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Brasile, a proposito di religiosità

Teresa Isenburg

Da alcuni anni sodalizi religiosi di vario tipo in diversi paesi occupano in modo diretto uno spazio crescente nelle vita politica e sono fin troppo ben accettati dalle organizzazioni politiche. Per chi ritiene che non solo la separazione dei poteri sia base indiscutibile nella costruzione di uno Stato volto ad includere l’insieme dei suoi cittadini/e e interessato ad un percorso di giustizia sociale condiviso e che la laicità istituzionale sia componente irrinunciabile per tale progetto, questa intrusione di forze religiose non di rado venate di profondo integralismo suscita preoccupazione e repulsa.

In Brasile le megachiese evangeliche e i settori tradizionalisti della Chiesa Cattolica sono le aree con maggiore influenza di tale indirizzo; essi hanno praticato un protagonismo aggressivo, quasi impudico, dal 2016 occupando spazi e posizioni di potere vasto. Con il nuovo esecutivo entrato in esercizio a inizio 2023 si rendono meno visibili, ma non molto meno attivi. In questo contesto mi sembra di un certo interesse trasmettere qualche informazione su settori religiosi che praticano una fede lontana dai riflettori, come quello che ancora esiste in Brasile delle Comunità Ecclesiastiche di Base o come i gruppi evangelici locali (2). Mi permetto anche di tradurre un testo che mi sembra non disutile del pastore Fred Morris relativo alle alte gerarchie ecclesiastiche in Nicaragua (1). Il Nicaragua, come buona parte dei paesi latinoamericani, vive da diversi anni una situazione di polarizzazione radicalizzata che rende incerto e minacciato l’equilibrato confronto democratico.

Vorrei infine concludere richiamando l’attenzione su un accadimento che ci tramette un messaggio che viene da lontano, l’identificazione del figlio minore di Julio Santucho, uno dei molti neonati sequestrati a prigioniere politiche e dati in adozione a militari durante la dittatura militare in Argentina (marzo 1976-dicembre 1983) risponsabile di 30.000 assassini dei propri cittadini/e. La famiglia martire dei Santucho dopo quasi mezzo secolo ritrova uno dei suoi figli vilipesi dalla dittatura militare grazie alla incrollabile tenacia delle madri e delle nonne della Plaza de Mayo.

1. Il reverendo nordamericano Frederick Birten Morris, che aveva lavorato accanto a don Hérder Câmara e che è sopravvissuto alle tortura nelle mani della dittatura militare brasiliana nel 1974, ha pubblicato venerdì 28 luglio 2023 una lettera aperta indirizzata al presidente Lula, in cui denuncia fake news del governo degli Stati Uniti su un supposto “prigioniero politico“ del governo del Nicaragua.

20 luglio 2023

Eccellente Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile

Il 17 marzo 2003 ero stato nel suo ufficio in rappresentanza del Consiglio Nazionale delle Chiese degli Stati Uniti per chiedere il suo aiuto presso i presidenti delle nazioni non allineate per cercare di evitare la guerra degli Stati Uniti contro l’Iraq. Mi riceveste con un caloroso abbraccio perché si ricordava del mio caso come missionario metodista, collaboratore di don Hélder Câmara a Recife, sequestrato dal Quarto Esercito e torturato per 17 giorni prima di essere espuso dal Brasile nel 1974.

Sfortunatamente il presidente GW Bush dichiarò guerra all’Iraq quella stessa sera, alle 21 (ora brasiliana) e lei non ha avuto la possibilità di aiutare ad evitare quella guerra.

Nel 2021 sono andato in pensione dopo 68 anni come pastore metodista e mi sono trasferito in Nicaragua dove ora vivo.

Le scrivo a proposito del vecovo Rolando José Álvarez Lagos, perché circola molta disinformazione sul suo caso. Dai mezzi di comunicazione nordamericani viene presentato come prigioniero politico del governo sandinista. In quanto residente in Nicaragua, posso dire che la realtà è diversa.

Come noto, ad aprile 2018 l’ambasciata degli Stati Uniti in Nicaragua ha lanciato un tentativo di cambiamento di regime. In precedenza per diversi anni l’ambasciata, la USAID, la Fondazione per la Democrazia/NED (una entità organizzata e finanziata dal Congresso statunitense) e altre agenzie del governo degli USA avevano recapitato milioni di dollari in Nicaragua in modo semiclandestino per appoggiare varie organizzazioni non governative/ONG che lavoravano per abbattere il governo del presidente Daniel Ortega.

Inoltre inviarono centinaia di studenti nicaraguensi negli USA per “imparare la democrazia“. Questo progetto funzionava in modo simile alla nefasta Scuola delle Americhe, per molti anni insediata a Panama, attualmente a Fort Benning in Georgia, dopo l’espulsione da Panama. Questa Scuola formò centinaia di ufficiali militari latinoamericani per combattere il “comunismo”. Il maggiore Maia, che era capo della Camera di Tortura del Quarto Esercito a Recife, dove io sono stato torturato, si vantava con me di essersi formato alla Scuola delle Americhe e di avere trascorso un anno intero a Panama imparando il suo mestiere di torturatore.

Il 18 aprile 2018 in cinque diverse città del Nicaragua, alle 9 del mattino, esplosero proteste ”spontanee“, tutte dirette da studenti che avevano partecipato negli anni precedenti a viaggi negli USA per “essere orientati“.

Questi gruppi ostruirono le strade nelle principali città del Nicaragua e, nei giorni e nelle settimane seguenti, anche le autostrade internazionali del paese. Tali blocchi erano compiuti da delinquenti comuni reclutati (anche in paesi confinanti) con soldi, droga e alcool per accrescere il numero di partecipanti alle proteste e dare forza alla difesa dei blocchi stessi. I manifestanti provocarono deliberatamente molti incidenti violenti e scontri con poliziotti e cittadini comuni che portarono alla morte di oltre 260 persone, secondo fonti affidabili. Le autopsie hanno rivelato che molte persone erano state colpite alla testa e al collo, conseguenza evidente di spari di franchi tiratori. Fra i morti vi erano 22 poliziotti sandinisti mentre altri 400 poliziotti rimasero feriti da spari. Ci sono stati anche diversi casi di tortura di sandinisti catturati da parte dei ”ribelli“. Dal momento che erano certi della vittoria, in quanto l’ambasciata degli USA finanziava e appoggiava l’insurrezione, e come metodo per spaventare la popolazione, molti manifestanti registrarono le proprie azioni, torture incluse, sugli smartphone, e le pubblicarono nelle reti sociali in modo che tutti potessero vederle. D’altro lato i media commerciali sistematicamente evitarono di coprire i molti noti casi di comportamento sadico di questi attivisti.

Il vescovo Rolando Álvarez appoggiò apertamente i tentativi di abbattere il governo sandinista, che era stato eletto con il 70% dei voti popolari nel 2016. Dal suo pulpito a Matagalpa e nelle strade incoraggiò i fedeli della sua diocesi ad appoggiare le forze violente dell’opposizione in modo da rendere necessario eliminare il governo sandinista. Il vescovo Álvarez fu uno dei tre principali vescovi della Conferenza Episcopale ad esigere il rientro della polizia nei rispettivi commissariati come condizione previa di un dialogo nazionale, esigenza che il presidente Ortega condivise per facilitare la pace.

A luglio 2018, in risposta alle massicce domande popolari di ritorno all’ordine, il governo sandinista ha detto “basta!” e ha cominciato ad arrestare gli attivisti violenti e criminali che avevano tentato di abbattere il governo. Come già detto, molti avevano registrato le proprie azioni sugli smartphones e, con tali prove, è stato facile emettere diverse condanne, anche di coloro che avevano torturato e assassinato centinaia di persone. Oltre 200 persone vennero condannate e incarcerate.

I governi degli USA e dell’Unione Europea e organizzazioni dei diritti umani hanno immediatamente protestato, dichiarando che tutti loro erano ”prigionieri politici“, anche quanti responsabili di assassinio. Tuttavia il governo sandinista liberò tutti con una legge di amnistia, condizionando tale libertà alla non reiterazione dei crimini. In caso di nuove attività delittuose, le pene avrebbero dovuto essere compiute.

Sfortunatamente molti ruppero l’accordo e furono nuovamente arrestati. A giugno 2021 un altro gruppo venne incarcerato e i componenti giudicati per le accuse, fra le altre, di abuso fraudolento di autorità senza fini di lucro e riciclaggio.

Il vescovo Álvarez continuò a criticare il governo e a incentivare pubblicamente i suoi seguaci a proseguire la lotta per far cadere il governo. Nelle elezioni del 2021 i sandinisti raggiunsero il 76% dei voti, mentre il secondo candidato ne ebbe solo 12%. Il vescono Álvarez aveva accesso e controllo su diverse stazioni radio nelle due principali città del paese, Matagalpa e Estelí.

Per secoli la Chiesa Cattolica è stata la religione ufficiale in Nicaragua. I sacerdoti per tutto questo tempo hanno goduto di “immunità diplomatica”. Studi recenti mostrano che meno del 40% dei nicaraguensi oggi si dichiara cattolico, mentre la maggioranza è protestante evangelica. A marzo 2023 il governo sandinista ha ritirato il proprio ambasciatore presso il Vaticano, che a sua volta ha chiuso l’ambasciata a Managua. Quindi anche il vescovo Álvarez non ha più alcuna immunità e infine il governo sandinista lo ha accusato di insurrezione e, in base a prove, lo ha condannato a 26 anni concedendo la prigione domiciliare nel palazzo episcopale della capitale.

A febbraio 2023 il governo nicaraguense ha proposto agli Stati Uniti la liberazione umanitaria di 222 oppositori detenuti per crimini (violenti e illeciti) contro il governo, abuso di autorità, riciclaggio. Le autorità americane hanno risposto mandando un aereo per trasferirli tutti a Washington, DC. Il vescovo Ronaldo Álvarez ha rifiutato l’invito. Di conseguenza è stato ricondotto a compiere la sentenza di 26 anni, ma non più del palazzo episcopale, ma in prigione.

Il vescovo Roland Álvarez non è un prigionero politico, a meno che promuovere una insurrezione violenta con morte di centinaia di persone possa essere considerato atto puramente politico. Il governo degli Stati Uniti sta facendo di tutto per convincere il mondo che il vescovo Álvarez è vittima di persecuzione politica.

Caro presidente Lula, spero che lei possa capire questa realtà senza partecipare al gioco del governo degli USA. Ritengo che le persone che hanno cercato di abbattere il suo governo a gennaio non siano prigionieri politici, ma criminali.

Ancora un dettaglio: ho vissuto in Brasile per oltre dieci anni durante la dittatura militare. I militari non facevano nessuno sforzo per nascondere l’uso della tortura terrorizzando i cittadini. Come conseguenza, nessuno diceva una parola contro il governo, neanche in un incontro familiare e ancor meno al ristorante o al bar.

Abito in Nicaragua da otto anni e in tutto questo tempo non ho sentito parlare di un'unica persona scomparsa o torturata. Abito in un quartiere di classe media in cui molti dei miei vicini non sono sandinisti. Chiunque non apprezzi il governo può esprimere liberamente la propria opinione; nessuno ha paura di parlare. Il governo nicaraguense non è una dittatura, è un governo del popolo, per il popolo.

Con il massimo rispetto

Reverendo Fred Morris

Fonte: Religioso desmente fake news estatunitense sobre suposto “preso político” da Nicaragua, Brasil 247, 30/7/2023

2. Il vasto movimento delle comunità ecclesiastiche di base ha interessato l’intera America Latina negli anni 1970-1980 attivando nel solo Brasile migliaia e migliaia di nuclei, almeno 8000. La Chiesa Cattolica non ha riconosciuto l’indirizzo della Teologia della Liberazione che le animava, né ha inserito nella propria struttura gerarchica le realtà che si erano andate organizzando. Tuttavia le CEB continauno a esistere, ma non sono diventate la linfa vitale della Chiesa che ha perso molta della sua influenza ancorata a modelli teologico-culturali lontani dal sentire di gran parte della popolazione.

La 15a Interecclesiastica delle Comunità di Base si svolge a Rondonópolis (MT) da martedì 17 a sabato 22 luglio 2023. L’incontro tratta il tema "Chiesa in cammino alla ricerca della vita piena per tutti e tutte" e cerca di riflettere sull’impatto della realtà del paese ed ecclesiastica sulle CEB e sulle sfide per superarlo. Incisiva è stata la critica al clericalismo, facendo eco alle parole di papa Francesco, che recentemente ha dichiarato che esso è ”una perversione nella Chiesa”. Questo è uno dei punti dell'inchiesta compiuta dai circa 150 rappresentanti delle Comunità delle regioni Ovest1 (Mato Grosso do Sul) e Sul1 (San Paolo). La rivendicazione è di una Chiesa con il ”piede in terra”.

Il vescovo ospite dell’incontro, don Maurício da Silva della diocesi di Rondonópolis-Guiratinga, ha valutato in modo positivo i risutati raggiunti dall’incontro. Ad esso hanno partecipato circa 1500 rappresentanti di CEB di tutto il Brasie, oltre a religiosi e religiose, vescovi, dirigenze di organismi legati alla Chiesa Cattolica e altre denominazioni cristiane ed espressioni spirituali, movimenti sociali e popolari.

Fonte: Comunidades Eclesiais de Base defendem esèiritualidade comprometida com transformação social, Brasil de Fato, 22 luglio 2023

A una settimana dalla fine della 15a Interecclesiastica delle CEB a Rondonópolis (MT) e dando inizio alla 16a che si terrà (nel 2027) a Vitoria (ES), gli effetti continuano. Gli incontri ecclesiastici delle CEB hanno una caratteristica particolare, che non finiscono mai senza indicare un segnale che più avanti ce ne sarà ancora una.

Considero le CEB il più importante movimento cristiano all’interno della Chiesa Cattolica Romana in Brasile e per questo la base più radicata e solida di una comunità che ha ricevuto come eredità la sapienza millenaria delle prime comunità cristiane e ha accettato la natura di essere una comunità indirizzata al centro dell’Evangelo. Così stando le cose, è una Chiesa in cammino. Sempre.

Cioè le CEB cercano una religione che esalti la vita e il perdono, e non la religiosità che produce potere ed egoismo. È in ciò che risiede il profetismo delle CEB senza perdere la fede né negare la propria origine. Le CEB hanno la stessa natura delle prime comunità, in cui aveva un significato pratico essere Chiesa (assemblea) Cattolica (universale) Apostolica (inviata) che significa essere una Chiesa in cammino, una Chiesa al servizio degli esclusi e che aveva nelle donne i suoi pilastri in un tempo in cui la religione ufficiale non consentiva alle donne neppure di avvicinarsi all’altare.

Ora si immagini una società patriarcale e profondamente segnata dal predominio della presenza maschile negli spazi del potere, sia religioso sia nella organizzazione politica o sociale. Allora si può vedere la propria Chiesa oggi, in due versanti. Una è quella che la CEB propone, altra è quella che la maggioranza di noi frequenta.

Le CEB oggi, come i primi cristiani e cristiane di ieri, sono trattati come un grave pericolo dalla religiosità ufficiale e dal clericalismo perché sempre hanno preso le distanze dalla religiosità facile e sottomessa agli interessi dei potenti.

Le CEB resistono e sorprendono. E qui si registrano due fatti. Il primo è la resilienza, con organizzazione, coraggio e audacia della recente Interecclesiastica. Il secondo fatto è stato la eliminazione dell’odio.

Fonte: si riassume un articolo di un quadro di una CEB, Toninho Kalunga, Ecos do 15° Intereclesial das CEBs, Brasil 247, 30/7/2023

Infine mi sembra interessante segnalare un incontro interreligioso promosso dal Movimento Negro Evangelico di Recife (PE) il 22 luglio 2023 per rafforzare i legami fra le religioni e combattere l’intolleranza.

Fonte: Movimento Negro Evangelico realiza encontro interreligioso em Recife, Brasil de Fato, 22/7/2023

San Paolo, 5/8/2023

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato