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La Lava Jato e lo Stato di diritto in Brasile

Mentre invio questo comunicato nel pomeriggio di mercoledì 10 maggio 2017, a Curitiba è in corso la deposizione dell’ex presidente Luis Inácio Lula da Silva nell’edificio della Giustizia federale, fissata dal giudice di primo grado Sérgio Moro. Come noto il colpo di Stato parlamentare, che ha privato il Brasile della sua presidente costituzionale legittimamente eletta e insediato un esecutivo illegale, si completa con una persecuzione giudiziaria dell’ex presidente Lula guidata da Moro e dai procuratori di Curitiba. Infatti nell’ambito del processo per corruzione denominato Lava Jato e che prende inizio da irregolarità nella Petrobras, vengono via via inseriti altri procedimenti, in primo luogo contro Lula. In mancanza di prove vengono forzate le procedure, sottraendo gli accusati al giudice naturale, mescolando i ruoli di giudice inquirente e procuratore, alimentando fughe di notizie pilotate dai mass media monopolistici in una situazione di abusi giudiziari reiterati. Peraltro la responsabilità attiva del potere giudiziario, soprattutto agli alti livelli, è centrale nel golpe dal suo inizio e nel suo sviluppo. A Curitiba una massa numerosa accompagna Lula  per difendere lo stato di diritto. (T.I.)

di Leonardo Avritzer (scienziato politico e professore dell’Università Federale di Minas Gerais)

La deposizione dell’ex presidente Lula a Curitiba sembra rappresentare l’auge della politicizzazione dell’Operazione Lava Jato, caratterizzata dalla frase sempre ripetuta dai procuratori di Curitiba che “nessuno è al di sopra della legge”. E’ vero che nello Stato di diritto “nessuno è al di sopra della legge”, ma questa frase si completa con un’altra che la Lava Jato non conosce: “tutti gli individui sono uguali davanti alla legge”.

Nelle ultime settimane la Lava Jato, nel suo zelo di provare delitti da parte dell’ex presidente Lula, ha distrutto in tutti i modi possibili questo postulato nel raccogliere le deposizioni o meglio le delazioni di Leo Pinheiro e Renato Duque, entrambi incarcerati da oltre un anno a Curitiba senza condanna e senza prova. Entrambe le delazioni, subito passate alla grande stampa al fine di provare mediaticamente la colpa dell’ex presidente,  hanno mostrato tutti i pericoli della delazione premiata, cosi come essa è stata approvata nel 2013 e applicata dai procuratori e da Sérgio Moro. In questo articolo cercherò di trattare i due principali difetti del diritto penale brasiliano per quanto concerne il diritto di difesa e il modo in cui tali difetti sono usati nell’Operazione Lava Jato non per giudicare Lula, ma per condannarlo pur in evidente assenza di prove.

Il principale problema dell’Operazione Lava Jato è la mancata separazione tra il giudice che conduce l’indagine e il giudizio, aggravata dal fatto che nel nostro paese non esiste l’obbligo del sistema della giuria. In un articolo recente pubblicato da Foreign Affairs (https://www.foreignaffairs.com/…/brazil/2017-04-19/case-lula) un attivista nord americano dei diritti umani indica l’origine di tale deformazione. Si tratta di un sistema portoghese dell’inizio del XIX secolo che il Portogallo ha abbandonato da decenni. I problemi di questo sistema sono evidenti: il giudice delle indagini preliminari si convince della colpa e opera per la condanna. Nel caso degli Usa e di tutti paesi con obbligo di giuria la cosa non è complicata, perché la fondatezza delle prove deve essere difesa e accettata da un insieme di uomini e donne laici che devono essere convinti che le prove siano state ottenute in modo lecito.

Nulla di tutto ciò fa parte del repertorio della Operazione Lava Jato. Sappiamo che ci sono forti dubbi se le prime informazioni sullo schema di tangenti nella Petrobras siano state ottenute attraverso cimici illegali poste nella cella di Paulo Roberto Costa  e dell’imprenditore Yousseff. Sappiamo che in seguito altre illegalità, come carcerazioni cautelari ingiustificate e libertà barattate con delazioni per le quali erano stati dati suggerimenti su quello che si voleva sentire. Se vivessimo in un paese con il sistema della giuria, la procura cercherebbe di giustificare le sue procedure notoriamente illegali. Invece tutte le prove che saranno utilizzate domani (10 maggio) contro Lula da un giudice che è parte dell’indagine sono dichiarate a priori legali e non passeranno da nessun test sul modo in cui sono state ottenute, se non in appello. Così il diritto penale brasiliano si spoglia di tutti gli elementi di garanzia che fanno parte dello Stato di diritto, nel tentativo non di impiantare l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, ma forse di provare che è possibile condannare qualunque persona, basta che la Procura e il giudice siano d’accordo.

Ma è nel modo in cui è utilizzata la delazione premiata in Brasile che si annidano le maggiori minacce allo Stato di diritto nel paese. La delazione premiata è parte di qualche cosa che possiamo chiamare “concezione contrattuale del diritto”. Non è per caso che in inglese essa si chiama plea bargain, con l’idea che la trattativa è l’elemento principale del processo. Plea bargain implica uno scambio tra un individuo e lo Stato attraverso il quale ciascuno sarà in grado di ottenere qualche beneficio. In plea bargain di forma contrattuale l’obiettivo è la riduzione del rischio, per l’accusato di affrontare la massima pena e per lo Stato di non riuscire a condannare l’accusato nel tribunale con giuria. Pertanto l’indeterminatezza rappresentata dalla presenza della giuria nel caso di mancata accettazione della delazione o della non opzione per la delazione è l’elemento principale che forza sia la trattativa da parte dell’accusato che la moderazione da parte della Procura.

Nel caso brasiliano, in cui la delazione premiata esiste senza il sistema della giuria, la certezza della persona incarcerata che il giudice la condannerà rende la delazione premiata una pressione completamente indebita dello Stato sul cittadino. E’ ciò a cui abbiamo assistito nelle ultime due settimane nelle deposizioni di Leo Pinheiro e Renato Duque. Non c’è strada possibile per la libertà o per essere rilasciato nella Lava Jato che non passi attraverso la collaborazione con il Ministero Pubblico e  il giudice Sérgio Moro.

Stando così le cose il Brasile ha realizzato il grande risultato di ritirare la delazione premiata dal campo del diritto contrattuale e porla nel campo dell’abuso delle prerogative di individui che occupano incarichi nel potere giudiziario. Questa enorme distorsione è stata vista nelle delazioni menzionate: sapendo che l’unica maniera di uscire di prigione preventiva era presentare evidenze contro l’ex presidente Lula, Leo Pinheiro ha elevato al parossismo la percezione che la Lava Jato opera attraverso la mancanza di prove. Secondo lui, egli stesso ha distrutto le prove che l’ex presidente Lula era il proprietario del triplex di Guarujà, ma non avrebbe alcuna prova del fatto.

La Lava Jato, insistendo nel provare la proprietà de triplex nonostante l’assenza di prove, si avvale della capacità di ricatto insita nella delazione premiata. Anzi: essa è stata in grado di  produrre una deposizione per legittimare l’assenza di prove, deposizione che anch’essa sembra poter prescindere da prove. Certamente, qualche cosa di questa natura mai passerebbe dalla giuria di qualsiasi paese, ma è una strada possibile nella quale delazione e diritto penale sono completamente deformati.

Così il Brasile si vede alle porte di un movimento strano da parte delle sue autorità giudiziarie. Appoggiandosi su un movimento di piazza che esige la fine dell’impunità politica, la Lava Jato apre una strada pericolosa, cioè la condanna senza prove o la produzione di prove attraverso la coercizione. Evidentemente lo Stato di diritto in Brasile, nella migliore delle ipotesi, è una costruzione in corso. Ma vale la pena di osservare che i paesi che hanno uno Stato di diritto più consolidato non lo raggiunsero attraverso l’abuso di autorità, ma attraverso movimenti contro tali abusi. La democrazia da poco conquistata in Brasile si rafforzerà solo se la popolazione sarà capace di capire che abusi di autorità devono essere repressi e che la lotta alla corruzione non può prescindere dall’obbedienza ai precetti della legalità.

Fonte: Luis Nassif Online | GGN

I Giuristi per la Democrazia sulla registrazione della deposizione

Il Frente Brasil de Juristas pela Democracia (Fbjd) ha preso posizione martedì 9 maggio difendendo la necessità di registrare la deposizione dell’ex presidente della Repubblica Luis Inácio Lula da Silva al giudice di prima istanza Sérgio Moro, che è fissata per mercoledì 10 maggio. L’interrogatorio, che avrà luogo alle 14 nell’edificio della Giustizia Federale a Curitiba, tratta dell’accusa che l’appaltatrice OAS avrebbe riservato un appartamento di copertura a Guarujá per Lula.

La motivazione è che la registrazione delle udienze è una pratica nella Giustizia ed essa "potrà proteggere la difesa e non frustrare il proposito legale di far conoscere l’insieme della totalità della dinamica dell’udienza, difesa e giudizio". "Credo che tra qualche anno le persone percepiranno che la Lava Jato è stata un’operazione illegale", ha dichiarato l’avvocato Ney Strozake, uno dei membri della Fbjd. La presa di posizione si deve al fatto che Moro ha negato la richiesta della difesa di Lula di fare una registrazione propria dell’udienza, così come di usare un’ulteriore cinepresa in direzione del conduttore della sessione. Con enfasi Strozake ha affermato che il grande problema dell’operazione sono le delazioni private. Secondo l’avvocato essere passato per la tortura fisica e psicologia della carcerazione compromette l’imparzialità di qualunque deposizione. "In queste condizioni, così come nelle torture compiute nel regime militare, la persona dice esattamente quello che il torturatore vuole sentire".

Il collegio del Frente afferma che il modo in cui le registrazioni delle delazioni premiate sono state fatte, dirette solo verso l’immagine e l’ esposizione del deponente, sommato alle  fughe selettive di notizie costantemente avvenute, viola il senso della prerogative legale della registrazione fededegna e può aprire margine a considerazioni di limitazione della difesa.

“La decisione di proibire la difesa di registrare è la relativizzazione di quanto è previsto dalla legge, che garantisce il diritto della difesa di registrare, indipendentemente dall’autorizzazione giudiziaria”, ha affermato il giurista Leonardo Isaac Yarochewsky, professore di diritto penale della Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais e dottore in Scienze Penali dell’Università Federale di Minas Gerais, commentando la decisione del ministro Félix Fischer del Superiore Tribunale di Giustizia, che ha negato il ricorso della difesa dell’ex presidente Lula di registrare la deposizione che concede a Curitiba.

Fonte: Vermelho.org.br

Introduzione e traduzioni di Teresa Isenburg

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a cura di Nicoletta Manuzzato