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Brasile, gli avvocati di Lula presentano l'Istituto Lawfare La situazione nel Brasile, martoriato da un esecutivo illegittimo e predatore, continua ad essere molto difficile, con una devastazione sociale impressionante. A sud dell'Equatore le cose avvengono in modo rapido, a differenza dell'apparente lentezza europea. Il gruppo golpista e il settore del potere giudiziario ad esso legato è in forte agitazione per impedire la possibile candidatura dell'ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva alle elezioni presidenziali dell'autunno 2018. Intanto Lula ha iniziato il 5 dicembre la terza tappa della carovana promossa dal PT/Partito dei lavoratori e dalla Fondazione Perseu Abramo con la parola d'ordine "Il Brasile che il popolo vuole", per ascoltare cittadini e cittadine ed elaborare una strategia per il futuro del paese. La carovana visita lo Stato di Spirito Santo, iniziando dalla capitale Vittoria, passa in centri minori per giungere l'8 dicembre a Rio de Janeiro. L'incontro con la popolazione è sempre diretto e intenso, come si può vedere dalle immagini sui siti di Brasil de Fato, Fondazione Lula, Pt. Belle in particolare le foto di Ricardo Stuckert per l'essenzialità comunicativa del bianco e nero. Di seguito si traduce un comunicato degli avvocati di Lula sulla fondazione a Londra dell'Istituto Lawfare e un intenso articolo del teologo Leonardo Boff. (T.I.)
Gli avvocati dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva,
Cristiano Zanin Martins, Valeska Teixeira Martins e Rafael Valim
martedì 5 dicembre hanno presentato a livello internazionale,
presso l'University of London, il recentemente creato
Istituto Lawfare. L'attuale governo brasiliano assume un modello neocoloniale Leonardo Boff La colonizzazione, specialmente la schiavitù, non sono solo tappe passate della storia. Le loro conseguenze durano fino ad oggi. La prova chiara è la dominazione e l'emarginazione delle popolazioni che furono colonizzate e schiavizzate, in base alla dialettica della superiorità-inferiorità, alla discriminazione per il colore della pelle, al disprezzo e anche all’odio verso il povero considerato pigro e uno zero economico. Non è sufficiente la decolonizzazione politica. La ricolonizzazione risorge nella forma del capitalismo economico, guidato da capitalisti neoliberisti nazionali, collegati alle transnazionali. La logica che regge le pratiche della ricolonizzazione è trarre il massimo profitto dall’estrattivismo dei beni e servizi naturali e dallo sfuttamento della forza lavoro mal pagata e, se possibile, come sta accadendo in modo scandaloso in Brasile, dalla riduzione dei diritti individuali e sociali. I primi a vedere in modo chiaro la ricolonizzazione sono stati l'algerino Franz Fanon e l'haitiano Aimé Césaire, entrambi impegnati nella liberazione dei loro popoli. Essi hanno proposto un coraggioso processo di decolonizzazione per liberare la "storia che è stata rubata" dai dominatori e che ora può essere riraccontata e ricostruita dal popolo stesso. Tuttavia è in atto un duro conflitto da parte di coloro che vogliono prolungare la nuova forma di colonizzazione e di schiavitù, creando ostacoli di ogni tipo a coloro che cercano di fare una storia sovrana sulla base dei propri valori culturali e delle prorie identità etniche. Césaire ha coniato la parola "negritudine" per esprimere due dimensioni: da una parte la continua oppressione contro i negri, dall'altra una resistenza persistente e una lotta ostinata contro ogni tipo di discriminazione. La negritudine è la parola chiave che ispira la lotta per il riscatto della propria identità e per il diritto alle differenze. Césaire critica con durezza la civiltà europea per la sua vile cupidigia di invadere, occupare e rubare ricchezze altrui, indifendibile sul piano spirituale per avere diffuso la discriminazione e l'odio razziale, abbrutendo e degradando i popoli colonizzati e schiavizzati, inculcando loro l'impressione di non essere esseri umani e di non possedere alcuna dignità. In parallelo al concetto di negritudine, lo scienziato sociale peruviano Anibal Quitano (1992) ha creato quello di "colonialità". Questo concetto vuole esprimere i modelli che i paesi centrali e il capitalismo globalizzato impongono ai paesi periferici: lo stesso tipo di relazione predatoria della natura, le uguali forme di accumulazione e di consumo, gli identici stili di vita e gli stessi immaginari prodotti dalla macchina mediatica e dal cinema. In questo modo continua la logica di occultamento dell'altro, del furto della sua storia con la distruzione delle basi per la creazione di un processo nazionale sovrano. Il Nord globale sta imponendo la colonialità in tutti i paesi, obbligandoli ad allinearsi alle logiche dell'impero. Il neoliberismo radicale che sta imperando in America Latina e ora in forma crudele in Brasile è la concretizzazione della colonialità. Il potere mondiale, sia degli Stati egemonici sia delle grandi corporazioni, vuole riportare tutta l'America Latina, nello specifico il Brasile, alla situazione di colonia. E' la ricolonizzazione come progetto di nuova geopolitica mondiale. Il golpe effettuato in Brasile nel 2016 si colloca esattamente in questo contesto: si tratta di minare un cammino autonomo, consegnare la ricchezza nazionale e naturale, accumulata lungo generazioni, alle grandi corporazioni. Ciò si compie attarverso la privatizzazione dei nostri massimi beni: il pré-sal, gli invasi idroelettrici, possibilmente le Poste, il Bndes (Banco nazionale di sviluppo economico e sociale) e il Banco do Brasil. Si frena il processo di industrializzazione per dipendere dalle tecnologie estere. La funzione che ci è imposta è di essere grandi esportatori di commodities, dal momento che i paesi centrali non ne dispongono per il loro consumo dissipatore.
Nomi notevoli dell'economia collegata all'ecologia come, fra
gli altri, Ladislau Dowbor e Jeffrey Sachs ci avvisano che il
sistema terra è giunto al limite e non sopporta un progetto
con un tale livello di aggressione sociale ed ecologica. Ora, per
nostra disgrazia, tale modello è adottato dall'attuale governo
corrotto e totalmente separato dal popolo: è un modello di
neoliberismo radicale che comporta la distruzione della nazione. Da
ciò il nostro dovere civico e patriottico di sconfiggere queste
élites dell'arretratezza, antipopolari e antinazionali che si sono
imbarcate in questa avventura, che potrà non essere più
sopportabile per il popolo. Tutto ha un limite. Deve sorgere una
coscienza patriottica sotto forma di un rigetto sociale
generalizzato. Una volta superato questo limite, andremo
inesorabilmente verso l'innominabile
Fonte:
Rede Brasil Atual, 4/12/2017 Traduzioni e introduzione di Teresa Isenburg
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cura di Nicoletta Manuzzato |