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Il 9 giugno il giornalista statunitense Glenn Greenwald ha iniziato a divulgare una serie di intercettazioni di colloqui fra i magistrati dell'Operazione Lava Jato. Ne emerge un quadro sconcertante di abusi procedurali e giudiziari. Si sa che il processo della Lava Jato ha servito per dare coperura alla vasta attività eversiva che ha sconvolto il paese e le sue istituzioni dal 2016, con il tentato sequestro dell’ex presidente Lula nel marzo 2016, la deposizione anticostituzionale della presidente Dilma nell'agosto 2016, il processo manipolato contro Lula iniziato nel settembre dello stesso anno e culminato nell’arresto e nell'incarcerazione di Lula nell'aprile 2018. Tutto un percorso che ha portato all'elezione estremamente dubbiosa di Bolsonaro. Dalle informazioni che emergono dalle intercettazioni viene alla luce, con ampia documentazione, il ruolo eversivo della magistratura di Curitiba e la completa illegalità istituzionale degli ultimi anni. Come ritornare all’ordine democratico è il grande imperativo che il Brasile deve affrontare e che richiede anche molta attenzione e vigilanza internazionale. A distanza di un mese dall’inizio delle pubblicazioni, che si svolgono in modo continuativo, delle intercettazioni (una mole enorme che richiede un vaglio approfondito) traduco due articoli del giornalista, economista e ottimo conoscitore del sistema giudiziario Luis Nassif: il primo permette di avere un quadro delle pedine che al momento si muovono sullo scacchiere, il secondo sottolinea la responsabilità dei mass media e del giornalismo. Aggiungo che negli ultimi giorni sono state rese pubbliche notizie relative alle fughe di notizie promosse dai magistrati di Curitiba relative al Venezuela: notizie che hanno avuto un loro peso per lo scatenamento della crisi contro il Venezuela stesso. Ogni azione istituzionale che si allontani dal rispetto della Costituzione ha conseguenze devastanti sulla tenuta democratica, in Brasile come in Italia. (T.I. 9/7/2019) Scacchiera dei 4: Moro, mass media, milizie e ministri del STF Luis Nassif, 25/6/2019 Il nostro scacchiere ha raggiunto una complessità degna del caos che si è abbattuto sul paese. Ci sono quattro personaggi direttamente coinvolti nella Lava Jato e, certamente, presenti nel dossier Intercept: la Lava Jato, il Supremo Tribunale Federale/STF, i mass media e le milizie (intendendo queste ultime come il gruppo direttamente legato all'elezione di Bolsonaro). Tutti loro hanno avuto un ruolo centrale nell’era dell’ignominia della democrazia brasiliana, una macchia nella storia di ognuna di essi, con eccezione ovviamente delle milizie, le vittoriose. In altri tempi la revisione storica sarebbe avvenuta dopo la fine del periodo d'eccezione, con giustizia di transizione e studi che mettessero a nudo i personaggi. E in generale coprendo di vergogna solo i discendenti dei protagonisti principali. Nell’era di Internet e delle reti sociali, invece, il tempo politico si accelera enormemente. Il tragico risultato del gioco – l’ascesa di Jair Bolsonaro, che minaccia di buttare il paese nelle tenebre – ha accelerato di molto il revisionismo. Giornalisti, celebrità, alcuni mezzi di comunicazione che furono giunto centrale nella demoralizzazione della democrazia, oggi lavorano per un aggiornamento turbo, meno di due anni dopo avere denunciato avversari, stimolato l’odio, difeso le azioni d'eccezione della Lava Jato. Da questa zona è emerso un Brasile del basso clero. Hanno aperto la gabbia, hanno liberato i barbari. Il recupero dell'influenza dipenderà quindi dal ritorno della legittimità persa. Ma il ripristino dei principi costituzionali potrebbe riportare Lula nell’arena politica. Come equilibrarsi in questo dilemma, fra l’incudine e il martello? Soprattutto perché il dossier di The Intercept, se divulgato interamente, rivelerà: -peccati specifici dell’operazione Lava Jato -accordi con giornalisti e mezzi di comunicazione -colloqui con riferimenti di accordi nelle istanze superiori, potendo arrivare al STF. È in questa arena che avverranno i prossimi scontri fra i quattro soggetti indicati... Ma vediamo come dovrebbero comportarsi, a partire dalla strategia elaborata da Glenn Greenwald e The Intercept. Protagonista 1 - Glenn Greenwald e The Intercept Glenn è diventato un giornalista premiato internazionalmente non solo per essere il recettore di dossier esplosivi, ma soprattutto per la sua capacità di divulgazione. Nel caso Snowden ci fu la collaborazione con The Guardian e altri grandi giornali internazionali, ciò che ha consentito di aggirare l’enorme influenza della CIA e del governo nordamericano. Adesso organizza, con un colpo da maestro, una collaborazione con la Folha de São Paulo e si blinda contro eventuali tentativi di Sérgio Moro di criminalizzarlo, accede a un altoparlante potente, insieme a una bolla extra Internet. Ha definito in modo chiaro il bersaglio – Sérgio Moro e la Lava Jato -ha affrontato con coraggio i grandi, inclusa la Globo che cercò di criminalizzarlo e i bonsoniani che lo minacciarono. Protagonista 2 – Mass media L’elezione di Bolsonaro ha definitivamente consacrato un nuovo attore delle comunicazioni, le reti sociali, gli "influenzatori", con la loro comunicazione orizzontale, le fake news e un lavoro assolutamente professionale di appoggio a Bolsonaro. Il solo modo dei media mainstream di recuperare spazio è riprendendo i valori immemorabili del giornalismo. Ma come cancellare tanti anni di infamia, l’uso e l’abuso di fake news al punto da perdere il controllo sul prodotto? Quest’anno c’è stato un forte sforzo di recupero della legittimità… Allo stesso tempo nella classe media più moderna, dei giovani con testa, vi è un movimento irreversibile di adesione alle critiche contro Moro, Dallagnol e l’Operazione Lava Jato… È un movimento che ha conquistato programmi umoristici… anche se contenuti dalle briglie della redazione. È soprattutto la classe media più informata, blindata contro le fake news delle reti sociali. È in corso di formazione il tentativo di creare un pensiero progressista, tipo classe media intellettualizzata, in sostituzione della sinistra tradizionale. La divulgazione di dialoghi di procuratori con giornalisti potrà rendere evidente ciò che è ovvio, il fatto che i mass media hanno appoggiato tutti gli arbitri della Lava Jato. La Globo ha cominciato cercando di creare un Russiagate per invalidare le denunce. Ha ricevuto reazioni del livello di Greenwald, attraverso le reti sociali. Allora si è calmata tanto da fare un servizio lungo e imparziale, dopo l’annuncio della collaborazione The Interceptor-Folha. Protagonista 3 – Miliziani Jair Bolsonaro si imbaldanzisce con l’agonia di Sérgio Moro. Basta confrontare la sua disinvoltura, dopo l’inizio della discesa agli inferi di Moro, con l’atteggiamento precedente. L’acclamato eroe nazionale, ora, mangia nella sua mano, accetta tutti i suoi (di Bolsonaro) sbirri e ogni giorno che passa riduce il proprio potenziale elettorale, che tuttavia è ancora assai popolare. D’altro lato i tentativi dei mass media di lavare i segni del recente passato, la crescita del grido per la liberazione di Lula rafforzano Bolsonaro presso le sue milizie. Ogni giorno che passa il suo governo si isola maggiormante e più nitidi risultano i segnali di mancanza di controllo sull’economia e l’isolamento del paese sulla scena globale. Si salva solo per l’antilulismo. Ma questo è un altro discorso. Protagonista 4 – Ministri del Supremo Oggi si conferma la regola suprema, già evidente. Ogni movimento del Supremo è preceduto da prove (come negli spettacoli). La banda legalista vota, ma sempre con la garanzia che nella votazione sarà in minoranza. Anche così, oggi, il poco che il dossier di The Intercept ha rivelato fino ad ora squaderna le infrazioni dell’operazione. Certamente vi è in cammino materiale molto più esplosivo, che rende evidente in modo incancellabile il carattere politico dell’operazione. Dall’altro lato, la maggioranza del Supremo continua fermamente allineata alla tesi del sistema, di una riconstituzione democratica, ma senza Lula. Quale l’obolo da pagare? Probabilmente la testa di Sérgio Moro, dopo avere garantito che la sua condanna non aprirà possibilità politica a Lula. Protagonista 5 – Moro Ha chiuso la sua carriera di ministro. La sua reputazione in tale incarico sarà distrutta giorno per giorno da tre fatti: 1.la divulgazione continua del dossier di The Intercept 2.la copertura del (figlio) n.1 Flávio Bolsonaro e del luogotente Queiroz. Legato a questo, l’impossibilità di risolvere il caso della morte di Marielle 3.la sua incapacità di svolgere una qualsiasi politica pubblica di una qualche consistenza. ...Al momento gode ancora di popolarità, anche se in declino. La sua visita ai principali dipartimenti di sicurezza degli USA mostra la disperazione e la necessità di appoggio dei padrini. Conclusione. Il sistema, inteso come l’insieme di forze che influenza le decisioni di potere, già si è giocato Sérgio Moro. Si veda l’inespressivo senatore David Alcolumbre, elevato alla presidenza del Senato… affermare, se Moro fosse un politico, sarebbe già senza incarico e detenuto… Nella Camera ogni giorno Rodrigo Maia agisce sempre più come freno delle posizioni di Bolsonaro. Quindi le due Camere legislative recuperano il proprio protagonismo. Nel contempo le forze armate danno un segnale forte per impedire la contaminazione della propria immagine da parte di Bolsonaro, rifiutando la promozione di uno dei militari in servizio. I mezzi di comunicazione lo useranno per lavare i propri peccati, l’appoggio alla distruzione del paese. Il Congresso per recuperare il proprio protagonismo. Il Supremo per farsi vedere come difensore delle leggi e del diritto, fin da bambino. Bolsonaro lo metterà sotto formalina, per mostrarsi solidale con i soldati caduti sul campo di battaglia. E allora comincerà una seconda revisione di questi tempi biforcuti. Dimostrando così che Moro, Dallagnol, Janot e compagnia erano solo strumenti, persone senza dimensione intellettuale e sociale, provinciali stralunati, giocattoli di un potere maggiore, giocattoli usa e getta. I mass media e la maledizione della Lava Jato Luis Nassif, 3/7/2019 Come prima cosa (i mass media) hanno inculcato l’odio. Sono stati anni e anni di campagna negativa, criminalizzando ogni atto, creando interpretazioni cospirative di tutte le politiche. Poi hanno fatto in modo da buttare l’autostima brasiliana al suo più basso livello, in quello che avrebbe dovuto essere il più alto momento di festa nazionale, una Coppa del Mondo. Prima di ciò avevano spostato il confronto politico in un altro campo, quello della Giustizia, ubriacando il Pubblico Ministero con la sbronza della celebrità, trasformando giovani immaturi in eroi nazionali, cedendo il potere a un giudice ambizioso, senza scupoli fino al midollo, e facendo pressione su un Supremo Tribunale Federale spaventato al punto da dimenticare i propri obblighi costituzionali. Poi hanno convocato le mutitudini in piazza, gridando discorsi di odio. Hanno commesso contro sé stessi il peggiore autoimmolarsi: hanno discreditato l’essenza del proprio lavoro, le informazioni, i concetti, i patti che reggono le società civili, la stessa Costituzione e le leggi, valori che davano legittimità alla loro missione in contesti democratici. (I mass media) hanno fatto ricorso senza limite a fake news, (come) le invasioni delle FARC, i dollari in bottiglie di rum, i lobbisti con ipotesi improbabili. Si sono alleati a organizzazioni criminali, come quella di Carlinhos Cachoeira, hanno organizzato collaborazioni con tecnici delle intercettazioni e procuratori senza scrupoli. E hanno usato il solito gioco della manipolazione dell’informazione, mescolando informazioni vere – l’ampio e storico schema di corruzione politica che esisteva - come ancoraggio per ogni sorte di teoria cospiratoria e di attacchi selettivi contro gli avversari. Usando la corruzione come strumento politico selettivo, divennero corrotti. E questo lo sanno. Questo è il dramma. E i cieli hanno maledetto i mass media e coloro che hanno introdotto il terrore, l’odio fratricida e hanno aperto le gabbie per la ferocia pensando che, con il bastone e la carota con i quali influenzavano il paese istituzionale, avrebbero mantenuto sotto controllo il paese selvaggio. I barbari hanno aiutato a trucidare il governo deposto e non si sono più fermati. In primo luogo (i barbari) hanno tolto ai mass media il controllo sulle informazioni, con le loro reti di WhatsApps, le strategie di contagio virale montate da consulenti internazionali ben più efficienti. Hanno creato il loro pubblico, tagliando il cordone ombelicale con i mass media, appropriandosi del discorso di odio con ben maggiore competenza della generazione iniziale di cronisti dell’odio… mirando ad attrarre e strumentalizzare il sentimento di ultradestra che affiorava globalmente. Con tutte le regole sociali e dell’incivilimento revocate, i cuscinetti dei mass media che fingevano di parlare duramente, i cronisti-gentilezza che avevano soddisfatto la domanda di odio, rapidamente sono stati detronizzati da bestie feroci autentiche, quelle che fanno gesti volgari, ruttano in pubblico, picchiano vecchie signore vestite di rosso. Infine gli unni hanno conquistato il potere politico, eleggendo un capitano della riserva, deputato del basso clero, con chiari legami con le milizie e un odio viscerale verso i mass media. Solo allora si sono aperti gli occhi dei mass media: che il loro potere derivava direttamente dalla democrazia, dal rispetto delle regole del gioco, dalla credibilità delle informazioni e soprattutto delle narrative. Nel dare scacco alle istituzioni, si erano essi stessi esposti a qualunque autoritario di turno. E soprattutto perdevano il controllo a favore di altri praticanti di fake news e di teorie cospirative… E allora si è rotto il patto con Satana e il giornalismo ha tentato un difficile cammino di ritorno, il recupero dei valori giornalistici, la difesa, sebbene timida, di bandiere legittimanti. Agli editorialisti è stato concesso di criticare Bolsonaro e di concentrarsi sulla difesa di temi sociali, dell’ambiente, riprendendo la critica alla dittatura, ma lasciando fuori la Lava Jato. I giovani giornalisti hanno ricevuto una biografia reimpaginata dei loro idoli, dalla quale era cancellata non la storia passata, ma quella recentissima. E lasciando fuori la Lava Jato. Ma il passato recente sempre ritornava e aveva il nome di Sérgio Moro e della Lava Jato. Come dare conto al proprio pubblico che si era trattato di null’altro che di un'enorme macchinazione, nella quale la bandiera legittima della lotta alla corruzione era servita come scala per colpi di Stato politici in cui il premio finale era stato l’incarico di ministro della Giustizia conferito al campione della moralità? Ha avuto allora inizio un illusionismo degno di Houdini: criticare Bolsonaro e risparmiare Moro, come se non fossero entrambi della stessa natura, impegnati nello stesso progetto di potere autoritario. Non sono sfuggiti alla maledizione che accompagna tutti coloro che scherzano con la democrazia. Hanno inventato alibi per la nomina del loro campione a ministro della Giustizia. Lui sarebbe stato l’ancoraggio del governo alla razionalità, colui che non avrebbe permesso che l’arbitrio avvenisse al largo delle leggi. Hanno taciuto quando il campione cominciò ad accettare tutte le irrazionalità del suo padrino presidente, con una sottomissione choccante, soprattutto se paragonata allo stile precedente di giudice implacabile, inclemente, pronto all’esecuzione di avversari feriti sul campo di battaglia. Poi, quando è diventato bersaglio di attacchi, il campione si è infilato sotto l’ala protettrice del suo presidente, che lo esibiva come un trofeo nelle partite di calcio, mostrando che ora era lui (il presidente) che era diventato il garante dell’ancora. E ancora ha balbettato parole di ringraziamento per la fiducia, non dell’opinione pubblica, non dei mass media, ma la fiducia datagli da Bolsonaro. E si è stretto a quella che immaginava potesse essere la sua boa di salvataggio, le manifestazioni di piazza che chiedevano la chiusura del Congresso e del Supremo Tribunale Federale. Adesso i mass media entrano nella loro scelta di Sofia. Sérgio Moro è colpito della sindrone dello scorpione e passa il Rubicone, servendosi del COAF/Consiglio di controllo delle attività finanziarie per ricattare il giornalista che divulga i suoi colloqui. È il più grave attentato alla libertà di stampa dopo la ridemocratizzazione, perché si serve del potere di Stato, del comando della Polizia Federale per interrompere la divulgazione di notizie di pubblico interesse. E loro (i mass media) sanno ciò. Peggio: loro sanno che anche i lettori sanno ciò. E adesso? O Globo nasconde l’informazione, O Estadão nasconde le notizie, la Folha cammina sola per recuperare l’alone delle (elezioni) dirette (alla fine della dittatura), persa negli ultimi anni. In collaborazione con la Globo, la Lava Jato cerca in ogni modo di creare una narrativa avversa. Disseppellisce le dichiarazioni di Palocci, che sosteneva che Lula era il comandante. Questo dopo che The Intercept ha rivelato come erano macinate le salsicce delle delazioni premiate. La ricostruzione della mistica giornalistica resterà a metà strada. I giovani reporter, inebriati da congressi in cui i colleghi più vecchi parlano delle virtù del giornalismo, cancellando una storia di infamia troppo recente per essere dimenticata, non avranno neppure la consolazione dell’ipocrisia per tenere la fiamma accesa. Questa è la malediazione finale, terribile, dolorosa, la sfida finale che i mass media devono affrontare. Tacendo di fronte all’attacco a Moro riveleranno tutta la loro impotenza, la loro fragilità nel difendere le proprie prerogative. E il paese sarà riempito di nemici a sinistra, ma soprattutto a destra, in attesa del primo segnale di debolezza per farsi avanti.
Fonte:
https://jornalggn.com.br Organizzazione e traduzioni di Teresa Isenburg
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cura di Nicoletta Manuzzato |