergio Arellano Stark, riconosciuto responsabile dell'omicidio di quattro militanti dell'opposizione durante la dittatura. La stessa pena è stata comminata a Carlos Romero Muñoz, mentre altri tre ex militari hanno ricevuto una condanna a quattro anni con il beneficio della libertà vigilata. Nel 1973, subito dopo il golpe, Arellano Stark comandò la famigerata Caravana de la Muerte, che percorse il paese uccidendo decine di oppositori politici. 28/10/2008 |
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Messico, passa al Congresso la riforma energetica "Questa voracità porta all'ingovernabilità politica". Nonostante l'ammonimento in aula di Andrés Manuel López Obrador, e nonostante il tentativo di alcuni deputati del Frente Amplio Progresista di impedire la seduta occupando la tribuna, anche la Camera ha detto sì il 28 ottobre alla riforma energetica. Nessuna modifica è stata apportata rispetto al testo approvato cinque giorni prima dai senatori (che avevano dovuto riunirsi in un'altra sede, la Torre del Caballito, sotto la protezione di ingenti forze di polizia, per eludere i manifestanti che presidiavano il Senato). Domenica 26, Amlo aveva scelto il Monumento a la Revolución come luogo simbolico per riunire, ancora una volta, i suoi sostenitori nella lotta in difesa delle risorse nazionali. Parlando davanti a migliaia di persone, aveva promesso la continuazione della battaglia anche dopo il voto del Congresso e aveva sottolineato quanto ottenuto dal movimento: "Volevano legalizzare la privatizzazione della raffinazione, del trasporto, degli oleodotti e dell'immagazzinamento dei petroliferi. E questo lo abbiamo fermato, così come sono stati fatti passi avanti per quanto riguarda altre richieste". In effetti la riforma costituisce un compromesso tra una totale cessione al capitale privato, nazionale ed estero (come pretendeva inizialmente Calderón) e la difesa del carattere pubblico di Pemex. Il testo sembra soddisfare tutti i partiti: dal Pan al Pri allo stesso Prd (la maggioranza dei parlamentari perredisti si è espressa a favore, marcando clamorosamente la sua distanza dalle posizioni di Amlo). Ma se la privatizzazione di Pemex è per il momento bloccata, il rischio non è scongiurato: le imprecisioni e le lacune presenti nei provvedimenti potrebbero rimettere in gioco gli appetiti delle transnazionali. 28/10/2008 |
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Brasile, la destra conserva San Paolo Prospettive poco rosee per il Partido dos Trabalhadores, in vista delle presidenziali del 2010. Il ballottaggio di domenica 26 ha segnato un punto a favore della destra, che ha mantenuto il controllo di San Paolo, centro finanziario, economico e industriale del paese. Il presidente Lula, che pure gode di un indice di popolarità attorno all'80%, non è riuscito a trasferire questo appoggio popolare sulla candidata del Pt, Marta Suplicy, che ha ottenuto meno del 40% dei suffragi. E la riconferma del prefeito Gilberto Kassab alla guida della città rafforza il suo grande sostenitore, il governatore José Serra. I candidati del partito di Lula sono stati sconfitti anche a Salvador de Bahia e a Porto Alegre, che saranno governate entrambe dal Pmdb (Partido do Movimento Democrático Brasileiro). Il Pmdb, questa volta con l'appoggio del Pt, si è aggiudicato con uno stretto margine la prefeitura di Rio de Janeiro, mentre il Partido Socialista Brasileiro (sempre con il sostegno del Pt) si è imposto a Belo Horizonte. Alla luce di questi risultati, non proprio esaltanti, per il Partido dos Trabalhadores si pone il problema del candidato presidenziale, visto che Lula non può ripresentarsi per un terzo mandato: finora il nome più accreditato è quello della ministra della Presidenza, Dilma Rousseff. 27/10/2008 |
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Colombia, niente incontro con Uribe Non si è tenuto l'incontro tra il presidente Uribe e la delegazione indigena fissato per domenica 26 a Cali. In città erano giunti in 40.000, molti con gli abiti tradizionali, dopo aver percorso a piedi decine di chilometri per portare la loro protesta davanti al capo dello Stato. Questi è arrivato nella zona dell'appuntamento con ore di ritardo, quando già i rappresentanti delle comunità se ne stavano andando, ed è stato accolto con sonori fischi. Dell'accaduto non si fa cenno sul sito Internet della Presidenza, dove invece si racconta con dovizia di particolari la vicenda del parlamentare Oscar Tulio Lizcano, fuggito con l'aiuto del suo ex carceriere dopo essere stato per oltre otto anni in mano alle Farc. La marcia indigena ha comunque mostrato l'unità e la compattezza della mobilitazione contro ogni tentativo di repressione (a Villarrica due dimostranti erano stati uccisi durante un attacco delle forze di sicurezza). IL GOVERNO OSTACOLA LA MAGISTRATURA. Il governo Uribe rema contro la giustizia, "ostacolando e sabotando il lavoro della magistratura". Lo afferma l'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, che ha recentemente presentato un rapporto sulla situazione colombiana. Il 20% dei parlamentari (in gran parte appartenenti alla maggioranza) è attualmente indagato per legami con i gruppi armati di estrema destra. L'apertura di queste inchieste si deve al lavoro coraggioso di tanti giornalisti e politologi. Come Claudia López, che due anni fa passò al setaccio i risultati delle elezioni del 2002, scoprendo che potevano essere spiegati solo con i brogli e con le pressioni esercitate dai gruppi paramilitari nelle zone calde del paese. In seguito a questa e ad altre denunce, i nove magistrati della Sala Penal della Corte Suprema stabilirono di coordinare le loro indagini, fino ad allora portate avanti separatamente. La risposta del governo non si fece attendere: una serrata campagna di discredito contro la Corte e, in maggio, l'improvvisa estradizione negli Usa dei principali capi paramilitari, che rischiavano di parlare troppo. I familiari delle vittime parlarono allora di una pietra tombale sulla verità: i loro timori vengono ora confermati dalla decisione di Ramiro Cuco Vanoy, il primo paramilitare condannato negli Stati Uniti per narcotraffico, di non collaborare più con i processi in patria. Gli uomini di Vanoy si resero colpevoli, nel dipartimento di Antioquia, di almeno 3.000 uccisioni: 3.000 morti i cui resti, probabilmente, non si troveranno mai. "Il governo colombiano e quello statunitense sono responsabili di un grave attentato contro la giustizia", ha denunciato Iván Cepeda, presidente del Movimiento Nacional de Víctimas de Crímenes de Estado. E lo spionaggio ai danni di Gustavo Petro, senatore del Polo Democrático Alternativo, è costato il posto a María del Pilar Hurtado, direttrice dei servizi segreti. La Hurtado si è dimessa il 23 ottobre, dopo aver ammesso che uno dei suoi uomini aveva ordinato indagini sull'esponente dell'opposizione. Il senatore Petro denuncia da tempo i legami del capo dello Stato con i gruppi armati di estrema destra: per questo sono in molti a ritenere che l'ordine di spiarlo provenisse non da un oscuro funzionario, ma dallo stesso Uribe. 26/10/2008 |
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Argentina, le pensioni tornano pubbliche La presidente Cristina Fernández ha firmato il 21 ottobre il progetto di legge che sancisce il ritorno del sistema previdenziale dal privato al pubblico. Il progetto elimina le discusse Aseguradoras de Fondos de Jubilaciones y Pensiones (Afjp), retaggio dell'epoca menemista, stabilendo il passaggio al Sistema Integrado Previsional Argentino. Si tratta di "un cambiamento strutturale, strategico", ha spiegato Cristina Fernández, che va in senso contrario al modello neoliberista imposto negli anni Novanta. Il provvedimento, appoggiato da tutte le centrali sindacali, consentirà di difendere le risorse dei lavoratori dalla crisi finanziaria internazionale: "In un contesto in cui i principali Stati stanno adottando una politica di protezione verso le banche, noi lo facciamo verso i nostri pensionati e lavoratori", ha detto la presidente. Ma l'iter parlamentare della nuova legge non si preannuncia facile: la destra, compresa una parte dei peronisti, si prepara a dare battaglia nel Congresso, mentre la stampa conservatrice sfodera titoloni allarmisti. NO DI MONTEVIDEO ALLA CANDIDATURA KIRCHNER. La questione della Botnia, la cartiera installata in territorio uruguayano al confine con l'Argentina, divide ancora i due paesi. Il governo di Buenos Aires ha accolto con agravio la decisione di Montevideo di non appoggiare la candidatura dell'ex presidente Néstor Kirchner a segretario generale dell'Unasur. Gli uruguayani rimproverano a Kirchner di non essersi opposto - durante il suo mandato - alle azioni di protesta degli ambientalisti contro la costruzione della fabbrica. 23/10/2008 |
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Bolivia, Morales vince: convocato il referendum Alle 14 del 21 ottobre, in una Plaza Murillo stracolma di decine di migliaia di persone provenienti da ogni angolo del paese, il presidente Morales ha promulgato la legge di convocazione del referendum per la nuova Costituzione. Il 25 gennaio, data fissata per la consultazione, gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi sul testo della Carta Magna redatto dall'Assemblea Costituente, con i cambiamenti introdotti dalla Comisión Especial de Concertación del Congresso. "Sento veramente che questo processo di trasformazione non si interrompe - ha detto il capo dello Stato - Il neoliberismo non tornerà in Bolivia". Una vittoria lungamente attesa dai partecipanti alla marcia della Coordinadora Nacional por el Cambio: partiti il 13 ottobre da Caracollo (lo stesso Morales aveva guidato i primi passi), erano giunti a La Paz dopo aver percorso centinaia di chilometri a piedi nel freddo dell'altopiano e avevano atteso tutta la notte davanti alla sede del Parlamento. "Se non tirano fuori la legge, restiamo qui per chiudere il Congresso. Se il presidente non lo ha fatto, lo farà il popolo ora", aveva avvertito Leonilda Zurita, della Federación Nacional de Mujeres Campesinas Bartolina Sisa. Come si è giunti a sbloccare la situazione? In settembre governo e prefetti dell'opposizione, riuniti a Cochabamba, avevano concordato una serie di modifiche al testo costituzionale approvato nel dicembre 2007. Poi la discussione è passata al Congresso, dove per tredici giorni è andata avanti un'estenuante trattativa. L'ultimo scoglio, la questione della rielezione presidenziale, è stato superato con la rinuncia di Evo Morales a ripresentarsi candidato nel 2014 (una volta approvata la nuova Costituzione, si dovranno tenere elezioni generali nel dicembre 2009 e si dà per scontata un'affermazione di Morales). Alla fine due terzi dei congressisti hanno detto sì alla convocazione del referendum: agli 80 voti del Movimiento al Socialismo si sono aggiunti i 9 di Unidad Nacional, gli 8 del Movimiento Nacionalista Revolucionario e 40 dei 56 parlamentari di Podemos. Quest'ultimo partito, fino a ieri prima forza d'opposizione, ha visto così ufficializzata la sua spaccatura interna. 21/10/2008 |
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Haiti, un altro anno per la Minustah Il 15 ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite all'unanimità ha rinnovato per un altro anno il mandato alle truppe della Minustah, la Missione di Stabilizzazione ad Haiti guidata dal Brasile. La risoluzione afferma che, nonostante i progressi ottenuti negli ultimi mesi, il clima di sicurezza nel paese rimane "precario", in particolare a causa del traffico di droga e di armi. La decisione del Consiglio di Sicurezza è stata criticata da parlamentari haitiani e movimenti sociali brasiliani: secondo il Movimento Sem Terra, la Minustah è una forza d'occupazione e non di pace. Nello stesso giorno del voto all'Onu, rappresentanti di organizzazioni dei diritti umani e di associazioni contadine e operaie si sono concentrati davanti al palazzo presidenziale di Port-au-Prince, per protestare contro l'Accords de Partenariat Economique tra i paesi caraibici e l'Unione Europea. Ricot Jean-Pierre, della Plateforme Haïtienne de Plaidoyer pour un Développement Alternatif, ha dichiarato che "nella situazione d'emergenza in cui si trova il paese, non possiamo firmare questo accordo" e ha invitato il governo a cercare un consenso popolare a un progetto di sviluppo nazionale. Il portavoce dell'unione dei piccoli contadini (Tèt Kole Ti Peyizan Ayisyen), Osnel Jean-Baptiste, ha espresso il timore che l'Accords de Partenariat Economique distrugga completamente le possibilità produttive locali: "Invece di firmare un cattivo accordo, il governo deve prestare più attenzione alle zone rurali, fortemente colpite dal passaggio degli ultimi uragani e tormente tropicali, e distribuire i semi necessari per i prossimi raccolti". Secondo l'Indice Mondiale della Fame 2008, presentato da diverse organizzazioni contro la denutrizione, Haiti è l'unico paese del continente americano con problemi di fame "molto gravi". 17/10/2008 |
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Nicaragua, il governo contro giornalisti e femministe Un gruppo di intellettuali, tra cui figurano Carlos Monsivais, Noé Jitrik, Eduardo Galeano, Mario Benedetti, Horacio Verbitsky, Ariel Dorfman, Angeles Mastretta, ha lanciato un appello alla comunità internazionale in favore del giornalista Carlos Fernando Chamorro, su cui pende la minaccia del carcere. Figlio di Pedro Joaquín Chamorro Cardenal, il direttore de La Prensa assassinato dalla dittatura di Somoza nel 1978, Carlos Fernando presiede la Fundación Cinco, che promuove la ricerca su comunicazione, cultura e democratizzazione, e dirige il programma televisivo Esta Semana di Canal 8. Proprio in Esta Semana, nel giugno 2007, Chamorro presentò un'inchiesta giornalistica su un caso di corruzione che coinvolgeva la segreteria del Frente Sandinista de Liberación Nacional. Il caso venne insabbiato, ma l'imprenditore che aveva denunciato l'estorsione fu condannato per ingiurie e calunnie e il deputato Alejandro Bolaños, che aveva appoggiato la presentazione in tribunale, fu privato del seggio. Quanto a Chamorro, da quel momento è stato sottoposto a una campagna di diffamazione attraverso i media ufficiali controllati dalla moglie di Ortega, Rosario Murillo. E domenica 12 ottobre agenti della Policía Nacional agli ordini di un magistrato hanno fatto irruzione negli uffici della Fundación Cinco, perquisendo i locali e sequestrando gli archivi. La notte precedente un'analoga incursione era avvenuta nella sede del Movimiento Autónomo de Mujeres, "colpevole" di essersi opposto alla legge che proibisce l'aborto terapeutico. 16/10/2008 |
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Colombia, protesta indigena: tre morti e cento feriti Tre morti e un centinaio di feriti: questo il bilancio di una delle maggiori proteste indigene degli ultimi anni. La Minga Nacional de Resistencia Indígena y Popular era iniziata domenica 12, quando migliaia di persone si erano concentrate nella zona di La María, nel dipartimento del Cauca. Tra gli obiettivi della mobilitazione: ribadire l'opposizione ai trattati di libero commercio con Stati Uniti ed Europa; denunciare le riforme costituzionali e legislative contrarie ai diritti e agli interessi indigeni; respingere il Plan Colombia e la politica di Sicurezza Democratica del governo Uribe; esigere l'attuazione delle norme e degli accordi internazionali a favore delle popolazioni indigene, dei lavoratori, delle donne; proporre la convocazione di un Congreso Nacional de los Pueblos in cui dare nome alla "parola collettiva per incamminarla verso il nuovo paese possibile e necessario". Le forze di sicurezza, intervenute per sgomberare i blocchi stradali eretti dai dimostranti sulla Carretera Panamericana, non si sono limitate al lancio di gas lacrimogeni, ma hanno sparato ad altezza d'uomo e utilizzato elicotteri e blindati. Una violenza che il vicepresidente Francisco Santos ha giustificato parlando di infiltrazione guerrigliera nel Cauca. Ma da qui la resistenza si è estesa ad altri dipartimenti. Le tre vittime sono due manifestanti uccisi negli scontri sulla Panamericana e un bambino soffocato dai gas lacrimogeni nel dipartimento di Risaralda. L'Organización Nacional Indígena de Colombia ha inoltre denunciato la scomparsa di due persone a La María. La repressione contro le comunità indigene era stata preceduta, nei giorni scorsi, da un'offensiva contro i cooperanti stranieri, considerati scomodi testimoni. Due giovani francesi appartenenti alla Red de Hermandad y Solidaridad con Colombia erano stati fermati e tenuti per 24 ore senza alcun contatto con l'esterno, poi era stato ingiunto loro di lasciare il paese. Il motivo: erano coinvolti in attività politiche, perché avevano aiutato i lavoratori della canna da zucchero, in sciopero per un salario dignitoso. Due settimane prima era stata arrestata e in seguito espulsa la tedesca Christina Friederike Müller, che si trovava in Colombia su invito delle organizzazioni locali per verificare la situazione dei diritti umani. Ancora più preoccupante il racconto di una legale della Corporación Jurídica Libertad de Medellín al quotidiano argentino Página/12: una e-mail indirizzata all'organizzazione avvertiva che le Aguilas Negras (il nuovo gruppo paramilitare che raccoglie quanti hanno rifiutato di lasciare le armi) avevano compilato una lista delle principali ong nazionali e straniere e le avevano dichiarate obiettivo militare, accusandole di collaborare con la guerriglia. E non vi è dubbio che le Aguilas Negras siano pronte a mettere in atto le loro minacce: il 6 ottobre hanno attaccato due comunità indigene nei pressi di Riosucio, nel dipartimento di Caldas, massacrando tre persone e ferendone una quarta. Quanto alle violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate, l'ultimo caso riguarda i corpi di 19 giovani rinvenuti in due fosse comuni nei dipartimenti di Santander e di Norte de Santander. In un primo tempo il presidente Uribe aveva avvalorato la versione dell'esercito: erano cadaveri di guerriglieri caduti in uno scontro con i soldati. Ma dopo la smentita della Procura Generale aveva dovuto fare marcia indietro, ammettendo che la causa della morte non era stata ancora stabilita. Come denuncia il Polo Democrático Alternativo, sono oltre 150 le persone di cui i familiari hanno segnalato la scomparsa: si teme siano rimaste vittime di esecuzioni sommarie o dell'azione degli squadroni della morte. NIENTE RIFORMA DELLA GIUSTIZIA. Il presidente Uribe ha deciso di ritirare il progetto di riforma della giustizia che tante proteste aveva suscitato in tutto il paese. Tra i punti più controversi quello riguardante i processi ai parlamentari, sottratti alla competenza della Corte Suprema. In tal modo il governo intendeva proteggere i numerosi congressisti (quasi tutti appartenenti a partiti della maggioranza) accusati di legami con i gruppi paramilitari. Il progetto era stato definito "assolutamente inopportuno" dal vicepresidente della Corte Suprema, Jaime Arrubla, aggiungendo un altro elemento all'annoso contrasto tra presidenza e magistratura. Rientra in questo contrasto anche la decisione, annunciata da Uribe il 9 ottobre, di decretare lo stato di conmoción interior, che permette al capo dello Stato di concedere poteri straordinari ad altre istituzioni. In questo caso il presidente ha dato facoltà al Consejo Superior de la Judicatura, un tribunale vicino alle sue posizioni, di rimuovere e nominare giudici e funzionari giudiziari. Il decreto è stato motivato con la necessità di bloccare la protesta dei lavoratori della giustizia, in sciopero da oltre un mese non solo per adeguamenti salariali, ma per la separazione dei poteri e l'indipendenza dei giudici. 15/10/2008 |
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Perù, il "tempestivo" ritorno di Sendero Proviene dalle file della sinistra il nuovo primo ministro Yehude Simon, scelto da Alan García per tamponare le falle del rovinoso scandalo che il 10 ottobre ha travolto il gabinetto di Jorge Del Castillo. Simon, dal 2002 presidente regionale di Lambayeque, vanta un passato ben diverso da quello del suo predecessore: negli anni Ottanta venne eletto parlamentare di Izquierda Unida e durante il regime Fujimori finì in carcere come "terrorista", perché sospettato di appartenere al Movimiento Revolucionario Túpac Amaru. Resta da vedere ora se la sua nomina rappresenterà una vera svolta politica o solo un cambiamento di facciata, in un momento in cui la popolarità del capo dello Stato è scesa sotto il 20% e in tutto il paese si susseguono scioperi e proteste sociali. "Voglio fare una grande alleanza tra i settori di sinistra e il governo e non ho il minimo dubbio che anche gli imprenditori, la cosiddetta destra, si avvicineranno": questa una delle prime dichiarazioni di Simon dopo la sua designazione. Il suo gabinetto, che ha prestato giuramento il 14 ottobre, presenta comunque ben poche differenze con il precedente: dieci ministri sono stati confermati nell'incarico e tra questi il titolare dell'Economia Juan Valdivieso, legato al Fondo Monetario; la ministra del Commercio Estero Mercedes Aráoz, tra i promotori del Tratado de Libre Comercio con gli Stati Uniti, e il titolare della Difesa Antero Flores Aráoz, da sempre impegnato a difendere i militari accusati di violazione dei diritti umani. Lo scandalo che aveva provocato la rinuncia di Del Castillo era scoppiato in seguito alla diffusione di una serie di conversazioni telefoniche sulla concessione di lotti petroliferi, in cambio di tangenti, all'impresa norvegese Discover Petroleum. Risultavano coinvolti nel caso parlamentari, alti funzionari della compagnia statale Perú Petro, membri del governo (premier compreso). Dopo un tentativo del presidente García di limitare i danni con qualche epurazione, Del Castillo si era visto costretto a dimettersi, per evitare la censura del Parlamento. Proprio mentre l'attenzione del paese era rivolta alla crisi politica, faceva la sua ricomparsa la guerriglia di Sendero Luminoso, con una sanguinosa imboscata a una pattuglia militare nella valle dei fiumi Apurímac ed Ene. Nell'attacco rimanevano uccisi dodici soldati e sette civili. Il resoconto ufficiale, in realtà, sollevava subito qualche dubbio per la "tempestività" del ritorno di Sendero in questo momento di grande difficoltà per Alan García. Tanto più considerando gli antefatti: il 30 agosto era stata lanciata una vasta offensiva dell'esercito contro gli ultimi rimasugli senderisti, asserragliati nel villaggio di Vizcatán. L'attacco militare, preceduto dal lancio di razzi dagli elicotteri, non aveva guardato tanto per il sottile: "in quella zona tutti sono narcoterroristi o collaboratori", aveva dichiarato il ministro della Difesa Flores Aráoz, negando l'esistenza di vittime tra la popolazione. Una versione smentita dal ritrovamento, in una fossa comune, dei cadaveri di quattro persone uccise da colpi d'arma da fuoco: tra di loro una donna al quinto mese di gravidanza. E un uomo aveva riconosciuto in quei corpi i suoi parenti, semplici contadini senza alcun legame con la guerriglia. 14/10/2008 |
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Cortei indigeni contro la discriminazione Città del Guatemala e Santiago del Cile sono state accomunate, il 12 ottobre, dalle manifestazioni delle popolazioni indigene contro discriminazione e soprusi. A Santiago il corteo era composto in gran parte da indios mapuche vestiti con i costumi tradizionali. Il Cile si prepara a celebrare nel 2010 il bicentenario dell'indipendenza, ma "il popolo mapuche non ha niente da celebrare - ha affermato la dirigente Patricia Linlaf - Per noi sono duecento anni di oppressione, saccheggi e umiliazioni". Contemporaneamente a Città del Guatemala migliaia di persone si riunivano per denunciare le condizioni di miseria e di abbandono in cui vivono le comunità indigene. Nel contesto del terzo Foro Social de las Américas, che si è tenuto proprio in Guatemala, è stato chiesto il rispetto della Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, che stabilisce il diritto delle popolazioni native ad essere consultate intorno ai progetti delle imprese transnazionali sui loro territori. 12/10/2008 |
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Argentina, dagli arresti domiciliari al carcere Jorge Rafael Videla è tornato in carcere. L'ex dittatore, condannato 22 anni fa all'ergastolo, aveva fatto pochi anni di prigione quando l'indulto dell'ex presidente Menem gli aveva garantito un nuovo periodo di impunità. Dieci anni fa era stato nuovamente arrestato per l'appropriazione dei figli dei desaparecidos. Era rimasto dietro le sbarre solo 37 giorni, poi gli erano stati concessi gli arresti domiciliari. Ora, a 83 anni, questo beneficio gli è stato revocato dal giudice federale Norberto Oyarbide. "È una buona notizia, il segno che alla fine alcuni giudici e procuratori si stanno svegliando - ha commentato Chicha Mariani, tra le fondatrici di Abuelas - Sento che si sta facendo un po' di giustizia, solo un po', perché dove sono i desaparecidos? Dove sono i bambini? Dov'è mia nipote, che ha già 32 anni?" I militari infatti continuano a tacere sulla sorte dei bambini sottratti alle loro vittime. SCARSO SEGUITO DEL SECONDO BLOCCO AGRARIO. Non è riuscito come la prima volta il blocco dei grandi produttori agricoli per chiedere una diminuzione delle tasse. Anche la mobilitazione del 7 ottobre nel centro di Buenos Aires non ha avuto la risonanza che i promotori si aspettavano. In compenso ha potuto contare su eterogenei alleati: accanto alla Sociedad Rural Argentina, da sempre legata alla destra golpista, si notavano l'ex piquetero Raúl Castells e alcune frange di estrema sinistra, come il Movimiento Socialista de los Trabajadores e la Corriente Clasista y Combativa. Quest'ultima si definisce filocinese e fa capo al Partido Comunista Revolucionario, ma a suo tempo appoggiò l'ex presidente Isabel Perón. Invece Elisa Carrió, la dirigente della Coalición Cívica che aveva sostenuto il blocco precedente, questa volta ha invitato gli agrari a rinunciare alle loro richieste, vista la situazione internazionale e lo scarso seguito nella società. 10/10/2008 |
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Messico, contro la riforma della scuola Migliaia di lavoratori della scuola hanno attraversato l'8 ottobre il centro della capitale, dal monumento all'Angel de la Independencia fino al Ministero dell'Istruzione, per protestare contro la progettata riforma dell'educazione. Durante il corteo si sono registrati momenti di tensione per il rifiuto, da parte delle autorità federali, di ricevere una delegazione di docenti: i manifestanti hanno abbattuto le barriere metalliche erette dalle forze dell'ordine e si sono scontrati con gli agenti. Stessa chiusura al dialogo si registra nei diversi Stati: nel Morelos il governatore panista Marco Antonio Adame ha inviato polizia ed esercito a reprimere insegnanti e genitori. Gli incidenti più gravi si sono verificati ad Amayuca e a Xoxocotla, con il bilancio di numerosi feriti e decine di arrestati. Sono stati denunciati anche casi di desaparecidos: i loro nomi non risultano tra quelli delle persone ufficialmente detenute. NEL CHIAPAS CRIMINALIZZATA LA PROTESTA SOCIALE. L'uccisione di sei indigeni in uno scontro con le forze dell'ordine è la conseguenza della "criminalizzazione della protesta sociale" adottata dal governatore del Chiapas, Juan Sabines, che pure si definisce di sinistra. Lo denuncia Jorge Luis Hernández del Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de las Casas, l'organizzazione fondata dal vescovo Samuel Ruiz. L'aggressione alla piccola comunità di Miguel Hidalgo, abitata da 750 famiglie di etnia tojolabal, è avvenuta il 3 ottobre: la polizia aveva il compito di "recuperare" la città maya di Chinkultic, un sito archeologico lasciato dalle autorità in stato di abbandono, che la popolazione aveva occupato il primo settembre, chiedendo di poter partecipare ai benefici del suo sfruttamento turistico. Eletto governatore del Chiapas per il Prd, Sabines è approdato alla sinistra dopo una attiva militanza nel Pri, il vecchio partito di governo. E proprio il Pri ha registrato una significativa avanzata nelle elezioni del 5 ottobre nello Stato del Guerrero, dove ha mantenuto il controllo della capitale Chilpancingo e ha strappato Acapulco al Prd. Per quest'ultimo partito il risultato elettorale segna una sconfitta bruciante, con la perdita di più della metà dei comuni. Si è trattato di un "voto di castigo", ha riconosciuto la dirigente nazionale Guadalupe Acosta Naranjo, causato da un'errata linea politica e dal prolungato conflitto interno. 9/10/2008 |
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Bolivia, un arsenale bellico a Santa Cruz Le elezioni nazionali potrebbero tenersi nel giugno prossimo, una volta approvata entro tre o quattro mesi la nuova Costituzione. Lo ha detto a Cochabamba il presidente Morales, parlando a una folla di migliaia di contadini. Resta naturalmente l'ostacolo dei dipartimenti autonomisti. Il dialogo con i prefetti ribelli, faticosamente avviato dopo il tentativo di golpe cívico prefectural della prima metà di settembre, ha subito una battuta d'arresto agli inizi di ottobre: gli autonomisti protestano contro l'arresto dei loro sostenitori, coinvolti negli assalti e nei saccheggi delle settimane precedenti. E l'8 ottobre un vero e proprio arsenale bellico è stato scoperto dalla polizia a Santa Cruz: granate, razzi antiblindati, lanciafiamme, detonatori, mitragliette. Quattro persone sono state arrestate e denunciate per terrorismo. Un'ulteriore prova dei progetti eversivi che ancora covano nella cosiddetta Media Luna. NIENTE SPAZIO AEREO PER LA DEA. La Drug Enforcement Administration, l'agenzia statunitense antidroga, non potrà più utilizzare lo spazio aereo boliviano. Lo ha annunciato il 3 ottobre il presidente Morales. È la risposta di La Paz alla proposta di George W. Bush di escludere la Bolivia dall'Atpdea, il programma che permette ai paesi andini di esportare i loro prodotti negli Stati Uniti senza dazi doganali, in riconoscimento dei loro sforzi contro il narcotraffico. Il Senato statunitense ha recentemente deciso di rinnovare i benefici dell'Atpdea in modo differenziato: fino al 31 dicembre 2009 per i fedeli alleati Colombia e Perù; un anno (con una valutazione dopo sei mesi) per l'Ecuador e solo sei mesi per la Bolivia. Ora il progetto di legge torna alla Camera Usa, che aveva approvato il rinnovo per un anno per tutte e quattro le nazioni. 9/10/2008 |
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Honduras, il Congresso ratifica l'adesione all'Alba Centinaia di persone si sono concentrate di fronte al Congresso in attesa della ratifica dell'adesione all'Alternativa Bolivariana para las Américas, sottoscritta da Tegucigalpa il 25 agosto. Sui cartelli retti dai manifestanti si leggeva: "Sì all'Alba" e "Solo con l'Alba sarà possibile lo sviluppo dei contadini honduregni". Nonostante l'astensione dei 55 membri del Partido Nacional (destra), l'adesione è stata approvata: a favore si sono espressi i 62 parlamentari del Partido Liberal del presidente Zelaya, i 5 di Unificación Democrática (sinistra), i 4 del Partido Innovación y Unidad (socialdemocratico) e i due della Democracia Cristiana. L'Honduras è così il primo paese a diventare membro pieno dell'Alba nonostante la distanza ideologica del suo governo dalle posizioni di Hugo Chávez, promotore dell'iniziativa. I rappresentanti degli imprenditori hanno ribadito la loro opposizione a questa "alleanza politica e militare di carattere ideologico, contraria alla nostra storia, ai nostri valori e ai nostri impegni", che "promuove il protezionismo e la partecipazione statale violando gli accordi di commercio internazionale relativi all'apertura dei mercati". Discorsi che trovano ben poca accoglienza in un paese dove la povertà colpisce il 70% della popolazione. Attraverso l'Alba, il Venezuela donerà 100 trattori e 30 milioni di dollari per crediti a piccoli agricoltori, emetterà buoni del valore di 100 milioni per la costruzione di alloggi e appoggerà programmi sanitari, educativi e di assistenza tecnologica. 9/10/2008 |
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Brasile, bene il Pt (tranne a San Paolo e a Rio) Nonostante il massiccio schieramento di truppe per garantire lo svolgimento regolare della consultazione, le elezioni amministrative di domenica 5 ottobre hanno fatto registrare numerosi episodi di violenza, con un bilancio di sette morti e centinaia di arresti. Il voto era molto atteso perché rappresentava un test importante in vista delle presidenziali del 2010. I risultati appaiono sostanzialmente positivi per i partiti sostenitori di Lula: su quindici capitali statali il cui risultato è stato definito al primo turno, si sono aggiudicati dodici vittorie. Sei di queste vanno al Partido dos Trabalhadores, che ha consolidato la sua presenza sul territorio e parteciperà al secondo turno in altre tre capitali, tra cui San Paolo. Proprio qui si è registrata però una grossa delusione: la petista Marta Suplicy (ex prefeita della città ed ex ministra del Turismo nel governo Lula) ha ottenuto meno consensi di quanto indicavano i sondaggi della vigilia ed è giunta seconda, superata - sia pure di poco - dall'attuale prefeito Gilberto Kassab, del Dem (Democratas, l'ex Partido da Frente Liberal erede del regime militare). Kassab è sostenuto dal governatore José Serra (che pure non appartiene allo stesso partito): una sua riconferma alla guida di San Paolo significherebbe un indubbio rafforzamento per Serra, che mira a presentarsi alle presidenziali come candidato del centrodestra. A Rio de Janeiro, invece, il Pt è escluso dal ballottaggio del 26 ottobre: a contendersi la prefeitura saranno Eduardo Paes, del Partido do Movimento Democrático Brasileiro (alleato centrista di Lula) e Fernando Gabeira, del Partido Verde. UN SOMMERGIBILE NUCLEARE PER LULA. In dicembre Lula e Sarkozy sottoscriveranno un'alleanza strategica che prevede il trasferimento di tecnologia francese per la realizzazione, in territorio brasiliano, del primo sottomarino nucleare della regione, di altri quattro sommergibili convenzionali e di elicotteri militari E725. Lo ha annunciato a fine settembre il ministro della Difesa di Brasilia, Nelson Jobim. Alla fine dell'anno scorso il governo Lula aveva annunciato un ambizioso piano di modernizzazione delle forze armate. Ora si sottolinea che i sottomarini rispondono alla necessità di difendere i campi petroliferi recentemente scoperti lungo la costa. Inoltre la loro costruzione permetterà di consolidare l'industria brasiliana degli armamenti. 6/10/2008 |
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Cuba, razionati riso e fagioli I gravi danni provocati all'agricoltura dal passaggio degli uragani Gustav e Ike hanno costretto il governo a decretare, a partire dal 30 settembre, il razionamento di alcuni prodotti (tra cui riso e fagioli) e a imporre un rigido controllo dei prezzi nei mercati ortofrutticoli, che da 14 anni si reggevano sulla libertà di domanda e offerta. A tutta la popolazione è stato chiesto, attraverso la televisione, un "sacrificio" per far fronte alla scarsità di alimenti, del resto evidenziata nella capitale dai banchi quasi vuoti di molti venditori. Nel frattempo sono stati resi noti i provvedimenti riguardanti lo sfruttamento minerario. Il governo intende modernizzare il settore promuovendo investimenti stranieri per la ricerca e l'estrazione di oro, argento, rame, piombo e zinco. A Cuba esistono già imprese miste con la canadese Sherritt per il nichel, principale prodotto d'esportazione, e il petrolio (cui partecipa anche un'altra compagnia canadese, la Pebercan). Un progetto di impresa mista per il nichel è in corso con il Venezuela. Oltre alla Sherritt, hanno in concessione lotti per le prospezioni nel Golfo del Messico compagnie venezuelane, spagnole, norvegesi, indiane, malesi e vietnamite. VISTI USA PER PRENSA LATINA. Le autorità di Washington si sono dette disposte a ritornare sui loro passi e a concedere il visto d'ingresso negli Usa ai giornalisti di Prensa Latina Ilsa Rodríguez e Tomás Granados, che dopo un periodo di vacanza a Cuba dovevano riprendere il loro lavoro di corrispondenti presso la sede delle Nazioni Unite a New York. La decisione delle autorità statunitensi di negare il visto ai due giornalisti aveva suscitato le proteste di numerose associazioni di lavoratori dell'informazione. 3/10/2008 |
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Messico, "Il 2 ottobre non si dimentica" Al grido di "Il 2 ottobre non si dimentica", migliaia di persone hanno manifestato a Città del Messico per ricordare il massacro di quarant'anni fa a Plaza de las Tres Culturas e per denunciare al tempo stesso la politica repressiva dell'attuale governo. A Tlatelolco alcuni studenti hanno rappresentato i corpi dei caduti disegnando sul terreno figure umane con macchie di sangue e una colomba della pace nel petto. In occasione dell'anniversario, Amnesty International ha invitato il governo Calderón ad aprire gli archivi e ad avviare una nuova indagine su quei fatti, eliminando gli ostacoli che impediscono di portare davanti alla giustizia i responsabili dell'eccidio. NEL MIRINO OPPOSITORI E GIORNALISTI. Il 24 settembre è stato rinvenuto, nei pressi del villaggio di San José del Pacifico (Stato di Oaxaca), il cadavere irriconoscibile della statunitense Marcella Sali Grace, che da tempo lavorava con le organizzazioni sociali di Oaxaca. Prima di essere uccisa la giovane era stata violentata. L'identificazione del corpo è stata resa possibile solo attraverso alcuni tatuaggi. Il 30 settembre a Xalapa (Stato di Veracruz) Ramiro Guillén Tapia, presidente del Comité Pro Defensa de los Derechos Humanos del Sur de Veracruz, si è dato fuoco per protesta contro il governo statale, che aveva respinto ripetutamente le richieste di un incontro per risolvere un conflitto di terre della comunità popoluca. Ramiro Guillén è morto poche ore dopo in ospedale. Il 23 settembre era stato ucciso a Villahermosa, capitale dello Stato del Tabasco, il giornalista radiofonico Alejandro Zenón Fonseca. Da dieci anni Zenón Fonseca, conosciuto dagli ascoltatori come El Padrino, nel suo programma mattutino invitava i giovani a tenersi lontani dai cartelli della droga e nelle ultime settimane aveva avviato una campagna cittadina per svegliare le coscienze contro l'aumento della violenza. Con la sua morte, il Messico si conferma come uno dei paesi più pericolosi al mondo per quanti lavorano nel campo dell'informazione. Ai numerosi casi di cronisti assassinati vanno aggiunti sette desaparecidos dal 2005: almeno cinque di questi, al momento della scomparsa, stavano indagando sui legami tra crimine organizzato e amministratori locali. 2/10/2008 |
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Venezuela, ucciso leader universitario Il presidente Chávez ha ordinato alle forze di sicurezza di assicurare al più presto alla giustizia i responsabili della morte del giovane Julio Soto, "caiga quien caiga". Soto, leader degli universitari dello Stato di Zulia, apparteneva al partito d'opposizione Copei. Il primo ottobre è stato assassinato a Maracaibo da un gruppo di sicari, che lo hanno intercettato mentre era al volante di una macchina e lo hanno colpito con una ventina di colpi d'arma da fuoco. L'omicidio rende ancora più teso il clima nel paese, che in novembre sarà chiamato alle urne per le elezioni amministrative. Da più parti si chiedono provvedimenti concreti per frenare l'ondata di violenza. Meno di un mese fa si era dimesso il Ministro dell'Interno Ramón Rodríguez Chacín: secondo la stampa locale, Chacín era stato in realtà destituito perché non in grado di rispondere alla richiesta di sicurezza dei venezuelani. IL GOVERNO ESPELLE HUMAN RIGHTS WATCH. Il 19 settembre il governo di Caracas ha espulso dal paese José Miguel Vivanco, direttore per l'America di Human Rights Watch, e tutta la sua équipe. Poche ore prima la ong statunitense aveva presentato un rapporto dal titolo Una década del gobierno de Chávez: intolerancia política y oportunidades perdidas para el progreso de los Derechos Humanos, in cui si denunciavano presunti casi di attacco alla libertà di stampa e di persecuzione dei sindacalisti dell'opposizione nelle imprese pubbliche. Secondo il governo, Human Rights Watch fa parte del "complotto golpista" contro Chávez. "È un'organizzazione facciata degli interessi più bastardi dell'oligarchia venezuelana e dell'imperialismo statunitense", ha affermato il ministro delle Comunicazioni Andrés Izarra. 2/10/2008 |
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Ecuador, approvata la nuova Costituzione Referendum storico, quello che si è tenuto domenica 28 settembre: il testo costituzionale promosso dal presidente Rafael Correa è stato approvato con il 64% dei voti, un margine ampiamente superiore alle previsioni. "Oggi l'Ecuador ha deciso un nuovo paese, le vecchie strutture sono state sconfitte - ha affermato il capo dello Stato - Questa è la conferma di quella Revolución Ciudadana che abbiamo offerto al popolo nel 2006". Contro il progetto di Correa si erano mobilitati partiti di destra e gruppi imprenditoriali, messi in allarme dal modello economico "sociale e solidario" della nuova Costituzione, che riserva allo Stato il controllo di settori strategici come l'energia e le telecomunicazioni. Il bastione dell'opposizione era la città di Guayaquil, centro produttivo del paese, retta dal sindaco autonomista Jaime Nebot. A metà settembre il capo dello Stato aveva avvertito del pericolo di una Santa Cruz ecuadoriana in caso di vittoria del no. Ma il responso delle urne sembra aver convinto Nebot a mostrarsi conciliante: nella stessa giornata di domenica ha ammesso la sconfitta e si è detto disposto a dialogare con il governo. Il risultato della consultazione costituisce un duro colpo anche per la Chiesa cattolica, che teme depenalizzazione dell'aborto e riconoscimento dei matrimoni gay. Il 14 settembre a Guayaquil la curia aveva invitato i fedeli a una giornata di riflessione e di preghiera "per la vita, la pace e la famiglia". Durante la Messa, presieduta da monsignor Antonio Arregui (arcivescovo della città nonché presidente della Conferenza Episcopale), numerosi volontari avevano distribuito immaginette con l'invocazione alla Vergine Maria e a Gesù per "la salvezza dell'Ecuador". 29/9/2008 |
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Colombia, in cinque anni oltre 13.600 morti Il leader indigeno Raúl Mendoza è stato ucciso il 28 settembre a Popayán: era impegnato nella lotta per il recupero dei terreni rivendicati dalla comunità nasa. Quattro giorni prima, nella sua abitazione di Medellín, la militante pacifista Olga Marina Vergara era stata assassinata da un gruppo di killer insieme al figlio, alla nuora e al nipotino di cinque anni. Olga Marina faceva parte della ong Ruta Pacífica de las Mujeres, che proprio in quei giorni presentava a Bogotá il libro Las violencias contra las mujeres en una sociedad en guerra. L'aggravarsi degli attacchi alle libertà civili sotto il governo Uribe è stato denunciato da 400 associazioni per i diritti umani in un rapporto presentato alle Nazioni Unite. Nel documento si afferma che negli ultimi cinque anni sono state oltre 13.600 le persone uccise dalla "violenza sociopolitica". Dopo le confessioni di alcuni paramilitari desmovilizados sono state individuate numerose fosse comuni: nel dipartimento di Antioquia i resti riesumati sono talmente tanti che il laboratorio legale della Procura regionale non è in grado di contenerli tutti. Ma il paramilitarismo non è stato smantellato, sostiene il rapporto: tra i 9 e i 10.000 paras hanno già ripreso le armi. E se, grazie all'accresciuta attenzione internazionale, sono diminuiti i massacri, omicidi e sparizioni rimangono un fatto quotidiano. Dato ancora più inquietante: quando viene scoperto il responsabile, in più di tre quarti dei casi vi è una complicità dello Stato. "Negli ultimi cinque anni si è constatato un aumento del 67,71% delle esecuzioni sommarie direttamente attribuite alla forza pubblica", sottolinea il direttore della Comisión Colombiana de Juristas, Gustavo Gallón. Nel frattempo due nuovi elementi sono intervenuti ad aggravare la posizione del presidente Uribe, sempre più sommerso nello scandalo della parapolitica. Il primo è la testimonianza dell'ex leader delle Auc Salvatore Mancuso, detenuto negli Stati Uniti dove era stato estradato in maggio. Nel corso di un'udienza virtuale, Mancuso ha risposto alle domande della Corte Suprema colombiana sul cosiddetto Acuerdo de Ralito, che nel 2001 sancì l'alleanza tra politici e paramilitari, dichiarando senza mezzi termini: "Sì, abbiamo influenzato le elezioni presidenziali del 2002". Il secondo elemento è l'arresto a Medellín dell'ex procuratore regionale Guillermo León Valencia, fratello dell'attuale ministro dell'Interno, per reati legati al narcotraffico. 29/9/2008 |
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Bolivia, continua il dialogo tra governo e prefetti Continua il dialogo tra il governo e i prefetti dei dipartimenti della cosiddetta Media Luna. Si discute in particolare sulla parte della nuova Costituzione riguardante l'autonomia, che secondo l'opposizione deve comprendere anche il potere legislativo. La posizione dell'esecutivo è stata riassunta dal vicepresidente García Linera: "È un'esagerazione e un abuso politico pensare che tutta la Costituzione debba essere modificata per l'interesse o il capriccio di forze politiche regionali. Non si può guadagnare al tavolo delle trattative quello che si è perso davanti al popolo con il voto". Intanto i 20.000 contadini che stringevano d'assedio Santa Cruz per testimoniare il loro sostegno al governo hanno smantellato i blocchi stradali. La decisione è stata presa, su richiesta di Morales, dopo un aspro dibattito e numerose obiezioni della base. COMPLICITA' INTERNAZIONALI. Un gruppo di intellettuali nordamericani (tra cui Naomi Klein, Mike Davis, John Womack, Mark Weisbrot) ha inviato una lettera aperta al Dipartimento di Stato Usa, per chiedere che vengano resi noti i nomi dei beneficiari del programma Usaid (United States Agency for International Development), che nel 2007 ha destinato 89 milioni di dollari alla Bolivia ("una somma rilevante in rapporto al volume dell'economia boliviana. Proporzionalmente, negli Stati Uniti, questa somma sarebbe equivalente a circa cento milioni di dollari, il che rappresenta una spesa simile a quella che gli Usa stanno realizzando nelle operazioni militari in Iraq"). Poco prima della vittoria di Morales alle presidenziali - denunciano sempre gli intellettuali - venne creato un ufficio specifico, poi smantellato, le cui attività non furono mai chiarite: questo ufficio "organizzò una visita negli Stati Uniti dei governanti dipartimentali per incontrare governatori statali statunitensi. Alcuni di questi governi dipartimentali iniziarono in seguito campagne organizzate per portare avanti le loro richieste di autonomia e per opporsi, con azioni violente e non democratiche, al governo di Morales e alle sue riforme popolari". Un'altra denuncia, questa volta sui collegamenti degli oppositori di Morales con l'estrema destra italiana, proviene da un articolo del giornalista Wilson García Mérida su Bolpress del 20 settembre. Riguarda il paramilitare Marco Marino Diodato, giunto in Bolivia negli anni Settanta, insieme ad altri mercenari europei agli ordini di Klaus Barbie (il comandante nazista noto come "il macellaio di Lione", poi divenuto agente della Cia), per appoggiare il colpo di Stato di Luis García Meza. Diodato era implicato nell'attentato che nel febbraio del 2004 costò la vita alla fiscal Mónica Von Borries: la magistrata, che stava scoprendo i legami del terrorista nero con il narcotraffico, morì a Santa Cruz per l'esplosione di una bomba posta sulla sua auto. Oggi Diodato lavora per i leader autonomisti Leopoldo Fernández, Rubén Costas e Branko Marinkovic, scrive García Mérida, e si sospetta abbia organizzato gruppi di sicari in tutto il territorio della Media Luna: "Gli avvenimenti recenti del dipartimento di Pando portano il marchio inequivocabile di quell'assassino". 25/9/2008 |
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I latinoamericani contro l'effetto jazz L'America Latina ha fatto sentire la sua voce all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, contestando il modello economico neoliberista che tanti guasti ha prodotto nei decenni scorsi nel Sud del mondo e che ora sta mostrando i suoi effetti nefasti negli Stati Uniti. "A noi, paesi del Sud America, avevano detto che il mercato risolveva tutto, che lo Stato non era necessario, che l'intervento dello Stato era nostalgia di gruppi che non avevano compreso l'evoluzione dell'economia. Eppure l'intervento statale più formidabile di cui si abbia memoria parte precisamente dal luogo da cui ci avevano detto che lo Stato non era necessario", ha affermato la presidente dell'Argentina, Cristina Fernández. "Oggi non si può più parlare dell'effetto caipirinha o dell'effetto tequila o dell'effetto riso, per denotare una crisi proveniente dai paesi emergenti verso il centro. Oggi dovremmo forse parlare di effetto jazz, l'effetto che va dal centro della prima economia del mondo e si espande verso tutto il mondo". Una situazione, ha aggiunto Cristina Fernández, che "non ci rende allegri, al contrario, ma che consideriamo anche un'opportunità storica per poter rivedere comportamenti e politiche". Dal canto suo il brasiliano Lula ha ammonito: "Solo l'azione decisiva dei governi, specialmente per i paesi nel cuore della crisi, potrà controllare il disordine che si è diffuso attraverso il settore finanziario mondiale, con conseguenze perverse sulla vita quotidiana di milioni di persone". Citando l'economista Celso Furtado, Lula ha invitato a impedire che "i profitti degli speculatori siano sempre privatizzati, mentre le perdite vengono invariabilmente socializzate". E il boliviano Evo Morales ha offerto la lotta del suo paese come esempio per il riscatto non solo delle singole nazioni, ma dell'intero pianeta. 23/9/2008 |
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Messico, narcoterrorismo a Morelia All'alba di sabato 20 si è spento, per le conseguenze delle ferite riportate, il tredicenne Uriel Herrera García. Salgono così a otto i morti dell'attentato del 15 settembre a Morelia, capitale dello Stato del Michoacán, quando due granate a frammentazione sono esplose tra la folla durante la celebrazione del Grito de Independencia, la più simbolica ricorrenza nazionale. 25 persone sono ancora ricoverate in ospedale, alcune in condizioni gravi. Gli inquirenti affermano che dietro l'attentato vi è la mano della criminalità organizzata, ma finora non sono in possesso di alcun elemento preciso. Tre persone, arrestate perché sospettate di essere coinvolte nell'accaduto, sono state rilasciate e le autorità sembrano brancolare nel buio. La situazione ha raggiunto aspetti paradossali quando La Familia Michoacana (una delle bande che si disputano il controllo dello Stato, insieme al Cartel del Golfo, al Cartel del Milenio e a Los Zetas), con una serie di comunicati a funzionari statali e mezzi di comunicazione, ha respinto ogni responsabilità nell'accaduto e ha annunciato l'intenzione di condurre indagini in proprio: "Vi promettiamo che si farà giustizia perché siamo michoacani". Il Michoacán, forte produttore di marijuana, papavero da oppio e metanfetamine, è anche il punto d'ingresso in Messico di cocaina e precursori chimici diretti verso la frontiera nord. Sempre nell'ambito del narcotraffico, il 17 una grossa operazione di polizia tra Messico, Stati Uniti e Italia ha permesso la cattura di duecento persone e il sequestro di oltre 40 tonnellate di droga, ma soprattutto ha messo in luce i legami tra Cartel del Golfo e 'ndrangheta. NASCE IL MOVIMIENTO DE LIBERACION NACIONAL. La costruzione di un nuovo progetto di nazione in grado di opporsi al modello neoliberista e ai governi che lo sostengono: questo l'obiettivo del Movimiento de Liberación Nacional, sorto dal congresso costituente del 13 e 14 settembre a Città del Messico. Decine di organizzazioni e di associazioni di sinistra si sono impegnate a intraprendere una vera e propria offensiva nel campo dell'educazione, del lavoro, dell'economia, lanciando un appello all'unità dell'opposizione (rivolto in particolare agli zapatisti e al movimento che si raccoglie attorno a López Obrador). Tra le prime azioni, è stato annunciato per ottobre un paro nacional in difesa di Pemex. Un'altra battaglia sarà quella contro la riforma dell'educazione, la cosiddetta Alianza por la Calidad de la Educación. La riforma, promossa da Felipe Calderón e dalla presidente del Sindicato Nacional de Trabajadores de la Educación Elba Esther Gordillo, mira in pratica alla privatizzazione della scuola. 20/9/2008 |
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Uruguay, l'ex repressore resta in Italia La giustizia italiana ha respinto, per ragioni formali, la nuova richiesta di estradizione di Jorge Troccoli avanzata dal governo di Montevideo. L'ex repressore era stato arrestato a Salerno nel dicembre 2007 per il sequestro e la scomparsa di sei cittadini italiani. A fine aprile, però, era stato rilasciato perché la rappresentanza diplomatica uruguayana non aveva presentato in tempo utile i documenti per l'estradizione. In Uruguay l'episodio aveva suscitato le proteste degli organismi per i diritti umani, che avevano chiesto e ottenuto la rinuncia dell'ambasciatore a Roma, Carlos Abín. Troccoli, che durante la dittatura era a capo dei servizi segreti dei Fusileros Navales ed ebbe un ruolo di rilievo nel Plan Cóndor, è il principale imputato in un'inchiesta sulla morte o sulla scomparsa di decine di oppositori. Ora l'unica speranza è che possa essere giudicato in Italia. AVVICENDAMENTO AL MINISTERO DELL'ECONOMIA. Il ministro dell'Economia e delle Finanze Danilo Astori ha lasciato l'incarico: intende dedicarsi a tempo pieno al suo principale obiettivo, ottenere la candidatura del Frente Amplio alle elezioni presidenziali del 2009. Ma la politica economica del governo di Tabaré Vázquez non conoscerà rilevanti cambiamenti. A sostituire Astori è stato chiamato infatti uno stretto collaboratore del ministro uscente, Alvaro García, che ha già preannunciato: "Saranno mantenute le grandi linee macroeconomiche che sono state portate avanti fino ad ora". 19/9/2008 |
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Cuba, apertura al dialogo con l'Europa Il governo dell'Avana ha accettato la proposta dell'Unione Europea di un dialogo politico su tutte le questioni dell'agenda internazionale. Lo ha dichiarato ai giornalisti il 18 settembre il ministro degli Esteri Felipe Pérez Roque, aggiungendo che Cuba e l'Europa sono incamminate verso la normalizzazione dei rapporti diplomatici e che il dialogo sarà basato sulla non ingerenza e sull'uguaglianza sovrana tra gli Stati, senza che una delle due parti tenti di imporre qualcosa all'altra (evidente riferimento alle divergenze in tema di diritti umani). Il sì cubano è venuto dopo l'annullamento in giugno delle sanzioni europee e potrebbe portare al riavvio della cooperazione economica. RAUL SUI LUOGHI DEL DISASTRO. Sono oltre 200.000 i senzatetto dopo il passaggio degli uragani Ike e Gustav. Il mondo della cultura ha lanciato un appello ad artisti e intellettuali di tutto il mondo perché chiedano la cessazione dell'embargo Usa e promuovano azioni di solidarietà verso l'isola. Il 17 settembre Raúl Castro ha realizzato la sua prima visita sui luoghi devastati, cercando di risollevare gli animi, ma ammettendo che "ci vorrà tempo" per risolvere i problemi causati dall'immane disastro. I cubani non hanno mancato di notare anche qui il contrasto tra l'atteggiamento di Fidel, sempre presente nei momenti difficili, e quello del fratello, che rifugge dalle iniziative pubbliche e dai discorsi ufficiali: Raúl ha aspettato giorni prima di recarsi a verificare di persona i danni. È entrato intanto in vigore il decreto sulla concessione in usufrutto di terre incolte ai contadini o alle cooperative: un decreto che si inquadra nel nuovo corso e che ha lo scopo di promuovere la produzione di alimenti e diminuire le importazioni. I titoli, non trasferibili, riguardano un massimo di 40 ettari individuali e hanno validità (rinnovabile) di 10 anni per i privati e 25 per le associazioni. 18/9/2008 |
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Bolivia, "Il golpe è fallito" "È fallito il golpe cívico prefectural". Questo il commento del ministro di Governo, Alfredo Rada, alla decisione dei prefetti dei dipartimenti ribelli, raggruppati nel Conalde (Consejo Nacional Democrático), di accettare il dialogo con l'esecutivo. Dopo lunghe discussioni, il 16 settembre l'opposizione ha deciso di sottoscrivere il documento concordato tra il vicepresidente García Linera e il prefetto di Tarija, Mario Cossío, impegnandosi anche a restituire allo Stato il controllo delle sedi pubbliche e delle installazioni petrolifere occupate durante la rivolta. Il bilancio di questi giorni di violenza resta ancora incerto: nel dipartimento di Pando la cifra dei morti oscilla tra 20 e 70. Proprio qui si è avuta la dimostrazione della sconfitta dei rivoltosi: il prefetto Leopoldo Fernández, considerato il principale responsabile del massacro di El Porvenir, è stato arrestato e portato a La Paz, sia pure sotto un'accusa minore (violazione dello stato d'assedio decretato dal governo), e le proteste dei suoi colleghi sono rimaste puramente verbali. Della crisi boliviana avevano parlato il 15 settembre i rappresentanti dei paesi dell'Unasur, riuniti nel Palacio de la Moneda a Santiago. Come aveva fatto notare la presidente cilena Michelle Bachelet, i capi di Stato presenti avevano rivissuto "i fatti avvenuti qui 35 anni fa", nel settembre del sanguinoso golpe contro Salvador Allende. Nel documento approvato al termine dell'incontro si esprime "il più pieno e deciso appoggio al governo costituzionale del presidente Evo Morales" e si respinge energicamente "qualsiasi situazione che implichi un tentativo di colpo di Stato civile o la rottura dell'ordine istituzionale o che intacchi l'integrità territoriale della Bolivia". Nessun accenno diretto al ruolo statunitense nella crisi, come aveva chiesto Hugo Chávez, ma esplicito è il sostegno alle autorità legittime di La Paz contro ogni piano eversivo. Nello stesso giorno un comunicato di appoggio a Morales era stato diffuso dal governo di Città del Messico, presidente pro tempore del Gruppo di Rio. Agli Stati Uniti, che già avevano reagito alla cacciata del loro ambasciatore Philip Goldberg con l'espulsione del rappresentante di La Paz a Washington, non è rimasto altro che includere la Bolivia (assieme al Venezuela) nella lista nera dei paesi non sufficientemente impegnati a combattere il narcotraffico. Ma per l'amministrazione Bush gli avvenimenti boliviani costituiscono un grosso smacco: se nel 1973 Salvador Allende si era trovato solo, 35 anni dopo Evo Morales può contare sul sostegno di un'America Latina profondamente trasformata. 17/9/2008 |
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Nicaragua, intellettuali e artisti a difesa di Cardenal Eduardo Galeano, Gioconda Belli, Ignacio Ramonet, José Saramago... Sono già oltre 400 gli intellettuali e gli artisti dell'America Latina (e non solo) che hanno espresso la loro solidarietà al poeta, sacerdote e teologo della liberazione Ernesto Cardenal, impegnato in un processo che molti vedono come una vendetta di Daniel Ortega. Cardenal è stato condannato a pagare 20.000 córdobas allo Stato per ingiurie e calunnie nei confronti di un cittadino tedesco e di un'ex guerrigliera nicaraguense. Oggetto della disputa legale, il possesso di un albergo nell'arcipelago di Solentiname, sede della comunità religiosa fondata negli anni Sessanta dallo stesso Cardenal. Secondo quest'ultimo, l'azione giudiziaria si era già conclusa a suo favore nel 2005, ma è stata riattivata in agosto dopo le sue critiche a Ortega e alla moglie Rosario Murillo ad Asunción, durante l'insediamento del nuovo presidente paraguayano Lugo. In quell'occasione Cardenal disse ai giornalisti che Ortega e il suo governo erano corrotti e che per tale ragione avevano stretto alleanza con ex esponenti della controrivoluzione e con l'ex presidente Arnoldo Alemán, condannato a vent'anni per diversi reati. Alla cerimonia di Asunción Ortega non era presente: aveva giustificato la sua assenza con vari pretesti, ma secondo molti osservatori temeva in realtà le contestazioni del movimento femminista, non solo per la vecchia accusa di stupro nei confronti della figliastra, ma per la sua politica contro i diritti delle donne. Nel 2006, per garantirsi l'appoggio della gerarchia cattolica, fece passare in Parlamento una delle leggi più retrive sull'aborto: da allora l'interruzione di gravidanza è reato punibile in ogni caso, anche quando sia a rischio la vita della madre. 17/9/2008 |
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Bolivia, a un passo dalla guerra civile La Bolivia è stata a un passo dalla guerra civile. Non solo blocchi stradali, saccheggi e devastazioni di edifici pubblici, occupazioni di aeroporti e installazioni petrolifere, scontri con polizia ed esercito, episodi di razzismo, attacchi delle squadracce dell'Unión Juvenil Cruceñista contro i quartieri indigeni: nel dipartimento di Pando c'è stata una vera e propria imboscata contro un gruppo di contadini, che dalla località di El Porvenir si stavano dirigendo a Cobija (la capitale locale) per protestare contro la violenza degli autonomisti. Le cifre ufficiali parlano di 15 morti, ma secondo alcuni testimoni le vittime sarebbero molte di più. Il governo di La Paz ha decretato lo stato d'assedio nel dipartimento ed Evo Morales, dichiarando un giorno di lutto nazionale, ha fatto l'autocritica: "Forse il colpevole sono io, per aver detto alle forze armate e alla Policía Nacional di non usare armi contro il popolo". In realtà forze armate e polizia si sono trovate di fronte non a un'insurrezione di popolo, ma a un preciso disegno golpista pronto a usare qualsiasi mezzo (il massacro di El Porvenir è stato realizzato da killer armati al soldo del prefetto Leopoldo Fernández). Il 12 settembre il presidente Morales si è incontrato con il prefetto di Tarija, Mario Cossío, giunto a La Paz in rappresentanza dei dipartimenti ribelli della cosiddetta Media Luna. Si è trattato di un primo segno di schiarita, ma come ha scritto il governo al prefetto: "Deploriamo che per questo cambiamento di atteggiamento siano state necessarie tante disgrazie, danni irreparabili e dolore". Se il "colpo di Stato civile", come lo ha definito lo stesso Morales, non è riuscito si deve soprattutto allo scenario internazionale. Gli autonomisti si sono trovati soli: il 10 settembre il loro grande alleato, l'ambasciatore Usa Philip Goldberg, è stato dichiarato "persona non gradita" e invitato a lasciare il paese. "In Bolivia non vogliamo separatisti che attentino contro la democrazia", ha detto senza mezzi termini Evo Morales. Appoggio al governo boliviano hanno subito espresso il Brasile, il Venezuela (Chávez ha imitato Morales espellendo l'ambasciatore statunitense), l'Argentina, l'Unasur (di cui è presidente pro tempore Michelle Bachelet), l'Organización de los Estados Americanos. "In segno di solidarietà con la Bolivia" il presidente dell'Honduras Zelaya si è rifiutato di ricevere le credenziali del nuovo rappresentante diplomatico inviato da Washington, anche se ha promesso di farlo nei prossimi giorni. Decisamente il clima in America Latina è cambiato. 13/9/2008 |
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Venezuela, scoperto piano golpista Con un linguaggio assai colorito Hugo Chávez ha annunciato, la sera dell'11 settembre, la decisione di espellere dal paese l'ambasciatore statunitense Patrick Duddy. La decisione non costituisce solo un atto di solidarietà con il presidente boliviano Morales, ma è legata alla scoperta di un progetto golpista in cui sarebbe coinvolto il diplomatico Usa. Chávez ha anche richiamato in patria l'ambasciatore venezuelano a Washington e ha minacciato gli Stati Uniti di sospendere l'invio di petrolio in caso di aggressione. Il giorno precedente, il canale statale Venezolana de Televisión aveva trasmesso la registrazione di alcune conversazioni telefoniche in cui il generale dell'esercito Wilfredo Barroso Herrera, il viceammiraglio Millán Millán e il generale dell'aviazione Eduardo Báez Torrealba parlavano di un piano per attentare alla vita del capo dello Stato e per occupare il Palacio de Miraflores. Il ministro della Difesa Gustavo Rangel ha ordinato l'apertura di un'inchiesta attraverso la Procura militare e numerosi ufficiali sono già stati arrestati. ARRIVA LA FLOTTA RUSSA - A fine anno si svolgeranno esercitazioni congiunte tra la marina venezuelana e quella russa. Lo ha detto il presidente Chávez il 7 settembre, nel corso del suo consueto programma domenicale, rendendo noto che durante la sua recente visita a Mosca le autorità russe gli avevano chiesto l'autorizzazione a inviare unità navali nel Mar dei Caraibi. Il Venezuela è "un alleato strategico della Russia", ha affermato Chávez, aggiungendo però che "non è nei nostri piani" l'installazione sul territorio nazionale di basi militari russe (come avevano speculato esponenti dell'opposizione). Secondo un comunicato diffuso dalla marina venezuelana, alle manovre parteciperanno quattro navi russe con circa mille uomini a bordo e fregate missilistiche, unità aeronavali e sottomarini delle forze armate di Caracas. L'annuncio delle esercitazioni giunge a pochi giorni dall'arrivo nel Mar dei Caraibi della Quarta Flotta Usa, che da metà settembre visiterà "in missione umanitaria" Colombia e Panama. 12/9/2008 |
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Gelo tra Buenos Aires e Washington I rapporti tra Argentina e Stati Uniti, che negli ultimi tempi avevano registrato un miglioramento, sono tornati a raffreddarsi. Motivo, il procedimento in corso negli Stati Uniti contro il venezuelano Franklin Durán, implicato nella vicenda della valigia contenente 800.000 dollari sequestrata nel 2007, all'aeroporto di Buenos Aires, all'imprenditore Guido Antonini Wilson. Ora Antonini, di nazionalità venezuelano-statunitense, è il grande accusatore di un processo che vede imputati a Miami, oltre a Durán, tre suoi connazionali (uno dei quali latitante) e un uruguayano. Il gruppo avrebbe operato per ottenere il silenzio di Antonini sul fatto che gli 800.000 dollari erano il contributo del governo Chávez alla campagna elettorale di Cristina Fernández. Il 10 settembre, durante il dibattimento, è stata ascoltata in aula una conversazione registrata da Antonini, divenuto collaboratore dell'Fbi, con gli imputati, in cui si ribadiscono le accuse a funzionari argentini. In un comunicato di protesta il Ministero degli Esteri di Buenos Aires ricorda che oltre un anno fa chiese agli Usa l'estradizione di Antonini, senza ottenere alcuna risposta. Sottolinea poi che "le affermazioni irresponsabili effettuate dalla Procura sulla base di materiale preparato e prodotto dall'Fbi - e quindi a conoscenza delle autorità politiche statunitensi - quando al tempo stesso si nega al nostro paese la possibilità di giudicare i responsabili (...) implicano l'uso indebito di una causa giudiziaria con sotterranei fini politici". Del resto è facile comprendere che si tratta di una montatura: un governo desideroso di finanziare una campagna elettorale non ricorre certo a comuni corrieri, ma spedisce il denaro per via diplomatica per non incorrere nel rischio di controlli doganali. CANCELLATO IL DEBITO CON IL CLUB DI PARIGI. L'Argentina cancellerà con le riserve monetarie del Banco Central il suo debito di 6.706 milioni di dollari con il Club di Parigi. La decisione, che ricalca quella adottata a suo tempo da Kirchner per saldare il debito con il Fondo Monetario Internazionale, è stata annunciata a sorpresa il 2 settembre dalla presidente Cristina Fernández. In tal modo il governo di Buenos Aires si libera della pressione dei paesi creditori, che ponevano le ispezioni del Fondo Monetario come condizione per un rifinanziamento, e allo stesso tempo smentisce con un colpo a effetto le voci allarmistiche sul deficit dei conti pubblici. 11/9/2008 |
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Cile, il ricordo di Allende Con innumerevoli cerimonie in tutto il paese, i cileni hanno reso omaggio ad Allende nel 35° anniversario della morte. L'atto più solenne si è svolto nel Palacio de la Moneda, dove è stato riaperto lo studio dello statista scomparso, dopo il restauro che lo ha restituito al suo primitivo aspetto. "Abbiamo appena vissuto un momento di profonda emozione", ha detto commossa la presidente Bachelet, accompagnata dalle figlie di Allende, Isabel e Carmen Paz, e dalla nipote Maya Fernández, dopo aver visitato la stanza in cui Salvador Allende trascorse gli ultimi istanti di vita. Michelle Bachelet si è augurata che migliaia di giovani apprendano in questo luogo "la lezione storica lasciataci da Allende e da quel pugno di uomini e donne leali e coraggiosi che lì decisero di resistere". Come ogni anno, non sono mancati gli scontri tra manifestanti e forze di polizia: numerosi i feriti, tra cui un giovane in prognosi riservata. E non tutti naturalmente hanno voluto commemorare la morte del presidente Allende: un gruppo di alti ufficiali ha preferito celebrare l'anniversario del colpo di Stato assistendo a una messa in memoria dei caduti militari. OMICIDIO O SUICIDIO? Salvador Allende è stato ucciso o si è suicidato? La questione è stata risollevata dal medico legale Luis Ravanal, secondo il quale il presidente venne colpito da due proiettili sparati da armi diverse. L'ipotesi dell'omicidio è stata però respinta con forza dai familiari. "È un capitolo chiuso - ha dichiarato Isabel Allende - Se il dottor Ravanal vuole sostenere questa opinione, lo faccia pure, ma come famiglia Allende da molti anni riteniamo degno di fede quanto hanno stabilito i medici che lo hanno accompagnato fino alla fine" e che hanno sempre parlato di suicidio. 11/9/2008 |
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Uragani: oltre 600 morti ad Haiti, gravi danni a Cuba Una vera e propria catastrofe. Haiti, il paese più povero del continente, è stato colpito dal 16 agosto al 7 settembre dal passaggio degli uragani Fay, Gustav, Hanna e infine Ike, con il pesante bilancio di oltre 600 morti e decine di migliaia di senzatetto. La seconda città del paese, Gonaïves, sommersa dal fango, sembra un enorme lago. La distruzione di strade e ponti rende difficili i soccorsi e in molte zone mancano cibo e acqua potabile. Gli esperti ripetono da tempo che la scarsità di vegetazione (solo il 2% del territorio è coperto da alberi) rende Haiti particolarmente vulnerabile a inondazioni e smottamenti: la miseria spinge la gente a utilizzare la poca legna disponibile per accendere il fuoco. Il colpo è stato duro anche per Cuba, pur abituata al passaggio degli uragani. Nel giro di una settimana, sul suo territorio se ne sono abbattuti due: Gustav ha annientato le infrastrutture e le risorse produttive della Isla de la Juventud e di una parte di Pinar del Río, nella zona occidentale del paese (un golpe nuclear lo ha definito Fidel Castro in un preoccupato articolo); successivamente Ike ha percorso l'intera isola, aggiungendo distruzione a distruzione. Martedì 9 gran parte di Cuba era al buio, per i danni subiti da tralicci e linee elettriche. Nonostante l'enorme sforzo delle autorità per garantire l'evacuazione di oltre due milioni e mezzo di persone, Ike ha provocato quattro vittime. E ora ci si chiede quanto tempo sarà necessario perché l'economia riesca a risollevarsi. In margine al disastro, da segnalare la nuova polemica con Washington. Il governo cubano ha respinto l'offerta statunitense di inviare sull'isola un'équipe per valutare i danni: non è necessaria un'ispezione tecnica per promuovere gli aiuti - ha fatto notare l'Avana - Una "reale volontà di cooperare" si dimostrerebbe piuttosto con la revoca dell'embargo. 11/9/2008 |
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Commercio non più in dollari tra Argentina e Brasile Da ottobre le transazioni commerciali tra Argentina e Brasile si faranno in pesos e in reais anziché in dollari. L'accordo era in preparazione già da mesi e la visita della presidente Cristina Fernández a Brasilia è stata l'occasione per l'annuncio ufficiale. L'utilizzo delle monete nazionali consentirà alle imprese, soprattutto a quelle piccole e medie, di risparmiare sulle operazioni di cambio. La decisione costituisce il primo passo "verso l'integrazione monetaria regionale", ha affermato il presidente Lula. Dal canto suo Cristina Fernández ha sottolineato il significato non solo economico, "ma anche culturale", ricordando il modello negativo degli anni Novanta in Argentina, "basato sulla parità peso-dollaro, su un paese di servizi e non di produzione" e sull'allontanamento di Buenos Aires dalla regione nel miraggio di entrare a far parte del Primo Mondo. Un modello tramontato con l'era Kirchner: "Abbiamo stabilito che la nostra identità è qui; siamo Sud America, i nostri migliori soci sono i nostri vicini. L'Argentina è come il figliol prodigo che ritorna". Il cambiamento è stato sottolineato anche da Lula: "Il Brasile è il primo partner dell'Argentina. Lo scambio ascende a 30.000 milioni di dollari annui, dieci volte di più che nello scorso decennio. Il 70% di quello che l'Argentina vende al Brasile è costituito da manufatti ad alto valore aggiunto". 8/9/2008 |
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Cuba, Celia Hart muore in un incidente d'auto È morta tragicamente a 46 anni, in un incidente d'auto all'Avana, la scrittrice Celia Hart Santamaría. Insieme a lei è deceduto il fratello Abel. Figlia di Haydée Santamaría Cuadrado, che combatté contro la dittatura di Batista partecipando anche all'assalto al Moncada e fu poi la prima presidente della Casa de las Américas, e di Armando Hart Dávalos, per vent'anni ministro della Cultura, Celia era laureata in fisica, ma era nota soprattutto per i suoi saggi (ricordiamo in particolare Apuntes Revolucionarios: Cuba, Venezuela y el Socialismo Internacional). Nei suoi scritti la difesa accanita della rivoluzione si legava a una critica serrata della burocrazia. In un'intervista il 25 agosto scorso al quotidiano argentino Página/12, aveva espresso le sue perplessità sul nuovo corso cubano: "Ho paura che seguiamo la strada della Cina, dove il Comitato Centrale ha finito per dire che tutti devono arricchirsi e i miliardari dirigono ora il partito". Molte le contraddizioni che Celia Hart individuava nei recenti provvedimenti, ad esempio la maggiore elasticità mostrata verso la piccola proprietà e i lavoratori autonomi, che in realtà "guadagnano molto di più di un lavoratore dello Stato", mentre ai dipendenti pubblici "aumenteranno l'età per la pensione, da 60 a 65 anni" (ne ha parlato Raúl Castro il 26 luglio, durante le celebrazioni per l'inizio della Rivoluzione). O l'ondata di liberalizzazioni, dai soggiorni in albergo all'acquisto di cellulari: "Con quale denaro compreranno tutto questo? Bisogna protestare perché l'olio è rincarato anziché preoccuparsi di poter accedere agli hotel di lusso. In un paese povero, come il Messico o Cuba, questi sono finti diritti". 7/9/2008 |
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Colombia, il lavoro sporco dei paramilitari Si susseguono gli arresti nell'ambito dello scandalo della parapolitica: gli ultimi, in ordine di tempo, a finire dietro le sbarre sono stati il padre dell'ex ministra degli Esteri Consuelo Araújo, fermato in Venezuela su ordine di cattura dell'Interpol, e il generale a riposo Rito Alejo del Río. Quest'ultimo era riuscito a sfuggire al carcere quattro anni fa per mancanza di prove, ma le confessioni dell'ex leader paramilitare Hebert Veloza lo hanno inchiodato alle sue responsabilità. Negli anni Novanta, quando il vecchio generale aveva il controllo militare della regione di Urabá, "ci passava informazioni perché facessimo il lavoro sporco", ha accusato l'ex para, svelando la vera natura dei rapporti tra esercito e gruppi armati di estrema destra. Circa un mese fa Veloza aveva ammesso che lui e i suoi uomini assassinarono, tra il 1994 e il 2003, oltre tremila persone. Sempre la parapolitica è alla base del rinnovato conflitto tra Corte Suprema ed esecutivo, accusato dai magistrati di porre ostacoli all'inchiesta giudiziaria. Il momento più acuto dello scontro si è registrato dopo un articolo comparso il 23 agosto su Semana: la rivista rivelava che emissari del capo paramilitare Don Berna si erano recati a più riprese alla Casa de Nariño (il palazzo presidenziale) per consegnare ai più stretti collaboratori di Uribe alcune registrazioni clandestine, destinate a gettare discredito sui membri del massimo tribunale. L'articolo ha visibilmente innervosito il capo dello Stato, tanto più che la sua pubblicazione ha coinciso con la visita in Colombia del procuratore argentino Luis Moreno Ocampo, inviato della Corte Internazionale dell'Aia, e del giudice spagnolo Baltasar Garzón. La missione dei due magistrati: indagare sulle motivazioni che hanno spinto in maggio il governo a estradare in tutta fretta negli Usa i più importanti capi paramilitari, proprio quando questi stavano cominciando a denunciare i loro alleati politici. 5/9/2008 |
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Paraguay, Lugo denuncia complotto golpista Nessuno si aspettava una presidenza tranquilla, visti gli enormi interessi minacciati dal cambio di governo. Ma forse pochi pensavano che l'attacco sarebbe partito così presto. L'opposizione ha approfittato della crisi parlamentare provocata dalla pretesa dell'ex presidente Duarte Frutos di occupare un seggio a pieno titolo (mentre la Costituzione prevede che gli ex capi di Stato siano senatori a vita senza diritto di voto). Una crisi che ha paralizzato il Congresso con la formazione di due blocchi contrapposti: da una parte i seguaci di Duarte e dell'ex generale Lino Oviedo, dall'altra i sostenitori del governo, la sinistra e i colorados dissidenti guidati dall'ex vicepresidente Luis Castiglioni. La sera di domenica 31 agosto, nell'abitazione di Oviedo si è tenuta la riunione dei cospiratori: tra i presenti, oltre al padrone di casa e a Duarte Frutos, il presidente del Senato Enrique González Quintana (uomo di Oviedo), il procuratore generale Rubén Candia, il vicepresidente del tribunale elettorale Juan Manuel Morales e l'alto ufficiale che costituisce il collegamento tra Parlamento e forze armate, generale Máximo Díaz Cáceres. Quest'ultimo, su cui i golpisti probabilmente contavano per coinvolgere i militari nell'operazione, ha invece rivelato ai suoi superiori l'esistenza del complotto. Lunedì primo settembre il presidente Lugo ha rivolto un preoccupato messaggio alla nazione, denunciando l'accaduto e facendo nomi e cognomi dei partecipanti alla riunione. "Non permetterò che le forze armate siano utilizzate per interessi settari - ha detto l'ex vescovo - Invito la cittadinanza a vigilare contro i propositi golpisti di settori antidemocratici e reazionari". Mentre Lugo riceveva l'appoggio dei paesi del Mercosur, dell'Oea e del Gruppo di Rio, i cospiratori si difendevano negando tutto e Oviedo, già protagonista di un tentato golpe nel 1996, contrattaccava accusando il governo di voler sciogliere il Congresso, "seguendo la stessa ricetta dei suoi amici Rafael Correa, Hugo Chávez ed Evo Morales". Ma proprio nel Congresso il duo Duarte-Oviedo ha ricevuto il 4 settembre una sonora sconfitta: Duarte dovrà accontentarsi di essere senatore a vita, e il suo seggio a pieno titolo sarà occupato da Jorge Céspedes, dei colorados dissidenti. Gli oviedisti, González Quintana in testa, hanno deciso di ripiegare in buon ordine e soltanto Duarte, con pochi fedelissimi, ha annunciato che continuerà la battaglia in tribunale. "PERDONO PER I CRIMINI DELLA DITTATURA". Dopo quattro anni di lavoro, la Comisión de Verdad y Justicia ha presentato il 28 agosto il primo bilancio dei 35 anni di regime di Alfredo Stroessner: 339 desaparecidos, 59 assassinati, 3.470 esiliati e oltre 15.000 perseguitati, incarcerati illegalmente e torturati. "Sono stati eroi della lotta contro la dittatura", ha detto il presidente Lugo con le lacrime agli occhi, chiedendo perdono "in nome della nazione". Tra le persone costrette all'esilio figura anche uno dei suoi fratelli, Guillermo, morto due anni fa in Svezia senza aver mai potuto far ritorno in patria. 4/9/2008 |
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Perù, le cifre reali della guerra sucia La storia della repressione militare degli anni Ottanta e Novanta contro la guerriglia di Sendero Luminoso non è stata ancora interamente scritta. Cinque anni fa il rapporto della Cvr (Comisión de la Verdad y Reconciliación) parlava di circa 8.500 desaparecidos, ma la cifra reale si aggirerebbe intorno ai 15.000. Lo afferma l'Equipo Peruano de Antropología Forense, precisando che la maggior parte delle vittime è di origine indigena: lo testimoniano le continue scoperte di fosse comuni nella regione andina. Per aggiungere orrore a orrore, i resti finora riesumati a Putis (il villaggio a 3.500 metri di altitudine dove è stata rinvenuta la più grossa sepoltura clandestina) rivelano che tra le persone assassinate molti erano i bambini e gli adolescenti. Sono passati 24 anni dal massacro di Putis, ma nessun militare è stato rinviato a giudizio e il governo si rifiuta di consegnare alla giustizia i dati sugli ufficiali e i soldati di stanza all'epoca nella zona. "C'è stata una responsabilità istituzionale delle forze armate nelle violazioni ai diritti umani e c'è ora una copertura istituzionale per proteggere i militari accusati di quelle violazioni. Il governo non ha interesse che i processi vadano avanti", sostiene l'ex presidente della Cvr Salomón Lerner. Il dibattito ha avuto ripercussioni anche all'interno della Chiesa cattolica. Domenica 31 agosto il cardinale Juan Luis Cipriani, nella sua omelia, si è unito al coro dei difensori delle forze armate, attaccando le associazioni per i diritti umani. Niente di sorprendente visto che Cipriani, membro dell'Opus Dei, negli anni del conflitto era vescovo di Ayacucho e come tale benedisse la guerra sucia dei militari. La posizione di Cipriani è stata pubblicamente respinta dal vescovo Luis Bambarén. 2/9/2008 |
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Brasile, spie e militari contro il governo Il presidente Lula ha disposto la rimozione dei vertici dell'Abin, l'Agência Brasileira de Inteligência, nominando come nuovo responsabile Wilson Robert Trezza. L'intervento del capo dello Stato si è reso necessario dopo lo scandalo delle intercettazioni telefoniche di diversi esponenti del mondo politico e della magistratura, tra cui il presidente della Corte Suprema, Gilmar Mendes: la conversazione di quest'ultimo con il senatore dell'opposizione Demóstenes Torres è finita sulle pagine della rivista conservatrice Veja. Le intercettazioni, effettuate clandestinamente dai servizi segreti, hanno messo Lula in forte imbarazzo e hanno quasi portato allo scoppio di una crisi istituzionale tra esecutivo e potere giudiziario. Cominciano intanto a girare i primi nomi sui possibili mandanti: i maggiori sospetti ricadono sul banchiere Daniel Dantas, che avrebbe cercato di vendicarsi per essere stato arrestato, un mese fa, sotto l'accusa di riciclaggio e di altri reati finanziari. Ma non si può escludere un tentativo di destabilizzazione a più alto livello. L'Abin, creata nel 1999, è erede del Serviço Nacional de Informações, sciolto negli anni Novanta dopo essere stato uno degli organi chiave dell'apparato repressivo della dittatura. E proprio alcuni personaggi del passato regime sono tornati recentemente alla ribalta per chiarire la loro opposizione a qualsiasi indagine sulle violazioni dei diritti umani in quegli anni. Un gruppo di alti ufficiali, molti dei quali a riposo, si è riunito nel circolo militare di Rio de Janeiro per rivendicare la legge di amnistia del 1979 giungendo - con toni da guerra fredda - a definire "terroristi" i ministri dell'attuale esecutivo che parteciparono alla resistenza. Poche ore dopo, a Brasilia, il Comando dell'Esercito divulgava una nota in cui si respingeva seccamente ogni ipotesi di giudizio agli ex repressori. Sulla questione il governo è diviso: il ministro della Difesa, Nelson Jobim, si è dichiarato contrario a "riaprire le ferite" del passato, mentre il titolare della Giustizia, Tarso Genro, è favorevole a perseguire i delitti di lesa umanità. Mesi fa Genro aveva incontrato in Spagna il giudice Baltasar Garzón: la magistratura spagnola sta valutando l'avvio di un'inchiesta sulla morte del catalano Miguel Sabat Nuet, avvenuta nel 1973 in un centro di detenzione della polizia politica. "Il Brasile è uno dei paesi più arretrati nell'indagine su ciò che è avvenuto durante il regime militare. Qui vige l'oscurità sul passato e contro questa oscurità può aiutare l'apertura di una causa in un tribunale di un altro paese", ha affermato la magistrata Eugenia Gozaga Fávero, che ha chiesto la riesumazione del corpo di Sabat Nuet. 2/9/2008 |
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Messico, tre giorni di mobilitazioni Sono stati tre giorni di manifestazioni e di cortei di segno opposto, nella capitale e nel resto del paese. La sera di sabato 30 agosto migliaia di persone sono scese in piazza, a lume di candela, per chiedere la fine della violenza e della criminalità. La richiesta di sicurezza non viene solo dalle classi agiate, preoccupate dall'ondata di rapine e sequestri a scopo d'estorsione, ma è stata naturalmente la destra a monopolizzare il tema. Così nella mobilitazione di sabato, che ha potuto contare su una vasta copertura mediatica, ben poco spazio hanno trovato le tante donne assassinate a Ciudad Juárez o i desaparecidos di Stato (come Edmundo Reyes Amaya e Gabriel Alberto Cruz Sánchez, i due militanti dell'Epr scomparsi lo scorso anno dopo essere stati arrestati). E sono in molti a temere che il pretesto della lotta alla delinquenza giustifichi una stretta repressiva. Le avvisaglie ci sono tutte: basti pensare alla spropositata condanna comminata a Ignacio del Valle, dirigente del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra di San Salvador Atenco che si oppone alla progettata costruzione di un aeroporto sulle terre della comunità. Del Valle doveva scontare 67 anni di carcere, ora una seconda sentenza ne ha aggiunti altri 45, per il reato di sequestro e attacco alle vie di comunicazione. Domenica 31 agosto a Città del Messico, davanti al Monumento a la Revolución, si è concentrato il movimento guidato da López Obrador che cerca di contrastare la privatizzazione di Pemex. Da tempo Amlo denuncia gli enormi interessi che si nascondono dietro la politica energetica: l'ultima rivelazione riguarda l'acquisto di una petroliera costata alla compagnia statale cinque volte il suo valore. Infine lunedì primo settembre organizzazioni operaie e contadine si sono mobilitate in tutto il paese per protestare contro la politica economica del governo. Nella capitale migliaia di persone (minatori, lavoratori dell'elettricità, universitari, insegnanti) hanno attraversato in corteo il centro cittadino per confluire nello Zócalo. Proprio il primo settembre, come di consuetudine, il capo dello Stato avrebbe dovuto illustrare ai parlamentari l'Informe presidencial, il resoconto annuale sulla sua gestione. Temendo contestazioni, Calderón non ha messo piede nel Congresso, incaricando il ministro dell'Interno Juan Camilo Mouriño di consegnare un documento scritto. Del resto la situazione che doveva descrivere non è entusiasmante: criminalità e disoccupazione sono in aumento e il Messico è scivolato all'ultimo posto in America Latina per il tasso di crescita economica (l'anno scorso era al penultimo). ABORTO E DIVORZIO RAPIDO NELLA CAPITALE. Nonostante le pressioni della Chiesa, delle organizzazioni antiabortiste e del Pan (il partito al potere), la Corte Suprema ha riconosciuto il 28 agosto la costituzionalità delle norme che depenalizzano l'interruzione volontaria della gravidanza a Città del Messico. La sentenza ratifica inoltre l'obbligo del governo della capitale a garantire l'aborto libero e gratuito, in condizioni igienico-sanitarie adeguate. Circa 12.000 donne, tra cui molte minorenni, hanno già usufruito dell'intervento. E sempre a Città del Messico l'Assemblea Legislativa ha approvato, con il voto contrario del Pan, nuove procedure in materia di divorzio. D'ora in poi non sarà più necessario dichiarare al giudice le ragioni per cui si chiede lo scioglimento del vincolo matrimoniale: sarà sufficiente che anche uno solo dei due coniugi esprima la volontà di separarsi. Se tra le parti sarà stato raggiunto un accordo per quanto riguarda alimenti, ripartizione dei beni e affidamento dei figli, il divorzio sarà immediato. Il provvedimento mira a evitare lunghi dibattimenti e a salvaguardare la dignità delle persone coinvolte. 1/9/2008 |
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Messico, la scomparsa di Gilberto Rincón Gallardo Solo tre mesi prima, nella sede delle Nazioni Unite a New York, aveva espresso la sua soddisfazione per l'entrata in vigore della Convenzione sui diritti dei portatori di handicap, per cui aveva tanto lottato. Gilberto Rincón Gallardo y Meltis, presidente del Conapred (Consejo Nacional para Prevenir la Discriminación), è morto il 30 agosto, a 69 anni, per complicazioni cardiache seguite a un intervento chirurgico. La Convenzione, che impegna i paesi membri dell'Onu ad adottare politiche pubbliche a favore dei disabili, deve trasformarsi in "uno strumento per sostituire la cultura della commiserazione e dell'esclusione con la cultura dei diritti e delle opportunità per tutti", aveva detto quel giorno a New York. Contro commiserazione ed esclusione Gilberto Rincón Gallardo ha combattuto fin dalla nascita, riuscendo a vivere un'esistenza piena nonostante il grave handicap fisico da cui era afflitto. Laureato in Legge all'Unam, ha dedicato tutta la sua vita alla politica, pagando spesso il suo impegno con la persecuzione e il carcere (venne arrestato più di trenta volte). Tra i fondatori del Movimiento de Liberación Nacional, della Central Campesina Independiente e del Frente Electoral del Pueblo, nel periodo 1968-71 venne rinchiuso nella tristemente famosa prigione di Lecumberri, a Città del Messico. Parlamentare per due legislature e dirigente del Partido Comunista Mexicano, del Partido Socialista Unificado de México, del Partido Mexicano Socialista, del Partido de la Revolución Democrática e di Democracia Social, con quest'ultimo raggruppamento si presentò candidato presidenziale nel 2000. L'anno precedente aveva fondato il Centro de Estudios para la Reforma del Estado. Collaboratore di diversi quotidiani, pubblicò nel 1987 Ahora y a la luz del día. Nuevas relaciones entre la Iglesia y el Estado e nel 1999 A contracorriente. È in corso di stampa il suo ultimo libro: Entre el pasado definitivo y el futuro posible. Ejercicios de reflexión política en clave democrática. 30/8/2008 |
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Messico, la sfida della criminalità La delinquenza organizzata prevale grazie alla corruzione e all'impunità; esercita un ampio controllo territoriale, ha innalzato il livello di violenza e di capacità di fuoco e ha una migliore organizzazione e struttura logistica. Sul fronte opposto, lo Stato registra il deterioramento degli organismi di sicurezza e della giustizia, trascurati per decenni. È l'impietosa analisi ufficiale della situazione messicana, resa pubblica nella seduta del Consejo Nacional de Seguridad Pública. Nel corso della seduta, cui partecipavano il presidente Calderón, i governatori statali e il capo di governo del Distrito Federal, i presidenti della Camera e del Senato, il presidente della Corte Suprema e rappresentanti del settore privato, della società civile, delle associazioni religiose e dei mezzi di comunicazione, è stato firmato l'Accordo Nazionale per la Sicurezza, la Legalità e la Giustizia. Le autorità cercano così di rispondere alla campagna di stampa seguita all'ennesimo fatto di sangue: vittima un ragazzo di 14 anni, figlio di un noto imprenditore, sequestrato a scopo di riscatto e ucciso dai suoi rapitori. Ma sono in pochi a credere nell'efficacia dell'accordo per la sicurezza: basti pensare che dall'insediamento di Felipe Calderón gli omicidi hanno già superato quota 5.000. Del resto la delinquenza organizzata ha raccolto subito la sfida: nelle 24 ore successive alla firma, 28 persone sono state assassinate. UN'OPPOSIZIONE DIFFICILE. La crisi che vive il paese si riflette nella crisi dell'opposizione. Il Prd è in pratica spaccato in due e la frattura è stata sanzionata il 19 luglio, quando la Comisión Nacional de Garantías del partito ha annullato le elezioni del 16 marzo per la nomina della direzione nazionale. Motivo: le tante irregolarità riscontrate nel voto, dal furto delle schede all'incendio delle urne, dall'alterazione dei verbali alla manipolazione dei risultati. Ora il Prd si regge con un presidente ad interim, il senatore Jesús Ortega, esponente della corrente disponibile al negoziato con Felipe Calderón e al suo riconoscimento come legittimo capo di Stato. Sull'altro fronte la corrente di Alejandro Encinas, che si identifica con Andrés Manuel López Obrador e rifiuta ogni compromesso con il governo. La sua opposizione radicale si esprime soprattutto con la battaglia in difesa del petrolio. La consultazione popolare sul tema, tenutasi in tre fasi su tutto il territorio nazionale, ha confermato la capacità di mobilitazione di López Obrador: hanno partecipato al voto circa tre milioni di persone, che nella stragrande maggioranza hanno respinto ogni ipotesi di privatizzazione di Pemex. In polemica con il progetto Calderón e con quello del Pri (assai simile nella sostanza, se non nella forma), un centinaio di specialisti, giuristi e intellettuali ha consegnato il 24 agosto ai parlamentari del Frente Amplio Progresista (Prd, Pt e Convergencia) la cosiddetta Iniciativa Ciudadana de Reforma Energética, che punta al rafforzamento della compagnia statale. A differenza del Prd, profondamente diviso, il Pri non ha mostrato segni di dissenso nella sua Assemblea Nazionale del 23 agosto, che in meno di 25 minuti ha riformato programmi, dichiarazione di principi e statuti. Sotto la guida della presidente Beatriz Paredes Rangel, il partito abbandona l'ideologia della Rivoluzione Messicana per avvicinarsi alla socialdemocrazia. Le elezioni parlamentari del 2009 diranno se questa strategia è vincente. 26/8/2008 |
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Honduras, Tegucigalpa aderisce all'Alba L'Honduras ha formalizzato la sua adesione piena all'Alba (Alternativa Bolivariana para las Américas), il meccanismo di integrazione latinoamericano promosso dal Venezuela e di cui fanno parte anche Cuba, Dominica, Nicaragua e Bolivia. L'atto ufficiale si è tenuto a Tegucigalpa, in Plaza de la Libertad, alla presenza di circa 50.000 persone. Accanto al presidente honduregno Zelaya c'erano il venezuelano Chávez, il boliviano Morales, il nicaraguense Ortega e il vicepresidente cubano Lage. Nel suo discorso Zelaya ha detto di non temere l'opposizione degli Stati Uniti: "Non sono nato per essere schiavo e avere padroni". Rispondeva in tal modo alle critiche di imprenditori e politici, timorosi delle ripercussioni nei rapporti con il tradizionale alleato e principale partner commerciale. Sia il Partido Nacional, di opposizione, sia il Partido Liberal, cui appartiene lo stesso Zelaya, si sono dichiarati contrari all'Alternativa Bolivariana para las Américas e hanno preannunciato battaglia quando il Congresso sarà chiamato a ratificare l'adesione. Quanto al Consejo Hondureño de la Empresa Privada, ha annunciato l'intenzione di espellere gli imprenditori presenti all'atto ufficiale. Le minacce non sono servite a convincere Zelaya, che negli ultimi tempi si è lentamente avvicinato alla linea politica venezuelana: "Se il sistema che ha governato l'Honduras per quarant'anni avesse risolto il problema della povertà - ha affermato - non guarderemmo ora verso il sud, verso il socialismo del sud". Del resto il governo di Caracas ha già promesso all'Honduras finanziamenti per il settore agricolo, aiuti nella lotta alla fame e all'analfabetismo e soprattutto petrolio e altre fonti energetiche. 25/8/2008 |
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Bolivia, niente pace nonostante il referendum La vittoria del presidente Morales nel referendum revocatorio del 10 agosto, che l'ha confermato al potere con il 67,4% di consensi (ben al disopra del 53,7 che aveva ottenuto nel 2005), non ha riportato la pace nel paese. Morales ha conquistato il dipartimento di Pando, ha vinto nel Chuquisaca (nonostante le proteste per Sucre capitale), ha quasi raggiunto la parità a Tarija e si è attestato sul 43% nel Beni (era meno del 20% nel 2005) e sul 40% a Santa Cruz. Ma l'opposizione non demorde, facendosi forte della riconferma di gran parte dei prefetti antigovernativi: sono stati infatti ratificati Rubén Costas a Santa Cruz, Leopoldo Fernández nel Pando, Ernesto Suárez nel Beni e Mario Cossío a Tarija; solo il prefetto di Cochabamba, Manfred Reyes Villa, e quello di La Paz, José Luis Paredes, sono stati revocati (tra i sostenitori del governo, confermato Mario Virreira a Potosí, "bocciato" Alberto Luis Aguilar a Oruro). Subito dopo la consultazione, all'invito del capo dello Stato al dialogo Costas ha risposto con un bellicoso discorso. E agli scioperi della fame di alcuni dirigenti autonomisti hanno fatto seguito, nelle roccaforti dell'opposizione, un paro cívico imposto con la forza dalle squadracce dell'Unión Juvenil Cruceñista e, dal 25 agosto, picchetti e blocchi stradali in tre regioni del Chaco, alle frontiere con Argentina e Paraguay. Gli autonomisti chiedono la "restituzione" del 30% delle imposte dirette sugli idrocarburi, che il governo ha invece destinato al finanziamento della Renta Dignidad, il sussidio per gli ultrasessantenni. È una delle realizzazioni dell'esecutivo, insieme al bonus per i bambini degli strati più poveri affinché non abbandonino la scuola. Piccoli passi verso un cambiamento del paese, resi possibili dal recupero di parte delle ricchezze nazionali. Con Evo Morales le riserve internazionali sono passate da 1.700 milioni di dollari ai 7.000 attuali e alla fine dell'anno in corso il volume delle esportazioni sarà cresciuto di cinque volte. La partecipazione dello Stato nell'economia è salita dal 13 al 20%; il controllo sulla rendita degli idrocarburi dal 27 al 75% e quello sui profitti minerari dal 20 al 55%. Certo, molto resta ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda il mondo agricolo. È stato avviato un programma di appoggio a piccoli e medi produttori di riso, frumento, mais e soia, ma la riforma agraria procede a rilento: si contava di distribuire 30 milioni di ettari a 200.000 famiglie contadine e finora gli ettari ripartiti sono solo 800.000. A contrastare la riforma sono soprattutto i latifondisti di Santa Cruz, regione dove ancora esistono lavoratori indigeni tenuti in semischiavitù. Sull'altro fronte ci sono i difficili rapporti con la Central Obrera, che prima del referendum aveva indetto manifestazioni e scioperi per ottenere l'approvazione in Parlamento di un progetto di legge sulle pensioni, considerato dal governo troppo oneroso per le finanze statali. Il 5 agosto due minatori erano rimasti uccisi a Oruro nel corso di violenti scontri con la polizia. In seguito, un incontro dei leader sindacali con il presidente Morales aveva portato a una tregua, anche se l'esecutivo accusa alcuni dirigenti della Cob, come Jaime Solares, di favorire di fatto i piani destabilizzanti della destra. 25/8/2008 |
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Perù, vittoria indigena contro il governo La rivolta della popolazione indigena dell'Amazzonia contro il governo è terminata con la sonora sconfitta di quest'ultimo. Dopo due settimane di proteste, blocchi stradali, occupazioni di centrali idroelettriche, installazioni petrolifere e pozzi di gas, le 65 etnie della foresta peruviana hanno ottenuto dal Congresso l'abrogazione di due leggi che facilitavano la privatizzazione delle terre delle comunità. I due provvedimenti, promulgati nell'ambito del Tratado de Libre Comercio con gli Stati Uniti, avrebbero favorito la vendita dei terreni a compagnie petrolifere e imprese di sfruttamento del legname. Per stroncare la ribellione, l'esecutivo aveva fatto ricorso alla repressione, decretato lo stato d'emergenza e chiesto l'intervento delle forze armate, ma gli indigeni, armati di lance, archi e frecce, non avevano ceduto. E in Parlamento l'Apra di Alan García si è ritrovata sola: sia pure adducendo motivi formali i suoi tradizionali alleati, la destra e i fujimoristi, si sono uniti ai nazionalisti di Ollanta Humala votando a favore dell'abrogazione. "È stata una decisione storica. Ha vinto la ragione e non delle leggi che intendevano colpire i popoli indigeni e la società nazionale", ha commentato Alberto Pizango, presidente dell'Asociación Interétnica de Desarrollo de la Selva Peruana. Ben diversa l'opinione del presidente García, che ha parlato di "arretramento storico". Proprio mentre il Congresso si apprestava a cancellare le due leggi, García era accolto a fischi e sassate dagli abitanti di Chiclayo, città della costa settentrionale dove avrebbe dovuto inaugurare alcune opere pubbliche. Quanto accaduto a Chiclayo, legato non alla rivolta indigena, ma a richieste di aumenti salariali per i dipendenti della sanità, testimonia la protesta sociale contro la politica di Alan García, la cui popolarità ormai è scesa al 20%. 23/8/2008 |
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Haiti, "Ritirate le truppe Onu" In vista della scadenza, in ottobre, del mandato delle truppe Onu ad Haiti, si moltiplicano in Brasile - paese a capo della Missione di Stabilizzazione (Minustah) - le prese di posizione e le richieste di ritiro del contingente. Da più parti si denunciano le pesanti violazioni ai diritti umani commesse dai caschi blu e le tante vittime civili dell'opera di "pacificazione". In una lettera aperta al presidente Lula, l'avvocato haitiano David Josué scrive: "È arrivato il tempo di far tacere le armi. Il tempo di una pace vera e durevole. Il tempo di una tregua ad Haiti e della fine della lotta armata. È arrivato il tempo di por fine all'attuale presenza militare ad Haiti. L'osservanza della legge e dell'ordine nelle città è un problema della polizia e non delle truppe militari. Haiti ha bisogno di assistenza per addestrare la polizia, di aiuti finanziari, di volontari umanitari e dell'aiuto degli haitiani, ovunque si trovino, perché si preparino ad assumere le responsabilità che li attendono dopo che la Minustah sarà partita. Molte volte l'impiego di soldati brasiliani e di altri paesi stranieri, nei poverissimi quartieri di Haiti, per catturare dei trasgressori della legge è sfociato nella morte di donne, bambini e persone innocenti. Quel che i brasiliani, che guidano le truppe delle Nazioni Unite, hanno fatto a persone innocenti di Haiti è peggio di quel che le forze armate haitiane sono state accusate di aver fatto in passato". Da notare che, dall'inizio delle operazioni fino all'ottobre dello scorso anno, il Brasile aveva speso una somma superiore a quella destinata nel 2007 agli investimenti dei Ministeri dell'Ambiente e del Turismo. Nel frattempo Haiti è in preda a una grave crisi politica: dopo la destituzione in aprile del primo ministro Jacques Edouard Alexis in seguito alla "rivolta del pane", Pierre Erick Pierre e Robert Manuel, i due esponenti designati dal presidente Préval a succedere ad Alexis, non hanno ricevuto l'approvazione della Camera. La nuova prima ministra, Michèle Duvivier Pierre-Louis, attende ancora la ratifica parlamentare e c'è chi ne contesta la nomina con argomenti pretestuosi, accusandola di omosessualità. 22/8/2008 |
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Il Paraguay volta pagina Il Paraguay volta pagina. Nel paese che, dopo la Bolivia, è il più povero del Sud America (secondo dati Cepal), nel paese che finora ha conosciuto i governi più inefficienti e corrotti, si è insediato un capo dello Stato che costituisce una netta rottura con il passato. Il 15 agosto è avvenuto lo storico passaggio delle consegne: il presidente uscente Duarte Frutos, ultimo rappresentante di quel Partido Colorado che ha gestito il potere per oltre sessant'anni, ha lasciato il posto a Fernando Lugo, esponente di una composita alleanza (Alianza Patriótica para el Cambio) che mescola il Partido Liberal a innumerevoli organizzazioni sociali e di sinistra. Tenere unita la sua coalizione sarà uno dei primi scogli che Lugo dovrà affrontare, accanto agli ostacoli che la burocrazia colorada, tuttora presente in molti posti chiave, non mancherà di porre sulla sua strada. E non sarà facile far passare le riforme promesse, con un Congresso in mano all'opposizione. Dovendo tener conto di delicate alchimie politiche, Lugo ha formato un gabinetto eterogeneo, che può contare sulla consulenza del Premio Nobel per l'Economia Joseph Stiglitz e che annovera elementi conservatori, come Dionisio Borda al Tesoro e Cándido Vera all'Agricoltura, quasi a voler mandare un messaggio tranquillizzante a imprenditori e agroindustriali. Tra gli altri ministri figurano Gloria Rubin al dicastero della Donna, Esperanza Martínez alla Sanità e Alejandro Hamed Franco agli Esteri. Quest'ultima designazione ha provocato l'irritazione di Washington, che accusa il neoministro di essere favorevole alla causa palestinese e nel 2006 lo ha addirittura inserito nella lista nera delle persone legate al terrorismo. La colpa di Hamed Franco: aver fornito il visto a un'ottantina di cittadini libanesi durante l'ultimo conflitto tra Israele e Libano. Quanto alla titolare della Sanità, Esperanza Martínez, la sua nomina ha visto l'immediata reazione delle gerarchie ecclesiastiche, che le contestano la sua posizione a favore dell'aborto. Una scelta coraggiosa, dunque, quella dell'ex vescovo Lugo. Che nel frattempo ha ricevuto dal Vaticano l'attesa dispensa per ritornare allo stato laicale: una decisione senza precedenti da parte della Chiesa cattolica, ma che si spiega con la volontà di papa Benedetto XVI di normalizzare le relazioni tra la Santa Sede e il governo di un paese profondamente cattolico. L'atto di insediamento di Lugo ha rappresentato una vera e propria festa popolare: migliaia di persone hanno assistito al giuramento, avvenuto ad Asunción nella piazza del Congresso. Nel suo discorso il neopresidente ha sottolineato la svolta in atto, promettendo un governo "implacabile" con i predatori del popolo. Ha poi ribadito il suo legame con la Teologia della Liberazione, citando i nomi del brasiliano Leonardo Boff e del peruviano Gustavo Gutiérrez Merino. Alla cerimonia erano presenti molti capi di Stato latinoamericani: l'honduregno Manuel Zelaya, il brasiliano Lula, il boliviano Morales, l'ecuadoriano Correa, l'argentina Cristina Fernández, l'uruguayano Tabaré Vázquez, la cilena Michelle Bachelet, il venezuelano Hugo Chávez. Con il Venezuela il neopresidente ha firmato, il giorno dopo l'insediamento, dodici accordi di cooperazione nei campi dell'energia, dell'agricoltura e dell'istruzione. Il governo di Caracas si è impegnato a fornire tutto il petrolio di cui il Paraguay avrà bisogno, anche per contrastare i piani di destabilizzazione denunciati dallo stesso Lugo, che mirerebbero a indebolire il nuovo governo provocando penuria di combustibili nel paese. SOSTITUITI I VERTICI MILITARI. Lugo lo aveva detto subito dopo il giuramento: "Mai più i militari saranno utilizzati per reprimere o aggredire i propri compatrioti. A partire da questo momento saranno al servizio della comunità". E ha mantenuto la promessa, sostituendo tutti i comandanti legati al precedente governo con ufficiali "più giovani e istituzionalisti", come ha spiegato il suo portavoce Augusto Dos Santos. Unico "sopravvissuto", il generale Bernardino Soto Estigarribia, amico dell'ex presidente Duarte Frutos. Il neopresidente ha inoltre annunciato che, contrariamente a quanto previsto dalla Costituzione, la sua scorta sarà costituita da poliziotti dei gruppi speciali e non dal Regimiento Escolta Presidencial che dipende dai vertici militari. 21/8/2008 |
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Colombia, nuovo "crimine di Stato" Un racconto agghiacciante. Il comandante paramilitare desmovilizado Enrique Banquez Martínez ha narrato ai giudici come i gruppi di estrema destra appesero agli alberi e sgozzarono, a suon di musica, decine di contadini della regione di El Salado, e poi giocarono a calcio con le teste delle vittime. Il massacro avvenne nel febbraio 2000: le Autodefensas Unidas de Colombia, che accusavano gli abitanti della zona di essere simpatizzanti della guerriglia, uccisero in quell'occasione più di cento persone. Grazie a questa e ad altre confessioni, Banquez Martínez può godere di una riduzione della pena sulla base del contestato accordo tra il governo e i paras. L'ex paramilitare ha anche parlato dei legami della politica con i gruppi armati di estrema destra, confermando che nel 2003 numerosi sindaci della regione furono eletti su pressione delle Auc e che egli partecipò all'assassinio di sindacalisti e politici dell'opposizione. Proprio lo scandalo della parapolitica ha colpito un altro uomo di fiducia del capo dello Stato. Il 25 luglio è finito dietro le sbarre il senatore Carlos García, vecchio caudillo di Tolima (dipartimento tristemente famoso per le stragi commesse dai paramilitari) e leader del Partido de la U, movimento creato all'inizio del mandato presidenziale di Uribe per unificare le diverse forze che lo appoggiavano. Ma nonostante gli arresti e le confessioni, il clima in Colombia non cambia: a metà luglio è stato identificato il cadavere di Guillermo Rivera, dirigente sindacale scomparso il 22 aprile. Il corpo recava segni di tortura. Come denunciato da più parti, si è trattato di un vero e proprio "crimine di Stato": Rivera era stato fermato da una pattuglia della polizia e da allora non si era più saputo nulla di lui. 29/7/2008 |
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Ecuador, nella Costituzione anche i diritti della Natura L'Asamblea Nacional Constituyente ha approvato il 24 luglio il progetto di nuova Costituzione che a fine settembre verrà sottoposto a referendum. Il testo è il frutto di otto mesi di lavoro e dell'apporto di centinaia di singoli e di organizzazioni e si propone di superare il modello neoliberista imposto al paese dieci anni fa. A favore si sono pronunciati Alianza País, il Movimiento Popular Democrático, Pachakutik e quattro parlamentari del Partido Sociedad Patriótica dell'ex presidente Lucio Gutiérrez. Contrari il Partido Social Cristiano, il Partido Renovador Institucional Acción Nacional dell'imprenditore Alvaro Noboa, il Psp e i movimenti Uno e Futuro Ya. Tra le riforme della nuova Costituzione figura la facoltà concessa al presidente (eleggibile per una sola volta) di sciogliere il Parlamento: in tal caso è tenuto però a rimettere il suo incarico al giudizio degli elettori. Il documento prevede inoltre uno Stato plurinazionale, in cui quechua e shuar vengono riconosciuti come idiomi ufficiali. Viene stabilito il régimen del buen vivir (sumak kawsay), "complesso organizzato, sostenibile e dinamico dei sistemi economici, politici, socioculturali e ambientali" che permettono il concretizzarsi dell'inclusione e dell'uguaglianza sociale. Particolare importanza riveste l'introduzione della Natura come soggetto di diritti. L'articolo 71 recita: "La Natura o Pachamama, dove si riproduce e si realizza la vita, ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi". Dal punto di vista dei rapporti internazionali, l'accento è posto sull'integrazione latinoamericana. L'Ecuador, si afferma, è "territorio di pace e non sarà consentito l'insediamento di basi militari straniere" (come quella di Manta, che gli Usa dovranno presto abbandonare). Con l'approvazione del nuovo testo costituzionale, insomma, il paese si prepara a voltar pagina. Se ne rendono ben conto le opposizioni che non hanno risparmiato le critiche, in particolare al ruolo "eccessivo" dello Stato. Dal canto suo la Conferenza Episcopale ha affermato che molti articoli risultano incompatibili con la fede cristiana, perché aprono la strada alla depenalizzazione dell'aborto e al riconoscimento delle unioni omosessuali. 29/7/2008 |
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Argentina, ergastolo al genocida L'ex generale Luciano Benjamín Menéndez, uno dei maggiori responsabili della sanguinosa repressione della dittatura, è stato condannato all'ergastolo da un tribunale di Córdoba per il sequestro, la tortura e la morte di quattro militanti di sinistra nel 1977. Ma le sue responsabilità nel genocidio di quegli anni vanno ben oltre: dal 1975 al 1979 fu a capo del III Corpo d'Armata, da cui dipendeva anche il campo di detenzione di La Perla. Da quel campo, in cui furono rinchiusi circa 2.300 prigionieri, ne uscirono vivi soltanto 17. Menendez, che oggi ha 81 anni, dovrà scontare la sua pena in un carcere comune. DOPO LA SCONFITTA AL SENATO. Il nuovo capo di gabinetto di Cristina Fernández è Sergio Massa, un avvocato di 36 anni: uno dei suoi compiti sarà quello di migliorare i rapporti con gli ambienti politici dell'interno dopo il lungo braccio di ferro con gli agrari. Massa sostituisce Alberto Fernández, che ha presentato le dimissioni per permettere alla presidente di "contare su una nuova lista di collaboratori" e aprire così una diversa fase del suo governo. Anche al Ministero dell'Agricoltura, che in questi ultimi mesi è stato nell'occhio del ciclone, si registra un avvicendamento: Carlos Cheppi prenderà il posto di Javier de Urquiza. La scelta di Cheppi, sostengono gli osservatori, dimostra l'intenzione di Cristina Fernández di varare un nuovo piano per il settore, che mantenga saldo il principio della redistribuzione della rendita in un quadro di incremento della produzione. La battaglia dunque prosegue, dopo la sconfitta al Senato e il conseguente ritiro del provvedimento che aumentava le imposte sull'esportazione dei grani (le cosiddette retenciones móviles). All'alba del 17 luglio, dopo oltre 18 ore di dibattito, i senatori avevano respinto il progetto di legge grazie al "tradimento" di alcuni esponenti della maggioranza e soprattutto del presidente del Senato, Julio Cobos. Il voto di Cobos (che è anche vicepresidente della Repubblica) era stato determinante per far pendere la bilancia a favore degli oppositori e capovolgere così il risultato della Camera, dove la legge era stata approvata il 5 luglio. In realtà questa conclusione era stata preparata, nei giorni precedenti, da una ben orchestrata campagna di stampa e da pressioni e azioni intimidatorie da parte degli agrari: le case di alcuni parlamentari delle province dell'interno, che avevano annunciato il loro appoggio al governo, erano state circondate da dimostranti minacciosi. La divisione del Congresso, del resto, non fa che riflettere la spaccatura del paese, evidenziata il 15 luglio da due manifestazioni contrapposte che avevano visto in piazza, pro e contro il governo, decine di migliaia di persone. 25/7/2008 |
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Colombia, prevale la linea dura Sono state tantissime le persone scese in piazza il 20 luglio, in Colombia e in altre parti del mondo, per chiedere il ritorno a casa degli ostaggi ancora in mano alle Farc. Anche se molti dei manifestanti non erano certo a favore della politica di Uribe, questi continua a capitalizzare il successo dell'azione militare che ha portato alla liberazione di Ingrid Betancourt. Un'operazione che presenta ancora molti lati oscuri: dopo il comunicato delle Farc, che attribuisce la responsabilità dell'accaduto al tradimento dei due guerriglieri che custodivano i prigionieri, si è appreso che l'esercito ha utilizzato false insegne della Croce Rossa per trarre in inganno gli insorti. Questa circostanza, che il governo aveva sempre negato, è stata infine ammessa a denti stretti dallo stesso Uribe. All'esito dell'azione contro le Farc sarebbero legate anche le dimissioni del ministro degli Esteri Fernando Araújo, prontamente sostituito con un uomo di fiducia del presidente, Jaime Bermúdez. Araújo, sfuggito alla guerriglia dopo una prigionia di sei anni, era favorevole a un dialogo con le Farc, ma le sue posizioni hanno ormai perso terreno a favore dell'ala dura rappresentata dai cugini Santos (Francisco e Juan Manuel, rispettivamente vicepresidente e ministro della Difesa). E in effetti la prima presa di posizione del nuovo ministro Bermúdez è stata una dichiarazione contro il presidente nicaraguense Daniel Ortega, che si era detto disponibile a un incontro con le Farc (come richiesto dalla stessa organizzazione guerrigliera) per contribuire alla causa della pace. Più morbide invece le posizioni di Uribe per quanto riguarda la controversia con la Corte Suprema, che aveva messo in dubbio la legittimità della sua rielezione: a metà luglio un incontro tra il capo dello Stato e i magistrati della Corte ha portato a un primo riavvicinamento. Infine il 19, in occasione della visita a Bogotá del presidente brasiliano Lula, con cui ha firmato accordi nel campo del commercio, della difesa, dell'ambiente e dei biocombustibili, Uribe ha annunciato a sorpresa l'ingresso della Colombia nel Consejo de Defensa Suramericano, l'iniziativa che ha proprio in Lula il suo principale promotore. 21/7/2008 |
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Bolivia, fallito attentato contro Morales? Un militare boliviano e quattro venezuelani sono morti il 20 luglio a bordo di un elicottero precipitato nel dipartimento di Cochabamba. Il presidente Morales aveva viaggiato poche ore prima sullo stesso velivolo, messo a sua disposizione dal governo di Caracas, e avrebbe dovuto utilizzarlo nuovamente in seguito. Questa circostanza ha fatto nascere i timori di un attentato. È certo che la tensione è alta in Bolivia, a una ventina di giorni dal referendum revocatorio. Un referendum di cui i prefetti dei dipartimenti ribelli contestano le regole, prevedendo un esito per loro negativo. Ma il guatemalteco Eduardo Stein, capo della missione dell'Oea (Organización de los Estados Americanos) in Bolivia, ha assicurato che a suo giudizio esistono le condizioni per lo svolgimento della consultazione. Del resto lo stesso partito d'opposizione Podemos ha respinto la tattica del prefetto di Cochabamba Manfred Reyes Villa, che aveva espresso l'intenzione di non accettare l'esito del referendum: è una manovra già fallita in Venezuela, hanno ammonito gli esponenti di Podemos ricordando la fallimentare decisione degli antichavisti di non presentarsi alle elezioni del 2005. D'altra parte Morales ha recentemente promesso che, se sarà riconfermato presidente, promuoverà una Costituzione che garantisca autonomie dipartimentali e regionali. TANTE STRADE PER UNIRE IL CONTINENTE. I dirigenti del locale Comité Cívico avevano avvertito che non avrebbero consentito al presidente venezuelano Chávez di mettere piede a Riberalta, nel dipartimento boliviano del Beni. Ma il vertice del 18 luglio tra Chávez, il brasiliano Lula e il boliviano Morales si è svolto senza incidenti e ha portato alla firma di accordi di cooperazione politica ed economica e all'impegno per la salvaguardia della regione amazzonica. Un credito brasiliano per 230 milioni di dollari sarà destinato alla costruzione di un'arteria di 508 chilometri tra le località boliviane di Riberalta e Rurrenabaque: attraverso il Brasile e il Cile, questa strada arriverà a collegare la costa atlantica e quella pacifica. Un secondo credito per 300 milioni di dollari, concesso dal Venezuela, servirà alla realizzazione di infrastrutture viarie tra i dipartimenti di Pando e del Beni. In tal modo, ha sottolineato Hugo Chávez, "Evo sta dimostrando qui il suo impegno vitale con il popolo boliviano, con l'unione e la liberazione della Bolivia", contro tutti i tentativi dei gruppi di potere per dividere il paese. 21/7/2008 |
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Perù, i paramilitari del primo governo García La magistratura peruviana ha aperto un'istruttoria sul gruppo paramilitare Crf (Comando Rodrigo Franco), attivo durante il primo governo di Alan García (1985-1990). Il Crf prende nome da un leader dell'Apra assassinato da Sendero Luminoso nel 1987. Anche se i dirigenti apristi hanno sempre negato l'esistenza di questo gruppo, il giudice Teófilo Salvador ritiene di essere in possesso di prove schiaccianti. Il principale accusato è Agustín Mantilla, segretario personale del presidente García, viceministro e poi ministro dell'Interno: sarebbe lui l'organizzatore del Comando, nato con l'obiettivo di eliminare presunti membri di Sendero e del Movimiento Revolucionario Túpac Amaru. Al Cfr sono attribuite le uccisioni dell'avvocato Manuel Febres (difensore di un leader di Sendero, Osmán Morote); del dirigente del sindacato minatori Saúl Cantoral e della moglie di questi, Consuelo García, anch'essa impegnata nelle lotte sindacali; dei due militanti del Mrta Miguel Pasache e Javier Porta. DAL FMI AL MINISTERO DELL'ECONOMIA. Prima conferenza stampa del nuovo ministro dell'Economia, Luis Miguel Valdivieso, chiamato a sostituire Luis Carranza. Valdivieso, ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale, ha promesso di lavorare perché il paese continui a crescere, mantenendo l'inflazione sotto controllo. Il Perù registra un tasso di crescita annua dell'8%, ma i benefici di questa ricchezza non giungono a gran parte della popolazione, che negli ultimi tempi ha visto anzi peggiorare la sua situazione per l'aumento dei prezzi degli alimenti. 15/7/2008 |
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Guatemala, sei mesi di governo Colom Il presidente Colom ha compiuto, il 14 luglio, i suoi primi sei mesi al governo con progressi modesti in campo sociale, soprattutto a causa della crisi economica e dell'alto costo del petrolio. Un comunicato presidenziale, diramato per l'occasione, ricorda che se nel 2007 il prezzo del barile di greggio si aggirava sui 58 dollari, nel gennaio di quest'anno era già salito a 92 e ora è arrivato a 138, assestando un duro colpo all'economia e provocando l'aumento di beni di prima necessità e servizi pubblici. Di conseguenza l'inflazione ha toccato, in giugno, quota 13%, un tasso che non si registrava dal 1994. Anche se l'esecutivo ha annunciato una serie di misure per fronteggiare la scarsità di alimenti, queste non hanno ancora avuto l'effetto sperato. Forse i provvedimenti che hanno mostrato i maggiori risultati sono il programma Mi familia progresa, che assegna 300 quetzales al mese (circa 40 dollari) alle famiglie più povere purché mandino i figli a scuola e ai centri sanitari, e la Bolsa solidaria, che distribuisce alimenti nei quartieri periferici della capitale. Ma il successo di queste iniziative è limitato dalla scarsa copertura finanziaria, in un paese in cui la povertà colpisce quasi la metà degli abitanti. Unico elemento positivo, la recente adesione a PetroCaribe, che una volta ratificata dal Congresso consentirà al Guatemala di ricevere greggio venezuelano a condizioni di favore. MAGISTRATO UCCISO IN UN AGGUATO. Il procuratore ausiliario Juan Carlos Martínez è stato assassinato il 14 luglio da ignoti killer, mentre in macchina si dirigeva verso la capitale. Il magistrato era impegnato nelle indagini sull'uccisione di quattro agenti, avvenuta in carcere nel febbraio 2007. I quattro poliziotti erano stati arrestati perché sospettati dell'assassinio di tre deputati salvadoregni del Parlamento Centroamericano, un delitto quasi certamente collegato al narcotraffico: in prigione qualcuno li aveva fatti tacere per sempre. I detenuti considerati responsabili della morte degli agenti erano stati recentemente prosciolti e Martínez stava preparando il ricorso in appello contro tale assoluzione. Il 27 giugno un incidente aereo era costato la vita al ministro dell'Interno (Gobernación) Carlos Vinicio Gómez, al suo vice Edgar Hernández e ai due membri dell'equipaggio. L'elicottero su cui si trovavano era precipitato in una zona montagnosa del dipartimento di Alta Verapaz. Nel breve periodo del suo incarico a Gobernación, Gómez aveva ordinato la destituzione di decine di agenti della Policía Nacional Civil, accusati di irregolarità, abuso d'autorità e violazione dei diritti umani. L'ultimo provvedimento di questo tipo era avvenuto a metà giugno e aveva colpito 50 poliziotti, tra cui sette alti ufficiali. 15/7/2008 |
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Meno tesi i rapporti con la Colombia Vertice in Ecuador tra il presidente venezuelano Chávez, l'ecuadoriano Correa e il nicaraguense Ortega. Motivo dell'incontro è stato l'avvio della costruzione di un impianto petrolchimico venezuelano-ecuadoriano nella località costiera di El Aromo. Prima della cerimonia, i tre capi di Stato si sono riuniti a porte chiuse nella base di Manta. Al termine non hanno rilasciato dichiarazioni, ma si pensa abbiano discusso dei rapporti con il governo Uribe. L'incursione colombiana del primo marzo contro un accampamento delle Farc in Ecuador aveva provocato seri contraccolpi nelle relazioni diplomatiche tra i paesi della regione. Attualmente però solo Quito non ha riallacciato i rapporti con Bogotá. Tra Nicaragua e Colombia la tensione è scesa, anche se ogni tanto si registrano schermaglie verbali per una vecchia controversia sui confini marittimi. Quanto al Venezuela, il presidente Chávez ha deciso di voltar pagina, ricevendo l'11 luglio Alvaro Uribe a Punto Fijo, al nord di Caracas, e annunciando insieme a lui l'apertura di "una nuova fase" nei rapporti bilaterali. CILE E URUGUAY ALLEATI STRATEGICI. Cile e Uruguay hanno sottoscritto il 7 luglio un Acuerdo de Asociación Estratégica che rafforza la loro alleanza e apre una zona di libero commercio bilaterale a partire dal 2009. La presidente Michelle Bachelet, in visita a Montevideo, ha sottolineato l'importanza delle relazioni economiche e politiche con l'Uruguay, mentre Tabaré Vázquez ha precisato che l'accordo con Santiago non è diretto a indebolire altri progetti di integrazione, come l'Aladi, il Mercosur o l'Unasur. 15/7/2008 |
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Messico, uno scambio di favori Uno scambio di favori, il riconoscimento reciproco di una vittoria ottenuta con i brogli: questa la storia delle presidenziali del 1988 e del 2006 come affiora da recenti rivelazioni. Il deputato priista Fernando Castro Trenti ha definito "elezione fraudolenta" quella che due anni fa portò al potere Calderón, e il suo collega di partito, il governatore di Tamaulipas Eugenio Hernández Flores, ha confermato ciò che la maggioranza degli osservatori aveva intuito: nel 2006, il Partido Revolucionario Institucional dirottò in alcuni Stati centinaia di migliaia di voti per sostenere il candidato del Partido Acción Nacional, che stava per essere sconfitto da López Obrador. Il Pri pagava in tal modo il "debito" contratto nel 1988 quando - nonostante la frode evidente - la vittoria del suo candidato Carlos Salinas de Gortari contro Cuauhtémoc Cárdenas era stata riconosciuta dal Pan (il leader panista Manuel Clouthier, che si era unito a Cárdenas nel parlare di brogli, moriva l'anno seguente in uno strano incidente d'auto). Non è un caso che la verità sul 2006 venga a galla ora: come lamenta il governatore di Tamaulipas, il presidente Calderón non dimostra sufficiente gratitudine per l'appoggio che l'ha portato al potere. E il senatore priista Manlio Fabio Beltrones, che già avanza la sua candidatura per le presidenziali del 2012, denuncia di essere vittima di spionaggio da parte del governo: il Cisen (Centro de Investigación y Seguridad Nacional) ha infatti schedato lui e molti altri esponenti dell'opposizione, mettendo a nudo affari e vita privata. Guillermo Valdés, direttore del Cisen, ha difeso le schedature dichiarando al giornale inglese Financial Times: "Non escludiamo la possibilità che il denaro della droga si sia infiltrato nelle campagne" di alcuni parlamentari. Intanto la delinquenza organizzata appare sempre più padrona del campo: in una sola settimana sono state assassinate 124 persone. Da parte governativa si risponde con altrettanta violenza: José Luis Soberanes, presidente della Comisión Nacional de Derechos Humanos, ha denunciato che negli Stati di Sinaloa, Sonora, Michoacán e Tamaulipas i militari hanno fatto ricorso a perquisizioni e detenzioni arbitrarie, torture, trattamenti crudeli e degradanti. Soberanes ha inoltre responsabilizzato direttamente elementi dell'esercito per l'uccisione di sette persone, tra cui un minore. 14/7/2008 |
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Perù, la polizia uccide un minatore Sabato 12, nel dipartimento La Libertad, la polizia ha sparato contro i dipendenti dell'impresa Marsa (Minera Aurífera Retama S.A.) in sciopero dal 30 giugno, uccidendo un minatore e ferendone altri cinque. Marsa è una delle principali produttrici di oro e i suoi lavoratori chiedono da tempo di ricevere le percentuali sui profitti dello scorso anno, come prescrive la legge. Proprio per aggirare tali norme, le grosse compagnie subappaltano il lavoro a imprese minori, che generalmente rifiutano di pagare ai dipendenti quanto dovuto. Mentre l'80% dei centomila minatori peruviani lavora in nero, i profitti delle aziende estrattive non fanno che aumentare: negli ultimi anni sono cresciuti di oltre il 500%, anche grazie ai privilegi fiscali di cui godono. Di tutta questa ricchezza, solo il 30% rimane in Perù. Durante la campagna elettorale del 2006, Alan García aveva promesso di introdurre un'imposta sui superprofitti minerari, in modo che ne beneficiassero le zone più povere del paese, ma una volta eletto ha concordato con le compagnie un "contributo volontario" che non supera il 3% dei guadagni. La repressione violenta della polizia non si è limitata alle zone minerarie. Allo sciopero generale del 9 luglio, convocato dalla Cgtp (Central General de Trabajadores del Perú), il governo ha risposto con oltre 200 arresti e con l'accusa ai promotori di "cospirare contro la democrazia". Lo sciopero, che ha visto a Lima un'adesione solo parziale, ha paralizzato invece le regioni interne e, con poche eccezioni, si è svolto pacificamente. La protesta era indirizzata contro la politica neoliberista dell'esecutivo, il Tratado de Libre Comercio con gli Stati Uniti, l'aumento del costo della vita e le recenti leggi che promuovono la vendita delle terre comunitarie e la privatizzazione di vaste estensioni di foresta amazzonica e di servizi di base come l'acqua. A Cuzco si è registrata la maggiore partecipazione: 20.000 persone, operai, studenti, insegnanti, dipendenti pubblici hanno attraversato in corteo il centro cittadino, bloccando ogni attività. Il giorno precedente, la piazza principale di Cuzco era stata occupata da un migliaio di contadini, in lotta per difendere le terre delle comunità e per protestare contro l'aumento dei fertilizzanti e i bassi prezzi di vendita dei loro prodotti. Il paro delle campagne ha avuto un forte seguito anche nella regione di Ayacucho, dove ai generali motivi di protesta si aggiunge l'opposizione della popolazione alla presenza dei militari Usa, impegnati da oltre un mese in "azioni umanitarie". La questione aveva suscitato un acceso contrasto tra Alan García e il presidente boliviano Morales, che si era pronunciato contro la possibile installazione di una base statunitense in Perù. Il conflitto diplomatico è stato superato dopo un incontro tra i ministri degli Esteri dei due paesi. 12/7/2008 |
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Ecuador, lo Stato contro il gruppo Isaías Wilma Salgado è la nuova ministra delle Finanze. È stata nominata l'8 luglio in sostituzione di Fausto Ortiz, dimissionario perché in contrasto con la decisione del presidente Correa di confiscare 195 imprese del gruppo finanziario Isaías, a saldo di un debito di 661,5 milioni di dollari del fallito Filanbanco (proprietà della famiglia Isaías). Il provvedimento, che riguarda i canali TC Televisión, Gamavisión e Cablevisión oltre a emittenti radiofoniche, giornali, assicurazioni, imprese agricole, commerciali, edili, è stato definito "storico" dai sostenitori del governo: permetterà infatti di compensare parte delle perdite sofferte dai correntisti del Filanbanco nel 1998. Ben diverso naturalmente il giudizio degli oppositori, che hanno parlato di "asservimento" della libertà d'espressione. Il responsabile dell'Agd (Agencia de Garantía de Depósitos) Carlos Bravo ha comunque riconosciuto che sarà difficile per lo Stato rifarsi del "buco patrimoniale" generato dal caso Filanbanco. L'Agd, presieduta dal titolare delle Finanze, è incaricata di recuperare il denaro pubblico destinato al risanamento degli istituti bancari dopo la crisi finanziaria del 1998. María Augusta Calle, membro dell'Assemblea Costituente, intervistata da Telesur ha affermato che la decisione del governo costituisce un modo per riparare il torto fatto agli ecuadoriani: "Si tratta di far sì che non restino impuniti quanti hanno attentato alla vita del paese, al sistema economico dell'Ecuador e quanti si sono resi responsabili dell'enorme aumento della povertà e dell'esodo massiccio di compatrioti". All'origine dei fallimenti del '98, che gettarono sul lastrico migliaia di piccoli risparmiatori, vi è la gestione disinvolta di un sistema finanziario strettamente legato al potere politico: investimenti ad alto rischio e, da parte di Filanbanco, utilizzo dei soldi dei depositi per concedere prestiti alle imprese dello stesso gruppo. Allo scoppio della crisi il governo promosse il salvataggio. Solo il gruppo Isaías ricevette dallo Stato, tra il 1998 e il 2001, 1.200 milioni di dollari: il doppio di quanto destinato nello stesso periodo all'istruzione. Anziché risarcire i risparmiatori, gli Isaías dirottarono anche questi fondi pubblici nelle loro tasche e, grazie a potenti appoggi politici, riuscirono sempre a eludere la giustizia. Ora il provvedimento del presidente Correa mira a restituire alla nazione parte di quanto sottratto. 9/7/2008 |
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Cile, nuova mobilitazione della scuola Il mondo della scuola ha vissuto l'8 luglio un'altra giornata di mobilitazione contro la nuova Ley General de Educación, attualmente all'esame del Senato. Fonti governative hanno valutato la percentuale degli insegnanti in sciopero attorno al 4,8%; secondo Jaime Gajardo, leader dei docenti, si è arrivati all'80%. A Santiago si sono registrati scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, con un bilancio di diversi feriti e decine di arresti. Il governo sostiene che la nuova legge presenta notevoli passi avanti rispetto alla famigerata Loce dell'epoca della dittatura, ma professori e studenti la considerano un semplice rifacimento di facciata. "L'alternativa non è Loce o Lge - ha spiegato Gajardo - L'alternativa è più mercato o più educazione pubblica, che è l'unica garanzia di uguaglianza e qualità. Il mercato ha già dimostrato la sua incapacità di risolvere le gravi ingiustizie del sistema educativo". Il 19 giugno la Ley General de Educación era stata approvata a larga maggioranza dai deputati (grazie ai voti dell'Alianza): anche la discussione alla Camera era stata accompagnata dalle proteste di migliaia di insegnanti e studenti e da incidenti che avevano portato a quasi 300 arresti. 8/7/2008 |
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Colombia, una "perfetta" operazione militare E adesso Ingrid Betancourt comincia a prendere le distanze da Alvaro Uribe. Da Parigi, dove è arrivata il 4 luglio, l'ex sequestrata ha affrontato il problema dei tanti ostaggi tuttora in mano alle Farc, ammonendo il governo di Bogotá della necessità di "cambiare quel vocabolario radicale, estremista, di odio, di parole molto forti che feriscono nel profondo l'essere umano". Ha sottolineato le differenze tra la sua posizione e quella di Uribe: per quest'ultimo "la fine delle Farc costituisce il ristabilimento della pace in Colombia. Per me, la pace passa attraverso trasformazioni sociali". Ha avuto parole di apprezzamento per l'argentina Cristina Fernández e soprattutto per il venezuelano Chávez, che ha definito "alleato straordinario". Toni ben diversi da quelli adottati subito dopo la liberazione, quando la Betancourt aveva voluto ringraziare il governo e le forze armate per la "perfetta" operazione militare. Anche lei comincia forse a nutrire dubbi su quell'azione che il 2 luglio ha permesso all'esercito di strappare alle Farc, senza colpo ferire, quindici sequestrati (oltre alla Betancourt, tre cittadini statunitensi e altri undici colombiani). Le prime crepe nella versione da film hollywoodiano si erano manifestate con l'intervento della Radio della Svizzera Romanda, che citando una fonte degna di fede aveva fatto sapere: "I quindici ostaggi sono stati in realtà comprati ad alto prezzo, dopo di che tutta l'operazione è stata una messa in scena". L'emittente svizzera aveva precisato anche l'ammontare del riscatto: venti milioni di dollari, che sarebbero stati forniti dagli Stati Uniti (il governo di Washington mirava a liberare i tre statunitensi, dipendenti dell'industria di armamenti Northrop Grumman). Nel frattempo da Stati Uniti e Israele piovevano smentite a un'altra delle affermazioni di Bogotá, quella che attribuiva tutto il merito alle forze armate colombiane. Le autorità Usa dipingevano l'azione del 2 luglio come "il risultato di anni di intensa cooperazione militare tra gli eserciti della Colombia e degli Stati Uniti". E il quotidiano Haaretz parlava del contributo di decine di consiglieri israeliani, nonché del coordinamento effettuato dall'impresa Global CST (di proprietà dei generali Israel Ziv e Yosi Kuperwasser). In seguito si diffondeva un'altra ricostruzione: una fonte vicina alle Farc assicurava all'agenzia Ips che i militari colombiani non avevano fatto altro che "intercettare" una liberazione già programmata dagli stessi guerriglieri, probabilmente in accordo con alcuni negoziatori europei. A parziale conferma di quest'ultima versione va segnalata la testimonianza dell'ex console francese Noël Saez. Il 6 luglio Saez ha rivelato che a fine giugno, insieme al delegato svizzero Jean-Pierre Gontard, si era incontrato con un "uomo di fiducia" di Alfonso Cano (il successore di Marulanda) per trattare il rilascio degli ostaggi: di questo hanno forse approfittato le forze armate colombiane per il loro blitz? Guarda caso, il giorno seguente l'alto commissario per la pace Luis Carlos Restrepo ha affermato che il governo di Bogotá ha perso ogni fiducia nei mediatori svizzeri e francesi e d'ora in poi cercherà contatti diretti con la guerriglia per avviare un processo di pacificazione. I delegati europei, a detta di Restrepo, "appaiono più consiglieri politici delle Farc" che mediatori: la fonte di tali accuse è come al solito il computer di Raúl Reyes, rimasto miracolosamente intatto dopo l'attacco del primo marzo all'accampamento guerrigliero. In realtà, tra le tante ipotesi circolate dopo la liberazione di Ingrid Betancourt, la più inverosimile è la versione ufficiale delle autorità colombiane: alcuni infiltrati avrebbero ingannato i guerriglieri, convincendoli a imbarcare i quindici sequestrati sull'elicottero di una falsa organizzazione umanitaria, per portarli alla presenza di Alfonso Cano. Una volta a bordo, sarebbe scattata la trappola: i due guerriglieri di guardia agli ostaggi sarebbero stati sopraffatti e i prigionieri liberati. Resta il fatto che l'azione si è rivelata veramente provvidenziale per il presidente Uribe, alle prese con lo scandalo della parapolitica e il braccio di ferro con la magistratura. 7/7/2008 |
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Brasile, i Sem Terra sotto attacco È in atto nello Stato di Rio Grande do Sul "una vera e propria offensiva delle forze conservatrici, che non solo vogliono impedire la distribuzione della terra, come prescrive la Costituzione, ma pretendono anche di criminalizzare quanti lottano per la riforma agraria". Lo denunciano in un manifesto i Sem Terra, in seguito all'iniziativa giudiziaria promossa dal Ministério Público dello Stato di Rio Grande do Sul, che ha sollecitato lo scioglimento del movimento. In un rapporto redatto per decisione del Consiglio Superiore del Ministério Público statale, si accusa il Mst di "minacciare la sicurezza nazionale". Non solo i Sem Terra sono anticapitalisti e di sinistra, ma fanno uso di una "terminologia aggressiva ispirata al blocco sovietico" e negli insediamenti sono stati trovati libri di Paulo Freire e Florestan Fernandes (autori evidentemente giudicati sovversivi). La crociata contro il Mst prende avvio dalla richiesta di sgombero di due insediamenti situati nei pressi della Fazenda Coqueiros e definiti "vere basi operative destinate a pratiche criminose e a illeciti civili che provocano enorme pregiudizio non solo ai proprietari della Fazenda Coqueiros, ma alla società intera". Nello Stato di Rio Grande do Sul, il rapporto sull'attività del Movimento Sem Terra è servito da pretesto per la repressione contro la protesta sociale. Il senatore Paulo Paim, presidente della Comissão de Direitos Humanos e Legislação Participativa, ha presieduto il 24 giugno a Porto Alegre un'assemblea pubblica di denuncia. "Dalla dittatura militare non si erano viste scene tanto scioccanti", ha detto Paim riferendosi al filmato sull'aggressione della Brigada Militar ai dimostranti che il 13 giugno protestavano contro la governatrice Yeda Crusius. Sempre a giugno sono state attaccate con violenza manifestazioni di Via Campesina e sono stati sgomberati insediamenti di Sem Terra, con la distruzione di piantagioni, stalle, abitazioni e scuole. 2/7/2008 |
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Bolivia, il ritorno dell'ambasciatore Dopo due settimane trascorse in patria, l'ambasciatore statunitense Philip Goldberg è rientrato a La Paz. "Spero che Goldberg non torni per unificare l'opposizione di fronte al referendum revocatorio", ha commentato il ministro di Governo, Alfredo Rada. Il diplomatico era stato richiamato a Washington "per consultazioni" dopo le manifestazioni di protesta del 9 giugno a La Paz contro l'asilo politico concesso dagli Stati Uniti all'ex ministro della Difesa di Sánchez de Lozada. Durante la sua assenza, la tensione tra i due paesi non ha fatto che crescere. A fine giugno le organizzazioni contadine della regione del Chapare hanno deciso l'espulsione del personale Usaid (United States Agency for International Development), l'agenzia statunitense accusata di operare contro il governo Morales. Come la spiegato Julio Salazar, della Federación de Campesinos del Trópico de Cochabamba, il lavoro dei funzionari nordamericani "non era diretto a combattere la povertà. Si limitavano a fare spionaggio, a raccogliere informazioni e a comprare alcuni sindaci". Per tutta risposta Washington ha congelato fondi per oltre 650 milioni di dollari destinati alla Bolivia. IL MAS SCONFITTO A CHUQUISACA. Nel dipartimento di Chuquisaca (di cui è capitale Sucre) si sono tenute il 29 giugno le elezioni per la nomina del nuovo prefetto, dopo le dimissioni del filogovernativo David Sánchez. Ha vinto Savina Cuéllar, contadina di origine quechua che ora si guadagna da vivere vendendo abiti usati. La Cuéllar è un'ex militante del Mas, passata all'opposizione perché sostenitrice della richiesta di Sucre capitale: era candidata dell'Alianza Comité Interinstitucional, guidata dal raggruppamento di destra Podemos. Sconfitto a Sucre, il candidato del Mas Walter Valda ha però ottenuto un buon risultato nelle aree rurali, testimoniando una volta di più la divisione in atto nel paese. 2/7/2008 |
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Il Mercosur critica l'Europa Con il passaggio della presidenza temporanea dall'Argentina al Brasile, si è chiuso a Tucumán (Argentina) il XXXV vertice dei paesi del Mercosur. Tra le questioni discusse, l'aumento generalizzato dei prezzi dei generi alimentari. Secondo la presidente argentina Cristina Fernández, alla base della crisi internazionale degli alimenti vi è la speculazione: "Quando le banche iniziano a fare acqua, quando nessuna banca è degna di fiducia, cominciano i movimenti speculativi nel settore degli alimenti. La speculazione, che era circoscritta all'ambito finanziario, comincia a trasferirsi al mondo degli alimenti". L'analisi è stata condivisa dal brasiliano Lula, dalla cilena Bachelet, dall'uruguayano Tabaré Vázquez, che hanno invitato a rafforzare l'integrazione per fare del Mercosur una potenza esportatrice di cibo ed energia. Su richiesta del Venezuela, verrà creato un gruppo ad alto livello sul tema della sicurezza alimentare e lo stesso presidente Chávez ha ribadito la proposta di creare un fondo di 920 milioni di dollari per un programma d'emergenza. Alcune divergenze si sono prodotte sul piano economico, soprattutto in merito alle restrizioni alle esportazioni decise dal governo di Buenos Aires: Montevideo e Brasilia non hanno risparmiato le critiche al paese confinante. Unanime è stato invece il "profondo rifiuto" del Mercosur nei confronti delle nuove norme europee sull'immigrazione. In forma analoga si era espressa il 26 giugno la riunione dell'Oea (Organización de los Estados Americanos), che aveva manifestato preoccupazione per l'indurimento della posizione europea e aveva deciso l'invio di una delegazione a livello ministeriale per dialogare con l'Unione. La risoluzione era stata appoggiata anche da Stati Uniti e Canada, che però avevano difeso l'autodeterminazione del vecchio continente in materia migratoria. 1/7/2008 |
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Messico, a lezione di tortura Un video diffuso da El Heraldo de León, quotidiano di questa città dello Stato di Guanajuato, ha suscitato vive polemiche nel paese: mostra la squadra speciale della polizia municipale impegnata in un corso di tortura, con tanto di esercitazione su alcuni volontari. Alvar Cabeza de Vaca, responsabile della pubblica sicurezza del comune (governato dal Partido Acción Nacional), ha dichiarato che gli agenti devono essere addestrati all'uso di queste tecniche per far fronte alla crescente presenza del crimine organizzato. A quanto si vede dal filmato, l'insegnante è uno straniero, probabilmente statunitense. La rivelazione non fa che confermare l'allarme lanciato agli inizi di giugno dalla Commissione Civile Internazionale di Osservazione sui Diritti Umani. Secondo i membri della Commissione, il governo di Città del Messico ha disatteso le raccomandazioni che gli erano state fatte in febbraio e nel paese sono aumentate impunità e violazioni dei diritti fondamentali. Particolarmente grave la situazione in Chiapas, dove gli abitanti denunciano violente incursioni militari nelle comunità di base zapatiste, e in Oaxaca, dove in aprile erano state assassinate due giovanissime giornaliste radiofoniche, Teresa Bautista e Felícitas Martínez. ANCORA IN DIFESA DEL PETROLIO. Il 29 giugno, nello Zócalo della capitale, si è svolta una nuova Asamblea Informativa en Defensa del Petróleo. Davanti a migliaia di persone López Obrador ha affermato che quanti si oppongono all'ipotesi di referendum sul futuro di Pemex "mostrano solo di avere paura del popolo" e che le privatizzazioni promosse dal governo Calderón porteranno "più povertà, più disoccupazione, ma anche più frustrazione e più violenza", mentre la risorsa petrolifera in mano pubblica costituisce "un fattore di stabilità politica e sociale". Per questo, ha ribadito López Obrador, "non accetteremo nessun cambiamento giuridico che violi la Costituzione, privatizzi il petrolio e ferisca la sovranità". 1/7/2008 |
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Cile, due ergastoli per Manuel Contreras Manuel Contreras, l'ex capo della Dina (la polizia segreta di Pinochet), è stato condannato il 30 giugno a due ergastoli come mandante dell'assassinio del generale Carlos Prats e della moglie Sofía Cuthbert. Il delitto avvenne nel 1974 a Buenos Aires: l'automobile su cui la coppia si trovava venne fatta saltare in aria da una bomba innescata a distanza. Pene detentive anche per altri sette membri della polizia segreta e per María Inés Callejas, la donna che da una macchina situata nei pressi dell'abitazione di Prats azionò il detonatore. L'ordigno era stato collocato dal marito della Callejas, il cittadino statunitense Michael Townley. Dopo aver partecipato anche all'attentato dinamitardo a Washington contro l'ex ministro di Allende Orlando Letelier, Townley venne catturato e attualmente vive sotto protezione come testimone. Carlos Prats, militare fedele al governo costituzionale, aveva una forte influenza presso gli ufficiali e per questo era temuto dalla dittatura. In Argentina, dove si era rifugiato dopo il golpe, stava scrivendo le sue memorie. "Questa condanna fa giustizia per tutto quello che hanno vissuto i nostri genitori", ha commentato emozionata una delle figlie, Angélica Prats. E la sorella Cecilia ha sottolineato: "Il paese ormai conosce la verità. Anche l'esercito ha ben chiare le responsabilità: sono sette militari in servizio attivo che hanno preso parte all'uccisione del comandante in capo". IL RAME NON ARRICCHIRA' PIU' I MILITARI. Verrà finalmente cancellata la legge, risalente al periodo della dittatura, che riservava alle forze armate il 10% del ricavato della vendita del rame, una delle maggiori risorse del paese. Il governo Bachelet ha infatti deciso di abrogare la cosiddetta Ley Reservada del Cobre: la nuova legge, hanno detto fonti ufficiali, sarà inviata all'esame del Parlamento entro due mesi e si pensa venga approvata prima della fine dell'anno. La Ley Reservada del Cobre costituisce una vera e propria anomalia giuridica: i fondi che assegna ai militari in base alla vendita del minerale da parte dell'impresa pubblica Codelco (Corporación del Cobre) non figurano nel bilancio statale e non vengono discussi in sede parlamentare. Si calcola che l'anno scorso le forze armate abbiano ricevuto dalla Codelco una somma corrispondente a 1.390 milioni di dollari. 30/6/2008 |
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Colombia, Uribe contro la Corte Suprema Il presidente Uribe è sceso in campo contro la Corte Suprema. Quest'ultima aveva chiesto alla Corte Costituzionale e alla Procura di valutare l'eventuale illegalità dell'emendamento che permise allo stesso Uribe di ricandidarsi nel 2006. La richiesta era venuta dopo la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione comminata all'ex parlamentare Yidis Medina, che aveva ammesso di aver votato in Congresso a favore della rielezione in cambio di una serie di promesse di esponenti della maggioranza (promesse peraltro mai mantenute). A giudizio della Corte la denuncia di Yidis Medina, che coinvolge anche ministri ed ex ministri, può inficiare la validità dell'emendamento. Come contromossa il capo dello Stato ha annunciato il 26 giugno, con un messaggio radiotelevisivo alla nazione, la presentazione al Congresso di un progetto di legge per convocare un referendum che imponga la ripetizione delle elezioni del 2006. Uribe, che accusa i giudici della Corte Suprema di applicare "una giustizia selettiva", sa di godere in questo momento di un'alta popolarità e spera così di prolungare il suo attuale mandato senza dover ricorrere a una nuova riforma costituzionale. Immediate le reazioni dell'opposizione. Secondo l'esponente del Pda (Polo Democrático Alternativo) Carlos Gaviria, "Uribe utilizza il popolo come un dittatore utilizzerebbe l'esercito o la polizia". Gustavo Petro, anch'egli del Pda, ha parlato senza mezzi termini di tirannia. Rafael Pardo, del Partido Liberal, ha ricordato che a una sentenza della magistratura non si può rispondere con un referendum e che la proposta del presidente può portare alla "destabilizzazione del paese". Si è intanto appreso che il 26 giugno la senatrice dell'opposizione Piedad Córdoba (che insieme al presidente Chávez si era adoperata come mediatrice tra il governo e le Farc) è stata fermata all'aeroporto di New York, dove era giunta su invito del consolato venezuelano, e trattenuta per più di due ore. "Portavo con me alcune denunce che pensavo di presentare alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani dell'Oea - ha raccontato la senatrice - Tutti questi documenti sono stati fotocopiati e mi sono stati sottratti i telefoni di persone che figuravano nelle mie carte". 28/6/2008 |
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Di nuovo tesi i rapporti tra Quito e Bogotá Un'intervista al presidente ecuadoriano Rafael Correa, pubblicata il 22 giugno sul quotidiano argentino Página/12, ha nuovamente inasprito i rapporti tra Ecuador e Colombia. È stato in tal modo vanificato il parziale riavvicinamento raggiunto, solo due settimane prima, grazie agli sforzi del Carter Center e del segretario generale dell'Oea, José Miguel Insulza. Dopo aver letto l'intervista, il governo di Bogotá ha rinviato - in segno di rappresaglia - l'annunciato ripristino delle relazioni tra i due paesi e Quito, per tutta risposta, ha minacciato misure restrittive del commercio bilaterale (dopo gli Stati Uniti, la Colombia è il principale partner commerciale ecuadoriano). "Si tratta chiaramente di una nuova beffa del governo colombiano, che dimostra la sua mancanza di serietà": così la ministra degli Esteri ecuadoriana, María Isabel Salvador, ha commentato le mosse di Bogotá. Che cosa aveva detto il presidente Correa di tanto indisponente per le autorità colombiane? Riferendosi all'attacco militare dei primi di marzo (in cui era rimasto ucciso il leader delle Farc, Raúl Reyes) aveva parlato di aggressione e aveva affermato che avrebbe preteso un pieno chiarimento sui retroscena, compreso il ruolo svolto dagli Usa: "Le bombe erano nordamericane e, secondo i rapporti delle nostre forze armate, non possono essere state sganciate da aerei colombiani". CHAVEZ MINACCIA: "NIENTE PIU' PETROLIO ALL'EUROPA". La svolta politica dell'Unione Europea in tema di immigrazione non è stata ben accolta in America Latina. Dopo il boliviano Evo Morales e l'ecuadoriano Rafael Correa, che hanno definito la nuova legge "direttiva della vergogna", il venezuelano Hugo Chávez ha minacciato di sospendete la fornitura di petrolio e di rivedere gli investimenti europei nel paese. La minaccia ha subito preoccupato i governi del vecchio continente, in particolare quello di Madrid (in Venezuela vi è una presenza massiccia di capitali spagnoli). Così, mentre il rappresentante dell'Unione Europea per la politica estera, Javier Solana, rispondeva a Chávez definendo la sua dichiarazione "del tutto sproporzionata", il premier spagnolo Zapatero manteneva un tono conciliante, attribuendo l'ira di Caracas a un difetto di informazione e sottolineando la necessità di "spiegare" i veri contenuti della direttiva. Resta il fatto che, accanto a Venezuela, Bolivia ed Ecuador, critiche sono giunte anche da Paraguay, Uruguay, Brasile, Argentina e Perù: le norme europee - affermano - sono discriminatorie e violano i diritti umani. 24/6/2008 |
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Bolivia, i prefetti ribelli contro il referendum I prefetti dei dipartimenti di Beni, Cochabamba, Pando, Santa Cruz e Tarija, riuniti nel Conalde (Consejo Nacional Democrático), hanno chiesto al presidente Morales di annullare la consultazione del 10 agosto e di convocare elezioni generali anticipate. Sperano così di aggirare l'ostacolo del referendum revocatorio, con il quale rischiano di perdere i loro incarichi. "Hanno paura di questo procedimento popolare e legale", ha commentato il viceministro Rubén Gamarra. E Iván Canelas, portavoce dell'esecutivo, ha affermato che i prefetti della cosiddetta Media Luna "si stanno facendo beffe del popolo boliviano". Alla serie di referendum per l'autonomia si è intanto aggiunto il 22 giugno il dipartimento di Tarija. Come nelle consultazioni precedenti, tra quanti si sono recati alle urne ha trionfato il sì, che si aggira sull'80%. Ma se si considera l'alta percentuale di assenteismo (quasi il 35%), cui vanno sommati i no (intorno al 20%) e le schede bianche o nulle (5%), il discorso è ben diverso. Non sono mancati gli incidenti, le urne date alle fiamme e i blocchi stradali, nonché scontri tra gruppi contrapposti. Da segnalare che la domenica precedente si era svolta a Yacuiba l'elezione di un nuovo viceprefetto per la regione del Gran Chaco, che i suoi abitanti vogliono trasformare in "decimo dipartimento". Il maggior numero di suffragi era stato ottenuto da Marcial Rengifo, del Movimiento de Convergencia Popular vicino a Morales. Il prefetto di Tarija, Mario Cossío, si era rifiutato di riconoscere la vittoria di Rengifo e aveva definito la votazione del Gran Chaco "illegale e contraria alla Costituzione" (le stesse parole con cui il governo ha bollato il referendum di Tarija). Un altro episodio testimonia il grado di tensione esistente nel paese: il 20 giugno due membri del raggruppamento di estrema destra Unión Juvenil Cruceñista sono stati arrestati a Santa Cruz perché sospettati di preparare un attentato contro Evo Morales. I due, sorpresi poco prima dell'arrivo in città del corteo presidenziale, erano armati di fucili di precisione e di 300 munizioni: nonostante questo, il giorno seguente la magistratura ne ha ordinato il rilascio. IL GENOCIDA PROTETTO DAGLI USA. Oltre 20.000 persone hanno circondato il 9 giugno l'ambasciata Usa a La Paz, per protestare contro l'asilo politico concesso da Washington a Carlos Sánchez Berzaín, ex ministro della Difesa e uno dei principali responsabili del massacro di manifestanti dell'ottobre 2003, durante la cosiddetta Guerra del Gas. Quando il presidente Sánchez de Lozada fuggì, abbandonando il governo e riparando negli Stati Uniti, Berzaín lo seguì e da allora la giustizia boliviana chiede la loro estradizione accusandoli di genocidio. La notizia della concessione dell'asilo ha infiammato gli animi soprattutto a El Alto, teatro della sanguinosa repressione del 2003: al grido di "Bolivia libera sì, colonia yankee no", migliaia di dimostranti hanno cercato di invadere la sede diplomatica, scontrandosi con le forze dell'ordine che presidiavano l'edificio. Il giorno dopo la protesta, il governo ha deciso la rimozione del capo della polizia, colpevole di aver represso con durezza i manifestanti. 23/6/2008 |
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Cuba, l'Europa revoca le sanzioni "Desidero esprimere il mio disprezzo per l'enorme ipocrisia contenuta in tale decisione". Così Fidel Castro ha commentato su CubaDebate la revoca europea delle sanzioni a Cuba, una decisione che - a detta di Fidel - nella forma in cui è stata adottata non comporterà per l'isola "alcuna conseguenza economica". Le sanzioni erano state imposte nel 2003 dopo le dure condanne a 75 dissidenti e l'esecuzione di tre sequestratori. Il provvedimento di revoca è stato approvato il 19 giugno dall'Unione Europea all'unanimità, dopo settimane di discussioni. A spingere in tal senso è stato soprattutto il governo di Madrid, convinto che le sanzioni "non siano mai servite a molto e che addirittura siano state controproducenti", come ha affermato il ministro degli Esteri Moratinos. Già nel 2005, sempre su pressione spagnola, le misure contro Cuba erano state sospese. Secondo il documento di Bruxelles, la revoca ha l'obiettivo di facilitare il dialogo politico, che dovrà includere "tutti gli ambiti potenziali di cooperazione, compresi i settori politico, dei diritti umani, economico, scientifico e culturale". I paesi più contrari alla normalizzazione dei rapporti con l'Avana erano l'Olanda, la Svezia e la Repubblica Ceca: per superare le loro reticenze si è stabilito di riesaminare tra un anno la situazione. Praga ha inoltre ottenuto il rinnovo esplicito dell'impegno comune del 1996, che implica - accanto al dialogo con le autorità cubane - parallele conversazioni con l'opposizione. Due ore prima della votazione europea, Washington aveva tentato un'ultima volta di bloccare il provvedimento, che - recitava il comunicato del Dipartimento di Stato - avrebbe garantito legittimità "a un regime dittatoriale". Ma l'amministrazione Bush è ormai al tramonto e l'Europa non ha ascoltato gli appelli d'Oltreoceano. 21/6/2008 |
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Uruguay, un Nunca Más senza verità né giustizia Nonostante gli sforzi del presidente Tabaré Vázquez la cerimonia del 19 giugno per il Día del Nunca Más, che avrebbe dovuto celebrare la riconciliazione nazionale, ha registrato significative assenze. Molti degli esponenti del Frente Amplio, la coalizione di governo, hanno preferito disertare l'evento e lo stesso hanno fatto i rappresentanti delle organizzazioni sociali e dei movimenti per i diritti umani. In Plaza Independencia, dove si commemorava anche il 244° anniversario della nascita del padre della patria José Artigas, c'erano il vicepresidente Rodolfo Nin Novoa e alcuni ministri, i vertici delle forze armate convenuti su ordine del capo dello Stato, un gruppo di esponenti dell'opposizione e qualche centinaio di persone. Da Cuba, dove si trovava in visita ufficiale (la prima di un presidente uruguayano sull'isola dal 1959), Tabaré Vázquez ha invitato a chiudere le ferite del passato: "Dobbiamo dire mai più all'intolleranza, allo scontro, al terrorismo di Stato e che sia il cammino del dialogo a segnare il futuro del nostro paese". Ma l'appello è caduto sostanzialmente nel vuoto: nella piazza mancavano il Partido Comunista, il Movimiento de Liberación Nacional Tupamaro ed era assente perfino Eduardo Fernández, segretario generale del Partido Socialista, il partito di Tabaré. Il Coordinamento per l'annullamento della Ley de Caducidad (la legge che ha garantito l'impunità ai torturatori) aveva rifiutato di assistere alla cerimonia, affermando che con essa si alimentava la cosiddetta "teoria dei due demoni", cioè l'equiparazione dei crimini del regime militare e delle azioni compiute dalla guerriglia. Alcuni membri dell'associazione Familiares de Desaparecidos avevano fatto sapere: "Non può esserci un Nunca Más finché non si conoscerà tutta la verità su quanto è accaduto durante la dittatura e non sarà fatta giustizia". In compenso, ad accogliere l'invito alla riconciliazione c'erano il presidente del Partido Nacional, Jorge Larrañaga, e il leader di Vamos Uruguay, Pedro Bordaberry, figlio dell'ex dittatore Juan María Bordaberry. 19/6/2008 |
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Nicaragua, la nuova battaglia della comandante Dora L'ex comandante guerrigliera Dora María Téllez ha sospeso il 16 giugno, dopo dodici giorni, lo sciopero della fame di protesta contro la decisione del Consejo Supremo Electoral di privare della personalità giuridica i due principali partiti d'opposizione. In seguito alla risoluzione del massimo organo elettorale, il Movimiento Renovador Sandinista (di cui Dora è stata fondatrice, nel 1996, insieme ad altri dissidenti del vecchio Frente Sandinista) e il Partido Conservador non potranno presentarsi alle amministrative di novembre, che in tal modo vedranno due soli contendenti: il Frente Sandinista di Daniel Ortega e il Partido LIberal Constitucionalista del suo alleato Arnoldo Alemán (condannato a vent'anni di prigione per riciclaggio e altri reati). Dora María Téllez e il suo compagno di digiuno Róger Arias hanno dovuto interrompere lo sciopero per gravi problemi di salute. La comandante Dora, che durante la guerra contro la dittatura di Somoza si distinse nell'occupazione del Palacio Nacional e guidò le forze sandiniste che liberarono la città di León, ha comunque dichiarato che non intende ritirarsi dalla battaglia contro il regime di Ortega e dei gruppi di potere che lo sostengono. Contro Ortega si è scagliato anche il cantautore Carlos Mejía Godoy, autore dell'inno del Frente Sandinista e di decine di altre canzoni. Mejía Godoy ha diffidato il partito di governo dal diffondere e sfruttare commercialmente la sua opera artistica. "Nella drammatica congiuntura che il nostro popolo sta vivendo, minacciato da un'altra dittatura familiare, replica sordida della tirannia dei Somoza - ha denunciato il cantautore in una lettera ai principali organi di stampa - non posso permettere che le canzoni, ispirate al sacrificio e all'immolazione di migliaia di fratelli nicaraguensi, servano da sfondo musicale per continuare, dalle pedane ornate di fiori, la tragicommedia più vergognosa degli ultimi anni". 18/6/2008 |
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Argentina, l'appoggio della piazza a Cristina Fernández "In nome della democrazia, della Costituzione, liberate le strade e lasciate che noi argentini torniamo a produrre e a lavorare". Con queste parole la presidente Cristina Fernández ha chiesto agli agrari di por fine ai blocchi stradali e alle serrate che da cento giorni stanno paralizzando il paese e che provocano penuria di alimenti e combustibile. L'appello è stato lanciato il 18 giugno nel corso di una manifestazione di appoggio al governo che ha visto riuniti, a Plaza de Mayo, decine di migliaia di manifestanti. Erano presenti anche gruppi e movimenti spesso critici con l'esecutivo, ma che hanno capito la gravità del momento. La stessa oratrice ha sottolineato l'importanza della posta in gioco, quando ha affermato che l'atteggiamento di quattro persone (i dirigenti delle quattro associazioni agrarie), "che nessuno ha votato o eletto" e che "decidono e comunicano chi può circolare per le strade", le ha fatto comprendere che "la questione era un'altra. Non si trattava delle retenciones (le imposte sulla soia), si stava interferendo nella costruzione democratica". La preoccupazione non è immotivata: negli ultimi giorni si sono susseguite voci incontrollate di possibili colpi di Stato, mentre molti "nostalgici" della dittatura già festeggiano la prossima caduta del governo. L'ipotesi di una regia dell'estrema destra tesa a destabilizzare il paese acquista sempre più consistenza. Come osserva José María Pasquini Durán, dietro i produttori agricoli si nascondono tutti gli avversari dell'attuale governo, "che non rinunceranno facilmente a passare attraverso il varco aperto dalle campagne e faranno tutto il possibile per mantenere aperto il conflitto". Il giorno precedente la manifestazione Cristina Fernández aveva annunciato l'invio al Congresso del progetto di legge sulle retenciones móviles. L'annuncio era venuto dopo giorni di tensione e notti di intenso cacerolazo nei quartieri alti: l'intervento delle forze dell'ordine per sbloccare le strade contro gruppi di produttori e di trasportatori "autoconvocati" aveva provocato incidenti e scontri. Nella provincia di Entre Ríos 19 persone erano state fermate per resistenza: tra queste il leader della Federación Agraria Argentina Alfredo de Angeli. Il 9 giugno la presidente Cristina Fernández aveva dato una prima risposta politica alla protesta, presentando alla nazione il suo programma per la costruzione di ospedali, alloggi urbani e rurali e infrastrutture, il tutto finanziato da quell'aumento di imposta tanto contestato dai produttori agricoli. LA LUNGA BATTAGLIA DI LICHA ZUBASNABAR. È morta il primo giugno, a 92 anni, Alicia (Licha) Zubasnabar, prima presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo. Tutta la vita aveva lottato per far luce sulla sorte del figlio Roberto José, sequestrato dalla dittatura nel settembre 1976, della figlia Elena e del genero, scomparsi qualche mese dopo. Al momento dell'arresto Elena era al quinto mese di gravidanza e - come Licha riuscì in seguito a sapere - il 16 giugno 1977 diede alla luce una bambina, che chiamò Ana Libertad. Insieme a María Isabel Mariani, Licha promosse il raggruppamento delle Abuelas, con l'obiettivo di raccogliere dati e testimonianze sui nipoti desaparecidos. Per anni combatté per la verità e la giustizia: già ultranovantenne, seguì le udienze del processo contro l'ex cappellano della Policía Bonaerense Christian Von Wernich, riconosciuto come uno dei responsabili delle torture inflitte alla figlia. Per la sua indomabile tempra, nel 2007 Licha venne designata dal Congresso tra le donne più insigni dell'anno. La battaglia delle Abuelas ha portato allo scoperto il piano sistematico della dittatura per appropriarsi dei figli dei desaparecidos. Una ferita aperta nella società argentina, dove si calcola che ancora 400 giovani non abbiano potuto recuperare la propria identità. Tra questi anche Ana Libertad, la nipote che Licha non ha mai potuto conoscere. 18/6/2008 |
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Perù, minatori e contadini in lotta Proseguirà a tempo indeterminato lo sciopero proclamato il 17 giugno, per ottenere miglioramenti salariali, dai lavoratori di Cuajone, miniera della Southern Copper Corporation (a capitale messicano). L'annuncio dell'agitazione, che inizialmente doveva durare solo 48 ore, ha fatto immediatamente salire il prezzo internazionale del rame. Anche i dipendenti di Cerro Verde, miniera della Freeport-McMoRan Copper & Gold Inc situata nel dipartimento di Arequipa, sono da giorni in lotta contro il licenziamento di un loro compagno. E non cala la tensione nella città di Moquegua, dove la popolazione chiede una maggiore distribuzione dei profitti dell'industria mineraria (lo sfruttamento del sottosuolo è anche qui in mano alla Southern Copper). Martedì 17 sono stati liberati i settanta poliziotti che il giorno precedente, mentre tentavano di sgomberare la Panamericana Sur, erano stati assaliti da una folla di manifestanti e rinchiusi in una chiesa. Tra gli agenti c'era anche il generale Alberto Jordán, che per evitare il peggio si era visto costretto a chiedere a gran voce perdono agli abitanti di Moquegua. LA CONTRORIFORMA AGRARIA DI ALAN GARCIA. Il governo di Alan García sta promuovendo una vera e propria controriforma agraria, che mira alla concentrazione delle terre liquidando le comunità contadine dell'interno del paese. Un recente decreto legge stabilisce infatti che, per la vendita dei terreni delle comunità indigene, è sufficiente il voto a maggioranza semplice delle assemblee comunali. Viene così abrogata la precedente disposizione, che stabiliva un minimo di voti favorevoli del 66,6%. Con un successivo decreto l'esecutivo ha creato un fondo per la concessione di crediti a quanti intendano comprare le terre dei piccoli proprietari (per questi ultimi, naturalmente, non vi è alcun aiuto statale). L'obiettivo è favorire la produzione agricola basata sul latifondo e destinata all'esportazione, una politica su cui punta in particolare il ministro dell'Agricoltura Ismael Benavides, banchiere con molti interessi in questo settore. La concentrazione fondiaria era già stata avviata da Fujimori negli anni Novanta, limitata però alla zona costiera. Ora viene cancellata definitivamente la riforma del 1969 di Velasco Alvarado, che aveva distribuito le terre ai contadini e creato cooperative agrarie. Alla caduta di Velasco nel 1975 la redistribuzione era stata bloccata e negli anni Ottanta le cooperative erano entrate lentamente in crisi. Le misure adottate in questi giorni dal governo García hanno incontrato la decisa opposizione contadina: sono già stati annunciati scioperi e manifestazioni e un gruppo di parlamentari ha presentato ricorso davanti al Tribunale Costituzionale, denunciando l'incostituzionalità della legge. 18/6/2008 |
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Ecuador, per ora niente Alba L'Ecuador non aderirà per ora all'Alba, l'Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe. Lo ha detto il presidente Correa il 18 giugno, in un'intervista concessa a Radio Sonorama. "Crediamo sia necessario che si consolidi un po' di più, che vi siano segnali più chiari sul suo orientamento, sulla sua struttura, i suoi principi": così il capo dello Stato ha giustificato la decisione. Intanto è di nuovo alta la tensione tra Quito e Bogotá dopo la scoperta di un piano per attentare alla vita del presidente Correa. Il 12 giugno la polizia ecuadoriana ha arrestato quattro uomini sospettati di far parte del complotto: tre di questi sono colombiani e - secondo informazioni diffuse dal canale Ecuavisa - apparterrebbero al gruppo paramilitare Autodefensas Unidas de Colombia. Il governo di Bogotá ha subito cercato di ribaltare tale versione, sostenendo che i detenuti sono in realtà guerriglieri (attribuire ogni misfatto alle Farc è il ritornello preferito di Uribe). Sul tema della lotta armata anche Rafael Correa, dopo Hugo Chávez, è recentemente intervenuto per chiedere alle Farc di deporre le armi. "Che futuro ha, nel XXI secolo, la guerriglia che combatte contro un governo democratico e non ha alcun appoggio popolare? Per favore, adesso basta: lasciate le armi, andiamo al dialogo politico e diplomatico per incontrare la pace". Correa è poi tornato a offrirsi come mediatore per uno scambio umanitario di prigionieri e, sfidando Bogotá, ha aggiunto: "Noi abbiamo tutto il diritto e il dovere di intervenire in azioni umanitarie, come la liberazione di ostaggi, senza chiedere permesso assolutamente a nessuno". Accanto ai problemi con la vicina Colombia, Rafael Correa deve fronteggiare divergenze sempre più profonde con il movimento indigeno, con cui è ormai rottura aperta. Contro la richiesta della Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador) che il controllo delle risorse dei territori indigeni venga riservato alle comunità, Correa ha riaffermato con decisione la priorità dello Stato. In maggio il leader della Conaie, Marlon Santi, aveva dichiarato che la protesta delle popolazioni native era in grado di paralizzare il paese anche se, aveva sottolineato, "per il momento non cadremo nel gioco di far cadere governi. Dopo la rottura del dialogo abbiamo detto che saremo presenti nella Costituente, perché questa non deve ubbidire agli ordini del presidente". 18/6/2008 |
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Paraguay, "Non abbiamo basi militari Usa" In Paraguay non esistono basi militari statunitensi: lo ha assicurato il presidente eletto Fernando Lugo in Bolivia, prima tappa del suo viaggio latinoamericano. Lugo si è impegnato, dopo il suo insediamento in agosto, ad aprire le frontiere perché tutti possano verificare la sua affermazione. Accompagnato dal presidente uscente Nicanor Duarte, l'ex vescovo ha assistito, con il presidente boliviano Morales, alla commemorazione del 73° anniversario della Guerra del Chaco. Seconda tappa, l'Ecuador. Qui Lugo è tornato nel villaggio di Guaranda, dove trent'anni fa aveva iniziato la sua vita di sacerdote, e ha poi ricevuto la laurea honoris causa dell'Universidad Estatal de Bolívar. "Questo processo di genuino cambiamento dal basso non è facile - ha detto nel ricevere il riconoscimento - Le oligarchie di sempre, che hanno emarginato le classi più umili, oggi si sentono minacciate, perché sorgono nuove voci in tutta l'America Latina, le voci che furono zittite e ridotte al silenzio: queste voci si levano oggi con più forza per gridare come 200 anni fa". Il viaggio di Lugo è proseguito in Venezuela, dove il presidente Chávez lo ha ricevuto nel Palacio de Miraflores con un discorso dal forte accento religioso: "Sei venuto per aiutare il parto del regno che Cristo annunciava 2000 anni fa, il regno della giustizia, dell'uguaglianza, dell'amore". E Lugo ha sottolineato che "oggi più che mai, come presidenti dell'America Latina, siamo impegnati con i sogni di libertà dei padri della patria. Soffiano venti nuovi di libertà, indipendenza e sovranità". 18/6/2008 |
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Perù, trattative in corso per la base Usa Dopo ripetute smentite da parte del governo, la conferma ufficiale è venuta il 16 giugno dal capo dell'esercito, generale Edwin Donayre: Lima sta negoziando l'installazione di una base militare Usa in territorio peruviano. La base, in sostituzione di quella ecuadoriana di Manta che gli statunitensi dovranno abbandonare nel 2009, sorgerebbe nel dipartimento di Ayacucho: una zona ad alta tensione perché epicentro, negli anni Ottanta e Novanta, della sanguinosa guerra tra esercito e guerriglieri di Sendero Luminoso. Ancora oggi ad Ayacucho si concentrano gli ultimi gruppi armati senderisti, che si aggiungono a una massiccia presenza dei narcotrafficanti. E proprio qui è in corso - e durerà fino a metà settembre - l'operazione Nuevos Horizontes, che vede impegnati "in azioni umanitarie" oltre un centinaio di soldati statunitensi. Strano però che, per perforare pozzi, costruire scuole e prestare assistenza medica, i militari di Washington siano giunti armati di tutto punto. Sempre nel dipartimento di Ayacucho, precisamente a Putis, è stata trovata a fine maggio una fossa comune con i corpi di decine di persone. Sono i resti di uomini, donne, bambini, uccisi dall'esercito nel 1984 perché sospettati di simpatie verso Sendero Luminoso. Nel 2003 la Comisión de la Verdad aveva raccomandato un'ispezione in tutti i luoghi in cui si presumeva fossero avvenuti massacri, ma le ricerche sono iniziate solo recentemente. Riferendosi al grande ritardo con cui si sta procedendo alle riesumazioni, il rappresentante dell'Asociación Paz y Esperanza, Germán Vargas, ha responsabilizzato l'esecutivo, che ha fatto mancare il necessario appoggio finanziario. 16/6/2008 |
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America Latina, allarme secessione Lo scorso maggio, con due distinti interventi, il presidente ecuadoriano Rafael Correa e quello venezuelano Hugo Chávez hanno denunciato l'azione di gruppi secessionisti in diversi paesi del continente. Questi gruppi, che promuovono la "balcanizzazione" della regione, fanno riferimento alla Confilar (Confederación Internacional por la Libertad y la Autonomía Regional), creata nel settembre 2006 a Guayaquil, al termine di un convegno internazionale che ha visto la partecipazione di autonomisti ecuadoriani, boliviani, peruviani, venezuelani, guatemaltechi. L'obiettivo è quello di ottenere il controllo delle risorse naturali locali, spesso sottraendole alle politiche di nazionalizzazione dei governi progressisti. Guarda caso le zone contese sono quelle più ricche di petrolio e di gas, il che giustifica gli appoggi e i finanziamenti che la Confilar ottiene, in modo appena mascherato, da gruppi economici statunitensi. Se in Bolivia questa strategia è assai avanzata, come testimonia la preoccupante situazione dell'Oriente, l'interesse della Confilar si estende allo Stato di Zulia in Venezuela, alla provincia di Guayas in Ecuador, al dipartimento di Loreto in Perù, agli Stati di Sonora e Jalisco in Messico, alla provincia di Limón in Costa Rica. STORICO RIAVVICINAMENTO TRA CILE E BOLIVIA. I governi di La Paz e di Santiago hanno firmato il 16 giugno, nel Palacio Quemado della capitale boliviana, uno storico accordo su temi di difesa nazionale quali l'istituzione di canali di comunicazione, l'intercambio di professionisti e lo sviluppo di attività accademiche comuni. L'accordo stabilisce anche il ritiro delle mine poste decenni fa dal Cile alla frontiera boliviana e l'aumento del contingente di soldati di La Paz nella missione di pace ad Haiti. In tal modo i due paesi cercano di superare una lunga storia di scontri che data dalla Guerra del Pacifico (1879), costata alla Bolivia l'accesso al mare. La rottura delle relazioni diplomatiche, avvenuta nel 1962, ha avuto un'unica interruzione: il periodo delle dittature di Augusto Pinochet e Hugo Banzer, che trovarono una base comune nella sanguinosa caccia agli oppositori. Un primo passo verso la riappacificazione tra i due paesi è stato segnato dagli attuali capi di Stato Michelle Bachelet ed Evo Morales nel luglio 2006, con un'agenda bilaterale in tredici punti che contempla tra l'altro la rivendicazione marittima di La Paz. Si è così giunti al riavvicinamento di questi giorni, che non si è limitato alle autorità civili e militari, ma si è esteso a imprenditori, intellettuali, dirigenti di movimenti sociali e indigeni. 16/6/2008 |
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El Salvador, contestato il premio a Saca Organizzazioni cattoliche di base hanno deplorato, in una lettera alla Nunziatura Apostolica, l'attribuzione del premio della Fondazione Path to Peace (emanazione del Vaticano) al presidente Elías Antonio Saca González. Secondo le motivazioni dell'onorificenza, conferita il 10 giugno presso la sede dell'Onu a New York, Saca avrebbe operato per la pace e la democrazia in Salvador, impegnandosi in particolare contro la povertà. Nel loro messaggio alla Nunziatura, le organizzazioni cattoliche fanno un quadro ben diverso: dall'inizio del mandato presidenziale, nel 2004, "si sono approfondite le disuguaglianze, l'esclusione e l'impoverimento". Miguel Angel Guzmán, membro delle Comunidades Eclesiales de Base, intervistato da Ips si è detto indignato: il governo Saca continua a garantire l'impunità ai responsabili di crimini di lesa umanità come l'uccisione di monsignor Romero. E questo nonostante la Commissione Interamericana per i Diritti Umani abbia sollecitato le autorità salvadoregne a realizzare indagini esaustive, a offrire riparazione alle vittime e ad adeguare la legislazione locale alla Convenzione Americana sui Diritti Umani. Sono passati sedici anni dalla firma degli accordi di pace, ma verità e giustizia nel paese sono ancora lontane: militari e paramilitari, autori di decine di migliaia di delitti, hanno beneficiato dell'amnistia generale, decretata nel 1993 dal presidente Alfredo Cristiani (anch'egli, come Saca, esponente di Arena, il partito fondato dal mandante dell'omicidio di Romero, Roberto D'Aubuisson). "Non trovo spiegazione al premio soprattutto provenendo dal Vaticano, perché Saca è stato un fattore di divisione nazionale piuttosto che di unione", ha dichiarato a Ips Héctor Dada Hirezi, dirigente della formazione di centrosinistra Cambio Democrático. Anche María Silvia Guillén, direttrice della Fundación de Estudios para la Aplicación del Derecho, ha contestato l'onorificenza, definendola "una mancanza di rispetto verso la popolazione salvadoregna" e ricordando che il governo Saca ha criminalizzato la protesta sociale. La Fondazione Path to Peace (Sentiero per la Pace), creata nel 1991, è presieduta dall'arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. 12/6/2008 |
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Venezuela, "La guerriglia appartiene ormai alla storia" "La guerra di guerriglia appartiene ormai alla storia". Lo ha detto Hugo Chávez l'8 giugno, nel suo programma radiotelevisivo Aló, Presidente. Chávez ha inviato un messaggio al nuovo leader delle Farc, Alfonso Cano, invitandolo a liberare tutti gli ostaggi senza contropartita. Ha poi accusato le Farc di favorire di fatto gli interessi Usa. "Vi siete trasformati in un pretesto dell'impero. Il giorno in cui si farà la pace in Colombia, avrà fine la scusa perfetta dell'impero per minacciarci tutti". Una volta compiuto da parte della guerriglia il gesto umanitario di rilasciare i sequestrati, ha detto ancora Chávez, vi sarebbero paesi latinoamericani ed europei disposti a garantire il compimento degli accordi di pace. Il messaggio, inatteso, ha suscitato reazioni contrastanti. "È un'opportunità storica per istituire un'agenda di pace - ha affermato l'economista e sociologo dell'Universidad Central de Venezuela Edgardo Ramírez - Se si realizzasse una liberazione unilaterale, il governo di Alvaro Uribe si vedrebbe messo all'angolo". Ma Carlos Lozano, direttore del giornale colombiano di opposizione Voz, ha ricordato che le Farc hanno fondati motivi di diffidare: "Quando la guerriglia creò il partito Unión Patriótica, il governo lo distrusse, fu un genocidio". Ancora più duro il giudizio di James Petras: "Affermare che la lotta armata delle Farc è un pretesto per l'imperialismo è pura stupidità. E un'altra cosa: Chávez non spiega come le Farc possano consegnare i prigionieri quando hanno 500 guerriglieri che marciscono, torturati, malnutriti, malati, nei sotterranei delle prigioni di Uribe". Ben diversa l'opinione di Emir Sader: "Avere in Colombia uno degli epicentri della guerra infinita di Bush costituisce la ferita più grande del nostro continente. Il popolo colombiano ha già dimostrato di volere la pace e l'unico modo per arrivarci è il negoziato politico tra le parti. La proposta di Hugo Chávez deve trovare l'appoggio di tutti: governi, forze politiche, movimenti sociali, personalità singole. (...) Si vedrà allora se il presidente Uribe vuole davvero - come si dice da più parti - sabotare qualsiasi negoziato politico per forzare una nuova riforma costituzionale che gli spiani la strada verso un terzo mandato presidenziale". NUOVI PROVVEDIMENTI ECONOMICI. L'economia venezuelana crescerà del 5-6% nel 2008. Lo ha detto il presidente Chávez l'11 giugno in un incontro con gli imprenditori, che ha invitato a creare "una vera alleanza nazionale". Il capo dello Stato ha esposto le linee di politica economica del suo governo per i prossimi mesi. "Abbiamo indici di inflazione che ci preoccupano, ma non li risolveremo a spese del popolo - ha detto - Non sacrificheremo il popolo e la società, adottando la tesi neoliberista della lotta all'inflazione". Chávez ha poi annunciato finanziamenti per un miliardo di dollari, finalizzati a stimolare la produzione. Tali fondi verranno destinati a progetti pubblici, privati e di imprese miste e dovranno essere investiti in settori chiave come gli alimenti, l'agroindustria, la manifattura, le risorse di base. Sarà dato nuovo impulso al programma Fábrica Adentro, attraverso il quale i lavoratori acquistano azioni delle imprese in cui lavorano. Verrà istituito il piano Cosecha Segura, che garantirà agli agricoltori un sussidio legato alle variazioni dei costi di produzione, in modo da compensare eventuali perdite. I piccoli produttori di mais, riso e caffè potranno inoltre beneficiare del piano Deuda Cero per il condono dei debiti. Infine sarà varata una nuova fase del controllo dei cambi, con il rafforzamento della Comisión de Administración de Divisas. "Con il controllo dei cambi abbiamo fatto grossi passi avanti", ha detto Chávez, il libero mercato in Venezuela è finito e "non ritornerà mai". Dai provvedimenti dell'esecutivo rimane invece esclusa la recente Ley de Inteligencia che tante polemiche ha suscitato sia a destra che a sinistra, soprattutto per l'articolo 16 che imponeva ai cittadini di fornire qualsiasi informazione venisse loro richiesta dai servizi segreti. Lo stesso capo dello Stato aveva riconosciuto che la legge conteneva alcuni errori e aveva assicurato una sua revisione. Il 30 maggio, con un comunicato, Chávez aveva dichiarato concluso l'incidente con il suo ministro delle Comunicazioni Andrés Izarra, riconfermandolo nell'incarico. Izarra si era dimesso tre giorni prima, facendo autocritica per aver adottato un provvedimento senza autorizzazione presidenziale. Il provvedimento imponeva ai canali privati di pagare un prezzo, stabilito a 55 dollari al secondo, per le immagini riprese dalla tv pubblica Venezolana de Televisión. La decisione aveva scatenato la rivolta delle tv private, che avevano posto al centro della discussione la libertà di stampa e di informazione nel paese. Nel comunicato presidenziale si chiariva che non sarebbe stato richiesto alcun pagamento e si ribadiva che "il governo presieduto dal comandante Chávez continuerà a garantire la più ampia libertà d'espressione in Venezuela". 12/6/2008 |
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CIle, Concertación verso la rottura? Migliaia di studenti sono scesi ancora una volta in piazza il 12 giugno, a Santiago, per protestare contro la proposta governativa di riforma dell'istruzione. Contro la Ley General de Educación sono state effettuate, in queste ultime settimane, innumerevoli manifestazioni (spesso duramente represse dalla polizia), sono stati occupati licei, università e addirittura le sedi di due raggruppamenti della Concertación, il Partido Socialista (Ps) e il Partido por la Democracia (Ppd). Anche gli insegnanti sono scesi in campo a difesa della scuola pubblica: il 4 giugno hanno scioperato paralizzando il 90% degli istituti scolastici. La mobilitazione del mondo della scuola ha già ottenuto un primo risultato: parlamentari del Ps, del Ppd e del Partido Radical Social Demócrata (Prsd) hanno apportato al progetto di legge alcune modifiche, la più rilevante delle quali è la definizione dello Stato come garante dell'istruzione pubblica e gratuita. Tali modifiche non sono piaciute all'Alianza (destra), che in precedenza aveva promesso voto favorevole al progetto governativo e ora ha deciso di tornare sui suoi passi. Ma rappresentano anche il segno di una spaccatura sempre più profonda in seno alla Concertación. Per la prima volta dalla fine della dittatura, alle elezioni amministrative del prossimo ottobre la coalizione di governo si presenterà divisa. Nonostante gli sforzi e i reiterati appelli della presidente Bachelet e del suo predecessore Ricardo Lagos, l'unica concessione all'unità di un tempo sarà una lista unica per i candidati sindaci. Per i consiglieri le liste saranno due: da una parte i due raggruppamenti maggiori, Partido Socialista e Democracia Cristiana, dall'altra Ppd e Prsd. 12/6/2008 |
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Lezione di storia all'Unione Europea Il presidente boliviano Morales segue con preoccupazione la recente direttiva sull'immigrazione in discussione presso l'Unione Europea, che "rende drasticamente più dure le condizioni di detenzione e di espulsione degli immigrati", senza tenere in considerazione il tempo di permanenza in Europa, la situazione lavorativa, i rapporti familiari, il grado di integrazione. Contro questa direttiva, Morales ha scritto una lettera aperta in cui dà alle autorità europee una lezione di storia. "Fino alla fine della seconda guerra mondiale l'Europa è stata un continente di emigranti. Decine di milioni di europei si sono diretti verso le Americhe per colonizzare, fuggire dalle carestie, dalle crisi finanziarie, dalle guerre o dai totalitarismi europei e dalla persecuzione alle minoranze etniche. (...) Gli europei sono giunti in massa nei paesi dell'America Latina e del Nord America, senza visti né condizioni imposte dalle autorità. Sono sempre stati i benvenuti, e continuano ad esserlo, nei nostri paesi del continente americano, che hanno assorbito allora la miseria economica europea e le sue crisi politiche. Sono venuti nel nostro continente a sfruttarne le ricchezze e a trasferirle in Europa, con un costo altissimo per i popoli originari d'America. (...) Oggi l'Unione Europea è la principale meta dei migranti del mondo, in conseguenza della sua positiva immagine di spazio di prosperità e di libertà pubbliche. L'immensa maggioranza dei migranti viene nell'Unione Europea per contribuire a questa prosperità, non per approfittarne. Occupano gli impieghi nelle opere pubbliche, nella costruzione, nei servizi alla persona e negli ospedali, che gli europei non possono o non vogliono occupare". Dopo aver criticato con forza una normativa che prevede la possibilità di rinchiudere i clandestini (madri di famiglia e minorenni compresi) fino a 18 mesi, Morales ricorda che parallelamente l'Unione Europea preme sui paesi della Comunidad Andina per imporre la liberalizzazione del commercio, dei servizi finanziari, della proprietà intellettuale e dei servizi pubblici e protesta contro la nazionalizzazione delle risorse idriche, del gas e delle telecomunicazioni appellandosi alla "protezione legale". Dov'è questa protezione legale, si domanda il presidente boliviano, "per le nostre donne, i nostri adolescenti, i nostri bambini e i nostri lavoratori che in Europa cercano migliori orizzonti? Promuovere la libertà di circolazione di merci e finanze, mentre sul fronte opposto vediamo la detenzione senza processo riservata ai nostri fratelli che hanno cercato di circolare liberamente... significa negare i fondamenti della libertà e dei diritti democratici". LE VOCI DISSONANTI AL VERTICE DELLA FAO. Al vertice della Fao sulla crisi alimentare, conclusosi il 5 giugno a Roma, l'unica vera opposizione è venuta dall'America Latina. Argentina, Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua e Venezuela non hanno condiviso la Dichiarazione Finale e, pur non ponendo ostacoli all'adozione del testo, hanno espresso le loro osservazioni in un documento a parte. Le sei nazioni latinoamericane si oppongono alle promesse di aiuti finanziari da parte dei leader mondiali, aiuti che non intaccano le cause strutturali della fame. Nei loro interventi, i rappresentanti "dissidenti" hanno messo a nudo le reali responsabilità dell'attuale situazione. Secondo gli argentini, la dichiarazione finale del vertice ignora la distorsione operata, negli ultimi sessant'anni, dalle politiche agricole dei paesi ricchi. I venezuelani hanno deplorato che nel testo si parli di crisi congiunturale e non di crisi strutturale, generata dal sistema capitalistico e dal suo modello di produzione e di consumo. I cubani hanno rilevato la mancanza di volontà politica nel ricercare una soluzione giusta e durevole. Anche i movimenti sociali internazionali hanno mostrato la loro delusione per gli scarsi risultati dell'incontro di Roma. Nel forum alternativo alla conferenza ufficiale, 900 organizzazioni della società civile hanno presentato le loro controproposte per garantire il diritto all'alimentazione di milioni di persone. Solo la delegazione brasiliana ha affermato che il vertice della Fao ha fatto registrare concreti passi avanti. La soddisfazione di Brasilia è legata in particolare al fatto che i biocombustibili, su cui tanto punta il governo Lula, sono stati "assolti" dall'accusa di aver provocato il rialzo dei prezzi. 11/6/2008 |
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Cuba, nuova sentenza contro i Cinque Indignazione in tutta l'isola ha suscitato la sentenza della Corte d'Appello di Atlanta, depositata il 4 giugno, sul caso dei cinque antiterroristi cubani detenuti negli Stati Uniti: Gerardo Hernández, Antonio Guerrero, René González, Ramón Labañino e Fernando González. La sentenza conferma la validità delle condanne pronunciate sette anni fa dalla Corte d'Assise di Miami per le accuse di "cospirazione a fini di omicidio" a carico di Gerardo Hernández, e di "cospirazione a fini di spionaggio" a carico degli altri quattro. La decisione del tribunale di Atlanta giunge dopo le recenti rivelazioni sul ruolo del diplomatico statunitense Michael Parmly come intermediario tra alcuni oppositori del governo dell'Avana e la Fundación Rescate Jurídico di Miami, diretta da Santiago Alvarez Fernández-Magriñat (un cubano anticastrista complice del terrorista Posada Carriles). ASSISTENZA SANITARIA AI TRANSESSUALI. Un provvedimento degli inizi di giugno del ministro della Sanità Pubblica, José Ramón Balaguer, autorizza le operazioni chirurgiche gratuite per il cambiamento di sesso e garantisce assistenza sanitaria ai transessuali. Il provvedimento è stato accolto favorevolmente da Mariela Castro Espín, figlia del presidente Raúl e direttrice del Cenesex (Centro Nacional de Educación Sexual), che da tempo si batte per il diritto all'identità sessuale. Sabato 17 maggio, all'Avana, il movimento gay e lesbico aveva celebrato con grande partecipazione il Día Mundial contra la Homofobia. Per decenni sull'isola i rapporti omosessuali sono stati osteggiati, fino alla reclusione dei gay in campi di lavoro agricolo: solo negli ultimi anni la situazione è cambiata. 5/6/2008 |
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Messico, Calderón sta perdendo la guerra contro i narcos La guerra del presidente Felipe Calderón contro il narcotraffico si sta risolvendo in una pesante sconfitta. Il Messico è diventato un campo di battaglia, dove i cartelli della droga si disputano il controllo del territorio. E nessuno crede più al discorso ufficiale, secondo il quale scontri ed esecuzioni sono il colpo di coda delle organizzazioni criminali, messe in crisi dall'offensiva di polizia ed esercito. È vero il contrario: interi Stati sono in mano alla delinquenza organizzata, che può contare sulla protezione di sindaci e governatori. E che non si fa scrupolo di puntare in alto: l'8 maggio è stato assassinato il coordinatore della Sicurezza Regionale della Polizia Federale, Edgar Millán Gómez, il "cervello" della strategia governativa contro i narcos; gli inquirenti ritengono che l'opera dei killer sia stata favorita da un traditore all'interno della stessa polizia. Il 9 maggio è stata la volta di Esteban Robles Espinosa, uno dei comandanti della polizia giudiziaria del Distretto Federale. Pochi giorni prima, esattamente il 5 maggio, Berenice García Corral era stata assassinata nella sua abitazione da un commando armato di fucili mitragliatori. Berenice García dirigeva il dipartimento per i crimini sessuali della polizia di Ciudad Juárez e la sua morte potrebbe essere in relazione con le indagini sui feminicidios, fenomeno che da un decennio insanguina la zona e che prosegue nella totale impunità. L'attacco mirato ai vertici delle forze dell'ordine ha spinto tre comandanti della polizia a chiedere asilo negli Stati Uniti: per Calderón non poteva esserci smacco maggiore. Del resto le cifre parlano chiaro: in un anno e mezzo di presidenza, i morti ammazzati hanno già superato quota 4.000. E ora si sta generalizzando un metodo spietato di lanciare "avvertimenti": la disseminazione di teste e di corpi smembrati. I gruppi più potenti, Los Zetas, Los Pelones, La Familia, gareggiano tra loro nell'uso di questo lugubre linguaggio. Recentemente si è registrato un ulteriore salto di qualità: sms ed e-mail hanno annunciato, per il 24 e il 25 maggio a Ciudad Juárez, il fine settimana "più sanguinoso della storia". Al di là del numero effettivo di morti (circa 25), questa vera e propria sfida allo Stato ha trasformato per due giorni Ciudad Juárez in una città fantasma: sospese le feste, i concerti, le corride; vuoti i cinema e i pochi bar aperti. Nel conflitto in atto tra narcotrafficanti e governo messicano giocano un ruolo anche gli Stati Uniti, che da tempo propongono al Messico una copia del Plan Colombia per frenare il flusso di droga che attraversa le loro frontiere. Dopo mesi di trattative segrete tra i due paesi, il 3 giugno la ministra degli Esteri di Città del Messico, Patricia Espinoza, ha dichiarato a sorpresa che il Plan Mérida è "veramente difficile da accettare", a causa delle modifiche introdotte dal Senato statunitense. Tali modifiche riservano agli Usa la supervisione delle forze armate e della polizia messicana e il controllo sull'utilizzo dei fondi erogati. Secondo gli osservatori, però, l'inatteso soprassalto di nazionalismo è puramente retorico: basterà qualche piccolo ritocco per consentire a Calderón di sottoscrivere l'accordo salvando la faccia. 3/6/2008 |
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Bolivia, e ora la minaccia viene da Tarija Mentre si attende il 22 giugno, data in cui nel dipartimento di Tarija si svolgerà il referendum per l'autonomia, a Cochabamba è stata avviata la raccolta di firme per promuovere un'iniziativa analoga. La mossa del prefetto Manfred Reyes Villa, però, appare più che altro un tentativo di mettere le mani avanti, nel fondato timore di perdere la consultazione del 10 agosto, quando gli elettori saranno chiamati a revocare o a confermare il mandato delle autorità nazionali e locali. Quanto ai risultati nei dipartimenti di Beni e Pando, dove il primo giugno si è votato in un clima teso e punteggiato da numerosi episodi di violenza, come già a Santa Cruz sia gli autonomisti che il governo si dichiarano vincitori. Se i primi sottolineano l'alta percentuale di sì, che ha superato l'80%, il secondo mette l'accento sul forte astensionismo (Beni 34,5%, Pando 46,5%, cui vanno aggiunti i no e le schede bianche o nulle), per dire che alla fine più del 50% della popolazione ha respinto la proposta di autonomia. "Questo tentativo illegale e incostituzionale di imporre quegli statuti ha portato unicamente alla divisione interna in entrambi i dipartimenti", ha affermato il ministro di Governo Alfredo Rada, in una conferenza stampa a La Paz. Intanto il prefetto del Beni, Ernesto Suárez, ha annunciato che il Consiglio Dipartimentale si trasformerà in Assemblea Legislativa. Era avvenuto lo stesso il 15 maggio a Santa Cruz, dopo che il prefetto Rubén Costas, in aperta sfida al governo Morales, si era autoproclamato governatore. Costas aveva inoltre annunciato la creazione di un ente per la riscossione diretta delle imposte sugli idrocarburi, senza la partecipazione del governo centrale (il ricco dipartimento di Santa Cruz concentra il 28% del pil nazionale). "Non c'è nessun problema se il gruppo di persone che si sono autonominate governatore e parlamentari del governo autonomo di Santa Cruz usa questi nomi come associazione privata - aveva prontamente risposto il vicepresidente García Linera - Ma se in qualunque momento queste persone tenteranno di esercitare le loro cariche con facoltà di diritto pubblico, attueranno un colpo di Stato contro il Congresso nazionale e si trasformeranno, senza mezzi termini, in golpisti che tentano di assassinare la democrazia". Dietro le spinte autonomiste dell'opposizione ci sono naturalmente anche gli interessi delle multinazionali. È emerso in modo chiaro nella vicenda della compagnia del gas Transredes, che il governo di la Paz ha ora deciso di nazionalizzare. Il 2 giugno il presidente Morales ha firmato il relativo decreto, che dispone l'acquisizione di tutte le azioni della TR-Holdings (attraverso quest'impresa Ashmore e Shell controllavano Transredes). L'accusa per i dirigenti della compagnia è di cospirazione: non solo cercarono di bloccare le trattative in corso con lo Stato, che in un primo tempo aveva deciso di acquistare solo il 51% del pacchetto azionario, ma alle spalle del governo presero contatti con il prefetto di Tarija, Mario Cossio. Proprio il prefetto che con il referendum del 22 giugno si prepara ad affiancarsi alle autorità ribelli di Santa Cruz, Beni e Pando. IL RAZZISMO SI SCATENA A SUCRE. Sabato 24 maggio Sucre è stata teatro di gravissimi episodi di razzismo e di violenza. Fin dal giorno precedente gruppi oppositori avevano realizzato un presidio per impedire la visita del presidente Morales, che avrebbe dovuto celebrare l'anniversario del Grito Libertario contro il colonialismo spagnolo. Il 24 sono entrate in scena squadracce armate di pali e bastoni, che hanno scatenato una vera e propria "caccia all'indigeno". Le vittime sono state insultate, costrette a inginocchiarsi, umiliate e percosse. Anche la giornalista Marianela Paco Durán, di Radio Aclo-Sucre, è stata insultata e picchiata. La tensione esistente nella città ha indotto il governo a sospendere il viaggio presidenziale. Ma questo non è bastato a riportare la calma: le aggressioni sono continuate con una "escalation di violenza razziale", come l'ha definita l'esecutivo: abitazioni indigene sono state devastate e date alle fiamme. 3/6/2008 |
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Gli attacchi di Negroponte È terminata il 3 giugno a Medellín l'assemblea dell'Oea (Organización de los Estados Americanos). Un'assemblea tutt'altro che tranquilla: in primo luogo per gli attacchi al Venezuela da parte del rappresentante Usa John Negroponte, secondo il quale "non esistono dubbi sul fatto che le Farc abbiano cercato rifugio in territorio venezuelano". Tali dichiarazioni non hanno lasciato indifferente il governo di Caracas: il ministro degli Esteri Nicolás Maduro, parlando con i giornalisti, ha definito Negroponte un funcionarillo e ha poi lanciato un messaggio al popolo colombiano: "Dietro tutta questa campagna c'è un solo obiettivo: dividerci". Altro tema sul tappeto, il conflitto tra Ecuador e Colombia conseguente all'incursione colombiana del primo marzo. La speranza che la controversia tra i due paesi potesse essere definitivamente superata è andata delusa: i due ministri degli Esteri, il colombiano Fernando Araújo e l'ecuadoriana María Isabel Salvador, hanno in pratica ribadito le rispettive posizioni. Del resto alla frontiera continuano gli incidenti: il 29 maggio Quito ha denunciato una nuova incursione di paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia. I paras hanno fatto irruzione nel villaggio ecuadoriano di San Martín, situato vicino al confine, minacciando gli abitanti e sequestrando tre uomini, probabilmente rifugiati colombiani. A BRASILIA NASCE L'UNASUR. Giornata storica a Brasilia: il 23 maggio i rappresentanti di dodici nazioni del Sud America (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay, Venezuela) hanno firmato il Trattato Costitutivo dell'Unasur (Unión de Naciones Suramericanas), il tentativo del continente di emulare il processo di integrazione europeo. Nonostante l'entusiasmo dei più, non sono mancati i problemi: Bogotá ha rifiutato di aderire al Consejo de Defensa, l'iniziativa brasiliana che ha guadagnato forza dopo il recente contrasto diplomatico proprio tra Ecuador e Colombia. Secondo alcuni osservatori, con questo no il governo Uribe intende mantenere inalterati i rapporti con gli Stati Uniti (la cui autocandidatura a far parte del Consiglio era stata respinta da Lula) e avere le mani libere per ripetere operazioni come quella effettuata in Ecuador contro le Farc. La discussione ha comunque messo in risalto l'isolamento di Uribe in Sud America. 3/6/2008 |
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Brasile, Amazzonia sempre più a rischio Il governo Lula intende porre un freno all'acquisto di terre amazzoniche da parte di cittadini stranieri. Il presidente dell'Incra (Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária), Rolf Hackbart, ha spiegato che il provvedimento è dettato dal crescente interesse internazionale per le terre fertili della regione, da destinare alla produzione di alimenti e materie prime per biocombustibili. Forse questa preoccupazione giunge un po' tardi, visto che qui si concentra il 55% delle terre brasiliane in mano straniera: ufficialmente si parla di 3.100.000 ettari, ma la cifra è sicuramente superiore (molti stranieri intestano i terreni a qualche prestanome locale). E intanto la deforestazione prosegue a ritmo serrato. L'Inpe (Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais) ha divulgato il 2 giugno i dati relativi ad aprile rilevati via satellite: lo smantellamento delle aree forestali ha registrato un incremento del 774%, con la perdita, in un solo mese, di 1.123 chilometri quadrati, un'estensione equivalente alla città di Rio de Janeiro. Gli Stati maggiormente colpiti sono Mato Grosso, Rondônia e Roraima. E proprio il governatore di Roraima, José de Anchieta, parlando a fine maggio davanti a un pubblico composto in gran parte da militari, ha indicato le popolazioni indigene (e le ong straniere che le difendono) come il vero pericolo per la sovranità territoriale brasiliana. Il bersaglio polemico è il decreto firmato dal presidente Lula nel 2005, che trasformava in riserva indigena 1.700.000 ettari nella regione di Pacaraima. Un decreto che latifondisti e forze armate non hanno mai accettato: non per niente ad ascoltare José de Anchieta c'era anche il sindaco di Pacaraima, Paulo César Quartiero, ricco imprenditore del riso, recentemente accusato di aver ordinato di aprire il fuoco contro un gruppo di indigeni che si erano accampati nella riserva. COMUNITA' INDIGENA ISOLATA NELLO STATO DI ACRE. Nella zona amazzonica dello Stato di Acre, alla frontiera con il Perù, è stata localizzata una comunità indigena che vive completamente isolata, senza alcun contatto con la civiltà industriale. Fotografie di questa tribù sono state scattate da un aereo in aprile: in una delle immagini si vedono alcuni indigeni che lanciano frecce contro il velivolo. José Carlos dos Reis Meirelles, della Funai (Fundação Nacional do Indio), ha affermato che le foto sono state rese pubbliche perché finora "tutti i meccanismi messi in atto per proteggere queste popolazioni sono stati inutili". La minaccia maggiore alla sopravvivenza di tali comunità proviene dai danni all'ecosistema provocati dall'industria estrattiva. 3/6/2008 |
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Guatemala, una lunga scia di delitti Cinque ex paramilitari sono stati condannati a 780 anni di carcere per il massacro di 177 contadini della comunità di Río Negro nel marzo 1982, durante il colpo di Stato che portò al potere il dittatore Efraín Ríos Montt. I cinque facevano parte delle Patrullas de Autodefensa Civil, che agivano a fianco dell'esercito. "È un risultato soddisfacente, dopo tante battaglie legali", ha commentato la procuratrice Rosa Salazar. Ma questi timidi segnali positivi non bastano a nascondere la realtà del paese, segnato dalla violenza e dall'impunità. Il 10 maggio un killer ha assassinato nella sua abitazione di Coatepeque (Quetzaltenango) il giornalista Jorge Mérida Pérez, che come corrispondente del quotidiano Prensa Libre si era occupato di casi di corruzione locale e di delinquenza organizzata. Il 13 maggio ignoti sicari hanno ucciso Sergio Miguel García, membro del Sindicato Nacional de Trabajadores de la Salud. García era segretario organizzativo della sezione sulle "Malattie trasmesse da vettori" del municipio di Puerto Barrios (dipartimento di Izabal): il suo predecessore in quell'incarico, Higinio Aguirre, era morto in circostanze analoghe nel dicembre 2007. Sempre nel dipartimento di Izabal, il 6 maggio è stato assassinato il sindacalista del Sitrabi (Sindicato de Trabajadores Bananeros de Izabal) Marvin Arévalo Aguilar; qualche giorno prima era stata la volta di un altro membro del Sitrabi, Carlos Enrique Cruz Hernández. Anche i lavoratori della giustizia hanno pagato un pesante tributo. Il 19 maggio è stato ucciso Rudy Pineda, procuratore distrettuale di Chiquimula: aveva ricevuto minacce da un gruppo di poliziotti su cui stava indagando. Prima di lui, quest'anno, erano stati assassinati altri tre magistrati: Fernando Mayén, Ingrid Hernández, José Vidal Barillas Monzón. MIGLIAIA DI CONTADINI NELLA CAPITALE. Dopo aver percorso a piedi più di 125 chilometri, migliaia di contadini e indigeni sono arrivati il 15 aprile nella capitale. Davanti all'ambasciata statunitense hanno protestato contro il Tratado de Libre Comercio e contro lo sfruttamento delle risorse minerarie ad opera delle transnazionali. La marcia, promossa in occasione del trentesimo anniversario del Comité de Unidad Campesina, era partita il 12 dalla località nota come Los Encuentros, nella regione dell'altipiano. Obiettivo della manifestazione, denominata Grito por la Madre Tierra, era far conoscere all'opinione pubblica interna e internazionale le condizioni di vita delle campagne, dove la miseria colpisce il 70% della popolazione. 29/5/2008 |
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Argentina, continua il conflitto agrario Domenica 25 maggio, giornata di festa nazionale, due piazze contrapposte hanno reso più che mai visibile il conflitto in atto. Due piazze strapiene di gente: a Rosario l'opposizione convocata dalle organizzazioni agrarie; a Salta i sostenitori del governo di Cristina Fernández. Lo scontro, che questa settimana è ripreso in tutta la sua forza, è in corso da marzo: da una parte gli agrari che - pur godendo di un momento di eccezionale prosperità - respingono l'aumento dei tributi sulle esportazioni di alcuni prodotti, in particolare della soia. Dall'altra il governo che, con quel provvedimento, mira a una redistribuzione della ricchezza e a un controllo dei prezzi degli alimenti. Sullo sfondo un paese dove la soia sta diventando una vera e propria monocultura, ponendo in crisi persino il tradizionale settore dell'allevamento che negli ultimi anni ha perso otto milioni di ettari. Per essere redditizia, la coltivazione della soia deve essere attuata su grandi estensioni di terra, con macchinari ad alto livello tecnologico e scarsa manodopera: dunque a trarne profitto sono solo i grossi proprietari o i trust finanziari. Secondo l'economista Eduardo Lucita, fu proprio il governo di Néstor Kirchner a promuovere l'espansione della soia, utilizzando le entrate fiscali provenienti da questo settore per uscire dalla crisi del 2001: ora però subisce i contraccolpi di quella scelta. "È uno scontro tra il capitale agrario-finanziario, la rendita agraria, e il capitale industriale e dei servizi, perché con questa raccolta di rendita straordinaria il governo sovvenziona l'industria, sovvenziona i trasporti, sovvenziona le imprese di servizio pubblico privatizzate - afferma Lucita, intervistato da Telesur - I grandi produttori non hanno problemi con l'aumento dell'imposta, ma quelli piccoli sì. Le sovvenzioni non vanno alla campagna e non saranno redistribuite ai piccoli produttori". Vi è poi un problema di centralizzazione delle risorse, che scontenta amministrazioni provinciali e comunità locali. "Ora gli attacchi - conclude Lucita - non vengono solo dal punto di vista degli oppositori politici, ma dal punto di vista delle condizioni materiali della società". "LO SFRUTTAMENTO È UN'EREDITA' CULTURALE". Il giudice federale Norberto Oyarbide ha deciso di non procedere nei confronti di tre dirigenti della ditta Soho, accusati di aver appaltato il lavoro a laboratori clandestini, che impiegavano immigrati supersfruttati e privi di qualsiasi diritto. Incredibile la motivazione del magistrato: queste condizioni di lavoro costituirebbero un'eredità di "costumi e modelli culturali dei popoli originari dell'Altipiano boliviano", da cui in gran parte proviene la manodopera. E Oyarbide aggiunge considerazioni pseudo-antropologiche: si tratta di "un gruppo umano che convive come un ayllu o comunità familiare estesa originaria di quella regione, che funziona come una specie di cooperativa". L'ayllu, un sistema di organizzazione comunitaria aymara basato sulla solidarietà, "non ha niente a che vedere con un sistema in cui un gruppo lavora per un padrone che lo comanda, dodici ore al giorno, a cottimo, un triste sistema schiavistico", ha commentato il console generale boliviano José Alberto González sul quotidiano Página/12 del 15 maggio. Contro la sentenza è stato presentato appello. 28/5/2008 |
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Cile, rinviati a giudizio 98 ex agenti della Dina Rinvio a giudizio e arresto per 98 ex agenti della Dina, la polizia segreta di Pinochet. Lo ha deciso il giudice Víctor Montiglio, che indaga sull'Operación Colombo, montata nel 1975 con la collaborazione delle dittature argentina e brasiliana per coprire l'assassinio di 119 detenuti politici. Tra i 98 repressori rinviati a giudizio figurano i nomi degli ex generali Manuel Contreras e Raúl Iturriaga. Come Montiglio ha potuto stabilire, i 119 prigionieri - in gran parte appartenenti al Mir - vennero uccisi nelle carceri clandestine cilene (a tutt'oggi risultano desaparecidos), ma sulla loro sorte vennero diffuse false notizie attraverso la stampa di regime. In un articolo apparso sulla rivista argentina Lea si sosteneva che 60 "estremisti" erano caduti, in diversi paesi latinoamericani, per mano dei loro stessi compagni. Altri 59, affermava un quotidiano brasiliano, erano morti nel corso di scontri con la polizia argentina. SEGNALI AL MONDO DEL LAVORO. Una serie di segnali al mondo del lavoro, con l'annuncio di misure legislative per il rafforzamento della contrattazione collettiva e del sindacato. Questi i punti più significativi del discorso tenuto il 21 maggio dalla presidente Bachelet davanti al Congresso. Il messaggio ha ricevuto accoglienza positiva da parte della Cut, la Central Unitaria de Trabajadores. Non altrettanto si può dire degli studenti, che non hanno apprezzato l'approccio presidenziale ai problemi della scuola. Michelle Bachelet si è impegnata ad aumentare il numero delle borse di studio per l'estero e a varare altri provvedimenti analoghi, ma non è entrata nel merito dei motivi che hanno portato alla contestazione di questi giorni. Per tutta risposta gli studenti hanno deciso di continuare occupazioni e proteste fino a quando il governo non accetterà di modificare la Ley General de Educación, attualmente all'esame del Congresso. Questa legge, sostengono, non viene incontro alle richieste avanzate dal movimento nel 2006 e mantiene la logica del profitto nell'istruzione. In effetti la riforma, promossa dalla coalizione di governo (e appoggiata dalla destra) per sostituire l'attuale Ley Orgánica Constitucional de Enseñanza, limita la presenza degli interessi privati nella scuola, senza però eliminarla del tutto. Nelle scorse settimane migliaia di giovani erano scesi in piazza anche per chiedere le dimissioni della nuova ministra dell'Istruzione Mónica Jiménez, ex rettrice dell'Università Cattolica di Temuco, accusata di non volere il dialogo. Durante le manifestazioni si erano verificati scontri con la polizia, che aveva proceduto a centinaia di arresti. 26/5/2008 |
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Colombia, la morte di Manuel Marulanda Con un comunicato diffuso attraverso Telesur, le Farc hanno confermato il 25 maggio la morte del loro leader Manuel Marulanda, annunciata il giorno precedente dal ministro della Difesa di Bogotá, Juan Manuel Santos. Tirofijo è stato stroncato il 26 marzo da un infarto cardiaco, afferma la guerriglia, e non ucciso dai suoi nemici come aveva detto il ministro Santos. La scomparsa di Marulanda costituisce un grave colpo per le Farc, già messe in crisi da una serie di perdite: la morte di altri due membri della direzione, Raúl Reyes e Iván Ríos e la resa, il 18 maggio, della comandante Karina, cui si addebita l'uccisione del padre del presidente Uribe. La formazione guerrigliera ha già designato il successore di Tirofijo: è Alfonso Cano (il suo vero nome è Guillermo León Sáenz Vargas), considerato molto vicino a Marulanda, ma forse privo della sua capacità organizzativa. Le difficoltà della guerriglia coincidono con una nuova strategia del governo nei confronti degli oppositori politici. Dopo essersi sbarazzato - spedendoli negli Stati Uniti - dei compromettenti capi paramilitari, che rischiavano di coinvolgerlo nello scandalo della parapolitica, Uribe ha lanciato quella che è già stata definita "farcpolitica". Il procuratore generale Mario Iguarán ha annunciato il 23 maggio l'apertura di un'inchiesta su parlamentari, giornalisti e attivisti sociali colombiani e stranieri, accusati di presunti legami con le Farc. Tra gli indagati figurano la senatrice dell'opposizione Piedad Córdoba, che aveva svolto opera di mediazione per la liberazione degli ostaggi; il giornalista di Telesur William Parra; i parlamentari del Polo Democrático Wilson Borja e Gloria Inés; gli ecuadoriani Iván Marcelo Larrea, fratello del ministro della Sicurezza di Quito Gustavo Larrea, e María Augusta Calle, membro dell'Assemblea Costituente. Le prove sarebbero state rinvenute naturalmente nel computer di Raúl Reyes, un vero e proprio pozzo senza fondo da cui le autorità continuano ad attingere. 25/5/2008 |
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Honduras, lotta contro la corruzione È stato presentato ufficialmente a Tegucigalpa il Movimiento Amplio por la Dignidad y la Justicia, un nuovo organismo di lotta contro la corruzione. Tra i suoi obiettivi, quello di lottare per la trasparenza nella vita politica e giudiziaria del paese. Il Movimiento è stato creato dai magistrati che dal 7 aprile al 14 maggio realizzarono uno sciopero della fame per chiedere la destituzione del procuratore generale Leonidas Rosa e del procuratore aggiunto Omar Cerna, accusati di aver bloccato inchieste su casi di corruzione che coinvolgevano esponenti del mondo politico e imprenditoriale. Alla protesta dei magistrati diedero il loro appoggio studenti, insegnanti, sindacalisti, mentre occupazioni e cortei si tenevano in varie città. Grazie a queste mobilitazioni, il Congresso ha ora approvato due decreti: il primo consente di mettere sotto inchiesta i dirigenti del pubblico ministero, il secondo costituisce due commissioni per valutare i casi che sarebbero stati insabbiati. Intanto però quanti si battono contro la corruzione continuano a ricevere intimidazioni e minacce di morte: è il caso del magistrato Víctor Fernández, del sindacalista della scuola Sergio Rivera e della giornalista Sandra Maribel Sánchez, direttrice di Radio Globo. ASSASSINATI OLTRE 4.000 GIOVANI. Sono oltre 4.000 i giovani tra i 18 e i 22 anni assassinati nell'ultimo decennio. Lo rivela un rapporto dell'organizzazione umanitaria Casa Alianza. Il direttore di Casa Alianza, Manuel Capellín, ha denunciato che le autorità fanno molto poco per far luce su questi delitti. Le giovani vittime, in gran parte legate alle cosiddette maras (le bande giovanili), provenivano da quartieri poveri ed emarginati. 25/5/2008 |
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Uruguay, il silenzioso ricordo degli scomparsi Il 20 maggio, nell'anniversario dell'assassinio dei parlamentari Zelmar Michelini ed Héctor Gutiérrez Ruiz e dei militanti tupamaros Rosario Barredo e William Whitelaw, migliaia di persone hanno partecipato a Montevideo alla tredicesima Marcha del Silencio per ricordare le vittime della dittatura. Il corteo, senza bandiere o insegne di partito, ma con i ritratti degli scomparsi, ha attraversato il centro della capitale nel più completo silenzio. Solo al termine, un oratore ha letto uno per uno i nomi dei desaparecidos e la folla ha risposto a ogni nome: "Presente". La giornata del ricordo è stata contrassegnata da una serie di accuse al governo di Tabaré Vázquez, che non avrebbe fatto abbastanza per garantire "verità e giustizia". Le critiche non riguardano solo la Ley de Caducidad (per il suo annullamento è ormai schierata la maggioranza del Frente Amplio), ma i processi in corso per violazione dei diritti umani, che a differenza dell'Argentina sono stati avviati tutti dai familiari delle vittime e non dallo Stato. A questo si aggiunge il caso dell'ex repressore Jorge Troccoli, arrestato a Salerno nel dicembre dello scorso anno per il sequestro e la scomparsa di sei cittadini italiani. A fine aprile Troccoli è stato rimesso in libertà dalla giustizia italiana, non essendo pervenuta in tempo utile da Montevideo la richiesta di estradizione. Colpa dell'ambasciatore uruguayano a Roma, Carlos Abín, che alla scadenza dei termini per la presentazione della richiesta si trovava fuori sede. 21/5/2008 |
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America Latina, escalation di provocazioni Una serie di oscuri episodi ha fatto salire nuovamente la tensione tra Colombia da una parte, Venezuela ed Ecuador dall'altra. Il 19 maggio il governo di Caracas ha denunciato la violazione del suo spazio aereo da parte di un caccia statunitense. "Si tratta di un nuovo anello di una catena di provocazioni", ha affermato il ministro della Difesa Gustavo Rangel, precisando che lo sconfinamento era avvenuto la sera di sabato 17. Qualche ora più tardi il Pentagono ha ammesso l'accaduto, sostenendo però che si era trattato di un incidente. Parlando di catena di provocazioni Rangel si riferiva all'incursione di militari colombiani nello Stato venezuelano di Apure, avvenuta venerdì 16. Nonostante le smentite di Bogotá, il governo di Caracas afferma di avere prove fotografiche dello sconfinamento. Sempre il 19, la ministra degli Esteri di Quito, María Isabel Salvador, ha denunciato due violazioni territoriali, avvenute nelle ultime settimane, ad opera di elicotteri e imbarcazioni militari colombiane. Questi episodi si sommano alle polemiche sul presunto computer di Raúl Reyes (rinvenuto nell'accampamento delle Farc dopo l'attacco del primo marzo), che secondo Bogotá contiene le prove dei legami tra la guerriglia e i governi di Quito e Caracas. Il 15 maggio il rapporto dell'Interpol, reso pubblico dal segretario generale Ronald Noble, aveva escluso che i dati contenuti nel computer fossero stati manipolati, avvalorando così le accuse colombiane. Tali conclusioni sono state però accolte con scetticismo dalle parti coinvolte. Da Quito tre esperti dell'Universidad Politécnica Nacional hanno contestato il documento sul piano tecnico, mentre da Caracas hanno fatto notare che Noble, prima di approdare all'Interpol, aveva lavorato presso il Dipartimento del Tesoro di Washington. E un altro mistero circonda la frettolosa estradizione negli Stati Uniti dei principali leader paramilitari, decisa la settimana scorsa dal governo Uribe. Si è appreso infatti della scomparsa del disco fisso di un computer e delle memorie di alcuni cellulari appartenenti ai detenuti trasferiti negli Usa (che godevano, a quanto pare, di condizioni di privilegio, con celle dotate di ogni comodità). Un altro computer, guarda caso quello del capo militare delle Auc (Autodefensas Unidas de Colombia) Salvatore Mancuso, sarebbe stato portato fuori dal carcere per riparazioni il 9 maggio: da quel momento se ne sono perse le tracce. Il senatore Gustavo Petro, della formazione di opposizione Polo Democrático Alternativo, ha commentato che il governo Uribe sembra preoccuparsi molto dei computer della guerriglia, mentre si disinteressa completamente di quelli dei paramilitari: in altre parole, "gli interessa molto la verità se proviene dalla guerriglia, non gli interessa per nulla se proviene dai paramilitari". E un altro senatore del Polo, Parmenio Cuéllar, ha dichiarato: "Si tenta di eliminare le prove che vi sono molti politici compromessi con i paramilitari". 20/5/2008 |
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Latinoamericani ed europei riuniti a Lima Aumento dei prezzi degli alimenti, sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici, energia, ambiente. Di tutto questo si è parlato nel corso del quinto vertice tra l'Unione Europea e l'America Latina e i Caraibi, che ha riunito nella capitale peruviana, dal 15 al 17 maggio, i capi di Stato e di governo dei due continenti. L'incontro si è concluso con una Declaración de Lima che racchiude questi punti, conditi con tante affermazioni di buona volontà. Dietro la facciata, però, l'interesse degli europei era concentrato sulla possibilità di gettare le basi per futuri trattati di libero commercio con la regione latinoamericana. Da questo punto di vista i paesi più disponibili rimangono la Colombia di Uribe e il Perù di Alan García, guarda caso due dei quattro membri rimasti della Comunidad Andina de Naciones (dopo la clamorosa uscita del Venezuela di Chávez). E proprio contro l'ipotesi di un Tlc tra la Comunidad Andina e l'Unione Europea si pronuncia il documento finale della Cumbre de los Pueblos, che come è ormai consuetudine ha fatto da contrappunto al vertice ufficiale. Sul quale rimane solo da dire che è servito almeno a qualche riavvicinamento: Hugo Chávez si è riconciliato con il premier spagnolo Zapatero (dopo il famoso incidente in Cile con re Juan Carlos) e ha anche chiesto scusa ad Angela Merkel: pochi giorni prima, di fronte alle sue critiche, l'aveva definita "discendente politica di Hitler". IL RITORNO DELLA QUARTA FLOTTA. Washington ha deciso, dopo 58 anni, di riattivare la Quarta Flotta, destinata a pattugliare le acque latinoamericane. Con base a Mayport (Florida), questa flotta risponderà al Southern Command degli Stati Uniti, che da Miami dirige tutte le forze militari statunitensi dislocate in America Latina. La decisione ha un peso più politico che militare: testimonia il desiderio Usa di tornare a occuparsi del proprio "cortile di casa", in questi ultimi tempi troppo trascurato. E rappresenta una chiara risposta alla svolta in senso progressista di molti paesi della regione. Ufficialmente la Quarta Flotta dovrà occuparsi di lotta al terrorismo e al narcotraffico. Ma come nota Fidel Castro in un articolo apparso il 5 maggio sul Granma, non è un caso che la sua riattivazione sia stata annunciata poco tempo dopo l'incursione colombiana in territorio ecuadoriano, avvenuta con il supporto della tecnologia militare Usa, e mentre la politica statunitense cerca di favorire in ogni modo i progetti di disintegrazione della Bolivia. 18/5/2008 |
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Repubblica Dominicana, terzo mandato per Leonel Fernández Con il 53,83% dei voti l'attuale presidente Leonel Fernández Reyna, del Pld (Partido de la Liberación Dominicana), è stato rieletto al primo turno nelle consultazioni del 16 maggio. Il suo principale avversario, l'ex ministro delle Opere Pubbliche Miguel Vargas Maldonado, del Prd (Partido Revolucionario Dominicano), si è fermato al 40,48% dei suffragi. Durante la giornata elettorale si sono registrati alcuni incidenti che non hanno però raggiunto l'intensità della vigilia, quando gli scontri tra militanti del Pld e Prd avevano provocato tre morti e diversi feriti. Leonel Fernández era già stato capo dello Stato dal 1996 al 2000, quando il suo partito si era alleato con l'ex presidente Joaquín Balaguer, allora leader del Partido Reformista Social Cristiano. Nel corso di questo mandato Fernández è riuscito a porre un argine alla devastante crisi economica (senza però portare avanti una decisa politica sociale) e ha aderito a PetroCaribe per risolvere i problemi energetici del suo paese. Lo attendono comunque anni difficili: dal 2007 i prezzi dei generi alimentari hanno subito un'impennata, obbligando il governo a concedere sussidi per mitigare gli effetti dei rialzi sugli strati più poveri della popolazione. In marzo la Repubblica Dominicana aveva ospitato il Vertice di Rio e in quell'occasione Fernández aveva manovrato con abilità per risolvere la crisi generata dall'incursione colombiana in territorio venezuelano. 18/5/2008 |
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Brasile, le dimissioni di Marina Silva Una sconfitta per i difensori dell'Amazzonia. Questo il significato delle dimissioni della ministra dell'Ambiente Marina Silva, una delle figure più prestigiose del governo Lula. La rinuncia, resa nota il 13 maggio, ha colto di sorpresa un po' tutti, ma i contrasti della Silva con altri membri del gabinetto duravano già da tempo. Militante storica del Partido dos Trabalhadores, sindacalista nello Stato amazzonico di Acre e compagna di lotte di Chico Mendes, Marina Silva era stata la prima ministra nominata direttamente da Lula, da cui aveva ricevuto piena fiducia. I rapporti con l'équipe di governo erano però diventati difficili quando la sua battaglia per preservare l'Amazzonia si era scontrata con i progetti di sviluppo di altri Ministeri. Nel luglio scorso aveva cercato invano di opporsi alla costruzione di due grandi impianti idroelettrici sul fiume Madeira, nello Stato di Roraima, temendo possibili danni all'ecosistema. Quel progetto è andato avanti, sostenuto dalla ministra della Presidenza Dilma Rousseff. Ed è proseguita la deforestazione dell'Amazzonia, vista con favore dal titolare dell'Agricoltura Reinhold Stephanes, fautore dell'espansione della canna da zucchero (per fabbricare etanolo) e della soia. A convincere Marina a gettare la spugna è stata infine la recente decisione del presidente Lula di affidare a un altro ministro, Roberto Mangabeira Unger, il coordinamento del Programa Amazônia Sustentável che sarebbe stato di competenza dell'Ambiente. Dopo la clamorosa rinuncia di Marina Silva, Lula ha cercato di rassicurare gli ambientalisti: la politica del governo in materia non cambierà. Ma la nomina del successore sembra indicare il contrario: il nuovo ministro, Carlos Minc, è un moderato, noto soprattutto per la sua tendenza ad assecondare il mondo imprenditoriale. Il 17 maggio, in un'intervista radiofonica, Marina Silva è tornata sul tema delle sue dimissioni, segnalando uno dei personaggi che più hanno esercitato pressioni per un cambiamento della politica ambientalista: Blairo Maggi, tra i maggiori produttori mondiali di soia (come racconta lui stesso, ammassò una fortuna proprio devastando l'Amazzonia, quando non c'erano leggi ambientali a impedirlo). Maggi è governatore dello Stato del Mato Grosso, che insieme al Pará guida la graduatoria delle regioni dove la distruzione della foresta è più avanzata. "C'è gente che difende lo sviluppo a qualsiasi costo, è necessario cambiare un modello del secolo scorso per un altro del secolo XXI", ha ammonito Marina Silva. Il vecchio modello di cui si parla è quello che la dittatura militare lanciò a suo tempo: espansione delle coltivazioni e dell'area abitata ai danni della zona boschiva (e dei gruppi indigeni, rimasti quasi soli a difendere il polmone verde del pianeta). Recentemente, attacchi contro la politica ambientalista del governo, e dunque contro la ministra Silva, erano venuti anche dal generale Augusto Heleno, capo del Comando Militare dell'Amazzonia. Nonostante un comportamento ai limiti dell'insubordinazione, Heleno è rimasto al suo posto, mentre la Silva ha dovuto dimettersi. 17/5/2008 |
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Colombia, estradati negli Usa i capi paramilitari Con un'operazione condotta in gran segreto, il 13 maggio il governo Uribe ha estradato negli Stati Uniti quattordici tra i massimi capi paramilitari, tra cui Salvatore Mancuso e Rodrigo Tovar Pupo (alias Jorge 40). In un breve messaggio alla nazione il capo dello Stato ha giustificato il provvedimento sostenendo che "alcuni continuavano nei loro crimini, altri non cooperavano a sufficienza con la giustizia e tutti si rifiutavano di risarcire le vittime nascondendo i beni o ritardando la loro consegna". Affermazioni su cui concordano le associazioni per i diritti umani e i movimenti d'opposizione, che però individuano ben altre motivazioni nella decisione di Uribe. In realtà i capi paramilitari stavano diventando scomodi per il potere, perché avevano cominciato a segnalare i nomi dei cosiddetti parapolitici: deputati, senatori, ministri, governatori, amministratori locali, legati ai massacratori da comuni interessi. Sono oltre cento gli esponenti politici accusati dai paras, quasi tutti alleati, amici o addirittura parenti del presidente Uribe. "L'estradizione dei capoccia paramilitari evita che le loro confessioni continuino a incriminare parlamentari della coalizione uribista e a coinvolgere nel processo della parapolitica membri dell'esecutivo", denuncia un comunicato del Polo Democrático Alternativo, il principale partito d'opposizione. Le organizzazioni che rappresentano i familiari delle vittime temono inoltre che l'estradizione renda più difficile giungere alla verità: negli Usa i quattordici paras saranno giudicati per narcotraffico e condannati a qualche anno di galera, garantendosi comunque l'impunità per i crimini di lesa umanità. Preoccupazioni analoghe sono state espresse dall'ufficio colombiano dell'alto commissario per i Diritti Umani dell'Onu e dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani dell'Oea. 14/5/2008 |
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Argentina, chi semina il panico tra i risparmiatori? Dopo un mese di tregua il conflitto tra il governo e le associazioni rurali, contrarie a nuove tasse sulle esportazioni di soia, è ripreso dal 7 maggio. E sono ripresi i blocchi stradali, sia pure a singhiozzo. Ma per la presidente Cristina Fernández c'è un avversario più temibile e sono le voci incontrollate di svalutazione, che stanno generando una crisi di fiducia. Crisi alimentata dall'avvicendamento alla guida del Ministero dell'Economia, dove il 25 aprile Carlos Rafael Fernández ha preso il posto di Martín Lousteau. Già da quella data alcuni risparmiatori avrebbero cominciato a ritirare i depositi bancari in moneta nazionale per cambiarli in dollari. Si tratta in un certo senso di un riflesso condizionato: tutti ricordano la pesantissima congiuntura della fine degli anni Novanta, che portò alla rivolta del 2001. E non basta, a riportare la fiducia, la considerazione che l'economia argentina cresce, da quasi cinque anni, a un ritmo annuale superiore all'8% e che le riserve monetarie permettono al Banco Central di intervenire in maniera costante sul mercato dei cambi per evitare un'alterazione delle quotazioni del dollaro. Le voci allarmistiche potrebbero essere state diffuse ad arte per destabilizzare il paese. La stessa leader della formazione di opposizione Coalición Cívica, Elisa Carrió, ha sottolineato che "la situazione attuale non è quella del 2001" e ha invitato i risparmiatori a non far caso alle catene di e-mail che cercano di seminare il panico. NUOVI ATTACCHI CONTRO LA MEMORIA. Prima ci sono state le minacce di morte alla presidente delle Madres di Plaza de Mayo, Hebe de Bonafini. Poi l'incursione nella sede dell'associazione, che all'alba di domenica 11 maggio è stata messa a soqquadro. Gli ignoti vandali non si sono limitati a distruggere quanto potevano, ma hanno anche portato via qualcosa: denaro (poco) e oggetti di alto valore simbolico, come il fazzoletto bianco che Hebe indossa nelle manifestazioni. La presidente delle Madres non ha dubbi sui motivi dell'attacco : "Stiamo facendo forti denunce e questa è la risposta. È la dimostrazione che sono attivi". L'episodio più grave di questo rinnovato attacco della destra era avvenuto il 2 maggio, quando l'ex desaparecido Juan Puthod era stato sequestrato per 28 ore, minacciato e percosso. Non contenti, i nostalgici della dittatura si erano rifatti vivi due giorni dopo: mentre era in compagnia di alcuni familiari, Puthod era stato seguito a più riprese da sconosciuti che avevano agito a viso scoperto, senza far nulla per nascondersi, rafforzando i sospetti che dietro il sequestro-lampo vi fossero membri della Policia Bonaerense. Durante il regime militare Puthod rimase per sei anni rinchiuso nelle carceri clandestine del regime, dove fu selvaggiamente torturato. Ora presiede la Casa de la Memoria de Zárate, località della provincia di Buenos Aires, e sta preparando un omaggio a Osvaldo Cambiasso ed Eduardo Pereira Rossi, due militanti dell'opposizione fucilati 25 anni fa (della loro morte è accusato l'ex vicecommissario Luis Patti). 14/5/2008 |
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Bolivia, referendum il 10 agosto Il presidente Evo Morales ha firmato il decreto che fissa la data del 10 agosto per il referendum con il quale gli elettori dovranno decidere se confermare o meno la fiducia alle massime cariche dello Stato: lo stesso presidente, il vicepresidente e i prefetti di dipartimento. Le regole approvate dal Congresso sono quelle stabilite dallo stesso Morales: chi dovesse ricevere una percentuale di "no" pari alla percentuale di voti a favore ottenuti al momento dell'elezione dovrà abbandonare il posto. Dunque Evo Morales lascerebbe la presidenza solo se il 53,7% degli elettori glielo chiedesse (nel 2005 aveva ottenuto il 53,7% dei consensi), mentre per alcuni prefetti la percentuale di "no" richiesti è molto minore. Non è chiara la ragione per cui questo meccanismo, che favorisce il capo dello Stato, sia stato accettato dai partiti d'opposizione che controllano il Senato (e che nel dicembre 2007 avevano respinto lo stesso progetto di legge). Sta di fatto che la consultazione del 10 agosto cambia lo scenario politico del paese, facendo passare in secondo piano i referendum sull'autonomia indetti dai dipartimenti di Beni, Pando e Tarija per il mese di giugno. E l'aspro conflitto in corso potrebbe venire canalizzato attraverso la via del voto. NIENTE ESTRADIZIONE PER WALTER CHAVEZ. La Corte Suprema ha respinto il 9 maggio la richiesta di estradizione dell'ex consigliere di Evo Morales, il giornalista peruviano Walter Chávez, accusato da Lima di legami con il Movimiento Revolucionario Tupac Amaru. Il massimo tribunale ha stabilito che non esistono prove a carico di Chávez e che questi gode di asilo politico in Bolivia da sedici anni. In realtà sono in molti a credere che con le accuse al suo ex consigliere, relative a fatti avvenuti diciotto anni fa, il governo di Alan García intendesse macchiare l'immagine del presidente Morales. Walter Chávez, noto in Bolivia per aver creato riviste come El Juguete Rabioso e aver diretto la versione locale di Le Monde Diplomatique, nel dicembre 2005 era divenuto consigliere del Ministero della Presidenza per le comunicazioni. Aveva lasciato l'incarico quando dal governo peruviano era giunta la richiesta di estradizione. 12/5/2008 |
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Correa smentisce le accuse di Bogotá Il governo ecuadoriano ha annunciato l'intenzione di denunciare la Colombia a livello internazionale, a partire dall'Organización de los Estados Americanos, per l'incursione del primo marzo sul suo territorio e ha chiesto nuovamente a Bogotá di chiarire la partecipazione statunitense nell'attacco. Nel suo messaggio settimanale del 10 maggio, il presidente Correa ha inoltre affermato che, secondo le autopsie effettuate con la collaborazione di medici francesi e belgi, almeno tre delle 23 persone uccise durante il raid sarebbero state vittima di esecuzioni sommarie. Tra queste il cittadino ecuadoriano Franklin Aisalla, morto "per colpi alla nuca". Correa ha poi ribadito che il suo governo non intende assecondare la politica militarista di Colombia e Stati Uniti nella regione e che la risposta ai problemi nazionali, specie alla frontiera settentrionale, "non sarà l'invio di altri soldati, carri armati, bombardamenti, ecc. Sarà vita, sviluppo, giustizia e sicurezza umana, cioè scuole, salute, strade. Questo è il Plan Ecuador". Infine Correa ha annunciato che intende togliere la riserva ai documenti militari sulla politica di sicurezza della sua amministrazione nei riguardi delle Farc, per smentire le accuse del colombiano Uribe su presunti appoggi di Quito alla guerriglia. A questo proposito, le forze armate ecuadoriane hanno recentemente scoperto un accampamento guerrigliero a soli due chilometri dalla frontiera con la Colombia. Un appoggio alle proteste ecuadoriane contro la Colombia è venuto il 12 maggio dal premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero. Non mi risulta che Bogotá abbia presentato prove che colleghino l'Ecuador con le Farc, ha detto Zapatero accogliendo a Madrid il capo di Stato ecuadoriano. La Spagna è la prima tappa di un giro europeo che Correa ha intrapreso proprio per "smontare la campagna di discredito" del suo paese da parte del governo Uribe. 12/5/2008 |
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Brasile, i crimini impuniti del Pará Una ventina di organizzazioni per i diritti umani e la stessa Conferenza Episcopale hanno manifestato la loro indignazione per la sentenza di assoluzione nei confronti del latifondista Vitalmiro Bastos de Moura, accusato di essere il mandante dell'assassinio della missionaria Dorothy Stang. Sorella Dorothy venne uccisa nel 2005 per la sua coraggiosa battaglia a favore dei sem terra e della riforma agraria nello Stato del Pará. Condannato in prima istanza a 30 anni di carcere nel maggio 2007, Vitalmiro Bastos è stato assolto il 6 maggio di quest'anno dal tribunale di Belém, che ha invece condannato a 28 anni l'esecutore materiale del delitto, Rayfran das Neves. A determinare lo scandaloso andamento del processo è stata anche la lentezza della magistratura. Come denuncia Sandra Carvalho, di Justiça Global, "i mandanti hanno avuto tutto il tempo di cooptare i sicari, offrendo benefici finanziari e assistenza legale". Basti pensare che nel corso del procedimento Rayfran das Neves ha cambiato 14 volte la sua deposizione. E proprio il 6 maggio tre vescovi del Pará si sono recati a Brasilia per denunciare alle autorità nazionali le continue minacce di morte cui sono sottoposti insieme a quanti combattono contro lo strapotere dei proprietari di terre e dei trafficanti. Dom José Luiz Azcona di Marajó, Dom Flávio Giovenale di Abaetetuba e Dom Erwin Kräutler di Xingu sono sotto tiro per non aver taciuto di fronte allo sfruttamento sessuale di minori e al traffico di donne verso la Guyana Francese. Secondo dati forniti dalla Pastorale della Terra, in 40 anni sono stati uccisi nel Pará oltre 800 dirigenti sindacali, contadini sem terra, religiosi e militanti dei diritti umani. Quasi sempre si è trattato di delitti su commissione, ma solo sei mandanti sono stati processati e condannati e nessuno di essi è in galera. La situazione non è molto migliore nello Stato del Paraná, dove il 30 marzo il leader dei Sem Terra Eli Dallemole, di origini italiane, è stato assassinato da due uomini incappucciati di fronte alla moglie e ai tre figli, nell'insediamento Libertação Camponesa di Ortigueira. Non si tratta di un caso isolato: da tempo si denunciano attacchi di milizie armate, al soldo dei possidenti della regione, che terrorizzano le famiglie del Mst, distruggendo e incendiando i loro accampamenti. SCOPERTO ENORME GIACIMENTO DI PETROLIO. La compagnia statale Petrobras ha scoperto un enorme giacimento di petrolio e di gas nel bacino di Santos (Stato di Rio de Janeiro). Si tratta della scoperta più importante degli ultimi trent'anni: il giacimento, ribattezzato Carioca, potrebbe infatti essere per estensione il terzo al mondo, dopo quelli dell'Arabia Saudita e del Venezuela. Secondo le prime stime, le sue riserve ammonterebbero a 33.000 milioni di barili di idrocarburi, mentre quelle del deposito di Tupí, individuato lo scorso anno nella stessa regione, si aggirano tra i 5 e gli 8.000 milioni di barili. Petrobras opera nella zona in consorzio con la Repsol e la BG. 9/5/2008 |
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Perù, offensiva contro i difensori dei diritti umani Il governo di Alan García, con l'appoggio dei parlamentari fujimoristi, ha lanciato una campagna contro le associazioni per i diritti umani. Il pretesto è stato il voto del 25 aprile al Parlamento di Strasburgo, che ha respinto (per 275 voti contro 271 e 16 astensioni) la richiesta del Partito Popolare Europeo di inserire il Movimiento Revolucionario Túpac Amaru (Mrta) nella lista nera dei gruppi terroristi. Il Congresso di Lima ha protestato all'unanimità contro la decisione europea, sulla quale avrebbe pesato una lettera inviata il 23 aprile dall'Asociación Pro Derechos Humanos peruviana (Aprodeh). Secondo il ministro degli Esteri, García Belaúnde, il messaggio di Aprodeh ha fatto sì che la mozione dei popolari perdesse l'appoggio decisivo dei socialisti italiani. Che cosa si diceva di così determinante in quella lettera? Semplicemente che "da otto anni non si ha più notizia di attività del Mrta": sostenere che il movimento è ancora attivo serve solo "a perseguitare militanti sociali e oppositori politici, accusandoli ingiustamente del delitto di terrorismo". Attualmente l'Asociación Pro Derechos Humanos sta difendendo sette peruviani arrestati in febbraio al ritorno da Quito, dopo aver partecipato al II Congresso della Coordinadora Continental Bolivariana. I sette sono accusati di appartenere al Mrta e di aver preso contatti con le Farc colombiane. Il 27 aprile, con un decreto che appare come una vera e propria rappresaglia, l'esecutivo ha eliminato 64 ong dall'organismo statale Consejo Nacional de Derechos Humanos, dove erano presenti come osservatrici. In seguito l'Agencia Peruana de Cooperación Internacional, diretta da Agustín Haya (del partito di governo), ha annunciato l'apertura di un'indagine sulle attività di Aprodeh. "Si vuole utilizzare il tema del terrorismo per criminalizzare la protesta sociale - afferma il direttore di Aprodeh, Francisco Soberón - E quelli che più hanno approfittato della situazione sono i fujimoristi, perché sanno che siamo i più attivi nel processo contro Fujimori per i crimini commessi durante il suo governo". 9/5/2008 |
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Bolivia, gli autonomisti gridano alla vittoria Come si temeva, il referendum del 4 maggio sull'autonomia di Santa Cruz si è svolto in un'atmosfera di tensione: incidenti e scontri hanno provocato un morto e una trentina di feriti. A consultazione conclusa, i promotori gridano alla vittoria: l'85% di "sì" uscito dalle urne dimostrerebbe l'appoggio della stragrande maggioranza della popolazione alla richiesta di autonomia. Ma c'è un dato che non va dimenticato: l'elevato astensionismo. Il 40% degli aventi diritto è rimasto a casa (secondo alcuni questa percentuale sarebbe anche maggiore) e ai "no" vanno aggiunte le tante schede bianche o nulle. Proprio in base a questo risultato il governo di La Paz parla di "completo fallimento" del referendum. Secondo il ministro di Governo Alfredo Rada, "Santa Cruz si è divisa: un 50% si è astenuto, ha votato contro, ha annullato il voto o ha lasciato scheda bianca e un 50% ha votato sì". Resta ora da vedere se l'invito al dialogo, lanciato da Evo Morales la stessa sera del 4 maggio, verrà accolto - e in quali termini - dall'opposizione. La posta in gioco è alta: lo statuto autonomo "approvato" il 4 maggio (e considerato privo di valore legale da parte di istituzioni nazionali e internazionali) assegna alle autorità locali potere legislativo ed esecutivo su salute, educazione e risorse naturali, concede la possibilità di creare nuove imposte, di approvare gli accordi e i convegni nazionali e internazionali che interessino il dipartimento, di costituire una propria forza di polizia, di decidere se consentire o no l'attività di associazioni, cooperative e ong (va ricordato che molte organizzazioni di difesa delle popolazioni indigene non concordano con le iniziative degli autonomisti). Contro questa "quasi secessione", il governo nazionale aveva ottenuto nei giorni scorsi l'appoggio di tutto il continente. Il 26 aprile a Washington l'intera Organización de los Estados Americanos, nel corso di una seduta straordinaria, aveva manifestato il suo sostegno a La Paz: neppure gli Stati Uniti avevano osato difendere l'iniziativa autonomista. Tre giorni prima, in un vertice straordinario dell'Alba (Alternativa Bolivariana para las Américas) a Caracas, i presidenti di Venezuela, Nicaragua e Cuba avevano firmato una dichiarazione in cui esprimevano solidarietà al presidente Morales e condannavano il referendum. Nonostante la riprovazione internazionale gli autonomisti hanno portato a termine la loro sfida, con l'appoggio delle squadracce dell'Unión Juvenil Cruceñista. Il loro controllo però si esercita solo nelle zone urbane: nelle campagne alcune comunità indigene hanno proclamato una ben diversa autonomia, che si richiama alla legge nazionale n. 3760 (con cui il Congresso ha ratificato la Dichiarazione dell'Onu sui Diritti dei Popoli Indigeni). MORALES NAZIONALIZZA ENTEL. Di nuovo un Primo Maggio storico in Bolivia, dopo quello del 2006 in cui il presidente Morales proclamò il recupero degli idrocarburi da parte dello Stato. Quest'anno è stata la volta dell'Entel, la telefonica controllata da Telecom. La sua nazionalizzazione è stata annunciata dallo stesso Morales davanti a migliaia di persone riunite in Plaza Murillo, dove sorge il palazzo presidenziale: tutte le azioni vengono trasferite allo Stato, per un importo che il governo renderà noto entro sessanta giorni. Accanto all'Entel verranno poste sotto controllo pubblico, con l'acquisto della maggioranza delle azioni, le imprese petrolifere Andina, Chaco, Transredes e Compañía Logística Hidrocarburífera Boliviana, che in precedenza facevano capo a capitali argentini, peruviani, spagnoli, inglesi, olandesi e tedeschi. 5/5/2008 |
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Messico, si terrà il dibattito su Pemex Si è conclusa il 25 aprile in Senato la mobilitazione dei parlamentari del Fap (Frente Amplio Progresista): deputati e senatori del Prd, di Pt e di Convergencia hanno intonato l'inno nazionale e gridato "Viva il Messico", per poi abbandonare la tribuna che occupavano da sedici giorni. Il movimento di resistenza civile nel Congresso si è chiuso con una parziale vittoria: Pan e Pri hanno accettato un dibattito nazionale di 71 giorni sul progetto di privatizzazione di Pemex (Petróleos Mexicanos). In tal modo - afferma uno dei dirigenti del Fap, il perredista Carlos Navarrete - si è allontanato il rischio che il presidente Calderón assuma a tempi accelerati iniziative anticostituzionali e si è resa più cosciente la società "delle intenzioni del governo di consegnare il petrolio a imprese straniere". E contro la svendita dell'industria petrolifera, il 27 aprile un corteo di migliaia di persone ha attraversato ancora una volta il centro di Città del Messico, dall'Angel de la Independencia allo Zócalo. Durante l'occupazione delle tribune parlamentari migliaia di donne, divise in 38 brigate, ciascuna di 500 unità, avevano circondato il Senato. Molte di loro indossavano il caratteristico vestito della Rivoluzione Messicana e per questo erano state soprannominate Adelitas, come la più celebre soldadera dell'epoca. La protesta era iniziata subito dopo l'invio ai parlamentari, da parte del presidente Felipe Calderón, della sua proposta di privatizzazione. Una proposta che per ora non contempla l'apertura della prospezione e dello sfruttamento del petrolio nel Golfo del Messico a compagnie transnazionali, ma prevede che queste si possano far carico della raffinazione del greggio. Poiché si tratta comunque di un'attività che la Costituzione riserva allo Stato, la riforma deve passare per una modifica della Carta Magna. DUE GIORNALISTE UCCISE NELLO STATO DI OAXACA. Dopo quasi un anno e mezzo di prigione è stato scarcerato il dirigente dell'Appo (Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca) Flavio Sosa Villavicencio: secondo i giudici, il governo di Ulises Ruiz non ha prodotto prove sufficienti per dimostrare la sua colpevolezza. Del resto che le accuse contro Sosa (sequestro, danni, furto, sedizione) servissero solo a far tacere una voce scomoda sono in pochi a metterlo in dubbio. Un'altra voce scomoda era quella della radio comunitaria in lingua triqui La voz que rompe el silencio, che trasmetteva da soli tre mesi dal municipio autonomo di San Juan Copala, sempre nello Stato di Oaxaca. Dal 7 aprile la radio è muta: quel giorno sono state brutalmente assassinate in un'imboscata due giovanissime giornaliste, Teresa Bautista e Felícitas Martínez. Teresa e Felícitas erano a bordo di una macchina con altre tre persone, quando sono state raggiunte da numerosi colpi d'arma da fuoco che hanno ucciso loro e ferito gli altri tre occupanti. Ora si teme che la morte delle due giovani rimanga impunita, come già avvenuto nello Stato di Veracruz per l'anziana Ernestina Ascensión Rosario, uccisa dalla violenza di un gruppo di soldati. 28/4/2008 |
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Cuba, incrementi salariali alla produzione Il governo di Raúl Castro ha introdotto una nuova politica salariale, che prevede aumenti per i lavoratori più efficienti. Gli incentivi materiali si affiancheranno agli appelli morali e ai regolamenti disciplinari ai quali si è fatto finora ricorso (con risultati non sempre soddisfacenti). Il provvedimento include anche la decisione senza precedenti di eliminare il tetto massimo di guadagno per i lavoratori più produttivi. Il governo ha inoltre annunciato, a partire da maggio, un incremento delle pensioni minime, che passeranno da 164 a 200 pesos mensili, e dei sussidi erogati dall'assistenza sociale. Il vento di novità spira anche nel settore della scuola, un tempo fiore all'occhiello di Cuba. Luis Ignacio Gómez Gutiérrez, per 18 anni ministro dell'Istruzione, è stato destituito dopo le severe critiche che contro di lui si erano levate nei dibattiti popolari e negli ambienti intellettuali. Il comunicato che annuncia la sostituzione di Gómez Gutiérrez non entra nei particolari, ma l'ex ministro non viene definito "compañero" e non si dice, come di consueto in questi casi, che verrà destinato "ad altri incarichi". A sostituirlo è stata chiamata Ana Elsa Velázquez Cobiella, deputata e rettrice per otto anni dell'Instituto Superior Pedagógico Frank País García di Santiago de Cuba. Il leader storico José Ramón Fernández assumerà le funzioni di superministro per tutti i livelli di educazione, compresa quella militare: quest'ultima nomina è stata annunciata a sorpresa il 28 aprile da Raúl Castro in un intervento nel telegiornale della sera. Contemporaneamente Raúl ha reso noto che l'anno prossimo si terrà il sesto congresso del Partido Comunista de Cuba, la cui realizzazione era rimandata dal 2002. Un altro segnale delle aperture dell'era Raúl era stato, qualche giorno fa, l'arrivo sul piccolo schermo dei telefilm statunitensi. Lo aveva annunciato il quotidiano Juventud Rebelde, presentando le due serie Los Sopranos (storia di una famiglia della mafia italoamericana) e Anatomía de Grey (il mondo ospedaliero visto con gli occhi di una giovane dottoressa). 28/4/2008 |
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Argentina, Luis Patti torna in carcere È rimasto in libertà solo otto giorni l'ex vicecommissario Luis Patti. Era stato scarcerato per decisione della Corte Suprema, secondo la quale aveva diritto di occupare il seggio parlamentare per cui era stato eletto. La Camera ha deciso a tempo di record di privarlo dell'immunità e Patti è tornato dietro le sbarre, dove era finito nel novembre scorso per il sequestro, la tortura e l'assassinio di sette persone. I suoi legali hanno comunque già preannunciato ricorso. Il voto dei deputati è stato commentato favorevolmente da Ana Oberlin, avvocata dei familiari di una delle vittime ed essa stessa vittima del terrorismo di Stato. Il risultato (196 a favore della privazione dell'immunità parlamentare, 9 contrari, 11 astenuti), ha detto Ana Oberlin, "dimostra l'impegno di settori che hanno superato le loro differenze per impedire che questo personaggio si faccia scudo dell'immunità e rimanga impunito". E sempre in tema di diritti umani, la Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna all'ergastolo per Jorge Acosta, Alfredo Astiz, Jorge Vildoza e Antonio Vañek (un quinto imputato, Héctor Febres, si era "suicidato" in dicembre in una prigione argentina). I cinque erano accusati del sequestro e della scomparsa dei cittadini italiani Angela María Aieta Gullo, Giovanni Pegoraro e la figlia Susana. Quest'ultima era al quinto mese di gravidanza e durante la prigionia diede alla luce una bambina, in seguito adottata dal militare Policarpio Vázquez e dalla moglie di questi, Ana María Ferra. Anche il compagno di Susana, Rubén Santiago Bauer, figura tra i desaparecidos. La figlia della coppia, ribattezzata Evelyn dai genitori adottivi, è stata identificata con certezza proprio in questi giorni attraverso l'analisi del Dna. L'analisi era stata disposta dal tribunale e compiuta su alcuni oggetti personali (pettine, spazzolino, ecc.), visto che la giovane si era rifiutata di sottoporsi all'esame del sangue. A differenza di María Eugenia Sampallo Barragán, altra figlia di desaparecidos che ha portato in tribunale i suoi apropiadores, Evelyn è rimasta legata alla nuova famiglia e il recupero della sua vera identità è stato per lei difficile e angoscioso. A distanza di tanti anni, gli orrori della dittatura pesano ancora sulla vita degli argentini. 24/4/2008 |
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Honduras, uccisa leader sindacale Altagracia Fuentes, segretaria della Cth (Confederación de Trabajadores de Honduras), è stata assassinata la notte del 23 aprile mentre, a bordo di un veicolo, si dirigeva verso la città di El Progreso. Uomini armati, con il viso coperto da passamontagna, hanno aperto il fuoco uccidendo la Fuentes e gli altri due occupanti del veicolo: Yolanda Sánchez, anch'essa dirigente sindacale, e l'autista Juan Bautista Aceituno. Protagonista di tante lotte nel movimento operaio, Altagracia Fuentes aveva presieduto per diversi anni la Federación Central de Sindicatos de Trabajadores Libres de Honduras. SCIOPERO NAZIONALE PARALIZZA QUINDICI CITTA'. Il paro nacional promosso il 17 aprile dalla Coordinadora Nacional de Resistencia Popular ha paralizzato l'attività in quindici delle maggiori città del paese, con cortei di migliaia di persone e blocchi stradali che hanno a lungo resistito ai tentativi di sgombero da parte di ingenti forze di polizia. Tra le richieste degli scioperanti, il controllo dei prezzi dei generi di prima necessità e un aumento generalizzato dei salari. La protesta è indirizzata contro il governo del presidente Zelaya, che nonostante l'adesione all'iniziativa chavista di PetroCaribe e l'invio, per la prima volta nella storia, di un ambasciatore all'Avana, applica la politica economica dettata dal Fondo Monetario Internazionale e si propone ora di privatizzare la compagnia energetica statale. 24/4/2008 |
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Colombia, arrestato il cugino del presidente Uribe Si era rifugiato nell'ambasciata del Costa Rica, ma questo paese ha respinto la sua richiesta di asilo. Così l'ex presidente del Senato Mario Uribe, cugino del capo dello Stato e suo principale alleato politico, ha dovuto abbandonare la sede diplomatica ed è stato arrestato. All'uscita una folla lo ha accolto al grido di "Assassino, assassino". Mario Uribe è accusato di legami con i gruppi paramilitari: si sarebbe accordato con le bande armate di estrema destra per scacciare dalle loro terre migliaia di contadini nei dipartimenti di Sucre e Antioquia. In due occasioni si sarebbe incontrato con il leader dei paras Salvatore Mancuso, con il quale avrebbe stretto patti elettorali agli inizi del 2002. È un altro tassello della cosiddetta narcopolitica, che ha portato dietro le sbarre 31 parlamentari, mentre altrettanti congressisti sono sotto inchiesta. Del resto gli stessi capi paramilitari si vantarono, dopo le elezioni del 2002, di controllare il 35% del Congresso. Nella vicenda di Mario Uribe è coinvolto direttamente il capo dello Stato Alvaro Uribe, che nel settembre scorso aveva chiamato il presidente della Corte Suprema César Julio Valencia, per chiedergli informazioni sulla pratica concernente il cugino: la circostanza era stata denunciata dallo stesso Valencia. Vale la pena ricordare che il padre del presidente Uribe ebbe rapporti, negli anni Ottanta, con noti narcotrafficanti del cartello di Medellín, in particolare con il clan Ochoa e con Pablo Escobar. E per completare il quadro, l'ex parlamentare della coalizione di governo Yidis Medina ha denunciato che nel 2005, con una serie di promesse, venne indotta a votare a favore della riforma costituzionale che permise l'anno successivo la rielezione di Alvaro Uribe. Secondo l'ex congressista, le promesse non furono mai mantenute. UCCISO UN ALTRO DIRIGENTE SINDACALE. Il cadavere di Jesús Caballero, dirigente del sindacato del Servicio Nacional de Aprendizaje, è stato trovato il 21 aprile con impressionanti segni di tortura a Sabanalarga, mille chilometri a nord di Bogotá. Caballero, che aveva ricevuto minacce dai paramilitari per essere stato tra i promotori della manifestazione del 6 marzo contro il terrorismo di Stato, era stato sequestrato il 16 aprile. Secondo dati della Cut, la centrale sindacale, dalla sua creazione nel 1986 sono stati assassinati 2.597 rappresentanti dei lavoratori: il 97% di questi crimini è rimasto impunito. 22/4/2008 |
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Coincidenza di vedute tra Quito e Buenos Aires "Affetto, ammirazione e gratitudine" sono i sentimenti che l'ecuadoriano Correa ha espresso nei confronti di Cristina Fernández, alla sua prima visita ufficiale a Quito. Al di là degli elogi, la presidente argentina ha ottenuto la firma di una serie di accordi economici, soprattutto in campo energetico, che appaiono assai vantaggiosi per Buenos Aires. Innanzitutto la costruzione della centrale idroelettrica Coca Codo Sinclair, di cui la compagnia statale argentina Enarsa controllerà il 30%. L'opera, destinata a diventare la più grande dell'Ecuador, permetterà a questo paese non solo di essere autosufficiente in campo energetico, ma di esportare energia elettrica. Altra intesa importante, quella relativa alla partecipazione argentina allo sfruttamento petrolifero in Amazzonia e nel Golfo di Guayaquil. Nel suo discorso Cristina Fernández ha sottolineato l'importanza di una battaglia culturale che superi quei momenti della storia del continente in cui i governi seguivano solo ricette provenienti dall'estero, disdegnando i valori locali: "Duecento anni fa abbiamo visto trionfi politici e militari che permisero l'indipendenza, ma forse cominciarono allora altre sconfitte, quelle delle battaglie culturali. Nei popoli di lingua spagnola si cominciò a credere che ciò che era nostro non aveva valore, che tutto ciò che era colorato o che poteva essere criollo non serviva". E Correa le ha risposto ribadendo i punti di coincidenza tra Argentina ed Ecuador nella decisione di affrontare con forza "l'interventismo camuffato, le estorsioni, i ricatti, le aggressioni di ogni tipo e ogni genere di attacchi alla nostra essenza nazionale, alla nostra sovranità". Si riferiva tra l'altro alla recente incursione colombiana in territorio ecuadoriano, che ha portato alla rottura delle relazioni diplomatiche tra Quito e Bogotá: attualmente in Colombia gli interessi ecuadoriani sono rappresentati dall'ambasciata argentina. 21/4/2008 |
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Paraguay, colorados sconfitti dopo oltre 60 anni Fernando Lugo, leader della coalizione di centrosinistra Alianza Patriótica para el Cambio, è riuscito a compiere il miracolo, interrompendo l'egemonia del Partido Colorado che durava da oltre sessant'anni. È stato infatti eletto presidente con il 40,7% dei voti, contro il 31,1% di Blanca Ovelar e il 21,8% dell'ex generale golpista Lino Oviedo. "Il 20 aprile segna una data storica per tutti - ha detto Lugo nel suo primo discorso dopo la vittoria - Abbiamo scritto una nuova pagina. D'ora in poi questo popolo sarà conosciuto per la sua onestà e non per la sua corruzione". Il pronto riconoscimento della sconfitta da parte della candidata colorada ha scongiurato i temuti episodi di violenza e la giornata di consultazioni si è conclusa con la gioia popolare. Ad Asunción decine di migliaia di persone si sono riversate nelle strade a festeggiare, al grido di "Se siente, se siente Lugo presidente". Per l'ex vescovo salito alla ribalta della politica non sarà però tutto facile: l'intera struttura politico-economica del paese è infatti nelle mani dei funzionari del vecchio regime. La sua coalizione è estremamente eterogenea: accanto a organizzazioni di sinistra e a gruppi sociali e contadini vi è il Partido Liberal Radical Auténtico, cui appartiene il vicepresidente eletto Federico Franco. E le sfide da affrontare sono molte: ridurre l'estrema povertà del paese, le disuguaglianze e la disoccupazione; combattere la corruzione diffusa a tutti i livelli; diminuire l'eccessiva dipendenza dalla coltivazione della soia, concentrata in poche mani, arrestando l'esodo delle famiglie contadine verso le città; rivedere gli accordi con il Mercosur, per correggere l'asimmetria esistente tra i paesi piccoli (Paraguay e Uruguay) e i colossi (Argentina e Brasile); rinegoziare con Argentina e Brasile i contratti per la fornitura di energia dai complessi idroelettrici di Itaipú e Yacyretá, attualmente venduta a prezzi irrisori; affrancarsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti, presenti in forze nella base aerea di Mariscal Estigarribia. Non erano mancati, durante la campagna elettorale, episodi drammatici: dall'uccisione in febbraio del dirigente contadino Geraldino Rotela, alla denuncia di un piano per assassinare lo stesso Lugo. L'ultimo delitto politico era avvenuto l'8 aprile a Curuguaty (dipartimento di Canindeyú): due killer avevano esploso colpi d'arma da fuoco contro il militante del Movimiento Popular Tekojojá Alfredo Avalos, ferendolo gravemente alla testa e uccidendo la moglie Silvana Rodrígues. 21/4/2008 |
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Bolivia, aggressione a rappresentanti indigeni Sale la tensione con l'approssimarsi del 4 maggio, giorno in cui si terrà il referendum sull'autonomia del dipartimento di Santa Cruz. Con lo statuto autonomo le autorità locali si arrogherebbero il diritto esclusivo a distribuire terre, raccogliere imposte, amministrare la giustizia e istituire proprie forze di polizia. Per timore di scontri il governo ha chiesto alle organizzazioni sociali, in particolare ai cocaleros del Chapare, di rinunciare alla prevista marcia sulla capitale del dipartimento. Il vicepresidente García Linera ha smentito le voci di invio di truppe o proclamazione di stato d'assedio nella zona "ribelle", ma ha ribadito che per il governo e per la giustizia la consultazione non è valida. Questo referendum, ha affermato, è nato per difendere gli interessi di un'élite "che innalza la bandiera dell'autonomia per coprire interessi personali". In contrapposizione alle spinte autonomiste dei possidenti di Santa Cruz, sabato 12 l'esecutivo ha riconosciuto l'autonomia di cinque gruppi autoctoni (chiquitano, ayoreo, yuracaré, moxeño, guarayo), sulla base della legge del 7 novembre 2007 che raccoglie le indicazioni della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni. Come tutta risposta, domenica 13 a Cuevo (sempre nel dipartimento di Santa Cruz) circa 700 persone armate di bastoni, pietre e coltelli, hanno teso un'imboscata ai rappresentanti dell'Asamblea del Pueblo Guaraní e ai funzionari governativi che si stavano dirigendo verso la regione di Itakuatía, per tenere un'assemblea generale. In seguito all'aggressione, undici persone risultano desaparecidas e una quarantina sono rimaste ferite. Un attacco analogo era avvenuto qualche giorno prima. E la protesta di latifondisti e grandi allevatori si esprime anche con picchetti che impediscono il traffico sulle arterie internazionali. In questo modo gli agrari cercano di opporsi al saneamiento, la regolarizzazione del possesso delle terre, spesso usurpate alle comunità indigene. Visto il clima di estrema violenza, il governo ha deciso la sospensione temporanea del saneamiento, ma i blocchi stradali continuano perché l'opposizione ha ora trovato un'altra bandiera: la "guerra dell'olio", che da marzo oppone il presidente Morales ai potenti produttori agricoli. Il conflitto è sorto in seguito alla decisione governativa di bloccare l'esportazione di olio di soia e di girasole per combattere le speculazioni e contribuire all'abbassamento dei prezzi al consumo. Morales ha già precisato che non intende fare marcia indietro: "Lo Stato sovvenziona la produzione di soia e con questa sovvenzione puniscono il popolo - ha detto riferendosi agli aumenti del mese precedente - Se non abbassano il prezzo nazionalizzeremo quelle fabbriche". L'indignazione di Morales è giustificata: a Cochabamba un'industria olearia di capitale peruviano ha sospeso la produzione, rischiando di creare problemi di approvvigionamento. Nel frattempo alla frontiera è stato sequestrato un quantitativo di oltre 26.000 litri di olio, che dovevano essere esportati clandestinamente in Perù: la ditta produttrice appartiene al leader dell'opposizione Branko Marinkovic, presidente del Comité Cívico di Santa Cruz. Da segnalare infine la rivelazione, fatta in questi giorni dallo stesso Morales, che la Cia aveva un informatore all'interno del palazzo governativo di La Paz. La scoperta risale al 2006: un ex generale della polizia lavorava per i servizi segreti statunitensi a pochi metri dall'ufficio del capo dello Stato. 18/4/2008 |
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Cile, la Concertación senza maggioranza Dopo essere stata sospesa dalla sue funzioni alcune settimane fa, la ministra dell'Istruzione Yasna Provoste è stata destituita il 16 aprile dal Senato per supposta negligenza di fronte a irregolarità finanziarie nel suo dicastero. Provoste, del Partido Demócrata Cristiano, si è proclamata innocente e ha potuto contare sull'appoggio pieno del governo, ma questo non ha impedito che il Senato imponesse la sua rimozione e l'allontanamento da ogni carica pubblica per cinque anni. Si tratta della prima destituzione di un ministro dalla fine della dittatura militare: un brutto colpo per la presidente Bachelet e per la coalizione di governo, che ha perso la maggioranza parlamentare. Ai voti della destra si sono infatti aggiunti quelli di alcuni transfughi, come l'ex democristiano Adolfo Zaldívar e Fernando Flores (ex Partido por la Democracia). Per la Concertación sembra concretizzarsi l'incubo del desalojo, il piano dell'opposizione mirante a scalzare il centrosinistra dal potere. Di fronte a questo pericolo la coalizione ha fatto quadrato, affermando che Yasna Provoste è vittima di una vendetta politica: "una vergogna", ha definito l'accaduto la presidente del Pdc Soledad Alvear. A sostituire l'ex ministra Provoste è stata chiamata la rettrice dell'Università Cattolica di Temuco, Mónica Jiménez de la Jara, che pur senza essere militante è considerata vicina alla Democrazia Cristiana. RINVIO A GIUDIZIO PER L'ESMERALDA. Tre ammiragli, due capitani di vascello e un tenente medico sono stati rinviati a giudizio per il sequestro e l'omicidio di oppositori politici nella nave scuola Esmeralda, trasformata durante la dittatura in centro di detenzione clandestino: tra le vittime, il caso più emblematico è quello di padre Miguel Woodward, di Cristianos por el Socialismo, arrestato da una pattuglia navale il 16 settembre 1973 e morto per le conseguenze delle torture. Particolarmente importante è l'accusa nei confronti degli ammiragli Adolfo Walbaum Wieber e Guillermo Aldoney Hansen, allora rispettivamente comandante e capo di stato maggiore della Prima Zona Navale. La presenza dei loro nomi nell'elenco degli imputati smentisce le affermazioni dei vertici della marina, secondo i quali nessun alto ufficiale si macchiò di violazione dei diritti umani. L'ammiraglio Aldoney è da sempre legato alla gerarchia cattolica (che non ha mai protestato per l'uccisione di padre Woodward): fu nominato responsabile della sicurezza papale durante la visita di Giovanni Paolo II nel 1986, quando papa Wojtyla comparve in pubblico accanto al dittatore Pinochet. I provvedimenti nei confronti dei sei ufficiali della marina sono stati disposti dalla giudice Eliana Quezada, decisa a perseguire colpevoli e complici nonostante le minacce di morte ricevute e l'aperto boicottaggio di alcuni suoi colleghi della Corte d'Appello di Valparaiso. 17/4/2008 |
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Haiti, la rivolta del pane Cinque morti e circa duecento feriti: questo il bilancio di due settimane di manifestazioni e di scontri per l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e del combustibile, che ha portato allo stremo il paese più povero della regione. Durante le proteste, iniziate nel sud e che hanno presto raggiunto la capitale, si sono registrati saccheggi e attacchi alle auto e alle installazioni della Minustah, la missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite. Un membro dei caschi blu, di nazionalità nigeriana, è stato ucciso a Port-au-Prince mentre camminava in abiti civili. Come conseguenza della crisi, sedici senatori dell'opposizione hanno votato il 12 aprile la destituzione del primo ministro Jacques Edouard Alexis e di tutto il suo governo: non è servita, a salvare Alexis, la decisione in extremis del presidente René Préval di ridurre il prezzo del riso importato. Qualche giorno prima Préval aveva annunciato una serie di misure per contenere gli aumenti di altri prodotti di base, come il latte e le uova, ma queste promesse non erano riuscite a fermare la rivolta. 12/4/2008 |
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Ecuador, Correa licenzia il ministro della Difesa A distanza di un mese dall'incursione colombiana in territorio ecuadoriano, il presidente Correa ha destituito il ministro della Difesa, Wellington Sandoval, come aveva fatto 48 ore prima con il capo dei servizi segreti militari. Come protesta contro il provvedimento, il comandante delle forze armate, generale Héctor Camacho, e il capo dell'esercito, generale Guillermo Vásconez, si sono dimessi. Alla base della rimozione di Sandoval, un articolo del quotidiano di Quito El Comercio, secondo il quale l'ufficio di controspionaggio dell'esercito riceve ogni anno, per "scambio di informazioni", tra i 16 e i 18 milioni di dollari dalla Cia. "Daremo un taglio a tutto ciò e avremo servizi di controspionaggio ecuadoriani, che non servano potenze straniere e attraverso queste l'aggressore del nostro paese", è stato il commento di Correa non appena letto il pezzo. Gli agenti statunitensi avrebbero fatto in modo che il governo venisse a conoscenza della violazione territoriale quando l'operazione era già terminata. La risposta del capo dello Stato è stata netta: non solo ha licenziato il titolare della Difesa, ma lo ha sostituito con Javier Ponce, un poeta e giornalista che ha spesso denunciato le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze armate nelle campagne. NUOVA LEGGE SULLE RISORSE PETROLIFERE. L'Assemblea Costituente ha approvato il 2 aprile una legge che incorpora al bilancio nazionale circa 5.000 milioni di dollari provenienti da fondi petroliferi. Tali risorse, che dovranno essere destinate unicamente a investimenti, accresceranno del 42% il bilancio statale per il 2008. Sono state inoltre attribuite al governo nuove funzioni in materia di concessione di crediti e indebitamento esterno dello Stato, funzioni che dal 2000 (anno della dollarizzazione) erano gestite dal Banco Central. A favore delle proposte del governo hanno votato tra gli altri il Movimiento Popular Democrático e Izquierda Democrática. In precedenza la Costituente aveva proibito l'installazione e l'uso di basi militari straniere nel paese. L'articolo, approvato con 89 voti a favore (su 105), verrà incorporato alla nuova Costituzione. Dal 2000 gli Stati Uniti occupano la base di Manta, ma il presidente Correa ha già annunciato che il contratto non verrà rinnovato e che alla sua scadenza, nel novembre dell'anno prossimo, i militari Usa dovranno abbandonare il territorio ecuadoriano. 9/4/2008 |
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Venezuela, la Sidor torna sotto controllo statale Il vicepresidente Ramón Carrizalez ha annunciato la decisione del governo di riprendere il controllo della Sidor (Siderúrgica del Orinoco), l'impresa situata nello Stato di Bolívar che era stata privatizzata nel 1997. La decisione è stata motivata con il desiderio di proteggere i diritti dei lavoratori, in lotta da un anno per il contratto collettivo e contro la pratica del subappalto. Attualmente il gruppo argentino Techint-Ternium possiede il 60% delle azioni della Sidor; un altro 20% è detenuto dallo Stato venezuelano e il restante 20% dai lavoratori. Ora il governo intende assumere la maggioranza, cancellando anche i debiti dell'impresa con i dipendenti. Già nel maggio del 2007 Chávez aveva minacciato di nazionalizzare la siderurgica, accusata di dare precedenza ai clienti esteri a detrimento della domanda interna, costringendo così lo Stato a importare grandi quantità di materiali dalla Cina e da altri paesi. In precedenza il presidente Chávez aveva annunciato l'intenzione di recuperare in tempi brevi il controllo dell'industria del cemento. Il provvedimento colpirà in particolare uno dei colossi del settore, la messicana Cemex, che in Venezuela possiede tre impianti, con una capacità di produzione di 4,6 milioni di tonnellate di cemento all'anno, e dà lavoro - direttamente o indirettamente - a 3.000 persone. Il presidente venezuelano critica il fatto che la maggior parte del prodotto venga destinata all'esportazione e non allo sviluppo del paese, dove esiste un deficit di alloggi di circa 1,8 milioni di unità. In marzo il governo di Caracas aveva ottenuto una significativa vittoria nella sua controversia legale con la ExxonMobil: la giustizia inglese aveva infatti sospeso l'embargo dei beni di Pdvsa, che era stato ordinato da un giudice di prima istanza dietro richiesta della compagnia statunitense. 9/4/2008 |
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Uruguay, sciopero generale e legge dell'impunità Si è svolto il 9 aprile lo sciopero generale convocato dalla centrale sindacale Pit-Cnt. L'adesione è stata quasi totale nella scuola e nella sanità, mentre scarsa è stata la ripercussione nei trasporti. A Montevideo diversi cortei sono confluiti davanti al Ministero dell'Economia e delle Finanze il cui titolare, Danilo Astori, si trovava a Miami per l'assemblea annuale del Banco Interamericano de Desarrollo (dove non ha nascosto la sua simpatia per un eventuale Tlc con gli Usa). Tra le richieste degli scioperanti, aumento di salario minimo e pensioni, innalzamento della soglia di esonero dall'imposta sul reddito, diminuzione dell'Iva, incremento del bilancio per la pubblica istruzione e annullamento della Ley de Caducidad, che garantisce l'impunità agli ex repressori. La maggior parte dei membri della segreteria del Pit-Cnt appartengono al Frente Amplio, di cui rappresentano i diversi settori: quello moderato (Vertiente Artiguista, Asamblea Uruguay di Astori, Partido Socialista di Tabaré Vázquez) e quello più combattivo (Partido Comunista, Partido de la Victoria del Pueblo). Queste differenti posizioni si sono riflesse nelle stesse motivazioni dello sciopero: per alcuni sindacalisti si trattava di premere sul governo per "approfondire i cambiamenti", per altri di esprimere il rifiuto della politica economica e sociale dell'esecutivo. Su una delle richieste sindacali, la revoca dell'impunità, esistono forti tensioni all'interno del Frente Amplio. Il presidente Tabaré Vázquez, nella sua campagna elettorale, aveva promesso di non abrogare la Ley de Caducidad, ma il congresso di dicembre del Frente Amplio aveva deciso di aderire alla battaglia per il suo annullamento. E la settimana precedente lo sciopero, su pressione della base e della sinistra del Frente, la coalizione ha deciso con 81 voti a favore, 9 contrari e 53 astensioni, di appoggiare la raccolta di firme per un referendum abrogativo. 9/4/2008 |
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Argentina, pene miti per gli apropiadores Otto anni di prigione per Osvaldo Rivas e sette per María Cristina Gómez Pinto, la coppia che nel 1978 "adottò" la piccola María Eugenia Sampallo Barragán, figlia di desaparecidos. Il capitano a riposo Enrique Berthier, il militare che consegnò la bambina ai due coniugi, è stato condannato a dieci anni. Una sentenza mite, criticata dalle Abuelas de Plaza de Mayo: "I giudici non capiscono la gravità di questi delitti". Era stata la stessa María Eugenia a denunciare i suoi apropiadores chiedendo per loro il massimo della pena, per averla privata della sua identità e averla separata dalla sua famiglia naturale: per anni le venne fatto credere di essere stata abbandonata dalla madre e solo nel 2001 riuscì a conoscere la verità grazie a un esame del Dna. I suoi veri genitori, Mirta Mabel Barragán e Leonardo Sampallo, impegnati nell'attività sindacale, erano militanti del Partido Comunista Marxista Leninista. Al momento del sequestro Mirta era incinta di sei mesi: di lei e del suo compagno si sa che furono condotti nel centro clandestino di detenzione El Atlético e poi in quello di El Banco. Nel febbraio del 1978 Mirta venne probabilmente trasferita all'Ospedale Militare per partorire: in seguito dei due si perde ogni traccia. Tre mesi dopo la nascita, la bambina veniva consegnata alla sua nuova "famiglia". Parlando con i giornalisti, María Eugenia ha delineato la portata del dramma dei bambini apropiados: "La domanda è se una persona che ha rubato un neonato, che gli ha nascosto di essere stato sottratto, che forse ha sequestrato e torturato i suoi genitori, che lo ha separato da loro e dalla sua famiglia, che gli ha sempre mentito sulle sue origini, che - più frequentemente di quanto si possa pensare - lo ha maltrattato, umiliato, ingannato, se una persona che ha fatto tutto questo o qualcosa di simile può conoscere e sentire che cos'è l'amore tra genitori e figli. Io rispondo di no, che il legame con questo tipo di persone resta contrassegnato dalla crudeltà e dalla perversione". Si calcola che i bambini "rubati" tra il 1976 e il 1983 siano stati 4-500. Con la loro paziente ricerca le Abuelas hanno finora ritrovato 87 nipoti: di questi, solo quattro hanno scelto di rimanere nelle famiglie adottive. Che qualche volta erano in buona fede e collaborarono con i figli alla ricerca della verità, ma in molti casi conoscevano l'origine dei neonati e cercarono fino all'ultimo di tenerla nascosta. 4/4/2008 |
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Argentina, conflitto agrario: a Cristina il primo round Le quattro grandi associazioni agrarie (Asociaciones Rurales de Buenos Aires y La Pampa, Federación Agraria Argentina, Confederaciones Rurales Argentinas, Sociedad Rural Argentina), riunite a Gualeguaychú, hanno deciso di sospendere per un mese i picchetti e i blocchi stradali che dal 15 marzo paralizzavano il paese. Si conclude così, almeno temporaneamente, il peggior conflitto sociale degli ultimi anni. La protesta contro l'aumento delle tasse alle esportazioni di soia ha avuto conseguenze pesanti soprattutto nelle città, in preda a un'acuta penuria di alimenti. Cristina Fernández, alle prese con la prima vera prova della sua presidenza, ha saputo rispondere con fermezza e decisione e l'imponente manifestazione del primo aprile a Plaza de Mayo le ha portato il sostegno di vasti settori della popolazione. Un sostegno simboleggiato da quel fazzoletto bianco che nella storica piazza le è stato consegnato da Hebe de Bonafini, presidente delle Madres. Nel suo discorso, Cristina Fernández ha mostrato la consapevolezza della posta in gioco: quello in corso non è un episodio di resistenza contro una nuova tassa, è un tentativo di destabilizzazione. Le campagne argentine stanno vivendo, grazie agli alti prezzi delle loro esportazioni, un momento di eccezionale prosperità, di cui però beneficiano quasi unicamente i grandi produttori: sono questi che si oppongono a una più equa redistribuzione della ricchezza. Il paese così si è diviso: da una parte la protesta agraria, con l'appoggio aperto della destra e gli esponenti delle classi medio-alte urbane che davano vita ai cacerolazos. Dall'altra il governo, sostenuto da buona parte della sinistra (compreso il Partido Comunista, mai tenero con il kirchnerismo) e dai piqueteros. "Siete venuti con una consegna, l'appoggio al governo nazionale e popolare - ha detto Cristina alla folla - Ma gli uomini e le donne che sono venuti lo hanno fatto anche per difendere sé stessi. Il proprio lavoro, le proprie conquiste e i propri sogni". I sondaggi le hanno dato ragione: se in un primo momento la maggioranza dell'opinione pubblica appariva ben disposta verso i produttori agricoli, si è poi inclinata verso le ragioni del governo. Che nel frattempo aveva parzialmente corretto il tiro, annunciando una serie di misure a favore dei piccoli e medi agricoltori e ottenendo così di dividere il fronte avversario. La guerra non è finita, ma il primo round è stato vinto da Cristina. 2/4/2008 |
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El Salvador, 787 bimbi desaparecidos Sono 787 i casi denunciati di bambini desaparecidos durante il lungo conflitto civile (1980-1992): molti sono stati rinchiusi in orfanotrofi oppure sono stati adottati da famiglie statunitensi o europee. Il 29 marzo a San Salvador si è celebrato il Día Nacional de la Niñez Desaparecida, istituito nel gennaio dello scorso anno. A organizzare l'evento l'Asociación Pro-Búsqueda de Niñas y Niños Desaparecidos, che ha già aiutato 335 persone, rapite in tenera età, a recuperare la propria identità e a incontrare la propria famiglia biologica. Nel marzo 2005 la Corte Interamericana per i Diritti Umani, con una sentenza clamorosa, aveva condannato lo Stato salvadoregno per il caso delle sorelline Ernestina ed Erlinda Serrano, scomparse nel 1982 nel dipartimento di Chalatenango, mentre nella zona era in corso un'operazione militare. Ma dalle autorità è venuta finora ben poca collaborazione alle indagini. 1/4/2008 |
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Cuba, liberalizzati i cellulari Il governo di Raúl Castro ha autorizzato la libera contrattazione del servizio di telefonia mobile, che verrà offerto da Etecsa (Empresa de Telecomunicaciones de Cuba). La decisione apre a tutti i cittadini l'accesso ufficiale ai cellulari, finora riservati agli stranieri, ai funzionari autorizzati, alle imprese miste e ai cubani residenti all'estero in visita sull'isola. In realtà molti già utilizzavano cellulari ottenuti grazie ad amici stranieri o reperiti sul mercato nero. Quest'ultima liberalizzazione giunge dopo quelle annunciate due settimane fa, che riguardavano la vendita di televisori, computer, forni a microonde, dvd e la concessione di soggiornare negli alberghi dell'isola. In quell'occasione il portavoce del Comitato Centrale del Partido Comunista, Barredo, aveva spiegato che le limitazioni al possesso di determinati beni erano state introdotte negli anni Novanta per "evitare la disuguaglianza in una società fortemente egualitaria". Quanto al divieto per i cubani di accedere agli hotel, era stato deciso durante il periodo speciale (dopo la caduta dell'Unione Sovietica) per privilegiare i turisti stranieri e le loro divise. Beni e servizi ora liberalizzati potranno essere pagati con pesos convertibili, la moneta in cui gli stranieri cambiano i loro dollari o i loro euro e che equivale a 24 pesos locali. Il peso convertibile potrebbe essere a breve svalutato, diventando più accessibile a quella parte della popolazione che non lavora a diretto contatto con il turismo. Il 28 febbraio il governo dell'Avana aveva sottoscritto, nella sede delle Nazioni Unite a New York, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e quello sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. 28/3/2008 |
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Chávez e Lula parlano di difesa ed energia Era scontato l'appoggio di Hugo Chávez alla proposta, avanzata dal brasiliano Lula nei giorni della recente crisi colombiana, di creare un Consiglio Sudamericano di Difesa. Appena giunto in Brasile per una visita di due giorni, il presidente venezuelano si è dichiarato entusiasta di questa iniziativa di "alleanza politica, economica e anche militare per difenderci, per assicurare la nostra indipendenza, in questo mondo di imperialismi e neoimperialismi e di guerre preventive". Chávez ha anche ricordato di aver già avanzato una proposta simile nel 1999: allora però nessuno gli aveva dato retta. "Ero un gallo solitario. Adesso siamo tanti galli e galline", ha commentato, aggiungendo che in fondo non si tratta di un'idea nuova: l'aveva avuta Simón Bolívar nel 1824, quando aveva convocato in un congresso a Panama le ex colonie spagnole. Va detto che sull'argomento esiste, tra Caracas e Brasilia, una piccola diversità di vedute: secondo i brasiliani, Chávez - che ha ribattezzato l'iniziativa "Nato del Sud" - le ha conferito una connotazione troppo antistatunitense. Nei due giorni di colloqui bilaterali sono stati affrontati anche i temi dell'ingresso nel Mercosur del Venezuela (ancora in attesa dell'assenso dei Parlamenti brasiliano e paraguayano) e dell'integrazione energetica: in quest'ambito è stato raggiunto un accordo di associazione tra le due compagnie petrolifere statali per un progetto nel nordest brasiliano. DI NUOVO AI FERRI CORTI QUITO E BOGOTA'. La morte di un cittadino ecuadoriano, Franklin Aizalia, nel corso dell'incursione colombiana del primo marzo contro le Farc, ha provocato una nuova crisi diplomatica tra Quito e Bogotá. "Chiunque si trovi in un accampamento di terroristi come quello di Reyes si espone al rischio assai elevato di essere attaccato, sia o no guerrigliero, perché rappresenta un legittimo obiettivo militare", ha affermato il ministro colombiano della Difesa Juan Manuel Santos, giustificando l'accaduto. Pronta la risposta della ministra ecuadoriana degli Esteri María Isabel Salvador: "Quando, attraverso un atto ingiusto, illegale e che viola il diritto internazionale, un paese attacca un altro e muore un ecuadoriano, come in questo caso, ci sarebbe motivo per uno scontro militare". In Colombia le dichiarazioni di Santos hanno avuto un'accoglienza controversa: non sono piaciute al ministro degli Esteri Fernando Araújo, mentre hanno incontrato il favore del generale Fredy Padilla. Del resto gran parte delle forze armate non nasconde la sua simpatia per la dottrina dell'attacco preventivo, tanto cara alla Casa Bianca. Il 18 marzo l'Organización de los Estados Americanos aveva ratificato, dopo 15 ore di trattative a porte chiuse, l'accordo raggiunto nel vertice del Gruppo di Rio. Alla risoluzione avevano dato il loro consenso sia la Colombia che l'Ecuador, pur se quest'ultimo non aveva potuto raggiungere il suo obiettivo di una condanna senza attenuanti dell'operato di Bogotá. I paesi dell'Oea, infatti, avevano dato un colpo al cerchio e uno alla botte, sanzionando l'incursione in territorio ecuadoriano, ma ribadendo l'impegno di "combattere le minacce delle organizzazioni criminali, in particolare di quelle legate ad attività del narcotraffico". 27/3/2008 |
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Messico, in difesa del petrolio López Obrador ha ribadito il 25 marzo, davanti a migliaia di persone riunite per l'assemblea informativa della Convención Nacional Democrática, che le azioni di resistenza civile contro la privatizzazione della compagnia statale Pemex inizieranno subito dopo la presentazione, da parte del governo, dell'iniziativa di riforma energetica. Il Pan e il Pri non si facciano illusioni, ha ammonito Amlo, il conflitto interno al Prd per la presidenza nazionale non "potrà eclissare" il movimento in difesa degli idrocarburi. Nonostante queste rassicurazioni, rivolte più che altro alla sua stessa base, è certo che le dispute intestine non giovano all'immagine del Partido de la Revolución Democrática nel paese. E l'assenza dall'assemblea degli esponenti di Nueva Izquierda non ha fatto che sottolineare la portata dei dissensi. L'elezione del nuovo presidente del Comitato Esecutivo Nazionale del partito ha visto accuse di irregolarità e contestazione dei risultati, che indicherebbero vincitore Alejandro Encinas Rodríguez, esponente dell'ala filo Amlo, contro Jesús Ortega Martínez, della corrente Nueva Izquierda. Mentre i simpatizzanti di López Obrador non riconoscono Felipe Calderón come presidente legittimo, Nueva Izquierda si dichiara disponibile a un rapporto istituzionale. Nel quadro della lotta per la difesa delle risorse energetiche si era svolta il 18 marzo una grande concentrazione nello Zócalo di Città del Messico, nel 70° anniversario dell'espropriazione petrolifera. In quell'occasione López Obrador aveva attaccato il titolare di Gobernación (Ministero dell'Interno) Juan Camilo Mouriño, al centro di un recente scandalo. Era stato lo stesso Amlo in febbraio a rivelare che Mouriño, a nome dell'impresa Transportes Especializados Ivancar di cui deteneva il controllo, aveva firmato sette contratti con Pemex tra il 2000 e il 2003, quando era presidente della Commissione Energia della Camera e poi come alto funzionario del Ministero dell'Energia (con Calderón come ministro). Negli stessi giorni erano tornate alla ribalta le accuse di brogli nelle presidenziali del 2006: la Corte Suprema aveva infatti deciso di respingere un ricorso della rivista Proceso, che aveva chiesto di poter ricontare le schede elettorali. Questa sentenza, mettendo la parola fine a ogni speranza di chiarimento, non fa che alimentare i dubbi e i sospetti. UCCISO DIRIGENTE CONTADINO. Il dirigente dell'Organización Agrodinámica Nacional, Armando Villarreal Martha, è stato assassinato il 14 marzo mentre, in compagnia del figlio Mauricio, si trovava davanti alla sua abitazione di Nuevo Casas Grandes, nello Stato di Chihuahua. Un commando armato gli ha sparato ripetute raffiche di mitraglietta alla testa. Villarreal aveva partecipato alle lotte contadine per la revisione del Tlcan, il Tratado de Libre Comercio de América del Norte. Alcune settimane fa aveva realizzato un presidio nelle installazioni dell'impianto petrolchimico di Ciudad Camargo per chiedere la riattivazione del settore, con l'obiettivo di rendere i prezzi di fertilizzanti e pesticidi più accessibili ai piccoli coltivatori messicani. 25/3/2008 |
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Colombia, il terrore di Stato contro i sindacati "È una rappresaglia per aver messo in piazza gli innumerevoli crimini commessi nella totale impunità dai paramilitari negli ultimi due decenni". Così Iván Cepeda, figlio del senatore comunista Manuel Cepeda ucciso nel 1994, commenta l'ondata di violenza che colpisce in questi giorni militanti sindacali e dirigenti di movimenti sociali. È la risposta del sistema alla manifestazione del 6 marzo contro il terrorismo di Stato, che ha visto centinaia di migliaia di persone sfilare nella capitale e in altre venti città colombiane (erano 200.000 solo a Bogotá) e che ha avuto un'eco in tutto il pianeta, Italia compresa. La mobilitazione, promossa dal Movimiento Nacional de Víctimas de los Crímenes de Estado, si è svolta in aperta sfida al governo Uribe, che aveva dato la sua adesione alla marcia del 4 febbraio contro "la violenza delle Farc", mentre aveva definito l'iniziativa del 6 marzo un "appoggio alla guerriglia". Già due giorni prima della manifestazione si era registrata la prima vittima: Carmen Carvajal Ramírez, docente presso un istituto superiore di Ocaña (nel dipartimento di Norte de Santander) e dirigente sindacale, colpita a morte sulla porta di casa da due uomini con il volto coperto. Il 5 marzo veniva sequestrato Leonidas Gómez Rozo, leader del sindacato bancari della capitale: il suo corpo era ritrovato il 7. Quello stesso giorno erano assassinati Rafael Boada (anch'egli del sindacato bancari) a Bucaramanga e Gildardo Gómez Alzate, del sindacato insegnanti di Antioquia, a Medellín. Il 12 marzo era rinvenuto in una discarica, con chiari segni di tortura, il cadavere di Carlos Burbano, leader sindacale di San Vicente de Caguán (nel dipartimento di Caquetá). Burbano, che da tempo denunciava i soprusi dell'esercito nella regione, era stato sequestrato il 9 marzo, dopo aver organizzato con successo il locale corteo contro il terrorismo di Stato. Infine il 22 marzo, a Riohacha, sconosciuti facevano irruzione nell'abitazione di Adolfo González Montes, dirigente del Sindicato Nacional de los Trabajadores de la Industria del Carbón, e lo uccidevano dopo averlo torturato. Una riprova che i gruppi paramilitari, ufficialmente smobilitati, sono tuttora liberi di agire nella totale impunità, al soldo di grandi proprietari o di compagnie straniere. E l'offensiva antisindacale si registra anche sul piano legislativo. Il 12 marzo la Corte Suprema ha respinto il ricorso del sindacato, che denunciava l'incostituzionalità di parte della riforma governativa sul lavoro varata nel 2002. "Adeguare il paese ai nuovi tempi": con questo slogan il presidente Uribe aveva lanciato la sua riforma. Meno tutele per i dipendenti (diminuzione delle retribuzioni per i giorni festivi e per i fine settimana, allungamento dell'orario di lavoro e possibilità di licenziamento senza giusta causa) in cambio di un aumento dell'occupazione. In questi anni la riforma ha garantito agli imprenditori eccezionali profitti extra, mentre dei nuovi posti di lavoro promessi ne sono stati creati meno della metà. Ora la sentenza della Corte Suprema costituisce un indubbio successo per il capo dello Stato, che mira ad attirare investimenti esteri e preme per una sollecita approvazione, da parte del Congresso Usa, del Tratado de Libre Comercio. 23/3/2008 |
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Perù, il governo contro il fantasma Chávez Continua a calare la popolarità del presidente Alan García: se a Lima la sua gestione incontra l'approvazione del 39% della popolazione, nelle regioni andine questa percentuale crolla al 10%. Recentemente nel dipartimento di Puno, a maggioranza indigena e tra i più poveri e abbandonati del paese, il presidente Hernán Fuentes si è pronunciato a favore di un regime federale, che consenta "maggiore autonomia amministrativa e politica". Le richieste di autonomia di Puno, un tentativo di "sedizione" secondo il primo ministro Jorge del Castillo, sono sorte in seguito a un contestato esame nazionale per i maestri della scuola pubblica: Fuentes ha annunciato l'intenzione di promuovere un esame locale per gli insegnanti del dipartimento. In precedenza lo stesso Fuentes aveva sfidato le autorità centrali con un'ordinanza che dichiarava "patrimonio culturale" la foglia di coca: come tutta risposta Lima lo aveva accusato di appoggiare il traffico di droga. Gli attacchi a Fuentes servono in realtà al governo e alla stampa conservatrice per scagliarsi contro l'influenza di Hugo Chávez nella regione. È questo il fantasma rispolverato contro ogni sciopero o protesta. I parlamentari della maggioranza, con l'appoggio della destra e dei fujimoristi, hanno istituito una commissione d'inchiesta sui presunti finanziamenti di Caracas ai movimenti sociali peruviani: il bersaglio sono le Casas del Alba (Alternativa Bolivariana para las Américas), avviate proprio a Puno sotto gli auspici di Fuentes (che non nasconde le sue simpatie per Chávez) e l'Operación Milagro, che grazie a fondi venezuelani e al lavoro volontario di medici cubani ha operato agli occhi, gratuitamente, oltre 5.000 peruviani. Insieme al fantasma chavista, l'influenza della guerriglia colombiana sui movimenti di protesta costituisce un ottimo pretesto per giustificare l'escalation repressiva. Due presunti membri delle Farc, Johnny Cárdenas e Dayvis Vivas, sono stati catturati a Iquitos e il governo ha deciso di giocare questa carta per accusare l'opposizione di legami con l'organizzazione guerrigliera. L'annuncio dell'arresto dei due è stato fatto il 19 marzo, proprio mentre uno sciopero di 48 ore contro il provvedimento che apre la strada alla privatizzazione dell'Amazzonia si concludeva con il ferimento di sette persone. I due catturati - secondo le autorità - sarebbero giunti in Perù per "aizzare la popolazione" e "destabilizzare il paese". 19/3/2008 |
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Argentina, i delitti della Triple A non prescrivono La giustizia argentina ha aperto uno spiraglio per la punizione dei delitti della Triple A. Una sentenza del 17 marzo afferma che omicidi, sequestri e attentati compiuti da quell'organizzazione terroristica sono "crimini di lesa umanità" e come tali non prescrivibili. L'inchiesta sulla Triple A chiama in causa non solo gli ex agenti Rodolfo Almirón e Miguel Angel Rovira, dirigenti operativi della banda, e Felipe Romeo, direttore del suo organo di diffusione (la rivista El Caudillo), ma lo stesso capo di Stato dell'epoca, Isabel Martínez, vedova di Perón. La sentenza costituisce una novità perché segnala che anche in un governo costituzionale possono essere perpetrati delitti di questo tipo. Azioni commesse nell'ambito di "un attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione civile", da parte di "un'associazione illegale concepita in un settore dello Stato con l'obiettivo di perseguire clandestinamente" gli oppositori politici. Il riferimento è naturalmente al Ministero del Benessere Sociale diretto da José López Rega (che pur arrestato ed estradato dalla Spagna è morto nel 1989 senza essere condannato). E sempre a proposito di violazioni dei diritti umani, nel suo discorso del primo marzo alla Camera la presidente Cristina Fernández aveva annunciato che lo Stato avrebbe offerto una ricompensa per la cattura degli ex repressori, considerandoli alla stregua dei narcotrafficanti e dei sequestratori. L'annuncio aveva ottenuto l'applauso di ministri e parlamentari, ma non dei comandanti delle forze armate. SI "SUICIDA" UN ALTRO EX REPRESSORE. Si chiamava Paul Alberto Navone ed era un ex tenente colonnello dell'esercito. Poche ore dopo avrebbe dovuto presentarsi a testimoniare sulla sua partecipazione alla sottrazione di neonati nell'Ospedale Militare di Paraná, ma il 25 febbraio è stato trovato cadavere in un albergo della Fuerza Aerea ad Ascochinga (provincia di Córdoba), con un proiettile nella tempia. Paul Alberto Navone si è ucciso? Molti ne dubitano, perché cominciano a essere troppi i casi in cui il suicidio chiude per sempre la bocca di un ex repressore, impedendogli di indicare i complici e soprattutto di gettar luce su uno dei crimini più odiosi della dittatura: l'appropriazione dei figli dei desaparecidos. Tra quanti non credono alla facile versione del suicidio vi è la presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, Estela de Carlotto, che in un'intervista al quotidiano di Buenos Aires Página/12 denuncia una vera e propria "eliminazione" dei militari sotto inchiesta. "A noi Abuelas preoccupa moltissimo che scompaiano da questo mondo senza poter parlare, senza poter raccontare una storia vecchia di 31 anni e che è tanto dolorosa non solo per noi, ma per le stesse vittime, che sono oggi i giovani che stiamo trovando e che hanno vissuto in questa menzogna per tanto tempo". 18/3/2008 |
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Paraguay, si preparava un attentato contro Lugo? Il responsabile della campagna elettorale di Apc (Alianza Patriótica para el Cambio), Miguel López, ha denunciato un piano per attentare alla vita del candidato dell'Alianza Fernando Lugo. L'attentato avrebbe dovuto avvenire a Salto del Guairá, località alla frontiera con il Brasile, dove era prevista un'iniziativa elettorale. Altri esponenti di Apc hanno affermato invece che l'atterraggio di emergenza effettuato dall'aereo di Lugo nei pressi di Salto del Guairá è stato provocato dal maltempo e non dal timore di attentati. Queste voci contraddittorie testimoniano comunque il clima di tensione nel paese all'avvicinarsi della data delle consultazioni, fissate per il 20 aprile. Il 23 febbraio era stato assassinato, nella zona di San Juan Nepomuceno (dipartimento di Caazapá), il dirigente contadino Geraldino Rotela, del Movimiento Popular Tekojoja, mentre il fratello Emanuel era rimasto gravemente ferito. Sempre in febbraio il Partido de los Trabajadores aveva denunciato l'arresto di sei dirigenti dell'Alianza Patriótica Socialista, accusati di invasione di terre. Nonostante i tentativi di seminare il terrore nella popolazione, l'ex vescovo resta in testa nei sondaggi, con il 34,5% delle intenzioni di voto. La speranza di un cambiamento si manifesta anche nelle continue mobilitazioni sindacali e sociali. L'11 marzo centinaia di contadini e maestri hanno percorso le strade di Asunción. I contadini, riuniti nella Mesa Coordinadora Nacional de Organizaciones Campesinas, hanno denunciato "la criminalizzazione delle lotte sociali" e hanno ribadito l'intenzione di continuare la lotta "per una vera riforma agraria", in particolare per il recupero delle terre assegnate a latifondisti durante la dittatura di Alfredo Stroessner. Gli aderenti all'Organización de Trabajadores de la Educación hanno chiesto la destinazione di maggiori risorse al settore e il pagamento degli stipendi a migliaia di maestri ad honorem che insegnano nelle regioni interne del paese. LIEVI CONDANNE PER IL ROGO. Il 2 febbraio si è concluso in prima istanza il processo per il tragico incendio nel supermercato Ycuá Bolaños di Asunción, che il primo agosto 2004 provocò 396 morti e oltre 500 feriti. Il principale azionista, Juan Pío Paiva, è stato condannato a dodici anni, il figlio Víctor Daniel Paiva a dieci anni, la guardia Daniel Areco a cinque e Humberto Casaccia, socio di minoranza, a due anni e sei mesi. Nel dicembre del 2006 il tribunale aveva previsto pene non superiori ai cinque anni di prigione per "omicidio colposo", ma l'indignazione e la protesta di familiari e amici delle vittime erano state tali da impedire la lettura della sentenza e da indurre in seguito la Corte Suprema ad annullare quel primo giudizio. Le responsabilità dei proprietari nella tragedia sono infatti pesanti: come è emerso dal dibattimento, non solo i locali erano privi delle più elementari misure di sicurezza, ma allo scoppio delle fiamme venne ordinato alle guardie di sbarrare le porte, perché quanti si trovavano all'interno del centro commerciale non potessero allontanarsi senza pagare. I parenti delle vittime, riuniti nei pressi del tribunale con bandiere e fotografie degli scomparsi, hanno espresso la loro delusione per queste condanne ancora troppo miti. In un viale erano state installate 400 sedie bianche vuote, a simboleggiare l'attesa di giustizia. Il pubblico ministero, che aveva chiesto 25 anni, ha preannunciato il ricorso in appello. 16/3/2008 |
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Guatemala, Colom ci ripensa: per ora no al boia Il presidente Colom ha annunciato in una conferenza stampa che porrà il veto alla legge che gli concede la facoltà di accordare o rifiutare la grazia ai condannati a morte. Si ritorna così alla situazione di vuoto legale esistente dal 2000, situazione che ha prodotto di fatto una sospensione delle esecuzioni. Parlando ai giornalisti, il capo dello Stato ha affermato che la legge ha aspetti incostituzionali e che "la pena capitale non costituisce un deterrente per la violenza". Una significativa marcia indietro rispetto a quanto lo stesso Colom aveva sostenuto solo un mese prima, quando aveva manifestato l'intenzione di non graziare i 21 condannati a morte rinchiusi nelle carceri del paese. A fargli cambiare idea sembra siano state le pressioni internazionali, i richiami della Chiesa cattolica e delle organizzazioni per i diritti umani e la contrarietà dello stesso vicepresidente Rafael Espada. Ma non è detto che non ci ripensi: bisognerà attendere l'opinione della Corte Costituzionale e i risultati di una commissione istituita per analizzare il problema. Da notare che il 18 dicembre, all'Assemblea Generale dell'Onu, il Guatemala aveva votato a favore della moratoria della pena di morte. Secondo i sondaggi, però, la maggioranza della popolazione è favorevole alla massima pena, vista come un argine agli altissimi indici di violenza: in soli quattro giorni, agli inizi di febbraio, le bande giovanili (le cosiddette maras) hanno assassinato sette conducenti di autobus cui cercavano di estorcere denaro. Accanto alla violenza della criminalità, l'impunità di cui ancora godono i responsabili di violazioni dei diritti umani durante il lungo conflitto interno. Il 25 febbraio centinaia di persone si erano date appuntamento nella capitale per celebrare il Día Nacional de la Dignidad de las Víctimas de la Guerra e per chiedere al presidente Colom di dar compimento al Programma Nazionale di Risarcimento. Creato nell'aprile del 2003, il Programma è rimasto in pratica lettera morta perché non esistono registri ufficiali che documentino quanti hanno diritto all'indennizzo. Si sa solo che 36 anni di guerra hanno provocato 200.000 morti, appartenenti in gran parte alla popolazione maya. In più del 90% dei casi i colpevoli erano membri dell'esercito. Sono passati dodici anni dagli accordi di pace, ma il panorama è ancora desolante. "Davanti alla cifra del 98% di impunità negli attacchi contro i difensori dei diritti umani, la giustizia in Guatemala si trasforma in una parola vuota": questa la conclusione dell'inviata speciale delle Nazioni Unite, la pachistana Hina Jilani. Tra il luglio 2002 e il dicembre 2007 sono stati uccisi 50 attivisti per i diritti umani, di cui 23 solo negli ultimi due anni. 14/3/2008 |
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Bolivia, Morales accetta il rinvio dei referendum Il presidente Morales ha accettato il rinvio dei referendum sulla
nuova Costituzione e sugli statuti delle autonomie regionali, che dovevano
tenersi il 4 maggio. Il rinvio è stato deciso dal Tribunale Nazionale
Elettorale, che lo ha motivato con problemi legali e con i rischi per la
stabilità democratica del paese. Morales ha inoltre dichiarato alla stampa che
non porrà obiezioni alla partecipazione di osservatori nazionali o stranieri ai
prossimi incontri con i prefetti dei dipartimenti autonomisti di Santa Cruz,
Beni, Tarija e Pando e che concorda sul fatto che sia il Congresso a convocare
le nuove consultazioni. "Queste decisioni del Tribunale Nazionale
Elettorale devono essere la base per aprire una nuova fase di dialogo,
soprattutto perché si rispetti la legalità, la democrazia e l'unità del
paese", ha affermato il capo dello Stato. Ma il prefetto di Santa Cruz,
Rubén Costas, ha preannunciato che "non si torna indietro"
nell'organizzazione del referendum sull'autonomia e i dipartimenti di Tarija,
Beni e Pando intendono seguirne le orme.
La data per la consulta popolare sulla
Costituzione era stata decisa dal Congresso a fine febbraio nel corso di una
seduta drammatica, mentre migliaia di minatori, cocaleros,
studenti universitari circondavano il Palazzo Legislativo in appoggio al capo dello
Stato e la cosiddetta Policía Comunitaria indigena controllava le
porte dell'edificio. La settimana scorsa Morales, nella sua
veste di presidente delle sei federazioni cocaleros di Cochabamba, aveva
deciso l'espulsione dalla regione dell'agenzia Usaid, organismo
finanziato dal Dipartimento di Stato Usa con il pretesto ufficiale di favorire
lo sviluppo.
11/3/2008
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E alla fine una stretta di mano Dopo sette ore di discussione con reciproco scambio di pesanti accuse, il vertice del Gruppo di Rio svoltosi il 7 marzo a Santo Domingo è terminato, inaspettatamente, con una stretta di mano tra i protagonisti della crisi che aveva portato Colombia, Ecuador e Venezuela sull'orlo della guerra. La felice conclusione è stata resa possibile dalla decisione di Uribe di chiedere scusa per iscritto all'Ecuador e di impegnarsi a non violare mai più la sovranità di altri paesi della regione. Un impegno ripreso dalla Dichiarazione finale del vertice: "Respingiamo questa violazione all'integrità territoriale dell'Ecuador e riaffermiamo il principio che il territorio di uno Stato è inviolabile e non può essere oggetto di occupazione militare né di altre misure di forza", si legge nel documento. A convincere Uribe a cedere, secondo gli osservatori, sono stati l'isolamento in cui si è trovato nell'ambito dei paesi latinoamericani e il fitto lavorio diplomatico realizzato in particolare dal messicano Felipe Calderón (il Messico ha assunto quest'anno la segreteria pro tempore del Gruppo di Rio, erede del Gruppo di Contadora) e dall'argentina Cristina Fernández. Si è conclusa in tal modo la crisi provocata dall'applicazione, per la prima volta in Sud America, della dottrina dell'attacco preventivo. Ma a dispetto dei sorrisi e delle dichiarazioni che danno per superata la controversia, i problemi nella regione permangono, anche perché il governo di Bogotá non è certo disposto a rinunciare all'opzione militare contro la guerriglia. Altro elemento di preoccupazione è l'ipotesi, avanzata da esperti militari argentini, che l'incursione in territorio ecuadoriano sia stata appoggiata da aerei statunitensi, che partendo dalla base di Manta avrebbero utilizzato "bombe intelligenti" (la concessione della base alle forze Usa scade il prossimo anno e il presidente Correa ha già annunciato da tempo che non verrà rinnovata). A questo punto appare estremamente positiva, anche se di non facile realizzazione, la proposta emersa a Santo Domingo di ampliare il Gruppo di Rio per trasformarlo in un'Organizzazione degli Stati Latinoamericani, da contrapporre all'Oea dominata dagli Usa. Alle frontiere colombiane la tensione rimane comunque alta. Lunedì 10 si è appreso che in un ospedale dello Stato venezuelano di Táchira era stato ricoverato ferito un presunto guerrigliero: secondo alcune versioni, si trattava di Joaquín Gómez, il successore di Raúl Reyes. Dopo una ridda di voci e di smentite, l'identificazione del ferito con Gómez è stata esclusa. Tre giorni prima si era saputo dell'uccisione del numero 3 delle Farc, Iván Ríos, morto in circostanze poco chiare (sarebbe stato assassinato da un membro della guerriglia che si è poi arreso ai soldati). Nel frattempo, nella zona teatro dell'attacco l'esercito di Quito ha trovato altri due cadaveri e ha arrestato cinque persone, tutte colombiane, probabilmente appartenenti alle Farc. Gli avvenimenti del primo marzo hanno infine provocato un'accesa polemica in Messico, per la presenza nell'accampamento delle Farc di alcuni studenti messicani, provenienti dalla più prestigiosa università latinoamericana, l'Unam (Universidad Nacional Autónoma de México). Alcuni informatori accusano la giovane Lucía Andrea Morett, unica messicana sopravvissuta al bombardamento, di essere a capo di un gruppo di fiancheggiatori della guerriglia che operavano presso l'Unam. 11/3/2008 |
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Energia in cambio di alimenti Energia venezuelana in cambio di alimenti argentini. Questo in sintesi quanto hanno concordato il 6 marzo Buenos Aires e Caracas. Il mutuo vantaggio è ben delineato dalle parole di Cristina Fernández: "Il Venezuela è ricchissimo di petrolio e gas. L'Argentina ha capacità di produzione di cibo per oltre 500 milioni di abitanti e ne ha solo 40". L'accordo apre tra l'altro le porte alla costruzione di una società mista tra le compagnie statali Pdvsa ed Enarsa. Per Buenos Aires in preda a una crisi energetica che minaccia di portare all'interruzione dei cicli produttivi, il carburante venezuelano ha importanza vitale e ben si comprende la soddisfazione argentina di fronte all'impegno assunto da Hugo Chávez di fornire fino a 2.300.000 barili di diesel e fino a 100 milioni di olio combustibile. "Garantiremo tutta l'energia di cui l'Argentina ha bisogno per il secolo XXI", ha assicurato il presidente venezuelano. Quanto a Caracas, potrà contare non solo su accresciute forniture di prodotti alimentari, ma su un aiuto in termini di know how per produrre in modo più efficiente. L'accordo tra Argentina e Venezuela sopraggiunge meno di due settimane dopo l'incontro a Buenos Aires tra Cristina Fernández, il presidente brasiliano Lula e il boliviano Morales. In quel vertice era emersa l'impossibilità per La Paz di garantire la quantità di gas pattuita ad Argentina e Brasile (rispettivamente 7,7 e 30 milioni di metri cubi al giorno): con un'economia regionale in forte crescita, la produzione boliviana non riesce a soddisfare al tempo stesso il consumo interno e la domanda dei due paesi vicini. Visto che i contratti tra La Paz e Brasilia prevedono, in caso di inadempienza, il pagamento di una penale, sarebbero stati gli argentini a dover subire un drastico taglio sul quantitativo previsto (già oggi ridotto a meno della metà). I brasiliani del resto avevano avvertito di non essere disposti a rinunciare "a una sola molecola di gas importato dalla Bolivia": così l'unica intesa raggiunta tra le parti era stata la creazione di un Gruppo Coordinatore, composto dai ministri dell'Energia dei tre Stati. Prima della conclusione della riunione, comunque, Lula si era offerto di aiutare l'Argentina con la fornitura in via eccezionale di energia elettrica. Un aiuto quasi obbligato, considerati gli stretti legami economici tra i due colossi del Sud America: il giorno prima del vertice sull'energia, Cristina Fernández e Lula avevano siglato accordi nei campi della farmacologia, della nanotecnologia, dell'aeronautica e dell'energia nucleare. 6/3/2008 |
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"Violata la sovranità dell'Ecuador" Sono state necessarie 14 ore di intensi negoziati, ma alla fine il Consiglio Permanente dell'Oea (Organización de los Estados Americanos) è riuscito ad approvare una risoluzione sulla crisi scatenata dall'incursione colombiana in territorio ecuadoriano. Nel testo si afferma che la Colombia ha violato la sovranità dell'Ecuador, anche se l'azione di Bogotá non viene condannata in forma esplicita. Viene inoltre istituita una commissione, diretta dal segretario generale José Miguel Insulza e composta da quattro ambasciatori, che visiterà entrambi i paesi per redigere un rapporto sui fatti. Intanto il presidente Correa sta realizzando un viaggio internazionale, per sollecitare il sostegno degli altri paesi della regione nella controversia con la Colombia. Martedì 4 si è incontrato a Lima con il suo omologo peruviano Alan García che, sia pure con qualche distinguo, ha riconosciuto che l'accaduto rappresenta una violazione del diritto internazionale. Un'ammissione importante, considerato che García è il miglior alleato di Uribe in Sud America e che i rapporti tra Perù ed Ecuador non sono sempre stati pacifici (basti pensare ai conflitti tra i due paesi scoppiati a più riprese nel secolo scorso). Correa si è poi recato in Brasile, dove ha ricevuto un sostegno assai più convinto e senza mezzi termini. Il ministro degli Esteri di Brasilia, Celso Amorim, ha anche criticato l'appoggio espresso da Washington al suo alleato Uribe. Terza tappa, il Venezuela, dove il presidente ecuadoriano è stato accolto da Hugo Chávez con tutti gli onori e con la riconferma del pieno appoggio venezuelano. A Caracas Correa ha avuto inoltre un colloquio con la presidente argentina Cristina Fernández, alla quale ha ribadito il suo ringraziamento per la ferma posizione di Buenos Aires in difesa della sovranità territoriale. Anche il presidente nicaraguense Daniel Ortega e quello panamense Martín Torrijos hanno espresso la loro solidarietà alla causa dell'Ecuador. Nel frattempo il governo di Bogotá sta preparando la sua contromossa, la denuncia di Chávez davanti alla Corte Penale Internazionale dell'Aia per aver "patrocinato e finanziato" le Farc. Incurante del rischio di aggravare il conflitto in atto, Uribe intende utilizzare le prove trovate - a suo dire - nel computer di Raúl Reyes. Il ministro degli Esteri di Caracas, Nicolás Maduro, ha preferito non rispondere alle accuse, limitandosi a definirle "ridicole". 6/3/2008 |
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Venti di guerra in Sud America Non si è trattato di uno scontro a fuoco tra esercito e guerriglieri, ma di un massacro a freddo. L'incursione di militari colombiani in Ecuador, che il primo marzo ha portato all'uccisione di una ventina di insorti, tra cui il numero due delle Farc Raúl Reyes (e la moglie Olga Marín, figlia di Manuel Marulanda), è stata un'azione "pianificata", sostiene il presidente ecuadoriano Correa. Il bersaglio era proprio Reyes, la cui posizione era stata individuata grazie a una conversazione telefonica. I guerriglieri sono stati sorpresi da un intenso bombardamento mentre dormivano nel loro accampamento, come confermano i racconti dei pochi sopravvissuti e lo stato dei corpi rinvenuti sul luogo. Questi elementi smentiscono la versione di Bogotá secondo la quale i soldati hanno sconfinato senza volerlo, inseguendo i guerriglieri in fuga. La tensione al confine tra Colombia ed Ecuador è altissima. Il 3 marzo Quito ha rotto le relazioni diplomatiche con la Colombia e già il giorno precedente aveva schierato le truppe a difesa della frontiera. Per tutta risposta Uribe ha accusato l'Ecuador di legami con la guerriglia delle Farc. Un'accusa ridicola: il ministro della Sicurezza, Gustavo Larrea, ha ammesso di aver incontrato Reyes nel gennaio scorso, nel quadro dei contatti volti a ottenere la liberazione dei sequestrati. E il presidente Correa ha rivelato che il sanguinoso attacco colombiano ha frustrato la liberazione di Ingrid Betancourt e di altri undici ostaggi, che si sarebbe concretizzata a marzo proprio in territorio ecuadoriano. Reyes, il cui vero nome era Luis Edgar Devia, stava infatti trattando per lo scambio umanitario di prigionieri e aveva il compito di concretizzare un incontro con il presidente francese Sarkozy. La sua morte rende più difficile ogni trattativa, proprio quando le Farc avevano dato prova di essere disposte al dialogo. Dopo il rilascio in gennaio di Clara Rojas e Consuelo González, a fine febbraio erano stati liberati senza contropartita altri quattro ostaggi: i parlamentari Luis Eladio Pérez, Gloria Polanco de Lozada, Orlando Beltrán e Jorge Eduardo Gechem. Questa circostanza avvalora l'ipotesi che l'azione militare del primo marzo sia stata ispirata dai falchi in seno al governo Uribe, con l'unico scopo di fermare il negoziato. Non meno tesa la situazione al confine tra Colombia e Venezuela: Chávez ha richiamato l'ambasciatore a Bogotá e ha deciso di schierare i carri armati alla frontiera, avvertendo Uribe che un'azione analoga in territorio venezuelano sarebbe causa immediata di guerra. Da parte colombiana sono allora arrivate le accuse più assurde: nel computer personale di Reyes sarebbero state rinvenute le prove dei legami tra le autorità di Caracas e di Quito e le Farc, dal traffico di uranio e droga a donazioni alla guerriglia per centinaia di milioni di dollari. A detta degli esperti, è assai poco probabile che un guerrigliero pieno d'esperienza come Reyes conservasse tali informazioni sul suo computer. Matutto (anche le voci che le Farc progettassero di costruire una "mini atomica") serve per inserire l'accaduto nel quadro della lotta al terrorismo, il pretesto con cui coprire ogni ingerenza o invasione. Che cosa ha spinto Uribe a un'operazione così rischiosa sul piano dei rapporti internazionali? Innanzitutto l'obiettivo di far fallire le mediazioni umanitarie tanto faticosamente intessute in questi ultimi tempi, e in prospettiva ogni possibile soluzione di pace. Il potere di Uribe, e la sua speranza di farsi rieleggere per la terza volta, si basano sull'appoggio della destra guerrafondaia, delle forze armate e di George W. Bush. A questo proposito va ricordato che si avvicinano le elezioni statunitensi: anche se tutti i candidati hanno espresso il loro sostegno a Bogotá, un democratico alla Casa Bianca potrebbe significare una diversa politica di Washington nella regione. Meglio approfittare della presenza di Bush, che infatti ha subito dichiarato il suo sostegno al "nostro alleato democratico". Per il resto, a livello internazionale il governo colombiano è apparso isolato: condanne del raid, sia pure con accenti diversi, sono arrivate non solo dal Venezuela e da Cuba, ma anche dal Brasile, dall'Argentina, dalla Bolivia, dal Cile di Michelle Bachelet, dal Perù di Alan García, dal Costa Rica, persino dal Messico. In Europa, alla contrarietà espressa dalla Francia si è unita quella dell'Italia: il ministro degli Esteri D'Alema ha definito l'incursione in territorio ecuadoriano "in contraddizione con gli sforzi fatti per aprire dei canali diplomatici". 5/3/2008 |
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Uruguay, dietro il rimpasto la crisi del Frente Amplio Secondo la spiegazione fornita dal presidente Tabaré Vázquez, il rimpasto ministeriale annunciato tre settimane fa e ora divenuto operativo risponde alla necessità del Frente Amplio di prepararsi alla sfida elettorale del prossimo anno. Ma alcuni settori della coalizione di governo vedono nei cambiamenti una sterzata a destra. I nuovi ministri sono: Gonzalo Fernández al dicastero degli Esteri; Ernesto Agazzi all'Agricoltura, Allevamento e Pesca; María Simón all'Istruzione; Carlos Colacce agli Alloggi; José Bayardi alla Difesa; Daniel Martínez all'Industria. Sostituiscono rispettivamente Reinaldo Gargano, José Mujica, Jorge Brovetto, Mariano Arana, Azucena Berrutti, Jorge Lepra. I critici pongono in particolare l'accento sull'avvicendamento al Ministero degli Esteri. "Reinaldo Gargano dava fastidio e si era opposto al Tratado de Libre Comercio" con gli Stati Uniti, sostiene Aldo Gilli, leader del Partido Socialista de Trabajadores (che fa parte del Frente Amplio). In effetti Gargano si è sempre battuto contro il Tlc e a favore del Mercosur (e dell'ingresso del Venezuela nel blocco economico), in contrasto con il ministro dell'Economia Danilo Astori. Il rimpasto avviene tra l'altro in un momento di crisi interna del Frente Amplio, che nel suo congresso di dicembre non è riuscito a raggiungere un consenso intorno al nome del candidato alla successione di Tabaré alle prossime presidenziali. Dei due precandidati, l'ex tupamaro Mujica appoggiato dall'ala sinistra della coalizione, e Danilo Astori, quest'ultimo sembra ora guadagnare punti, anche grazie alla sua riconferma alla guida del Ministero dell'Economia. Ma c'è anche chi vede in tale riconferma solo un tentativo di proteggere Astori, sotto attacco per aver difeso il presidente del Casinò, attualmente agli arresti per corruzione. 3/3/2008 |
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Cuba, Raúl presenta il nuovo corso L'Asamblea Nacional del Poder Popular ha eletto il 24 febbraio Raúl Castro nuovo presidente del Consiglio di Stato. Se la nomina di Raúl, chiamato a succedere al fratello Fidel, era attesa, non poca sorpresa ha suscitato invece la scelta del medico José Ramón Machado Ventura a primo vicepresidente. Machado è un comunista della vecchia guardia ed è considerato un fedele custode dell'ortodossia e un simbolo di continuità. Questo non significa che non ci saranno cambiamenti: il neopresidente a pieno titolo (e non più ad interim) ha già presentato il nuovo corso nel discorso pronunciato all'atto dell'elezione. Innanzitutto è allo studio "una progressiva e graduale rivalutazione del peso". Dalla settimana prossima sarà iniziata inoltre l'eliminazione di una serie di divieti, "molti dei quali avevano l'obiettivo di evitare il sorgere di nuove disuguaglianze, in un momento di penuria generalizzata". Quanto alla censura, "non neghiamo il diritto a esprimersi, sempre restando nel quadro della legge". Raúl ha poi preannunciato una ristrutturazione dell'organizzazione statale: "Oggi si richiede una struttura con un minor numero di organismi dell'amministrazione centrale e una migliore distribuzione delle funzioni"; questo permetterebbe di ridurre "l'enorme quantità di riunioni, coordinamenti, permessi, accordi, disposizioni, regolamenti circolari". L'oratore ha però negato qualsiasi restaurazione del capitalismo: "Alcuni si affrettano a parlare di una transizione, diretta a farla finita con gli anni di lotta. Come conoscono poco il nostro popolo, tanto orgoglioso della sua indipendenza e sovranità!" Raúl ha infine chiesto e ottenuto dall'Assemblea il permesso di consultare il fratello su ogni decisione di particolare peso, specialmente in materia di difesa, politica estera e sviluppo socioeconomico del paese: "Il Comandante in capo della rivoluzione cubana è uno solo, Fidel è Fidel, tutti lo sappiamo bene". Proprio in questi giorni è a Cuba il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano: la sua visita si svolge nel decimo anniversario del viaggio di Giovanni Paolo II. Bertone ha riconosciuto la disposizione al dialogo delle autorità, anche se nell'omelia pronunciata qualche giorno fa nella Cattedrale dell'Avana aveva chiesto che non fossero posti limiti al raggio d'azione della Chiesa cattolica sull'isola. L'alto prelato ha anche dichiarato che il Vaticano mantiene la condanna dell'embargo formulata nel 1998 da papa Wojtyla. 25/2/2008 |
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Cuba, Fidel annuncia: non sarò presidente "Non aspirerò né accetterò - ripeto - non aspirerò né accetterò la carica di Presidente del Consiglio di Stato e Comandante in Capo". Con queste parole, datate 18 febbraio e pubblicate sul Granma, Fidel Castro ha dato il suo addio definitivo alla direzione del paese. Un annuncio atteso da tempo: in seguito alla malattia che lo aveva colpito nel luglio 2006, costringendolo a sottoporsi a numerosi interventi chirurgici (e portandolo a un passo dalla morte, come confesserà più tardi), aveva affidato la successione al fratello Raúl. Un incarico ad interim, si era detto, ma era apparso subito chiaro che la gravità del male avrebbe d'ora in avanti impedito al líder máximo la frenetica attività cui era abituato. Da qui la decisione di non occupare "una responsabilità che richiede mobilità e impegno totale che non sono in condizioni fisiche di offrire". Già in dicembre Fidel aveva scritto di non essere attaccato al potere, facendo intravedere che la scelta era già stata fatta: avrebbe continuato come "un soldato delle idee", proponendo attraverso la stampa le sue riflessioni sui problemi globali. Come egli stesso ha scritto, in questi mesi ha potuto preparare, psicologicamente e politicamente, il paese alla sua assenza. E ha potuto seguire l'avvio della "transizione": la discussione su temi un tempo tabù, la presentazione in tv di documentari censurati da anni (ed è di questi giorni la decisione di liberare sette dissidenti, appartenenti al gruppo dei 75 oppositori incarcerati nel 2003). Dietro questi cambiamenti c'è sempre lui, il vecchio combattente della Sierra Maestra che ha guidato, tra intuizioni ed errori, l'unica rivoluzione sopravvissuta al secolo breve. Come valutare l'impatto suscitato dal messaggio di Fidel Castro a livello internazionale? Su Página/12 del 20 febbraio il politologo Atilio Boron utilizza il motore di ricerca Google in spagnolo e in inglese, rilevando che a metà pomeriggio del 19 febbraio "c'erano già circa mezzo milione di pagine riferite alla decisione del leader cubano, una cifra assolutamente irraggiungibile da qualsiasi dichiarazione formulata dalla immensa maggioranza dei politici e dei governanti del mondo intero". Se gli esuli di Miami attendevano da tanti anni questa notizia, la tranquillità con cui è stata accolta sull'isola deve certo averli delusi. Come ha affermato il presidente venezuelano Hugo Chávez, "il popolo di Cuba ha dimostrato al mondo, e soprattutto all'Impero, che la rivoluzione cubana non dipende da una persona". I candidati alla Casa Bianca non si sono comunque fatti sfuggire l'occasione per ingraziarsi il voto dei fuoriusciti. Questo giorno "dovrebbe segnare la fine di un'era tenebrosa a Cuba", ha detto Obama. Quanto a Hillary, ha celebrato - sbagliando tra l'altro i calcoli - la fine di 58(!) anni di dominio di un uomo solo e ha consigliato ai cubani di ispirarsi alle "lezioni apportate dalle recenti elezioni in Pakistan e dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo". Il repubblicano John McCain si è spinto ancora più in là, sostenendo che "gli Stati Uniti possono e devono accelerare l'accensione della scintilla della libertà a Cuba". 20/2/2008 |
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Perù, repressa nel sangue la protesta contadina Da lunedì 18 febbraio lo stato d'assedio è in vigore in otto province, con sospensione delle garanzie costituzionali e mano libera all'esercito. Il primo ministro Jorge del Castillo ha invitato pubblicamente la magistratura ad arrestare e rinviare a giudizio i dimostranti, applicando pene severe (fino a otto anni di prigione) per i colpevoli di blocchi stradali. Il governo del presidente Alan García ha risposto così alla mobilitazione nazionale proclamata dai contadini, che chiedono una riduzione del prezzo dei fertilizzanti e provvedimenti di sostegno di fronte alla crisi del settore. Alla situazione di forte indebitamento di molti agricoltori, che rischiano di perdere le loro terre, si aggiungono ora i timori per le conseguenze del Tratado de Libre Comercio con gli Stati Uniti, che permetterà il libero ingresso nel paese dei prodotti agricoli Usa (concorrenziali perché ampiamente sovvenzionati in patria). Il bilancio della repressione è pesante: cinque morti, decine di feriti e centinaia di arrestati. Lunedì 18, durante gli incidenti sulla Panamericana Norte, un agricoltore è stato ucciso dalla polizia con un colpo d'arma da fuoco alla testa. Il giorno successivo, nel dipartimento di Ayacucho, due comuneros sono stati raggiunti dai proiettili delle forze di sicurezza, mentre nella zona di Arequipa un manifestante è caduto in un precipizio mentre fuggiva ai gas lacrimogeni. Martedì le organizzazioni contadine hanno deciso di sospendere la protesta, ma questo non ha impedito che mercoledì 20 scoppiassero nuovi scontri, con decine di feriti e un altro morto a Huamanga, capitale del dipartimento di Ayacucho, dove si vegliavano le salme delle due vittime del giorno precedente. Quello delle campagne non è l'unico fronte di lotta contro l'esecutivo. Gli insegnanti protestano contro un decreto che limita l'ingresso di nuovi docenti nella scuola pubblica, le organizzazioni sociali denunciano la lentezza dell'opera di ricostruzione nelle zone terremotate, gli abitanti del Cuzco contestano la prevista installazione di alberghi e ristoranti di lusso nei monumenti archeologici, gli ecologisti respingono la proposta di concedere grandi estensioni della regione amazzonica a imprese private. 20/2/2008 |
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Venezuela, niente più greggio alla ExxonMobil La compagnia statale Pdvsa (Petróleos de Venezuela S.A.) ha annunciato il 12 febbraio "la sospensione delle relazioni commerciali e della somministrazione di greggio" alla ExxonMobil, come risposta all'azione giudiziaria intentata da quest'ultima. La transnazionale statunitense, che pretende un risarcimento di 12.000 milioni di dollari, è già riuscita a ottenere da tribunali britannici e olandesi il congelamento temporaneo dei fondi di Pdvsa. Domenica 10, nel suo consueto programma domenicale Aló, Presidente, Hugo Chávez aveva collegato la sfide giudiziaria della Exxon alla politica della Casa Bianca e aveva minacciato di non inviare più agli Usa una sola goccia di petrolio. La controversia trae origine da un provvedimento governativo riguardante la fascia petrolifera dell'Orinoco. Nella zona si estrae greggio pesante, che viene trasformato industrialmente: nel quadro del recupero delle risorse nazionali, lo scorso anno il governo di Caracas decise che tale procedimento venisse effettuato da imprese miste con una partecipazione maggioritaria di Pdvsa. Alcune compagnie straniere scelsero di continuare l'attività alle nuove condizioni, accettando l'indennizzo offerto (proprio in questi giorni sono state raggiunte le intese con la francese Total e con l'italiana Eni). Le statunitensi Exxon e Conoco Phillips rifiutarono invece qualsiasi accordo. Nel corso dello stesso programma di domenica, il presidente venezuelano ha attaccato anche Parmalat e Nestlé, accusate di accaparrarsi il latte sottraendolo a cooperative e stabilimenti statali. Da tempo nel paese si registrano problemi di approvvigionamento: una situazione che rischia di vanificare gli sforzi del governo a favore delle classi disagiate. L'incremento dei consumi popolari, ottenuto grazie al controllo dei prezzi dei generi alimentari, al sistema di mercati statali nei quartieri più poveri, all'incremento graduale dei salari si scontra oggi con la carenza di prodotti di prima necessità. 16/2/2008 |
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Panama, scontri tra polizia e operai edili Operai edili aderenti al Suntracs (Sindicato Único de Trabajadores de la Construcción y Similares) hanno ripreso venerdì 15 le proteste nella capitale, costruendo barricate e scontrandosi con le forze di sicurezza. Gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni e proiettili di gomma e con l'arresto di 300 persone. Già due giorni prima la città era stata paralizzata da incidenti tra manifestanti e polizia, che si erano conclusi con quasi 200 arrestati e una decina di agenti feriti. Alla mobilitazione degli edili si erano uniti gli studenti dell'Universidad Estatal de Panamá. I lavoratori della costruzione chiedono al presidente Torrijos norme sulla sicurezza del lavoro, migliori salari per compensare l'aumentato costo della vita e un'inchiesta sulla morte del dirigente sindacale Airomi Smith, ucciso da un colpo alla schiena sparato dalla polizia martedì 12, nel porto atlantico di Colón (altri due sindacalisti erano stati assassinati lo scorso anno). Davanti alla mancata risposta dell'esecutivo, il sindacato ha sollecitato le dimissioni del ministro di Governo, Daniel Delgado, e del capo della polizia, Rolando Mirones. Da parte padronale la reazione è stata durissima: il Consejo Nacional de la Empresa Privada ha accusato il Suntracs di essere intollerante e contrario al dialogo e il quotidiano conservatore La Prensa ha definito "banditesco" il comportamento dei dimostranti. L'edilizia ha rappresentato, negli ultimi mesi, il settore trainante dell'economia panamense: la costruzione di alloggi, alberghi, grattacieli occupa circa 80.000 persone. 15/2/2008 |
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Bolivia, le scuse dell'ambasciata Usa È terminato con le scuse dell'ambasciatore Goldberg al governo di La Paz l'ennesimo incidente diplomatico tra Bolivia e Stati Uniti. Lo scandalo era scoppiato quando un giovane borsista Usa aveva rivelato che un funzionario della sua ambasciata, Vincent Cooper, gli aveva chiesto di informarlo su generalità e spostamenti dei cittadini venezuelani e cubani presenti nel paese: in pratica di agire da agente segreto. La denuncia era stata confermata da altri studenti, che avevano ricevuto la stessa proposta. Il governo Morales aveva subito preteso chiarimenti dalla rappresentanza diplomatica di Washington, che non aveva potuto far altro che cercare di minimizzare l'accaduto. In realtà operazioni di questo genere sono abituali da parte del personale delle ambasciate statunitensi: forse l'unico elemento di novità in questo caso consiste nella decisione dello studente di denunciare il "reclutatore". Intanto il dialogo tra esecutivo e opposizione è definitivamente rotto: sul tappeto restano i problemi della destinazione dei proventi petroliferi (quale percentuale al governo centrale e quale ai dipartimenti), il conflitto tra Sucre e La Paz per la capitale e le divergenze tra la nuova Costituzione e gli statuti autonomisti. A proposito di quest'ultimo punto, un tribunale elettorale ha sancito che gli abitanti di Santa Cruz potranno recarsi alle urne il 4 maggio per approvare l'autonomia del dipartimento. 13/2/2008 |
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Colombia, la destra si mobilita contro le Farc Mezzo milione di persone sono scese in piazza, il 4 febbraio a Bogotá, per dire basta ai sequestri delle Farc: tra i partecipanti al corteo anche membri dei gruppi paramilitari "smobilitati". La mobilitazione, lanciata da un ambiguo sito web che sarebbe sostenuto finanziariamente dalla Cia, ha ridato fiato a quanti rifiutano ogni ipotesi di dialogo con la guerriglia. E ha rappresentato anche un utile diversivo per il presidente Uribe, che deve far dimenticare gli articoli di stampa sulle dichiarazioni del sergente Alexander Rodríguez. L'ufficiale si è presentato alla magistratura per raccontare nei particolari come l'esercito uccida contadini e militanti sociali, facendoli passare per guerriglieri: una pratica che le organizzazioni per i diritti umani denunciano da tempo. Dall'iniziativa del 4 febbraio avevano preso le distanze non solo i sindacati e il Polo Democrático Alternativo di Carlos Gaviria (pur critico verso le Farc), ma molti familiari degli ostaggi. La moglie di Luis Eladio Pérez, uno dei tre parlamentari che la guerriglia ha recentemente promesso di liberare per motivi di salute, ha ribadito che "la Colombia deve aprire spazi di negoziato e di accordo: pensiamo che sia l'unica via possibile non solo per la liberazione, ma per conseguire la strada della pace". Per il rilascio dei tre sequestrati (oltre a Pérez, Gloria Polanco eOrlando Beltrán) le Farc si sono affidate ancora una volta alla mediazione di Chávez e della senatrice Piedad Córdoba. Nel frattempo le relazioni tra Caracas e Bogotá sono sempre più tese. "La forza armata è in stato d'allerta - ha assicurato il presidente venezuelano - Purtroppo in Colombia l'oligarchia, su istruzioni dell'impero, ha iniziato un'offensiva contro il Venezuela". 5/2/2008 |
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Argentina, il Vaticano respinge l'ambasciatore Durante il governo di Néstor Kirchner non vi era stato alcun incontro dell'esecutivo con le gerarchie ecclesiastiche. La gestione di Cristina Fernández sembrava avesse inaugurato una nuova era: il 19 dicembre, erano passati solo nove giorni dal suo insediamento, la presidente aveva ricevuto alla Casa Rosada le massime autorità della Conferenza Episcopale, con alla testa il cardinale Jorge Bergoglio. Ma oggi i rapporti tra Chiesa cattolica e Stato argentino sono tornati a farsi tesi, in seguito alla nomina di Alberto Juan Bautista Iribarne come ambasciatore di Buenos Aires presso la Santa Sede. Il Vaticano ha fatto sapere di non gradire la scelta: Iribarne è divorziato e vive con una nuova compagna, una situazione considerata inaccettabile dal pontificato conservatore di Benedetto XVI. E poiché Buenos Aires non intende fare marcia indietro, la rappresentanza argentina verrà garantita unicamente dall'incaricato d'affari Hugo Gobbi. Iribarne è amico personale di uno dei vescovi più influenti del paese; tale amicizia non gli è però servita a farsi accettare in Vaticano. E ora si teme che, nonostante tutto gli sforzi di Cristina Fernández, nell'episcopato argentino prendano di nuovo il sopravvento le correnti più ostili al dialogo con il governo. Da notare che le gerarchie ecclesiastiche non hanno ancora preso provvedimenti nei confronti dell'ex cappellano della Policia Bonaerense Christian Von Wernich, condannato lo scorso ottobre all'ergastolo per "delitti di lesa umanità commessi nel quadro del genocidio che ebbe luogo in Argentina tra il 1976 e il 1983". Von Wernich quindi, nonostante abbia sulla coscienza sequestri, torture e omicidi, resta a tutti gli effetti un sacerdote di Santa Romana Chiesa. 2/2/2008 |
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Perù, Fujimori era il mandante dei massacri Nel processo in corso contro Alberto Fujimori si accumulano le prove del coinvolgimento dell'ex presidente-dittatore nei massacri avvenuti durante il suo governo. Julio Chuqui, ex membro dello squadrone della morte noto come Grupo Colina, ha dichiarato che Fujimori non poteva non essere al corrente delle attività del gruppo paramilitare. Chuqui ha raccontato alla Corte che prima dell'operazione La Cantuta (l'uccisione di nove studenti universitari e un professore nel 1992) venne detto loro che avrebbero dovuto catturare gli autori di un attentato dinamitardo. In realtà le vittime erano totalmente estranee a qualsiasi attentato: chi le aveva denunciate aveva agito solo per vendetta personale. In un altro caso i membri del Colina furono incaricati di eliminare nove lavoratori, colpevoli di aver scioperato per ottenere miglioramenti salariali: a ordinare la strage era stato il padrone dell'impresa, fratello del comandante generale dell'esercito Nicolás Hermoza Ríos. Anche i testimoni che si erano succeduti prima di Chuqui avevano indicato nel generale Hermoza Ríos e nell'ex eminenza grigia del regime, Vladimiro Montesinos, gli uomini che davano il via alle azioni del Grupo Colina: entrambi riferivano direttamente a Fujimori. Un'altra importante testimonianza è quella resa il 18 gennaio dal primo ministro Jorge Del Castillo. Questi ha raccontato che il 5 aprile 1992 (data dell'autogolpe) Fujimori diede ordine all'esercito di arrestare l'attuale capo dello Stato, Alan García, con l'obiettivo di assassinarlo. I militari circondarono la zona in cui si trovava l'abitazione di García, intimandogli di uscire con le mani in alto, ma il "ricercato" riuscì a fuggire. A quanto pare, Alan García non è persona vendicativa, visto che adesso si è alleato con il gruppo fujimorista (grazie al quale può controllare il Congresso) e si adopera per garantire un trattamento carcerario di favore all'ex presidente-dittatore. Non si tratta di innata tendenza al perdono: anche García ha i suoi scheletri nell'armadio, risalenti all'epoca del suo primo governo (1985-90). Proprio su questo periodo si è accanito l'avvocato di Fujimori, César Nakasaki, interrogando Del Castillo su un altro famigerato squadrone della morte, il Comando Rodrigo Franco, attivo nella seconda metà degli anni Ottanta. Visibilmente scocciato, Del Castillo prima si è rifiutato di rispondere, poi ha recisamente negato l'esistenza del Comando Rodrigo Franco, dimenticando quanto venne a suo tempo provato da una Commissione d'inchiesta del Congresso e dal rapporto 2003 della Comisión de la Verdad. Ma si può star certi che l'avvertimento è giunto al destinatario: García deve continuare ad appoggiare Fujimori se non vuole ritrovarsi anche lui, alla fine del suo mandato, sul banco degli imputati. 2/2/2008 |
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Messico, il pedofilo "teologo della prosperità" Il religioso messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore della potente congregazione dei Legionari di Cristo, è morto il 30 gennaio negli Stati Uniti, dove si era ritirato "in meditazione" dopo essere stato più volte denunciato per abusi sessuali su minori. A imporgli di abbandonare il sacerdozio e di rinunciare a ogni apparizione pubblica era stato nel maggio del 2006 papa Benedetto XVI: una sanzione leggera e che non entrava nel merito delle accuse di pedofilia, ignorate per quarant'anni dalle gerarchie ecclesiastiche. Una rassegna delle denunce nei confronti del sacerdote, corredata da date e nomi, è contenuta nel libro El Legionario, scritto nel 2003 da un ex seminarista, Alejandro Espinosa, che figura tra le vittime degli abusi. La Legione di Cristo, tra le organizzazioni più conservatrici della Chiesa cattolica, fondata da Maciel negli anni Quaranta, conta oggi 600 sacerdoti e circa 3.000 seminaristi e gestisce centri educativi e religiosi non solo in Messico, ma in altri paesi dell'America Latina e anche in Europa (Italia, Spagna, Irlanda). Ebbe il momento di massimo potere durante il pontificato di Giovanni Paolo II, che affiancò nella sua crociata anticomunista, nell'opposizione alla Teologia della Liberazione, nel rafforzamento della centralità della Chiesa romana e nella difesa dell'ortodossia. In patria, Marcial Maciel si adoperò per garantire al clero privilegi e prerogative. Si rivolgeva in particolare alle classi dominanti, alle quali proponeva una rigida morale sul piano del comportamento sessuale (naturalmente le infrazioni erano permesse, purché rimanessero segrete), consentendo al tempo stesso un'attività spregiudicata in campo economico e politico. "Teologia della Prosperità": così questa concezione è stata definita da alcuni studiosi, che l'hanno avvicinata a quella di alcune sette protestanti. PROTESTA DI CAMPESINOS NELLA CAPITALE. Decine di migliaia di contadini, molti a bordo dei loro trattori, hanno occupato il 31 gennaio il centro di Città del Messico, risalendo il Paseo de la Reforma per giungere fino allo Zócalo. Le organizzazioni contadine chiedono che il governo rinegozi il capitolo agricolo del Tratado de Libre Comercio de América del Norte (Tlcan) in vigore dal primo gennaio 1994, e destituisca il ministro dell'Agricoltura, Alberto Cárdenas Jiménez del Pan, che non ha difeso gli interessi nazionali. Dal primo gennaio di quest'anno il Tlcan ha eliminato totalmente le barriere doganali per l'importazione di mais, fagioli, latte e zucchero, lasciando gli agricoltori messicani senza alcuna protezione di fronte ai prodotti statunitensi, che godono di forti sovvenzioni statali. Si teme tra l'altro l'invasione del mais transgenico: un pericolo contro cui si è mobilitata la carovana Sin maíz no hay país, giunta nella capitale il 26 gennaio dopo aver percorso oltre 300 chilometri. Tra il 1995 e il 2007 la superficie seminata in Messico è diminuita del 12,6%; l'importazione di grani e oleaginose ha registrato un incremento del 114%, quella di fagioli del 238%. Nel 1995 l'87,3% del consumo di mais era coperto dalla produzione nazionale, nel 2007 tale percentuale era caduta al 75%. Ora, con la sparizione dei dazi, la situazione non può che peggiorare, con conseguente aumento della miseria nelle campagne e del numero di persone costrette a emigrare. Nella foto Telesur, i manifestanti anti-Tlcan occupano lo Zócalo. 1/2/2008 |
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Cile, 112 giorni di sciopero della fame È terminato mercoledì 30, dopo 112 giorni, lo sciopero della fame di Patricia Troncoso. Già due giorni prima sembrava che il lungo digiuno potesse aver fine, ma la militante indigena ha preferito attendere un documento ufficiale che confermasse gli impegni presi dal governo di Santiago. La "resa" dell'esecutivo è stata annunciata alla stampa dal ministro Francisco Vidal: la Troncoso verrà trasferita, come sua richiesta, in un Centro de Educación y Trabajo e saranno concessi, a partire da marzo, i benefici carcerari a lei e ad altri due prigionieri politici, Juan Millalen e Jaime Marileo. Al di là dei miglioramenti nella dura condizione carceraria, la battaglia di Patricia è riuscita a porre il problema mapuche all'attenzione dell'opinione pubblica interna e internazionale, spingendo Michelle Bachelet a nominare l'ex sottosegretario Rodrigo Egaña "incaricato presidenziale" per le questioni indigene, con il compito di instaurare un ponte con le comunità native. La militante mapuche deve scontare una condanna a dieci anni in base alla Ley Antiterrorista del periodo della dittatura. È accusata di aver incendiato nel 2001 cento ettari di bosco di proprietà di un'impresa forestale: un atto di protesta perché quel bosco fa parte delle terre ancestrali rivendicate dalle comunità indigene (durante il regime di Pinochet, migliaia di ettari vennero ceduti a compagnie private per lo sfruttamento indiscriminato del legname). A svolgere il ruolo di mediatore nelle estenuanti trattative tra la detenuta e il governo è stato il presidente della Conferenza Episcopale Alejandro Goic. Ma si deve soprattutto alle pressioni e alle denunce giunte da ogni parte del mondo se l'esecutivo si è piegato al compromesso. Il portale Mapuexpress ha ringraziato "le migliaia di persone che si sono mobilitate", salvando così la vita "di una donna degna di tutto il rispetto per le sue convinzioni". La strada per un pieno riconoscimento dei diritti indigeni è però ancora lunga. Durante le manifestazioni di solidarietà con Patricia Troncoso, trenta persone sono state fermate per essersi incatenate ai cancelli del Palacio de la Moneda di Santiago, mentre a Concepción i carabineros, su richiesta delle gerarchie ecclesiastiche, hanno allontanato con la forza 36 manifestanti che da qualche giorno occupavano la Cattedrale. E si è appreso che un'altra detenuta mapuche, Luisa Calfunao, protagonista di uno sciopero della fame di 54 giorni, è stata tenuta incatenata per quasi quattro mesi. Del resto il Cile è l'unico paese dell'America Latina che non riconosce nella sua Costituzione l'esistenza di popolazioni native e che non ha firmato la Convenzione numero 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro che ratifica i diritti indigeni. 30/1/2008 |
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Colombia, la crociata diplomatica di Uribe Una sorta di crociata diplomatica contro le Farc: così alcuni osservatori hanno definito il viaggio europeo di Alvaro Uribe. Il presidente colombiano continua a escludere la concessione di una zona smilitarizzata di 780 kmq. nelle località di Pradera e Florida, come chiesto dalle Farc per concretizzare lo scambio umanitario. E soprattutto rimane sordo all'esigenza di riconoscere alle forze guerrigliere lo statuto di combattenti, come proposto da Chávez dopo la liberazione di Clara Rojas e Consuelo González. Nel suo giro nel vecchio continente, volto anche a controbilanciare l'influenza di Chávez sul piano internazionale, Uribe ha ottenuto l'appoggio "incondizionato" del premier spagnolo Zapatero e la garanzia da parte dei leader europei, compreso Javier Solanas a nome dell'Ue, che le Farc non verranno cancellate dall'elenco delle organizzazioni terroriste. Contro il riconoscimento delle Farc si era pronunciata anche l'opposizione colombiana, mentre si era dichiarato a favore il professor Gustavo Moncayo, noto come "el caminante de la paz" perché con le sue marce cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla sorte degli ostaggi in mano alla guerriglia (tra cui suo figlio). Dopo aver percorso a piedi 1.400 chilometri, Moncayo era giunto il 17 gennaio a Caracas, dove era stato ricevuto dal presidente Chávez. Sempre il 17 gennaio l'Assemblea Nazionale venezuelana aveva riconosciuto "il carattere di forze combattenti dei movimenti insurrezionali" colombiani. Conclusa la visita in Europa, Uribe è tornato in patria per accogliere la segretaria di Stato Usa Condoleezza Rice, giunta insieme a nove parlamentari e cinquanta funzionari per verificare se la Colombia è pronta per il Tratado de Libre Comercio. La delegazione statunitense ha visitato Bogotá e soprattutto Medellín, dove alcuni ex paramilitari hanno illustrato il presunto cambiamento avvenuto in quella che un tempo era la capitale dei narcos. Agli ospiti sono state nascoste con cura le condizioni di miseria della popolazione e le violenze di cui sono vittime oppositori e sindacalisti: il tutto per convincere soprattutto i congressisti democratici, che si dimostrano ancora critici verso la firma del Tlc. Ma le cifre della realtà parlano chiaro: i primi giorni del 2008 hanno fatto registrare un'intensificazione degli attacchi e dei crimini da parte dei gruppi paramilitari e dell'esercito contro la popolazione civile. Daniel Maestre, dell'Organización por los Derechos de los Indígenas en Colombia, ha denunciato alla stampa che tali attacchi mirano a cacciare i contadini dalle loro terre per sviluppare in quelle zone, in accordo con il governo di Bogotá, i megaprogetti di diverse imprese. Secondo Maestre, imprenditori e politici colombiani si sono già impadroniti di oltre 6.500.000 ettari; le azioni dei paramilitari hanno inoltre favorito la penetrazione di imprese multinazionali quali la Coca-Cola e la Nestlé. Ad aumentare la tensione, l'esecutivo ha ordinato all'esercito di accerchiare gli accampamenti guerriglieri dove con ogni probabilità si trovano i sequestrati, per esercitare pressioni sulle Farc e indurle a trattare. Un progetto pericoloso, che potrebbe far precipitare la situazione, tanto che i francesi si sono subito messi in allarme. "La posizione della Francia è nota: non si deve far nulla che ponga in pericolo la vita degli ostaggi", ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri di Parigi. Intanto i rapporti tra Bogotá e Caracas non fanno che deteriorarsi. Nel corso del suo soggiorno colombiano, Condoleezza Rice ha ribadito il suo sostegno a Uribe. La risposta di Chávez non si è fatta attendere: "Accuso il governo della Colombia, che sta attuando come servo dell'impero nordamericano, di tramare una cospirazione e una provocazione bellica contro il Venezuela", ha affermato in una conferenza stampa congiunta con il presidente nicaraguense Daniel Ortega. 28/1/2008 |
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Bolivia, due anni di presidenza Morales In due anni di presidenza ha tenuto fede all'80% delle sue promesse elettorali: nazionalizzazione del gas, convocazione dell'Assemblea Costituente, provvedimenti a favore dell'occupazione e per contrastare i licenziamenti arbitrari, austerità nell'apparato statale con notevole riduzione degli appannaggi e presentazione in Parlamento di leggi per garantire il servizio sanitario per tutti, trasformazione del sistema educativo nazionale (l'analfabetismo è già sceso della metà) e trasparenza nell'amministrazione pubblica (in due anni la Bolivia è passata dal posto 180 al 74 nella classificazione di Transparencia Internacional). Così Evo Morales ha tracciato il 22 gennaio, davanti al Congresso, il bilancio della sua gestione. Mentre parlava ai parlamentari, nella storica Plaza Murillo di La Paz i movimenti sociali lo aspettavano per festeggiare il secondo anniversario del presidente indigeno. Prima del capo dello Stato aveva preso la parola il vicepresidente García Linera, che aveva annunciato i quattro pilastri della futura azione di governo: lo Stato come protagonista principale dell'economia, la redistribuzione della ricchezza ai settori emarginati, l'uguaglianza tra le culture e la distribuzione del potere attraverso le autonomie. Quest'ultimo punto rappresenta una concessione all'opposizione e una dimostrazione che il dialogo avviato tra il governo centrale e i dipartimenti autonomisti prosegue, sia pure tra mille difficoltà. Quanto a Morales, ha ribadito che il paese è immerso in un processo di trasformazione irreversibile e che la principale battaglia è quella per la decolonizzazione dello Stato: "Dobbiamo chiudere le vene aperte dell'America Latina, porre fine al potere coloniale con giustizia ed uguaglianza". Se la celebrazione del secondo anniversario di governo è avvenuta in un clima meno teso di qualche settimana fa, va comunque registrato un attentato dinamitardo che proprio il 22 ha colpito a La Paz gli uffici della Rappresentanza Presidenziale presso la Costituente, fortunatamente senza provocare vittime. 23/1/2008 |
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Cuba, in Parlamento oltre il 43% di donne Domenica 20 gennaio oltre 8.230.000 elettori (il 96% degli aventi diritto) si sono recati alle urne per votare i 614 deputati all'Assemblea Nazionale e i 1.201 delegati alle 14 assemblee provinciali. In base a una legge del 2003, i candidati erano stati scelti dalle assemblee municipali su proposta delle assemblee pubbliche di quartiere. Bassa la percentuale delle schede bianche (il 3,7%) e di quelle nulle (l'1%). Il 91% si è espresso a favore del voto unido, cioè dell'approvazione complessiva di tutti i candidati della lista, rispondendo all'appello delle autorità che chiedevano un appoggio esplicito al governo. Tra gli eletti all'Assemblea Nazionale figurano naturalmente Fidel e Raúl Castro. Ma al di là dei nomi consueti, il rinnovamento è palese: più della metà degli eletti è nata dopo la Rivoluzione e il 28% è costituito da operai e contadini. La rappresentanza femminile supera il 43%, un risultato che "riflette la fine della discriminazione", ha detto a Telesur la segretaria generale della Federación de Mujeres Cubanas, Yolanda Ferrer. E sempre a gennaio si è registrato un piccolo segnale di apertura, con la presentazione in televisione di un documentario sportivo censurato da quattro anni. Da mesi e-mail incrociate di intellettuali e operatori del settore reclamavano che fosse mandato in onda Fuera de liga, di Ian Padrón, omaggio agli Industriales, la popolare squadra di baseball dell'Avana. Le autorità non avevano fornito le ragioni della censura, dovuta probabilmente alla presenza di immagini e opinioni di alcuni giocatori poi emigrati negli Stati Uniti, come Orlando El Duque Hernández e René Arocha. Fuera de liga circolava già a Cuba in maniera semiclandestina. Non è la prima volta che gli intellettuali ricorrono alla posta elettronica per veicolare la loro protesta. Lo scorso anno decine di scrittori insorsero contro la minaccia di una riedizione della politica omofobica degli anni Settanta, ottenendo dal governo l'assicurazione che quella politica non sarebbe stata ripresa. Ci furono anche reclami per la censura di alcuni videoclip e qualche volta tali pressioni giunsero a buon fine: è il caso di Mala leche, cronaca musicale della vita del gruppo rock Moneda Dura. Dopo la trasmissione in tv di Mala leche, il critico cinematografico Rufo Caballero scrisse su Juventud Rebelde: "Ci sono cose che stanno decisamente cambiando in questo paese". LA VISITA DI LULA. Alla vigilia delle elezioni è tornato all'Avana il presidente brasiliano Lula, che era già stato sull'isola nel settembre del 2003. Lula ha sempre mostrato una speciale attenzione ai rapporti con Cuba: non per niente il primo ambasciatore da lui designato non era un diplomatico di carriera, ma un suo uomo di fiducia, l'ex sacerdote (ed ex militante sindacale) Tilden Santiago. Questa volta Lula ha avuto un colloquio con Fidel Castro e una serie di incontri, su questioni eminentemente economiche, con le attuali autorità cubane (Raúl in testa). La delegazione brasiliana ha preso impegni per investimenti e prestiti per un ammontare di circa mille milioni di dollari, una cifra considerevole se si pensa che il commercio bilaterale nel 2007 non aveva superato i 600 milioni. Tra Petrobras e la cubana Cupet è stata raggiunta un'ipotesi d'accordo per la prospezione e lo sfruttamento petrolifero nelle acque del Golfo del Messico. Dietro a Lula e a Petrobras, ha scritto in un editoriale il quotidiano O Estado de São Paulo, gli imprenditori della maggiore potenza sudamericana sperano di sbarcare sull'isola prima che inizi la transizione. 22/1/2008 |
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Ecuador, il movimento indigeno critica Correa Davanti a migliaia di sostenitori il presidente Correa ha celebrato sabato 19 a Guayaquil (baluardo dell'opposizione) il suo primo anno di governo assicurando che "la Revolución Ciudadana non retrocederà e il popolo non permetterà mai più il dominio delle élites". Il 15 gennaio il capo dello Stato aveva presentato all'Assemblea Costituente, riunita a Montecristi, il bilancio del 2007. Alla presenza di 129 parlamentari e quasi 500 invitati (tra cui una folta delegazione italiana guidata da Fausto Bertinotti), Correa aveva ricordato la crescita del 2,65% del prodotto interno lordo e aveva sottolineato che per la prima volta "è stato superiore quello che abbiamo dedicato al benessere della nostra gente che ai creditori esteri". Aveva poi delineato il suo piano d'azione per il 2008, che punta in particolare sul decentramento regionale per far giungere le risorse a tutti gli angoli del paese. Correa gode ancora di un alto tasso di popolarità, anche se questo primo anno di gestione è stato contrassegnato da un duro confronto con i gruppi tradizionali di potere, con le banche e con le organizzazioni imprenditoriali. Sul fronte opposto la Conaie, la Confederación de las Nacionalidades y Pueblos del Ecuador, non gli risparmia le critiche. A conclusione del suo terzo Congresso, tenuto nella prima metà di gennaio, la Confederazione indigena ha denunciato che "il governo esclude le organizzazioni sociali che hanno lottato in modo permanente e deciso contro il neoliberismo", dal momento che basa il suo processo di rivoluzione cittadina "sulla forza dello Stato e non dei popoli organizzati". Il neoeletto presidente della Conaie, Marlon Santi, ha ricordato che l'Ecuador è uno Stato plurinazionale e pluriculturale: "Siamo cittadini nella diversità, con espressioni culturali, forme di vita, spazi territoriali diversi. Il governo deve rispettare questa diversità, che è all'origine dello Stato ecuadoriano". 20/1/2008 |
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Cile e Perù divisi da un tratto di mare Le relazioni tra Cile e Perù sono tornate tese dopo la presentazione il 16 gennaio, alla Corte Internazionale dell'Aia, di un reclamo peruviano su 37.900 chilometri quadrati di mare, attualmente sotto controllo cileno. Secondo Santiago l'attuale confine, tracciato parallelamente alla linea dell'equatore, è il risultato dei trattati del 1952 e del 1954. Quelli firmati negli anni Cinquanta erano semplici accordi sulla pesca, ribatte Lima, la frontiera va fissata in modo chiaro ed equidistante. Due ore dopo la presentazione del ricorso, il presidente Alan García ha ricevuto in Parlamento l'appoggio di tutte le forze politiche. Ma a Santiago la mossa del paese vicino non è piaciuta: dopo aver richiamato l'ambasciatore per consultazioni, la presidente Bachelet ha ribadito l'intenzione di difendere con molta forza le posizioni nazionali. Anche i rispettivi ministri degli Esteri non hanno lesinato dichiarazioni: il cileno Alejandro Foxley ha espresso profonda deplorazione per la decisione di ricorrere all'Aia e il peruviano José García Belaúnde ha accusato di intransigenza la nazione confinante, che nel 2004 rifiutò la proposta del presidente Toledo di risolvere la questione per vie diplomatiche. Data da allora la decisione di Lima di portare la controversia davanti alla Corte Internazionale, anche se il ricorso venne congelato nel primo periodo del governo García, visti gli ottimi rapporti che si erano nel frattempo stabiliti con Michelle Bachelet (e viste le buone relazioni commerciali tra i due paesi). Tutto è cambiato dopo l'approvazione a Santiago di una legge sulla zona di frontiera Arica-Parinacota, che spostava i confini terrestri annettendosi indebitamente (così sostiene Lima) 64 chilometri quadrati di territorio. La legge veniva in seguito derogata dal Tribunale Costituzionale, ma ormai la frittata era fatta e in Perù i fautori del ricorso avevano preso il sopravvento. La decisione però potrebbe provocare reazioni a catena: anche l'Ecuador figura tra i firmatari degli accordi del 1952 e del 1954 e il presidente Correa ha espresso il timore che Lima, negando validità a quegli accordi, voglia rivedere anche la frontiera marittima con Quito. "Con l'Ecuador non c'è nessuna controversia in corso. Non c'è ragione di preoccuparsi", ha prontamente risposto Alan García. Quanto a Michelle Bachelet, se da un lato indurisce la sua posizione con Lima, si mostra accondiscendente con La Paz, ancora in attesa del promesso sbocco al mare. A giugno i boliviani potrebbero avere finalmente libero accesso al porto cileno di Iquique. 19/1/2008 |
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Guatemala, pochi i segnali di cambiamento Si è tenuta il 14 gennaio, a Città del Guatemala, la cerimonia di insediamento del nuovo presidente Alvaro Colom, leader dell'Une (Unidad Nacional de la Esperanza). Erano presenti 1.500 invitati provenienti da oltre settanta paesi: tra questi i capi di Stato di Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, El Salvador, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Venezuela e Taiwan. Più sicurezza e meno povertà sono state le promesse del neopresidente, che ha detto di identificarsi con il modello cileno, brasiliano e spagnolo piuttosto che con quello boliviano e venezuelano. Il Guatemala entra in una fase "di cambiamento e trasformazione", ha preannunciato. Ma il suo impegno di un paese "con volto maya" sembra essere disatteso fin dal principio: nel futuro governo solo il ministro della Cultura e dello Sport, l'accademico e imprenditore Jerónimo Lancerio Chingo, è di origine indigena. Anche la presenza femminile è ridotta al minimo: una sola donna, la docente universitaria Ana Ordoñez, che guiderà il dicastero dell'Istruzione. Parecchie perplessità hanno suscitato infine le ultime due nomine con cui Colom ha completato il suo gabinetto: al Ministero dell'Interno è stato designato Vinicio Gómez (sponsorizzato dalle ambasciate statunitense e spagnola); al Ministero della Difesa il generale Marco Tulio García. Quest'ultimo, ricorda il quotidiano locale El Periódico, fu membro dei servizi di spionaggio durante la dittatura di Jorge Serrano Elías e poi sotto la presidenza di Alfonso Portillo. García è inoltre accusato di legami con un gruppo di militari a riposo coinvolti nel narcotraffico. Tra gli altri ministri figurano: Haroldo Rodas (Esteri), Juan Alberto Fuentes Knight (Finanze), Carlos Meany (Energia e Minisere), José Carlos García Macal (Economia), Juan Fuentes (Tesoro). Anche la nuova Assemblea Legislativa ha assunto le sue funzioni lunedì 14, eleggendo presidente l'esponente dell'Une Eduardo Meyer. Due
giorni prima a Città del Guatemala era stata presentata, dallo spagnolo
Carlos Castresana, la Comisión Internacional contra la Impunidad en
Guatemala (Cicig). Interamente finanziata da donazioni internazionali,
la Cicig è frutto di un accordo firmato nel dicembre 2006 dalle Nazioni
Unite e dal governo di Oscar Berger e ratificato nell'agosto scorso dal
Congresso. "Il nostro impegno è combattere l'impunità, i buchi neri
della giustizia, per garantire la pienezza dello Stato di diritto",
aveva detto Castresana, aggiungendo che "la Commissione è già una
realtà operativa con un 40% di funzionari guatemaltechi e il resto
proveniente da 14 paesi, due terzi dei quali latinoamericani".
Secondo
Mario Polanco, direttore dell'organizzazione per i diritti umani Grupo
de Apoyo Mutuo, "la nascita della Cicig contribuisce ad aprire
una nuova fase" nella storia del paese. Andrew Hudson, di Human
Right First, si è detto convinto che la Commissione possa
"spezzare la cultura dell'impunità e disarticolare i corpi illegali
di sicurezza dello Stato", anche se "non costituirà una panacea
perché prenderà in esame casi limitati". Secondo le statistiche, il
98% degli omicidi commessi in Guatemala rimane impunito, soprattutto a
causa dell'infiltrazione criminale nelle istituzioni statali e della
persistenza di gruppi paramilitari. È la triste eredità della guerra
civile terminata nel 1996 che fece 200.000 vittime, in gran parte
indigeni.
15/1/2008 |
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Colombia, Clara e Consuelo finalmente libere Finalmente la notizia che si attendeva dalla fine dello scorso anno: giovedì 10 gennaio l'amica e assistente di Ingrid Betancourt, Clara Rojas, e la parlamentare Consuelo González sono state liberate dalle Farc e consegnate a una delegazione formata da personale della Croce Rossa Internazionale, dal ministro dell'Interno di Caracas Ramón Rodríguez Chacín e dalla senatrice colombiana Piedad Córdoba. Un indubbio successo per Chávez: riconoscimenti al suo ruolo di mediatore sono piovuti da tutto il mondo e al coro di ringraziamenti ha dovuto unirsi anche Uribe. Il giorno precedente il presidente venezuelano aveva ricevuto dalle Farc le coordinate del luogo del rilascio, situato in territorio colombiano nei pressi di San José del Guaviare. E proprio a Chávez hanno telefonato le due donne, prima di salire a bordo degli elicotteri che le hanno portate a Santo Domingo de Táchira, in territorio venezuelano. Da qui in jet hanno raggiunto Caracas, dove le attendevano i familiari. La vicenda era stata segnata da molte polemiche, soprattutto dopo un primo fallimento dell'Operación Emmanuel che avrebbe dovuto portare a casa - oltre alle due sequestrate - il figlio di Clara Rojas, nato dalla sua relazione con un guerrigliero. Il piano per il recupero degli ostaggi, che le Farc avevano promesso di liberare con decisione unilaterale, prevedeva la partecipazione di sei paesi latinoamericani (Argentina, Bolivia, Brasile, Cuba, Ecuador, Venezuela) più Francia e Svizzera. Un'iniziativa senza precedenti nella storia diplomatica del continente: l'esempio più vicino è forse quello del Gruppo di Contadora (Colombia, Messico, Panama e Venezuela), che venne creato negli anni Ottanta per favorire il processo di pace in Centro America. Aerei ed elicotteri venezuelani erano entrati in territorio colombiano (Uribe, premuto dall'opinione pubblica internazionale, non aveva potuto dire di no), trasportando la carovana umanitaria, di cui facevano parte tra gli altri l'ex presidente argentino Néstor Kirchner e il regista statunitense Oliver Stone, deciso a filmare lo storico avvenimento. Il 31 dicembre, però, la missione rientrava alla base, lasciando l'aeroporto colombiano di Villavicencio dove aveva atteso invano il segnale dei guerriglieri: la liberazione era stata rinviata per motivi di sicurezza, dato che - nonostante le smentite dell'esercito - nella zona era in corso un'offensiva militare. Del resto non era solo il governo di Bogotá a frapporre ostacoli al rilascio: come denunciato dallo stesso Stone, anche l'amministrazione Bush puntava al fallimento dell'iniziativa. A complicare le cose giungeva la rivelazione del presidente Uribe, che sceglieva proprio quel momento per annunciare che il bambino non era più in potere delle Farc, ma era ospite già da tempo dell'Instituto Colombiano de Bienestar Familiar di Bogotá, sotto il nome di Juan David Gómez Tapiero. Il piccolo Juan David era stato consegnato all'istituto, da un uomo rimasto anonimo, in condizioni penose: denutrito, malato di malaria, con un braccio rotto e segni di bruciature sul corpo. La notizia suscitava una ridda di voci e di smentite e, una volta stabilito attraverso l'esame del Dna che il piccolo Juan David era veramente Emmanuel, la stampa internazionale si lanciava in fantastiche ricostruzioni, per lo più accusando le Farc di affamare e torturare i bambini. L'organizzazione guerrigliera rispondeva con un comunicato in cui spiegava che il piccolo, affidato alle cure di "persone onorate" per essere tenuto lontano dai pericoli della guerra, era stato poi rapito dagli emissari di Uribe. Questa versione ha ricevuto parziale conferma da una testimonianza raccolta dall'emittente colombiana Radio Caracol, secondo la quale l'uomo che si era fatto passare per il padre di Juan David era in realtà il leader di un gruppo politico vicino al capo dello Stato. A questo punto sorge spontanea una domanda: se Uribe sapeva da tempo che Emmanuel non era più in mano alle Farc, perché ha aspettato tanto a rivelarlo? Solo per boicottare la consegna degli ostaggi? La liberazione senza contropartita di Clara e Consuelo segna una vittoria mediatica della guerriglia sul governo di Bogotá e sulla sua politica di "mano dura". Ma testimonia anche un cambiamento nella strategia dell'organizzazione guerrigliera, cambiamento ribadito nel comunicato del 10 gennaio: "Questa liberazione umanitaria e unilaterale ha luogo nonostante gli ostacoli posti dallo stesso presidente Uribe, che seguendo le direttive di Washington è un nemico giurato dello scambio di prigionieri e della pace con giustizia sociale (...) Ora gli sforzi devono essere indirizzati a ottenere la smilitarizzazione di Pradera e Florida quale scenario per un dialogo governo-Farc volto all'accordo e alla concretizzazione dello scambio, che renda possibile la liberazione di tutti i prigionieri in potere delle forze contendenti, sia di quelli detenuti sulle montagne sia dei guerriglieri incarcerati nelle prigioni del regime, compresi Sonia e Simón. La nostra volontà è indiscutibile. Senza dimenticare che nel passato recente abbiamo unilateralmente liberato 304 militari e poliziotti, catturati in combattimento, la consegna di Clara e Consuelo che oggi realizziamo riafferma la nostra disponibilità". 11/1/2008 |
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Cile, tra dramma mapuche e crisi politica In territorio mapuche il 2008 è iniziato con il sangue: lo studente universitario Matías Catrileo Quezada è stato ucciso il 3 gennaio a Vilcún, nell'Araucania, durante gli scontri all'interno di una proprietà agricola occupata da comuneros. Per la morte del giovane è stato arrestato l'ufficiale dei carabineros Walter Ramírez Espinoza, ma le comunità mapuche criticano il fatto che l'indagine sulla vicenda sia a carico della giustizia militare. Temono che avvenga come per Alex Lemún, un comunero ucciso nel 2002 in circostanze analoghe da un maggiore dei carabineros: la Corte Marziale archiviò il caso e l'ufficiale venne reintegrato nel corpo. Intanto prosegue da quasi tre mesi lo sciopero della fame di Patricia Troncoso, condannata a dieci anni per incendio forestale in base alla Ley Antiterrorista del periodo della dittatura, rispolverata durante il governo Lagos. La presidente Bachelet si è impegnata a non applicare più questa legge nei confronti di rivendicazioni sociali, ma i detenuti mapuche chiedono la revisione di tutti i processi realizzati in base a tali norme. Accanto alla questione indigena, Michelle Bachelet deve far fronte alle critiche della sinistra, che la accusa di eccessiva timidezza nella transizione. Nelle istituzioni è ancora forte l'eredità del pinochetismo e, nonostante i buoni dati economici del paese, un quarto della ricchezza nazionale finisce nelle mani del 4% della popolazione. Diverse categorie (minatori, lavoratori forestali, dipendenti pubblici, contadini, pescatori) si sono mobilitate lo scorso anno per ottenere miglioramenti salariali e il governo pare intenzionato a promuovere una più equa redistribuzione del reddito. Ma dovrà fare i conti con una situazione politica difficile in entrambi i rami del Parlamento. L'8 gennaio cinque deputati hanno abbandonato il Partido Demócrata Cristiano, lasciando la Concertación con 57 seggi su 120. I cinque fuoriusciti si collocano sulle stesse posizioni del senatore Adolfo Zaldívar, che meno di un mese fa aveva attaccato la direzione della senatrice Soledad Alvear, contestandole l'eccessiva fedeltà alla coalizione di governo, ed era stato poi espulso dal partito. Zaldívar si è così trasformato in un compiacente alleato della destra, che non nasconde la sua ambizione di tornare al potere. Alla fine dello scorso anno i dissidenti della Dc hanno fatto naufragare l'iniziativa dell'esecutivo per rifinanziare e migliorare il Transantiago. Questo piano per i trasporti della capitale avrebbe dovuto rendere più efficiente il servizio e diminuire l'inquinamento, ma si è risolto in innumerevoli disagi soprattutto per i pendolari. Media e opposizione hanno attribuito la colpa del fallimento al governo Bachelet, anche se il recente rapporto dell'apposita commissione parlamentare indica come principale responsabile il governo di Ricardo Lagos, che avrebbe preparato il progetto in modo precipitato e approssimativo. A Michelle Bachelet andrebbe rimproverata solo la decisione di mettere in opera il Transantiago cedendo alle pressioni del suo predecessore. Ora alla presidente restano due anni di mandato per tener fede all'impegno di "trasformazione sociale e politica" assunto in campagna elettorale. Lo ha ricordato lei stessa l'8 gennaio, presentando un nuovo rimpasto di governo: il dc Edmundo Pérez Yoma assume il dicastero dell'Interno (in sostituzione del dimissionario Belisario Velasco) e i suoi due compagni di partito Hugo Lavados e Marigen Hornkohl vengono chiamati a dirigere rispettivamente l'Economia e l'Agricoltura; al radicale Santiago González è affidato il Ministero delle Miniere, alla socialista Paulina Quintana quello della Pianificazione e a Sergio Bitar (Ppd) il dicastero delle Opere Pubbliche. La scelta di tre democristiani per i posti chiave del gabinetto rafforza la leadership di Soledad Alvear all'interno del Pdc, proprio nel giorno segnato dalla clamorosa defezione dei cinque deputati. 9/1/2008 |
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Venezuela, la bestia nera è l'inflazione Il primo gennaio ha segnato il debutto del bolívar fuerte, equivalente a mille bolívares. Per un periodo di sei mesi il nuovo sistema monetario (biglietti e monete in tagli che vanno dai cento bolívares ai dieci centesimi) si affiancherà a quello vecchio, per poi soppiantarlo definitivamente. Con l'eccezione della Colombia, il Venezuela era l'unico paese del Sud America a non aver ancora effettuato una riconversione monetaria. Insieme ad essa è entrata in vigore una legge sugli illeciti cambiari che punisce severamente le transazioni non ufficiali tra dollaro e bolívar, la cui parità è fissata a 2,15 unità. Il bolívar fuerte, secondo gli specialisti, costituisce uno strumento indispensabile per l'economia venezuelana in vista dell'adesione definitiva al Mercosur. Ma nel corso del suo programma Alo Presidente del 6 gennaio, il presidente Chávez si è spinto più in là: "Andremo verso una moneta unica sudamericana, che comincia ad avanzare con la nascita del Banco del Sur e del Banco del Alba". Domingo Maza, che fu direttore del Banco Central dal 1994 al 2006, ritiene però che la nuova moneta nasca in un momento poco favorevole a causa della forte sfiducia esistente, sia all'interno che all'estero, nei confronti dell'economia venezuelana. Una sfiducia alimentata dall'alta conflittualità politica e dal fallimento del controllo sui prezzi. Da oltre quattro anni, grazie soprattutto al rialzo del petrolio, il Venezuela registra una rilevante crescita del prodotto interno lordo, che nel 2007 è aumentato dell'8,4%. Al tempo stesso è migliorata la situazione sociale: il salario minimo equivale oggi a 286 dollari e la povertà si è ridotta dal 54 al 27% tra il 2003 e il 2007. Questo miglioramento, che accresce la domanda di beni, si scontra con le difficoltà di approvvigionamento facendo lievitare i prezzi. La bestia nera è proprio l'inflazione: lo scorso anno ha raggiunto quota 22,5% (il doppio del previsto) e quest'anno potrebbe salire ancora. "In inflazione siamo più che bocciati", ha ammesso lo stesso presidente. Non a caso, nel rimpasto di governo presentato il 4 gennaio (cambiano il vicepresidente e dodici ministri) per quasi tutti gli interessati è previsto il passaggio ad altri incarichi; tra le eccezioni, i responsabili delle Finanze, Rodrigo Cabezas, e della Pianificazione, Jorge Giordani, considerati i maggiori responsabili del fenomeno inflazionistico. Al vicepresidente uscente Jorge Rodríguez viene assegnato il compito di promuovere il nascente Partido Socialista Unido de Venezuela. Jesse Chacón passa a occupare il Ministero della Presidenza (il ruolo più importante all'interno del governo) e viene sostituito alle Telecomunicazioni dalla presidente dell'impresa statale Cantv, Socorro Hernández. Il dicastero della Comunicazione e dell'Informazione viene affidato ad Andrés Izarra, presidente di Telesur. Altre nomine riguardano: Rafael Issea alle Finanze, Ramón Rodríguez Chacín all'Interno, Haimán el Troudi alla Pianificazione, Erika Farías alla Partecipazione e Promozione Sociale, Rodolfo Sanz alle Industrie di Base e Miniere, Victoria Márquez allo Sport, Juan Osorio all'Alimentazione. La vicepresidenza viene assunta da Ramón Carrizales, attuale ministro dell'Infrastruttura. 8/1/2008 |
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Messico, "licenziata" la giornalista scomoda Nuovo colpo alla libertà di stampa in Messico (paese in cui, negli ultimi sette anni, sono stati assassinati 35 giornalisti). W Radio, appartenente al consorzio Televisa Radio, ha "licenziato" la popolare conduttrice radiofonica Carmen Aristegui, che nel suo programma di informazione Hoy por Hoy dava voce alle battaglie contro la corruzione del potere. La Aristegui aveva affrontato temi quali le accuse di brogli nell'elezione dell'attuale capo dello Stato Felipe Calderón, le conseguenze della cosiddetta Ley Televisa che consentiva la concentrazione dei mezzi di informazione, il caso Lydia Cacho (la giornalista arbitrariamente arrestata per aver denunciato una rete di sfruttamento di minori in cui erano coinvolti personaggi eccellenti), le denunce contro il cardinale Norberto Rivera per aver protetto i preti pedofili, le violazioni dei diritti umani durante il conflitto nello Stato di Oaxaca. Il 4 gennaio Carmen Aristegui ha annunciato agli ascoltatori che, dopo cinque anni di lavoro, il consorzio Televisa Radio (il cui pacchetto azionario è per il 50% in mano allo spagnolo Grupo Prisa) aveva deciso di non rinnovarle il contratto per il 2008, adducendo come motivazione una non meglio precisata "incompatibilità editoriale". Secondo la messicana Aleida Calleja, vicepresidente di Amarc (Asociación Mundial de Radios Comunitarias), l'allontanamento della conduttrice di Hoy por Hoy fa parte di un processo diretto a "soffocare le voci critiche e pluraliste che ancora rimangono nei media elettronici, dove la libertà è scarsa e forte la concentrazione". Alcuni dati: sette telespettatori messicani su dieci si sintonizzano su Televisa e due su TV Azteca. Questi stessi gruppi possiedono le emittenti radiofoniche più potenti. In settembre il Parlamento - resistendo a pressioni di ogni sorta - aveva approvato una riforma che privava il settore radiotelevisivo delle somme miliardarie derivanti dai contratti di propaganda politica durante le campagne elettorali. Carmen Aristegui aveva pubblicamente dichiarato il suo disaccordo con i colleghi di Televisa e TV Azteca che si opponevano alla riforma: questo forse il "reato" che le è costato il posto. 6/1/2008 |
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Paraguay, il 2008 anno del cambiamento? Il 2008 sarà l'anno del cambiamento in Paraguay? Le elezioni del 20 aprile potrebbero segnare la fine del dominio del Partido Colorado, che da sessant'anni regna su una popolazione confinata, in gran parte, in una situazione di povertà ed emarginazione. Citiamo i dati forniti da Francisco de Paula Oliva in un articolo per Alai, América Latina en Movimiento del 7 gennaio: su cento bambini che cominciano le elementari, solo 30 proseguono gli studi. Ogni anno 150.000 contadini lasciano la terra e vanno a ingrossare le cinture di miseria delle città. I consumi del 10% dei ceti più ricchi superano di 90 volte quelli del 10% dei più poveri. Un paraguayano su tre non ha accesso all'assistenza sanitaria. La metà degli abitanti vive sotto la linea di povertà. L'insicurezza domina nonostante la presenza di 14.000 agenti, molti dei quali sono complici di furti e sequestri o vivono di estorsioni. In vista delle presidenziali di aprile la scelta dei colorados è caduta su Blanca Ovelar, ex ministra dell'Istruzione e alleata dell'attuale presidente Nicanor Duarte. Blanca, che nelle primarie ha superato l'ex vicepresidente Luis Castiglioni (anche se il suo avversario non ha ancora riconosciuto la sconfitta), dovrà competere con l'ex vescovo Fernando Lugo (Alianza Patriótica para el Cambio), l'imprenditore Pedro Fadul (Patria Querida) e l'ex militare golpista Lino Oviedo (Unión Nacional de Ciudadanos Eticos). Quest'ultimo è stato rimesso in libertà in novembre e messo in condizione di partecipare al voto nonostante le diverse cause in cui era coinvolto (dal massacro di sette giovani manifestanti durante gli incidenti seguiti alla morte del vicepresidente Luis María Argaña nel marzo 1999, all'omicidio dello stesso Argaña) e nonostante dovesse terminare di scontare una condanna a 10 anni per il tentato colpo di Stato contro il presidente Juan Carlos Wasmosy nel 1996. Dietro la scarcerazione di Oviedo, secondo molti osservatori, vi sarebbe una manovra del partito di governo, deciso a usare ogni mezzo per dividere e indebolire l'opposizione. 4/1/2008 |
Latinoamerica-online.it a cura di Nicoletta Manuzzato |