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Il Brasile nell'epoca del caos Teresa Isenburg Varie cose sono successe nelle ultime settimane in Brasile. Accadimenti che hanno riflessi anche internazionali e che confermano che viviamo nell’epoca del caos che accompagna la rimessa in discussione dell’egemonia e degli attori che per essa competono. Caso Marielle. Dopo sei anni dall’assassinato, avvenuto il 14 marzo 2018, della consigliera comunale di Rio de Janeiro Marielle Franco e dell’autista Anderson Gomes, il 24 marzo 2024 la polizia federale ha compiuto una serie di arresti di quelli che si ritengono essere i mandanti dell’ assassinio. Il sicario Ronnie Lessa era già detenuto da tempo. Gli arrestati in quanto mandanti sono due fratelli, Domingos Brasão, consigliere dei Tribunale dei Conti dello Stato di Rio, e Chiquinho Brasão, deputato federale del partito União Brasil (dal quale è stato al momento espulso). Sono imprenditori con una rete di distribuzione di benzina, attivi nella speculazione edilizia illecita (e questo sembra il motivo della eliminazione di Marielle), collegati al mondo delle milizie che operano e controllano le favelas (oggi chiamate comunità). Terzo arrestato Rivaldo Barbosa, ex capo della Polizia civile di Rio (ed è a questo ramo delle polizie che spetta il compito di svolgere le indagini), carica alla quale venne nominato a marzo 2018 dal commissario della Segreteria di Sicurezza di Rio generale Walter Braga Neto. Il commissariamento di Braga Neto durò dal 16 febbraio al 31 dicembre 2018, con la funzione di riorganizzare i servizi di sicurezza in un momento di particolare violenza (che sotto la sua direzione aumentò). Braga Neto è stato probabilmente l’uomo forte del progetto e dell’azione golpista costruiti nel corso del governo Bolsonaro, tanto da essere candidato alla vicepresidenza dello stesso nel 2022. Barbosa partecipa all’area evangelicale battista. Al di là degli aspetti giudiziari, la forte operazione della polizia federale fa luce sulla ampiezza del crimine organizzato a Rio e sui suoi collegamenti con il mondo politico. Questo determina un capillare controllo del territorio soprattutto delle favelas attraverso speculazione edilizia illegale, estorsione in cambio di “protezione”, imposizione di servizi quali trasporto e acqua. Le attività sono saldamente nelle mani delle milizie, in buona parte formate da ex funzionari delle forze di polizia per i quadri dirigenti, mentre la manovalanza è ingaggiata fra la popolazione disoccupata. In realtà la situazione è in movimento per la competizione fra milizie e trafficanti in un momento in cui il traffico di sostanze illecite e il contrabbando (di oro e armi soprattutto) si sta riorganizzando a livello continentale (come dimostra la situazione in Ecuador e lo sviluppo delle reti logistiche amazzoniche). E questa riorganizzazione è qualche cosa a cui l’Italia farebbe bene a prestare attenzione, dal momento che la 'ndrangheta è uno degli azionisti di maggioranza del traffico di sostanze allucinogene. Infine dal quadro complessivo emerge la inaffidabilità della polizia statale di Rio (il comando delle polizie è di competenza dei governatori degli Stati), che in questo caso ha per sei anni ostruito la giustizia. Solo dal febbraio 2023, quando la polizia federale ha aperto una indagine sul caso Marielle per operare come linea ausiliare della polizia civile dello Stato, nel giro di un anno è stato possibile ricostruire le responsabilità. Certamente il fatto che l’assassinio di Marielle sia divenuto oggetto di una forte attenzione internazionale per iniziativa delle forze sociali di base ha aiutato a non farlo dimenticare.
Colpo di Stato dell’8 gennaio
2023. Le
indagini sugli ideatori e i responsabili
dell’eversione procedono con costanza e risalgono
dagli indagati delle iniziative di base
(accampamenti davanti ai quartieri generali dell’esercito,
produzione continuata di fake news, vandalismo contro le sedi dei
tre poteri a
Brasilia) agli attori di livello superiore. A seguito di
dichiarazioni di collaboratori di giustizia o di delatori privati,
il quadro che si profila non è per nulla tranquillizzante. Il
coinvolgimento di alti
ufficiali delle tre forze è molto ampio, molti
sapevano e si riunivano per complottare esplicitamente contro il
proprio paese e i cittadini, rare voci che si dichiaravano
indisponibili al progetto evidentemente lo trovavano probabilmente
naturale e non lo denunciavano a chi di dovere. Come le forze
democratiche pensino di affrontare possibilmente in modo definitivo
la questione delle forze armate, che si considerano legittimate a interferire nelle istituzioni quando
le ritengano non congruenti con la loro visione del mondo o forse
più semplicemente con i loro interessi anche molto concreti, non è
facile da immaginare. Il dato positivo è che per la prima volta
nella storia del Brasile repubblicano (cioè dal 1889, quando un
sollevamento militare pose fine all’Impero e alla monarchia) alti
ufficiali vengono indagati, interrogati, forse accusati e magari
condannati nell’ambito del potere giudiziario civile. La strada è
lunga e in erta salita, con anche non pochi problemi procedurali. Al
momento tutto è nelle mani del Supremo Tribunale Federale in quanto
l’oggetto dell’indagine
è riassunto nel nome stesso dell’operazione, lesa patria.
Ma non poche sono le manovre per riportare i processi alla
giustizia di primo grado più influenzabile. Nel STF il giudizio è
nella sola massima istanza, senza possibili ricorsi.
Ambasciata d'Ungheria.
In questo contesto, il 26 marzo 2024 il New York
Times
pubblicava un articolo completo di foto su un soggiorno di
Bolsonaro nell’ambasciata di Ungheria a Brasilia fra il 12 e
il 14 febbraio
(quattro giorni dopo che la polizia federale gli aveva ritirato
il passaporto). Notizia e circostanza sorprendenti. Molte le
domande: la prima è come
mai il NYT disponeva di un filmato all’interno di un paese
terzo (il Brasile) e lo teneva nel cassetto per sei settimane. La
seconda è come era stata concordata la permanenza dell’ex
presidente in quella residenza extraterritoriale: era stato
invitato, aveva sollecitato un invito, passava di lì per caso? Gli
avvocati dicono che visitava gli esponenti di un paese amico per
informare sulla reale situazione del Brasile. L’ambasciatore,
convocato all’Itamaraty
(Ministero degli Esteri) dice di avere avuto indicazioni dal
proprio paese.
Quello che si capisce è che
Bolsonaro era preoccupato di essere arrestato e preparava
un'uscita di sicurezza. Saranno la polizia e la giustizia
brasiliane a valutare il significato di questo sorprendente
episodio. Da parte mia ho una domanda da porre: l'Unione Europea
non ha niente da dire? Trova normale e congruente con i principi
fondativi della stessa che un paese membro agisca per offrire una
sponda protettiva ad un ex capo di Stato coinvolto, con ogni
probabilità, in un colpo di
Srato e già ampiamente indagato per pratiche sanitarie
mortifere, alterazione di dati negli archivi del SUS/Sistema Unico
di Salute, appropriazione indebita di beni di valore della
presidenza (gioielli, orologi e altro)?
31/3/2024
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cura di Nicoletta Manuzzato |