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Brasile, forze malefiche Teresa Isenburg Molte forze malefiche si aggirano in questi mesi sulla scena mondiale. E non mi riferisco al virus che segue il suo destino evolutivo. In primo luogo penso invece alla risposta per contenere il microrganismo che si riassume in pochi dati: 3 a 1 o anche 3 a 0. Cioè in alcuni paesi tre dosi di vaccino e in altri una o zero. Sembra dunque che una situazione di emergenza planetaria accentui quella che è una delle caratteristiche più evidenti della democrazia di mercato, esasperare le diseguaglianze. Fra le molte barbarie che si è costretti a vedere in questi mesi di malgoverno in Brasile campeggia la violenza devastatrice contro le popolazioni ancestrali. Allego un testo su un aspetto specifico di tale aggressività da parte dello Stato, il progetto di imporre loro un modello di spazio che non rispecchia la loro cultura (Qual è lo spazio originale dei popoli indigeni?). Peraltro la volontà di cancellare intere compagini culturali e territoriali si manifesta in molti paesi, sempre con grande e voluta brutalità. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Fra la stesura dell’articolo accluso e oggi, cioè nel corso del mese di novembre, sono successe alcune cose che vorrei ricordare per il loro significato. 1) L’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha fatto un viaggio in Europa con contatti al massimo livello: fra gli altri il primo ministro tedesco in pectore Scholz, il presidente francese Macron, il primo ministro spagnolo Sánchez. Un viaggio di grande successo e riconoscimento internazionale per colui che al momento è un privato cittadino. Al quale fra l’altro finalmente negli ultimi giorni il STF/Supremo Tribunale Federale ha restituto i beni che la banda di procuratori e giudici di Curitiba aveva arbitrariamente bloccato. Fra i temi politici discussi negli incontri vi è stata la preoccupazione per l’avanzata coordinata delle destre estreme in Europa e in America Latina, che preoccupa almeno una parte dei dirigenti europei. L’Italia non ha fatto parte del percorso e mi sembra che anche la stampa non abbia dato molta informazione. 2) Il 25 novembre, presso la PUC/Pontificia Università Cattolica di San Paolo, si è concluso il processo simulato per genocidio contro Bolsonaro. La giudice emerita Kenarik Bonjikian, la procuratrice emerita Deborah Duprat, l’avvocato difensore Fabio Tofic e l’ex ministro della Salute Arthur Chioro hanno ascoltato un numero significativo di testimoni e hanno poi “condannato” Bolsonaro a 78 anni di carcere per crimini contro l’umanità, genocidio, ciarlataneria, infrazione di misure sanitarie preventive. Testimonanze e arringhe offrono un solido complesso di informazioni sulle conseguenze drammatiche di politiche di Stato negazioniste, come è accaduto e continua ad accadere in Brasile. 3) Infine solo due settimane dopo la chiusura della Cop 26 di Glasgow (dove il Brasile era presente con una delgazione di 479 componenti, tutti e solo del goberni e loro amici) un'immagine insopportabile balzava fuori dagli schermi. Il basso corso del grande Rio Madeira, non lontano dal suo ingresso nel Rio delle Amazzoni poco a valle di Manaus, appariva inciso nella sua larghezza da una compatta fila di imbarcazioni che quasi ne chiudevano la navigabilità. Altri gruppi minori di chiatte si trovavano nelle vicinanze. In un’azione coordinata e intenzionalmente di grande visibilità garimpeiros (minatori illegali) della regione amazzonica invadevano il fiume per estrarre oro direttamente nel letto utilizzando chiatte attrezzate con draghe. L’aggressività dei cercatori di oro e di altri minerali negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale e fuori da ogni regola nella sicurezza dell’impunità. L’oscuro mondo del garimpo è particolarmente consonante con la visione di Bolsonaro. Lo conferma il fatto che il 4 maggio 2020 egli ha ricevuto al Palazzo del Planalto, sede ufficiale della presidenza della Repubblica, il maggiore Curió, vecchio arnese della dittatura militare che unisce il “merito” di avere svolto azione di intelligence, con ampio uso della tortura, nella repressione con esecuzioni criminali della guerriglia dell’Araguaia nei primi anni ’70, con l’incarico di commissario nell’immenso garimpo di Serra Pelada nel sudest dello Stato di Parà nei primi anni ’80, gestendolo con l’inconfondibile stile del campo di concentramento. L’occhio penetrante del fotografo Sebastião Salgado ha costruito su quel luogo una testimonianza indelebile. La risposta a questa enorme provocazione del Rio Madeira, che devasta ambienti e popolazioni, è di completa arrendevolezza e disprezzo delle leggi in vigore. Peraltro non solo in Brasile negli ultimi anni la coltivazione mineraria è responsabile di saccheggio e avvelenamento ambientali in molte parti del pianeta, protetta da grandi gruppi che garantiscono impunità (e dividendi ad azionisti e management). In questo periodo in cui giustamente domina la priorità del contrasto all’epidemia rapporti di forza si ridefiniscono lontano da sguardi indiscreti e soprattutto escludendo la partecipazione dei gruppi sociali coinvolti, insieme ai loro quadri ambientali, dalle conseguenze di quanto si va trasformando. San Paolo, 28/11/2021
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cura di Nicoletta Manuzzato |