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Il Brasile nelle nebbie

Provo a selezionare qualche informazione sulla situazione attuale del Brasile sia sul versante sanitario che su quello politico istituzionale. Mi scuso per la lunghezza del messaggio, ma ritengo che nella ridefinizione internazionale in corso, che contrappone in primo luogo Usa e Cina, l’America Latina e in essa il Brasile siano elemento di un certo peso. Sarebbe buona cosa se l’Europa si attivasse per cercare di impedire una devastazione delle democrazie regionali, invece che guardare dall’altra parte come fa con il Brasile dal 2016 e con la Bolivia dal novembre 2019. Sarebbe una buona cosa per l’Europa. E ancor più per l’Italia nel cui Parlamento, tra l’altro, siedono quelle che a me sembrano anomale presenze, cioè gli eletti nei collegi esteri. Aggiungo che è bene tenere presente che le forze fascistizzanti del Brasile hanno collegamenti non piccoli in Europa e anche in Italia.

Per quanto riguarda la pandemia, i casi confermati sono al momento 1.800.000 circa, con una mortalità leggermente al di sotto del 4% che porta a oltre 70.000 perdite. Numeri indicativi che coprono sottostime e differenze regionali marcate, ma che hanno la loro importanza oggettiva perché è in base ad essi che vengono poi assunte misure amministrative. E al momento la tendenza è ad una parziale ripresa delle attività lavorative, molto sollecitata dal governo federale e dagli imprenditori; una riapertura un po’ confusa (cioè spesso con indicazioni contraddittorie e di non facile comprensione) della vita cittadina che qui come altrove facilmente scivola verso agglomerazioni; mantenimento del lavoro a distanza ove possibile. Molto critico a tale indirizzo è il neurobiologo Miguel Nicolelis, coordinatore del Comitato Nordestino contro il Coronavirus che prevede scenari negativi. Rimangono chiuse le scuole, cosa che naturalmente è una vera catastrofe. Il Brasile oggi è uno dei luoghi in cui viene maggiormente sperimentata la terza fase dei vaccini più avanzati, quella su gruppi di volontari. È infatti paese con alto numero di casi (in Europa la tendenza è al declino e negli USA non è consentita la sperimentazione da parte di soggetti esteri) su una popolazione numerosa e anche con strutture medico-sanitarie adeguate. (v. punto 1)

Sul piano politico istituzionale il quadro è molto movimentato: il signor Bolsonaro è risultato positivo al virus, ma continua in esercizio e non si hanno bollettini medici. L’esecutivo registra l’uscita (difficile distinguere se per dimissioni, espulsioni o fughe) di diversi ministri: ha cominciato il ministro della Giustizia, l'ex giudice Sérgio Moro, per conflitti sul controllo della polizia federale con il signor Bolsonaro il 24 aprile 2020; questa rottura ha trascinato con sé altro contenzioso interno all’esecutivo che è approdato, un mese dopo, all’autorizzazione da parte del STF/Supremo tribunale federale della divulgazione del video del Consiglio dei ministri del 22 aprile. Da esso è uscito uno sconcertante scenario di litigiosità e affermazioni anticostituzionali di diversi ministri (e non solo), che ha spinto alcuni dei tribunali federali ad agire.

Di conseguenza, ad esempio, il ministro dell’Educazione, Abraham Weintraub, ha dato le dimissioni il 18 giugno e due giorni dopo è fuggito negli Stati Uniti grazie ad un uso piuttosto spigliato del passaporto diplomatico. Il Ministero della Sanità è abitato da un incaricato interino dopo che due ministri si sono dimessi per non poter obbedire alle indicazioni sanitarie delle massime autorità (v. punto 2). Invece per il ministro dell’Ambiente Riccardo Salles, dodici procuratori, un gruppo di grandi imprenditori, settori consistenti del Parlamento chiedono l'immediata rimozione per le innumerevoli irregolarità compiute che hanno arrecato e arrecano devastazione non solo in Amazzonia. Devastazione dell’Amazzonia la cui responsabilità ricade anche sul vicepresidente generale Hamilton Mourão, presidente del Consiglio Amazzonico composto predominantemente da militari. Militari che peraltro nel governo Bolsonaro sono quasi 3000, distribuiti fra i tre poteri a vari livelli. Intanto il TRF-1/Tribunale regionale federale della prima regione ha imposto l’allontanamento dei garimpeiros/minatori illegali dalla Terra Indigena Yanomami, dove la loro illegale e illegittima presenza diffonde contagio mortale.

Alcuni processi avanzano, quello sul cosiddetto gabinetto dell’odio coordinato dal gruppo Bolsonaro e attivo da anni in intensa diffusione di fake news; finalmente Facebook l’8 luglio ha chiuso decine di conti che fanno capo a questa pratica criminale. Non lo sapeva prima? Alcune figure centrali del sottomondo miliziano-criminale di Rio de Janeiro, che costituivano la forza lavoro sempre del gruppo Bolsonaro, sono stati pochi giorni fa arrestati e chissà che abbiano qualche cosa da raccoltare. Emergono anche collegamenti fattuali fra tale sottomondo e l’assassinio di Marielle Franco. Infine il 2 luglio il sito Agência Pública e Intercept Brasil hanno pubblicato un corposo dossier sulla stretta collaborazione per almeno un lustro fra FBI e Operazione Lava Jato, la cui informalità relazionale si inquadra probabilmente nella fattispecie di alto tradimento. Inotre la Procura Generale della Repubblica ha deciso di guardare da vicino tutti i documenti della Lava Jato, dopo aver lasciato per anni che nelle stanze del potere giudiziario di Curitiba si formasse una repubblica autonoma. La cosa interessante è la relativa rapidità con cui in questo mondo interconnesso e virtuale le informazioni riservate, nascoste, sigillate vengono a galla. Una volta non era così e lo sappiamo bene in Italia dove, fra le altre cose, da 40 anni aspettiamo di vedere i documenti di Ustica (e di molto altro). Sempre più, dunque, si conferma l’aura nebbiosa e limacciosa che sembra avvolgere alte sfere del potere.

Certo in questo momento ci sarebbe un bisogno incalzante di scendere in piazza ancora e ancora, ma non si può per il contagio. Quindi particolarmente importante e significativa è stata la grande, davvero grande manifestazione con sciopero del 1° luglio degli “entregadores de aplicativos”, riders, fattorini sulle cui spalle, fuor di metafora, è ricaduta e ricade buona parte della logistica urbana (v. punto 3). Il prossimo sciopero sarà il 25 luglio. Chiudo con un promemoria: una scheda relativa alla partecipazione del Brasile alla Campagna d’Italia: il 2 luglio 1944 salpava dal porto di Rio de Janeiro il primo contingente di soldati che sarebbe sbarcato a Napoli il 16 luglio. A 75 anni dalla fine della guerra è bene ricordare anche questo contributo alla lotta contro il nazifascismo. (T.I. 12/7/2020)

1) Affiancare diversi vaccini potrebbe ampliare la protezione contro covid-19

Due dei vaccini in fase più avanzata (nota come sperimentazione clinica della fase 3, il cui obiettivo è valutare l’efficacia del vaccino su un grande numero di volontari) cominciano ad essere applicati in Brasile. Uno di essi, ChAdOx1 nCoV-19, è stato sviluppato dell’Università di Oxford e distribuito dal laboratorio AstraZeneca. Un altro, denominato Coronavac, è frutto del lavoro dell'impresa cinese Sinovac Biotech che ha sottoscritto un accordo (di sperimentazione e produzione) con l’Istituto Sierologico Butantan dell’USP/Universidade de São Paulo. Il Brasile, in quanto luogo in cui il coronavirus maggiormente circola al momento e dove un maggior numero di casi viene giornalmente confermato, è diventato il luogo ideale per studi sull’efficacia di vaccini (…) Il Coronavac è avanzato rapidamente grazie alle conoscenze accumulate quando si cercava un vaccino contro SARS-CoV-1, il coronavirus che fra 2002 e 2003 produsse l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS) in Cina e in alcuni altri paesi. Come ricorda Ricardo Palacios, direttore medico della ricerca clinica dell’Istituto Butantan, “il vaccino contro la SARS giunse fino alla fase 1 dei test clinici. Poi il virus venne contenuto e il progetto sospeso. Ma le conoscenze sono rimaste” (…) La docente dell'Unifesp/Universidade Federal de São Paulo, Lily Weckx, coordina il ramo paolista della ricerca sul vaccino di Oxford. L’accordo firmato fra l'AstraZeneca e la Fondazione Oswaldo Cruz/Fiocruz di Rio de Janeiro comprende il trasferimento di tecnologia e la licenza per produrre il vaccino se approvato (…) Gli studi in corso prevedono di seguire i volontari immunizzati per dodici mesi.

Fonte: JC on line/Jornal da ciência da SBPC/Sociedade brasileira para o progresso da ciência - 6/7/2020 http://www.jornaldaciencia.org.br/

2) Gilmar Mendes dice che i militari hanno deciso di associarsi al genocidio del popolo brasiliano

Il commento del ministro del STF/Supremo tribunale federale Gilmar Mendes è stato fatto nel corso di una videoconferenza realizzata dalla rivista IstoÉ. Egli ha criticato duramente le Forze Armate per la loro partecipazione alla disarticolazione del Ministero della Salute in piena pandemia di coronavirus. “Non possiamo più tollerrare la situazione che si verifica nel Ministero della Salute”, ha affermato il ministro, e ha aggiunto: “Non è accettabile che ci sia questo vuoto nella carica centrale del Ministero. È necessario dire in modo molto chiaro: l’esercito si sta associando a questo genocidio, non è ragionevole. Bisogna mettere fine a tutto ciò. (Questo) macchia l’immagine” delle forze armate.

Fonte: Brasil 247 - 12/7/2020

3) Lo sciopero dei riders e il ritorno a un passato senza legge

João Carlos Juruna, di Força sindical

Per ironia oggi dobbiamo confrontarci con vari aspetti di elementi del passato di sfruttamento padronale. Secondo gli organizzatori dello sciopero dei riders del 1° luglio, le imprese responsabili degli applicativi basano la propria competitività sul mercato proprio perché evitano di farsi carico della protezione previdenziale dei fattorini. Esse si presentano solo come intermediarie fra il venditore, il consumatore e il fattorino, quest’ultimo considerato, secondo la cinica logica di tali impresari, un microimprenditore. Così nessuno assume responsabilità, mentre cresce a vista d’occhio questo tipo di “lavoro” nei centri urbani. Un lavoro che dovrebbe essere un ripiego, un tappabuchi, qualche cosa di provvisorio o complementare, ma che è diventato l’unica fonte di reddito per almeno quattro milioni di brasiliani, secondo i dati recenti dell’IBGE/Istituto brasiliano di geografia e statistica (…) L’unione ha reso possibile lo sciopero del 1° luglio e ha dato una risposta alle furbizie delle imprese di applicativi, anche con tutte le difficoltà pratiche che i riders hanno di riunirsi per scatenare un movimento sociale. Per questo affermo che si è trattato, sì, di una presa di coscienza di classe.

Le rivendicazioni concernono, fra l’altro, una remunerazione più giusta con parametri predefiniti e omogeni fra le piattafiorme per chilometro; la sospensione imediata dei blocchi non giustificati spesso usati con arbitrio da Rappi, Ifood, Loggi e UberEats, ecc.

Fonte: Jornal GGN - 6/7/2020

La FEB/Força expediciónaria brasileira e la FAB/Força aerea brasiliera nella Campagna d’Italia (2 luglio 1944-3 giugno 1945)

Anche il Brasile prese parte attiva alla seconda guerra mondiale, combattendo nella Campagna d’Italia sotto il comando del generale statunitense Willis D. Crittenberger nel IV corpo d’armata, subordinato al V esercito degli Usa e di conseguenza al XV gruppo di eserciti che comprendeva anche l’VIII inglese, comandato dal generale Mark W. Clark. Dal punto di vista militare fu qualche cosa di modesto peso, con 25.000 soldati della FEB perduti in mezzo a 26 divisioni alleate e 22 sotto comando tedesco. La pochezza emerge ancor più se si tiene conto che questi uomini avevano una conformazione fisica spesso debole e non di rado con debolezze sanitarie, una preparazione militare approssimativa e lontana dai modelli statunitensi o britannici e, soprattutto, un’autonomia logistica nulla e un’autosufficienza di potenza di fuoco altrettanto umbratile.

Il piccolo cimitero militare di San Rocco di Pistoia, che ospita le lapidi dei circa 500 caduti, si affianca ai grandi cimiteri di nazionalità diverse che, lungo la Linea Gotica, nel loro silenzio e nelle loro vaste distese trasmettono, generazione dopo generazione, un messaggio ineludibile sul crimine assoluto delle guerre. “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, recita con fermezza l’articolo 11 della Costituzione distillato nelle sue sobrie e inappellabili parole all’indomani del conflitto, quando il segno di esso era visibile nei corpi e nelle menti dei costituenti. E la miseria della guerra è ben espressa da una qualsiasi delle reclute brasiliane, guida di jeep e addetto alle trasmissioni telefoniche, poi avvocato nella vita civile, Joaquim Xavier da Silveira che, poco dopo il rimpatrio, fissava le sue riflessioni in pagine scritte: il lettore “non troverà qui storie di medaglie, parate, né fanfare. Perché nella realtà dura di una guerra non esistono queste cose, sono simboli usati da poeti, pittori o demagoghi che non sono mai stati sotto le armi. Ciò che si ode nella sinfonia della guerra è il rombo dei cannoni, il gracchiare delle mitragliatrici e gli ordini freddi, impersonali, che quasi sempre sembrano crudeli, di avanzare o tenere una posizione, a qualunque costo. Il soldatino di fanteria deve sopportare tutto ciò senza il minimo conforto, sporco, immondo, con la barba lunga di settimane, a volte di mesi, aspettando con pazienza l’ora di uscire da tutto ciò oppure di morire. La guerra vera è senza bandiera, senza inni e nessuno ha voglia di essere un eroe".

Perché allora dedicare attenzione a questo episodio, una goccia nel mare dell’immane conflagrazione? In primo luogo perché come cittadin* italian* penso che abbiamo un debito di riconoscenza e rispetto verso tutti coloro – Stati, eserciti, combattenti, organizzazioni e singoli cittadini e cittadine – che, per motivi diversi, hanno contribuito alla sconfitta del nazismo e del fascismo: quest’ultimo, ben precedente al primo, prodotto nell’ambito della società e della cultura italiana, ed esportato, dilagando, all’esterno. E che ancora troppo spesso e in troppi luoghi vuole manifestarsi e occupare, magari  sotto mentite spoglie, le istituzioni.

In secondo luogo perché il quadro cambia se si tiene presente che il grande secondo scontro del Ventesimo Secolo deve essere osservato in modo unitario, come un insieme di fatti saldamente concatenati anche se su scenari territoriali, e in tempi, distanti fra loro: un accadimento compattamente interconnesso, destinato a ridisegnare la geografia politica del pianeta nel suo insieme e delle singole parti di esso. E in questo contesto il ruolo del Brasile non è secondario sia per le dimensioni continentali del paese, sia per le risorse agricole e minerarie ed infine per la collocazione geografica. Infatti la distanza fra Natal nel Nordeste brasiliano e Dakar in Senegal è di soli 3000 km, mentre bordeggiando con pazienza la costa brasiliana verso nord si arriva a Panama e al canale che mette in collegamento con il Pacifico. Insomma, si trattava di uno spazio che aveva un ruolo strategico assolutamente non disprezzabile. Infatti proprio a Natal venne insediata una grande base aerea militare statunitense, che fu uno degli aereoporti più utilizzati negli ultimi anni del confronto.

All’indomani dell’inizio della guerra, il 6 settembre 1939, il Brasile dichiarava la propria neutralità, ma a differenza degli altri paesi dell'America Latina non la mantenne  fino al termine: in seguito all’attacco giapponese domenica 7 dicembre 1941 a Pearl Harbour, il 31 gennaio 1942 rompeva le relazioni con i paesi dell’Asse. Certamente la pressione statunitense, anche per i motivi sopra ricordati, aveva spinto a tale opzione. Pochi mesi dopo, il 22 agosto 1942, annunciava lo stato di belligeranza e il 31 agosto con la dichiarazione di guerra stabiliva l’invio di una Força expediciónaria che partirà solo il 2 luglio 1944. Il lungo intervallo era legato al fatto che in realtà il comando statunitense non aveva particolare interesse ad aggiungere soldati alla sua già pesante logistica. Sarà soprattutto la pressione interna al Brasile che porterà alla fine Gétulio Vargas a inviare la FEB in Italia, costringendolo allo stesso tempo a iniziare un cammino di costruzione democratica. Peso non secondario ebbe lo sdegno della popolazione brasiliana per il siluramento di navi anche civili da parte dei sommerigibili tedeschi e italiani.

Dove operarono le truppe brasiliane? Sbarcate a Napoli a metà luglio 1944, risalirono la penisola via mare e a settembre furono impegnate nella valle del Serchio con la responsabilità di un fronte di 9 km partecipando alla conquista di Camaiore, ottenendo una vittoria a Monte Prano, una sconfitta a Castelnuovo in Garfagnana. Vennero poi dislocate nella valle dell’Alto Reno, con il comando insediato a Porretta Terme. Fra novembre e dicembre 1944 si susseguirono quattro tenativi non riusciti di occupare stabilmente la posizione di Monte Castello, poi conquistato il 21 febbraio 1945. Come scrive uno storico militare brasiliano, Cesar Campiani Maximiano, “sia dalla stazione di Porretta, come da una qualsiasi delle sue vie principali, una elevazione si distacca (…) Un abitante ben informato sulla regione, interrogato, risponderà: «Quello è Monte Castello»”. Per i soldati fu un lungo, gelido inverno sulla Linea Gotica, male equipaggiati, non ben comandati, in quei mesi crudeli e sospesi successivi al cosiddetto Proclama Alexander. Poi, con il preannunciarsi della primavera, inizia la discesa verso la pianura, con un ultimo duro scontro, la conquista di Montese, l’estrema difesa a nordovest della Linea Gotica il 14 aprile 1945. All'interno del museo nella Rocca dei Montecuccoli una sala è dedicata appunto alla FEB, a cui si deve la liberazione di Montese.

In un bellissimo lavoro scolastico della metà degli anni ’70 ragazzin* e adolescent* delle scuole hanno raccolto le testimonianze dei loro familiari di quegli anni. Val la pena di leggerlo, lo si trova online: molti i riferimenti ai brasiliani, che arrivano appunto come prime truppe alleate. Il racconto del maestro elementare che a vent’anni raggiunge a piedi la frazione di Iole ci dice molto: “C’era una chiesa bianca che rifletteva la luna, ma il villaggio io non lo vidi. Pensai, è buio, lo visiterò domani… Non c’era più nulla, punto … Il giorno dopo poco a poco arrivarono i ragazzini. Erano tutti vestiti allo stesso modo, uniformi militari, berretti, giubbotti, pantaloni verde oliva e borse di ferro in mano. Cose di americani, mi dissero con orgoglio, anzi di brasiliani. Un buon motivo per cominciare le lezioni con la geografia. Dove è l’America? Dove è il Brasile? Adesso le scatole di ferro diventavano importanti. Servivano da cartella, sedia, tavolo, leggio”.

Entreranno a Milano insieme al generale Clittenberger e poi verrano smobilitati ad Alessandria prima di riprendere la via del mare.

Hanno incontrato partigiani e partigiane durante quei mesi? Certamente. Sia nella valle del Serchio,dove ci fu qualche contatto formale anche attraverso l’Ufficio dei servizi strategici statunitensi/OSS, sia nelle montagne dell’Appennino. Non bisogna pensare che in quel sesto anno di guerra l’organizzazione militare fosse da manuale, la truppa in buona parte doveva arrangiarsi sia per muoversi in territori ignoti sia per avere ciò di cui necessitava, alimenti, abbigliamento, combustibili che arrivavano a singhiozzo. Quindi il rapporto con la popolazione civile, di cui parte era un’interfaccia con i movimenti partigiani strutturati, era continuo. Un caso specifico riguarda un aviatore della FAB, lo squadrone di caccia sotto il controllo operativo del 350° Fighter Group. Un pilota, Theobaldo Antonio Kopp di discendenza di immigrazione tedesca, il cui aereo era stato colpito, paracadutosi presso Suzzara viene recuperato dai partigiani e con loro vive la guerra di guerriglia.

E oggi spesso in inizative democratiche e antifasciste in Brasile Bella ciao! è una canzone che, a distanza di anni, è diventata voce di riferimento e speranza. Ora e sempre Resistenza! Ce n’è bisogno! (Teresa Isenburg)

Organizzazione e traduzione di Teresa Isenburg

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a cura di Nicoletta Manuzzato