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Brasile, l'estrema destra si prepara alla scadenza elettorale

Teresa Isenburg

Provo a comunicare qualche notizia sulla situazione del Brasile in questo periodo che precede di qualche mese la scadenza elettorale del 2 e del 30 ottobre. Per le forze democratiche la partita che si gioca non è di poco conto. Si tratta di sconfiggere un candidato di estrema destra, con i suoi alleati sia ideologici che opportunisti, per riportare la Federazione su binari istituzionali e costituzionali. Gli interessi e le forze in campo sono potenti, perché è ovvio che non si fa un colpo di stato come quello dell’agosto 2016, che ha deposto in modo anticostituzionale la presidente Dilma Rousseff, né una manipolazione elettorale come quella che ha portato alla carica presidenziale Jair Bolsonaro nel 2018, per farsi sollevare dall’incarico quattro anni dopo. E sembra proprio che tali interessi non abbiano nessun ritegno a calpestare regole, norme e codici per accrescere il proprio consenso che, dai sondaggi, non sembra favorevole.

Come tutti i paesi il Brasile vede il prezzo dei combustibili molto alto e per abbassarlo l’esecutivo immagina misure fiscali che mettono in discussione gli equilibri notoriamente complicati in questo campo fra Unione, Stati e municipi creando tensioni e instabilità. Per distrarre l’attenzione dalla situazione sociale che si inabissa, trascinata da inflazione e disoccupazione oltre che da malgoverno generalizzato, il presidente della Repubblica alimenta in continuazione la contrapposizione fra potere esecutivo e potere giudiziario, minacciando la separazione dei poteri, requisito indiscutibile di qualsiasi sistema politico parlamentare e rappresentativo. Le dichiarazioni pubbliche di tipo golpista si ripetono senza ritegno. E in questo contesto, in cui l’ultima delle preoccupazioni dell’esecutivo è di governare mentre ogni sforzo è volto alla propria propaganda elettorale, la macchina dello Stato, messa al servizio dell’esecutivo invece che dei cittadini, incespica e il mal funzionamento contamina il paese e rende difficile la vita dei cittadini. Intanto i contagi da Coronavirus sono in crescita, i programmi di vaccinazione antinfluenzale e pediatrici sono sotto la media (la propaganda contro i vaccini del presidente diffonde i suoi veleni) in una popolazione già debilitata dall’impoverimento di massa oltre che dai lunghi mesi di pandemia.

E accanto a questo esplode in modo non occultabile l’enorme tragedia dell’area amazzonica, che costituisce la maggior parte del paese. Riprendendo il vecchio progetto autoritario di settori della élite e di parte degli alti comandi militari, Bolsonaro e i suoi alleati hanno, in questi brevi quattro anni, compiuto un’opera meticolosa di devastazione attraverso lo smantellamento degli organi di gestione e controllo, cosa relativamente facile perché realizzabile attraverso misure che vengono definite infralegali, fondamentalmente azioni amministrative che non passano attraverso organi politici come il Parlamento e le assemblee legislative degli Stati. Si trasferiscono funzioni da un organo a un altro, ad esempio dal Ministero dell’Ambiente a quello dell’Agricoltura, oppure si destina un dirigente rigoroso da un luogo a un altro (dalla foresta alla costa, per esempio) o da un compito a un altro (ad esempio da un controllo sul territorio a un ufficio) oppure si nomina un pastore evangelicale al posto di un botanico o di un indigenista, infine non si sostituiscono i dipendenti che cessano dal servizio e in poco tempo l’effetto a cascata si moltiplica. E allo stesso tempo si tengono ben chiusi entrambi gli occhi sulle invasioni illegali di terre indigene e riserve naturali da parte di cercatori di minerali, in particolare oro, di taglialegna, di pescatori di frodo, di bracconieri di tutti i tipi, spesso forniti di potenti attrezzature ben visibili e moderne che quindi richiedono investimenti non piccoli. I popoli originali divengono bersaglio di violenze fisiche e culturali, mentre a livello centrale si cerca di modificare il quadro giuridico fino alla Costituzione del 1988 per togliere la possibile protezione della legge. Simbolo di questo percorso di morte ambientale e socio-culturale applicato con determinazione nella regione amazzonica può essere ricordato il modo in cui la pandemia è stata gestita a Manaus e in tutta l’area, usando le persone e i luoghi come cavie. E in questi giorni la scomparsa il 5 giugno del giornalista inglese del Guardian Dom Phillips e dell’indigenista brasiliano Bruno Araújo Pereira, che si stavano spostando in motoscafo nella valle del fiume Javari: due persone di grande conoscenza del territorio e molto esperti. Non sorprende che opinione prevalente è che le indagini si muovano con non innocente lentezza e approssimazione. Non sorprende neanche che il presidente abbia commentato il fatto dicendo che è stata "un'avventura" andare in un luogo così pericoloso. Si sa, il fascismo è comunque volgare.

In questi anni mi sono spesso chiesta gli interessi di quali classi questo esecutivo rappresenta. Non ho trovato risposte circostanziate, né analisi con indicatori inequivocabili. Certo esso rappresenta gli obiettivi del capitale finanziario, dell’agrobusiness, delle svendite a cui viene dato il nome di privatizzazioni. Ma che cosa tiene insieme un gruppo che, con dissidi interni di tutti i tipi, finalmente rimane in qualche modo coeso nell’agire contro il proprio paese? Ovviamente non ho la risposta, ma esprimo quello che mi sembra di avere osservato nel corso di questi anni. Metterei questo esecutivo autoritario nella categoria delle cleptocrazie. Non quelle diciamo così classiche in cui la figura autoritaria centrale e un gruppo limitato di contorno e cooperazione scappa con i lingotti d’oro ed esporta denaro su conti cifrati offshore. Ma piuttosto una cleptocrazia che propone un patto a segmenti selezionati di gruppi sociali al fine di occupare funzioni dello Stato sovraremunerate e avere mano libera per compiere affari, possibilmente sovrafatturati, in prevalenza con la pubblica amministrazione e ottenere norme legislative che consentano di organizzarsi come gruppi di potere e arricchimento. Una cleptocrazia che divora direttamente lo Stato e la sua impalcatura. Da quello che mi sembra di avere visto, e senza pretesa di avere visto giusto, mi sembra che tre siano i gruppi principali e più consistenti che sono stati cooptati, ciascuno variamente ricompensato con vantaggi materiali.

I militari, o per meglio dire gli alti ufficiali delle forze armate, hanno avuto un ruolo non secondario nell'agevolare e promuovere l’ascesa di Bolsonaro. Hanno ottenuto almeno tremila incarichi ben retribuiti nell’esecutivo federale, oltre a posti di grande potere come il Ministero della Salute con il generale Pasuello che, per incompetenza e subordinazione ideologica al presidente, ha causato per la pandemia un numero molto alto di morti evitabili. 43 militari della riserva hanno avuto remunerazioni di molto superiori a quelle consentite grazie a decreti presidenziali che consentono, a specifiche categorie, l’accumulo di salari e pensioni. Per poi scendere nel sottobosco delle piccole ruberie di chi si approfitta della sua posizione per accaparrare meschini riconoscimenti di status: acquisto di cibi cari per le forze armate (o almeno per la mensa ufficiali), di quantità assurde di latte condensato per le caserme, di medicinali improbabili per i militari. In questo periodo prelettorale, attraverso il ministro della Difesa (Ministero da Bolsonaro affidato di nuovo a uomini in divisa, mentre dopo l'eliminazione dei governi militari era sempre stato attribuito per ovvi motivi a civili) questa corporazione, seguendo il presidente, diffonde dubbi sulle urne elettorali elettroniche rivendicando una specie di audit dell’esercito sul voto. La cosa anticostituzionale e di pura fantasia istituzionale si commenta da sola per la sua aura golpista.

Le milizie, potenti soprattutto a Rio de Janeiro dove controllano porzioni consistenti del territorio taglieggiando la popolazione (qualche cosa che ben conosciamo in Italia con le mafie), hanno potuto armarsi grazie alle facilitazioni per acquisto legale di armi da parte di cittadini privati, moltiplicate per decreto fin dai primi giorni del governo Bolsonaro. Fra il 2019 e il 2021 la registrazione di armi si è triplicata, con il risultato che lo stock nelle mani di privati supera quello a disposizione delle forze dell’ordine e delle forze armate. Vi è quindi di fatto un corpo pretoriano che poteri paralleli possono mobilitare.

Le dirigenze delle grandi chiese evangelicali hanno svolto un ruolo non secondario nell’indirizzare voti delle masse dei loro fedeli verso Bolsonaro. Hanno ottenuto dicasteri della massima importanza, come quello della famiglia e dei diritti umani, della scuola, della giustizia, settori in cui hanno compiuto devastazioni sociali e culturali profonde, sempre in sprezzo della Costituzione. Inoltre due esponenti che dichiarano esplicitamente di operare secondo l’ideologia evangelicale sono stati nominati dal presidente nel STF/Supremo Tribunale Federale. Poi c’è anche qui il piccolo cabotaggio di interessi monetari: ottenere di non pagare gli enormi debiti fiscali delle megachiese, deviare denaro pubblico dal suo destino amministrativo regolare verso associazioni legate alle cosiddette chiese e così via.

Oltre a questi tre gruppi, che sono in grado di coinvolgere e condizionare gran numero di persone, con possibili conseguenze elettorali, ci sono poi cooptati minori nel progetto di cleptocrazia: i grandi latifondisti dell’agrobusiness collegati alla lobby internazionale (in buona parte europea) della chimica, i saccheggiatori degli spazi amazzonici che cooperano con i gruppi delle coltivazioni minerarie come Vale o con la società di investimenti Black Rock, il crimine organizzato che traffica in oro e così via.

In questo momento la sensazione è che tutto questo mondo meschino e grezzo viva un momento, molto pericoloso, di esasperazione che si esprime attraverso il comportamento e le scelte di colui che occupa la presidenza della Repubblica. Questo sistema di cleptocrazia per continuare ha bisogno di avere direttamente in mano i meccanismi di controllo dello Stato attraverso funzionari compiacenti nei posti giusti, possibilità di emanare atti amministrativi che disattivino i sistemi di controllo e funzionamento degli apparati, influenza per manipolare la distribuzione di fondi controllati dal Parlamento, una rete di elargizione di piccoli favori che consenta di manovrare esecutori e anche di raggranellare fondi neri sempre utili. Il metodo classico per quest’ultimo fine è quello della cosiddetta "rachadinha"/piccolo strappo: si tratta di assumere funzionari fantasma per incarichi pubblici legati a singoli politici, consentire che essi siano inoperanti e farsi restituire quasi interamente lo stipendio versato. Nulla di nuovo. Fuori fisicamente dai luoghi del potere il modello di questa cleptocrazia è inapplicabile. Da qui l’esasperazione, dato l’alto indice di rigetto verso l’attuale esecutivo che i sondaggi rilevano.

Traduco un testo dell’economista Maria Lucia Fattorelli, grande esperta nell’analisi del debito pubblico e del modo in cui esso viene costruito, che con la lucida chiarezza frutto della competenza che la caratterizza racconta come si è approdati alla barbarie sociale che martirizza al momento il Brasile. (San Paolo, 11/6/2022)

Non è per caso né perché "Dio vuole" che siamo giunti alla barbarie sociale

Maria Lucia Fattorelli*

Nonostante le immense ricchezze che esistono in Brasile, il nostro sviluppo socioeconomico è completamente bloccato: siamo precipitati al 13° posto nella graduatoria del pil mondiale, superati anche dall’Australia; si aggrava il processo di deindustrializzazione e si esacerba la disoccupazione e l'estrema diseguaglianza sociale, con l’allarmante crescita visibile a occhio nudo di famiglie in condizione di strada in tutte le città del paese, che sopravvivono con immondizie e ossa.

E intanto i giornali informano che "Grandi banche hanno avuto il maggiore profitto nominale in 15 anni", un nuovo record, considerando che il profitto delle quattro più grandi banche (del Brasile) ha raggiunto 81,63 miliardi di reais nel 2021! Non siamo giunto alla barbarie per caso e tanto meno perché "Dio vuole", ma a causa del modello economico che opera in Brasile, progettato per produrre scarsità per la maggioranza mentre una minoranza privilegiata ostenta livelli assurdi di ricchezza.

Questo modello economico è sostenuto principalmente da quattro assi: il sistema fiscale ingiusto e regressivo, la politica monetaria suicida praticata dalla Banca Centrale, il modello estrattivo irresponsabile della coltivazione mineraria e del grande agrobusiness e soprattutto, il Sistema del Debito. Assistiamo a un vero e proprio saccheggio delle ricchezze nazionali per alimentare il Sistema del Debito, mentre tutti gli altri investimenti necessari al nostro sviluppo socioeconomico sono trascurati, con il fallace argomento che non ci sarebbero risorse.

Risorse non mancano nel nostro paese! Oltre a circa 5000 miliardi di reais in cassa, nel 2021 c’è stato un avanzo primario di 64 miliardi di reais (risultato che si riferisce a Unione, Stati e municipi). Ma tutto questo denaro è riservato alla rendita! Il grafico del Bilancio Federale Eseguito (pagato) nel 2021 mette in evidenza il privilegio del Sistema del Debito, che ha prosciugato la ricchezza del paese, prodotta dalla classe lavoratrice, per arricchire ulteriormente i super ricchi, privilegiati anche dall’ingiusto modello fiscale.

La responsabilità della Banca Centrale nel garantire profitti record alle banche e nella produzione di crisi per l’industria e per tutti gl altri settori economici è immensa! Fra i vari meccanismi, l’indecente remunerazione giornaliera dell’avanzo di cassa delle banche e l’abusiva elevazione degli interessi con la falsa giustificazione di combattere l’inflazione ha incatenato l’economia brasiliana, portando molte imprese al fallimento e famiglie alla disperazione: dal mese di marzo 2021 la Banca Centrale ha aumentato la Selic del 488% (con un salto dal 2 all’11,75% annuo) e non ha contenuto l’inflazione; tuttavia annuncia che farà un nuovo aumento.

Nel "granaio del mondo", in cui l’agrobusiness raggiunge record di esportazione e profitti per i grandi gruppi, oltre metà dei domicili (55,2% cioè 116,8 milioni di persone) soffre di insicurezza alimentare, cioè non ha accesso pieno e permanente ad alimenti. L’insicurezza alimentare "moderata" colpisce 43,4 milioni di persone (20,5% della popolazione, che non ha accesso ad alimenti in quantità sufficiente) e 19,1 milioni si trovano nella cosiddetta "insicurezza alimentare grave", cioè hanno fame. La disoccupazione formale colpisce 12 milioni di persone, numero che si allarga a 28 milioni se si includono 7,4 milioni di sottoccupati (per l’insufficienza di ore di lavoro) e altri 9 milioni definiti "forza lavoro potenziale" che include i cosiddetti rinunciatari, che non credono neppure di poter trovare un lavoro.

Da un lato un gruppo privilegiato di 28.000 persone guadagna oltre 320 salari minimi mensili, ricevendo ciascuno in media 765.000 reais al mese esenti da IRPEF, in quanto di tratta di grandi banchieri e imprenditori che ricevono profitti distribuiti esentasse e altissimi guadagni con gli interessi del debito pubblico. Dall’altro la classe lavoratrice e i consumatori in generale sono puniti pesantemente con tributi incorporati nel prezzo dei prodotti. Il reddito annuo dichiarato nel 2020 dal gruppo di 28.000 privilegiati ha raggiunto 371 miliardi di reais, valore vicino ai reddito di 383 miliardi di reais di 89 milioni di persone che rappresentano il 40% più povero di tutta la popolazione brasiliana.

Per porre fine a questa barbarie è necessario cambiare il modello economico, con misure che affrontino gli assi che lo sostengono, a cominciare da un audit del debito pubblico con partecipazione sociale e cittadina, per arginare il dissanguamento di denaro che dovrebbe soccorrere le necessità sociali urgenti, ma che invece sta alimentando il profitto delle banche.

Monitor Mercantil, 2/6/2022

*Maria Lucia Fattorelli è coordinatrice nazionale dell'Auditoria Cidadã da Dívida e membro titolare della Commissione Brasiliana Giustizia e Pace della CNBB/ Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato