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Brasile, la cultura resiste Teresa Isenburg Il Brasile vive e vivrà nei prossimi mesi una situazione sospesa, di attesa. Tutti sanno che è in gioco il divenire di questo grande paese: lo sa il gruppo che occupa le stanze del potere e che paventa la perdita del sistema di accaparramento che ha con maestria costruito. Lo sanno le forze democratiche e fedeli alla Costituzione, che sono consapevoli che non possono fallire e che hanno il dovere verso i cittadini e le cittadine di porre fine all'eversione e alla devastazione che si protrae da sei anni. La scadenza elettorale di inizio ottobre si profila quindi centrale. Come evidente, il momento è estremamente pericoloso e pieno di incognite, molto di ciò che viene fatto ogni giorno per iniziativa dell’esecutivo e dei suoi alleati per difendere il potere è gravemente offensivo per il paese nel suo insieme. Ad esempio l’esecutivo prende misure che ledono il sistema di equilibrio fiscale fra Unione e Stati, oppure costruisce un bilancio segreto concedendo fondi da usare nei propri collegi elettorali a parlamentari alleati. Una spudorata politica di voto di scambio alla luce del sole, validata da un Parlamento compiacente utilizzando fondi pubblici. E il 10 luglio l’istigazione alla violenza contro avversari promossa in continui discorsi dal capo dell’esecutivo ha portato proprio ad un assassinio politico a Foz de Iguaçu, che desta molta preoccupazione sulla tensione che cresce. Proprio per questo, cioè per non soffocare in questo clima opprimente, vorrei oggi invece parlare di alcuni film che, in controtendenza e nel solco della buona e consolidata cinematografia brasiliana, concernono milioni di persone che non possono, né vogliono più attendere. Il motivo che mi spinge a condividere queste informazioni è da un lato certamente il desiderio di guardare al di là degli orrori del momento presente e dall’altro la sensazione che esse possono dire qualche cosa anche a noi. Presento Medida provisoria/Misura provvisoria (decreto esecutivo presidenziale) di Lázaro Ramos attraverso le parole di un'intervista* dell’attore/scrittore/produttore Aldri Anunciação, autore del libro di una decina di anni fa, Namíbia, Não! da cui è stato rielaborato il film giunto in 150 sale del Brasile a metà aprile. "Che cosa racconta questo libro? Parla di un futuro non molto distante… È un futuro in cui il governo brasiliano, recuperando l’idea che esiste una ferita aperta per quanto concerne il razzismo, e tentando di rispondere a tutte le domande della 'negritude' brasiliana di riparazione sociale, decide di emanare una misura provvisoria di riparazione sociale che spedisce tutti i neri e le nere brasiliani (il 56% della popolazione) di ritorno in Africa, per risolvere un problema causato allora, nell’epoca della colonia… Quindi la misura si presenta come una cosa positiva per la ‘negritude’, ma in verità pone l’argomento della ‘negritude’ contro sé stessa… Al momento in cui il libro venne fatto ero sicuro che era una distopia. Che era qualche cosa praticamente impossibile che accadesse… Ma con il tempo, con i cambiamenti avvenuti nel corso di questi ultimi anni, l’opera ha acquisito un aspetto di rivelazione di una realtà che può accadere". Già, in questi anni ciò che eravamo sicuri che mai sarebbe accaduto (a noi che viviamo questo tempo o che abitiamo una certa parte del pianeta) accade e accade di nuovo. È questo un messaggio molto forte del film che viene anche sintetizzato nelle parole lapidarie dei due principali protagonisti: "Come non abbiamo visto ciò? Come abbiamo lasciato la situazione arrivare a questo punto? Com'è che abbiamo schernito tutto ciò?" e ancora: "Ma notiamo quando la storia sta accadendo?" Domande delle quali non solo il Brasile si trova a dover rendere conto. Nel film la prima risposta si colloca nella narrazione delle forme articolate e diverse di analisi e resistenza all’uso manipolato di una soluzione falsa di un enorme problema di ingiustizia sociale e razziale, il razzismo strutturale, con una comunicazione senza eccessi, senza eroismi, senza cedimenti e con sapienti momenti ironici. Non ultimo l’uso della locuzione melanina acentuada. E si colloca anche nell’inclusione di un vasta partecipazione di attori e artisti neri che coralmente costruiscono una rappresentazione di sé stessi e del razzismo strutturale che, sotto molteplici spoglie, mina l’insieme della società brasiliana intralciandone il cammino democratico lontana dagli stereotopi ben noti che vanno dalla cosiddetta democrazia razziale alla visione di una cultura folklorica. Un film serrato, compatto, che calamita. Certo non banale. A un altro film vorrei accennare: si tratta di Saúde tem cura del cineasta Silvio Tendler, autore di una vasta e nota produzione. Questa sua ultima fatica è un intenso affresco del SUS/Sistema Unico di Salute della Federazione brasiliana. Il SUS è stata probabilmente la principale conquista sociale strappata all’oligarchia nell’intenso momento della sconfitta della dittatura militare e dell’inizio della costruzione dello Stato democratico di diritto sancito dalla Costituzione del 1988. In quella sede, grazie anche all’impegno di molti lustri di un gruppo coraggioso e competente di medici, venne inserito il diritto alla salute attraverso un sistema pubblico gratuito universale. Il Brasile è probabilmente il solo paese con economia di mercato di grande dimensione e con una popolazione di oltre 200 milioni di cittadini/e che disponga di una struttura di tale livello e peso. Qui come altrove la maglia di salute pubblica è stata aggredita e danneggiata negli anni recenti del delirio neoliberista, ma rimane insostituibile e attore principale della difficile battaglia con il Covid. Personalmente ritengo che gli anni a venire dovranno vedere una mobilitazione di massa e internazionale per porre ovunque al primo posto il rafforzamento e il miglioramento della sanità pubblica, restituendo a cittadini/e ciò che loro appartiene e di cui sono stati in parte depredati per avvantaggiare il cosiddetto mercato. Il ramo della salute pubblica non è solo garanzia di giustizia sociale, ma anche fonte di dignità. Sul piano economico è un settore che crea posti di lavoro, incentiva la formazione, consente organizzazione decentrata legata al territorio e disegna un profilo di società meno diseguale. Speriamo che altri artisti raccontino la storia della salute pubblica nei loro paesi e che questa circolazione di conoscenze e informazioni alimenti un coordinamento ampio per ridurre sofferenze e garantire una vita nella sua pienezza. *Brasil de Fato|São Paulo (SP)|14 de Abril de 2022 San Paolo, 10/7/2022
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cura di Nicoletta Manuzzato |