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Lula, prigioniero politico

Intorno a Pasqua papa Francesco ha scritto una lettera all’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva. La lettera è stata divulgata ai primi di giugno e se ne riporta la traduzione. In data 3-4 giugno al Casino Pio IV in Vaticano si è tenuta la Cupola panamericana dei giudici su diritti sociali e dottrina francescana, con la partecipazione dei paesi delle tre Americhe. Gli interventi sono facilmente ascoltabili su Internet, così come si può leggere l’intervento conlusivo del papa Francesco (Editrice Libreria Vaticana). Se ne traduce qualche passaggio. Si riportano poi alcuni passaggi di un'intervista rilasciata da Lula in data 5 giugno a due giornalisti indipendenti brasiliani. (T.I. 5/6/2019)

Lettera di papa Francesco a Luiz Inácio Lula da Silva

Caro Luiz Inácio,

ho ricevuto la sua gentile lettera del 29 marzo nella quale, oltre a ringraziarmi per il mio contributo in difesa dei diritti dei più poveri e sfavoriti di questa nobile nazione, mi confida il suo stato d’animo e mi comunica la sua valutazione del contesto sociopolitico brasiliano, ciò che mi sarà assai utile.

Come ho detto nel messaggio per la LII Giornata Mondiale della Pace, celebrata il passato 1° gennaio, la responsabilità politica costituisce una sfida per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere le persone che vi abitano e di lavorare per creare le condizioni di un futuro degno e giusto. Come i miei predecessori, sono convinto che la politica può diventare una forma eminente di carità, se viene incoraggiata al rispetto fondamentale per la vita, la libertà e la dignità delle persone.

In questi giorni stiamo celebrando la resurrezione del Signore. Il trionfo di Gesù Cristo sulla morte è la speranza dell’umanità. La sua Pasqua, il suo passaggio dalla morte alla vita, è anche la nostra Pasqua. Grazie ad essa possiamo passare dalle tenebre alla luce, dalle schiavitù di questo mondo alla libertà della terra promessa. Dal peccato che ci separa da Dio e dai fratelli all’amicizia che ci unisce a lui. Dall’incredulità e dalla disperazione all’allegria serena e profonda di chi crede, in fine, che il bene vincerà il male, la verità vincerà la menzogna e la salvezza vincerà la condanna.

Ho presente le dure prove che lei ha vissuto negli ultimi tempi, in particolare la perdita di alcune persone care, la sua sposa Marisa Letícia, sua fratello Genival Inácio e, più recentemente, suo nipote Arthur di solo sette anni. Desidero esprimerle la mia vicinanza spirituale e darle coraggio nel chiederle di non disperare e continaure a confidare in Dio.

Nell’assicurarle la mia preghiera affinché, in questo tempo pasquale di Giubilo, la luce di Cristo resuscitato la riempia di speranza, le chiedo di non smettere di pregare per me.

Che Gesù la benedica e la Vergine santa la protegga.

Fraternamente

Francesco

Discorso di papa Francesco alla Cupola panamericana dei giudici

Signore e signori, è motivo di allegrezza e anche di speranza incontrarvi in questa Cupola in cui i presenti non siete solo voi, perché essa richiama il lavoro che realizzate insieme ad avvocati, assessori, procuratori, difensori, funzionari e richiama anche i popoli con il desiderio e la ricerca sincera di garantire che la giustizia, e soprattutto la giustizia sociale, possa giungere a tutti. La vostra missione, nobile e pesante, chiede di consacrarsi al servizio della giustizia e del bene comune con richiamo costante al fatto che i diritti delle persone e specialmente delle più vulnerabili siano rispettati e garantiti. In questo modo voi aiutate a che gli Stati non rinuncino alla loro più sublime e primaria funzione: avere cura del bene comune del proprio popolo…

Ci è dato di vivere una tappa storica di cambiamenti in cui si mette in gioco l’anima dei nostri popoli. Un tempo di crisi – crisi: il carattere cinese, rischi, pericoli e opportunità; è ambivalente, molto saggio ciò – tempo di crisi in cui si verifica il paradosso: da un lato, un fenomenale sviluppo normativo, dall’altro un deterioramento del godimento effettivo dei diritti consacrati globalmente. È come l'inizio dei nominalismi, sempre cominciano così…

La “ingiustizia sociale naturalizzata” – cioè assunta come qualche cosa di naturale - e pertanto resa invisibile, che ricordiamo o riconosciamo solo quando “alcuni fanno rumore in piazza” e rapidamente sono catalogati come pericolosi e offensivi, finisce per far tacere una storia di rinvii e dimenticanze. Permettetemi di dire che questo è uno dei grandi ostacoli che incontra il patto sociale e che indebolisce il sistema democratico…

Approfitto di questa opportunità di riunirmi con voi per manifestarvi la mia preoccupazione per una nuova forma di intervento esogeno nelle scene politiche dei paesi attraverso l’uso indebito di procedimenti legali e di tipificazioni giuridiche. Il lawfare, oltre a porre in serio pericolo la democrazia dei paesi, generalmente è utilizzato per minare processi politici emergenti e tende alla violazione sistematica dei diritti sociali. Per garantire la qualità istituzionale degli Stati è fondamentale identificare e neutralizzare questo tipo di pratiche che derivano dall'attività giudiziaria impropria in combinazione con operazioni mediatiche parallele. Non mi dilungo su ciò, ma tutti conosciamo il giudizio mediatico previo…

Intervista di Luiz Inácio Lula da Silva

Dopo un anno di privazione della parola, a metà aprile al prigioniero politico detenuto in modo anticostituzionale nel commissariato della polizia federale di Curitiba Luiz Inácio Lula da Silva è stato riconosciuto il diritto di rilasciare interviste. Da allora qualche giornalista, dopo lunghe attese e valutazioni, ha ottenuto l’autorizzazione di registrare e diffondere alcuni colloqui, sempre o quasi ignorati della grande stampa. In particolare per la sua ripercussione internazionale si ricorda il colloquio con Glenn Greenwald, noto per i suoi servizi sui programmi di vigilanza globale statunitensi, reperibile su The Intercept. Mercoledì 5 giugno Joaquim Carvalho del blog DCM/Diario do centro do mundo ed Eleonora Lucena del blog Titumeia hanno realizzato due ore di registrazione. Eleonora è stata direttrice esecutiva della Folha de São Paulo fra 2000 e 2010 e attualmente coordina il gruppo Projeto Brasil Nação che raccoglie personalità di un ampio spettro di forze della società civile.

Il presidente ha fatto il punto sulla situazione del governo brasiliano, ha ricordato momenti internazionali del Brasile come la Cop 15 di Kopenhagen del 2009, ripercorso le vicende della scoperta del présal; ha ripetuto che esige giustizia e non favori, prove e non convinzioni e che non accetterà nessun compromesso per uscire di prigione.

Si traduce direttamente della registrazione (quindi con lo stile comunicativo inconfondibile di Lula) la parte iniziale e finale dell’intervista, che si può facilmente ascoltare su YouTube. Sul sito Tutameia è disponibile la versione scritta dell’intera intervista. (T.I.)

Eleonora: Nelle ultime settimana ci sono state manifestazioni a favore e contro Bolsonaro. Uno sciopero generale è indetto per il 14 giugno. Come valuta questo momento, è un momento di polarizzazione? La resistenza a Bolsonaro crescerà, oggi Bolsonaro è più forte o più debole?

Presidente: Io credo che Bolsonaro oggi sia più debole agli occhi della società brasiliana. In primo luogo perché è stato un candidato che ha vinto le elezioni grazie a un lavoro antipolitico fatto durante gli ultimi anni e nei mezzi di comunicazione ed è riuscito a passare alla società, dopo 28 anni di mandato come deputato, che lui non era un politico. Cioè lui utilizza la politica nel peggior modo dei coroneis (capi politici o latifondisti del Brasile interno) che noi abbiamo imparato a criticare nel Nordeste brasiliano. Cioè lui non solo è politico, i figli sono politici, la moglie è politica, al punto da fare litigare un figlio con la madre per concorrere. Quindi questa idea di non essere un politico c’entra molto con la elezione di Bolsonaro...

Ma parlare nella campagna è una cosa: e la campagna ha anche avuto il vantaggio di una coltellata, perché la coltellata lo ha tolto dal dibattito. È stata per lui una cosa fantastica perché certamente avrebbe avuto molta difficotà a partecipare a dibattiti con altri candidati. Si è liberato dei dibattiti, ha preferito dare interviste da solo, ed è arrivato alla presidenza in una società arrabbiata. Perché la rabbia non è montata durante le elezioni; se si guarda dal 2013, le manifestazioni di giugno, se si prende la campagna del 2014, l’odio che fu coltivato nella campagna in cui Dilma sconfisse Aecio, che sfociò poi nella campagna di impeachment della Dilma, ci si rende conto che il popolo brasiliano era assatanato. Non ho mai visto nei miei 73, faccio poltica sindacale dal 1968, non ho mai visto la società presa dall’odio come negli ultimi anni. Al punto che le persone non si parlavano, figli smettevano di visitare i genitori, pranzi di famiglia hanno smesso di esistere perché le persone quasi entravano in scontro corporale.

Bene, lui vince le elezioni con questo discorso, il tempo passa e nulla succede. Lui carica sulle spalle del ministro da Fazenda tutta la sua governance ed è una governance molto semplice, cioè che la riforma della previdenza risolverà i problemi del Brasile, il problema della Cina, il problema del commercio estero, il problema del lavoro, il problema del salario: la riforma della previdenza è venduta come se fosse una cosa miracolosa. Quando in verità io spero che questa gente sia viva, se sarà approvata la previdenza, per vedere cosa succederà quando tu togli un regime solidale in cui tutti contribuiscono perché le persone nella vecchiaia si pensionino, per mettere un regime in cui ciascuno bada a sé. Ognuno per sé e Dio per tutti. È un regime disastroso, tanto è vero che non esiste in nessun posto del mondo, se non l’esperienza del Cile che è fallita. L’idea della riforma come è proposta mira molto più a risolvere il problema delle banche che dei lavoratori. I lavoratori sono vittime di una campagna di pensiero unico straordinaria. Se non ci foste voi nella blogosfera, tutti i canali di Tv, tutti i giornali, tutti i programmi popolari hanno una voce sola difendendo la riforma della previdenza. C’è chi parla di dieci milioni di posti di lavoro o simili, una cosa assurda che non è compatibile con la realtà che stiamo vivendo...

Quello che stanno facendo è distruggere un sistema che ha dei problemi, che sempre avrà problemi e sempre bisognerà discutere la riforma della previdenza, di una generazione che si prende cura di un'altra generazione. Ma non puoi distruggere una cosa che risolve i problemi di questo paese, e non è solo nel Nordeste; ma San Paolo o Paraná interno, si vede che nei piccoli centri la cittá si anima, le case di prostituzione si animano, nel giorno in cui le persone ricevono la pensione o il loro salario minimo. Quando nella Costituzione del 1968 abbiamo approvato la politica di sicurezza sociale volevamo fare un sistema globale per garantire a qualunque cittadino brasiliano, indipendentemente dal fatto che avesse o non avesse contribuito, il diritto ad avere un minimo di sicurezza nella vecchiaia. Questo oggi è venduto quotidianamente come se fosse un male.

L’altra cosa è il processo di privatizzazione. Immagino lo scempio che questa gente sta facendo per il Brasile e per il futuro del paese nel tentativo di vendere tutto, al punto che il ministro della Fazenda si permette, scherzando o meno, di andare nagli Stati Uniti e dire che gli piacerebbe vendere il palazzo del Planalto o dell’Alvorada, che gli piacerebbe che il Banco do Brasil fosse amministrato da una banca americana... Quindi penso che non vada bene. Non credo che il governo finisca in sei mesi, lui ha vinto le elezioni e ora ha l’obbligo di governare, di fare in modo che il popolo brasiliano possa avere economia, possa crescere, avere lavoro, salario, reddito, aver voglia di essere brasiliano…

Presidente: Posso farvi una domanda che voi non mi avete fatto? Perché non mi avete chiesto del patto di Bolsonaro con il presidente della Camera e Toffoli (presidente del Supremo Tribunale Federale)? La ritengo una cosa di difficile comprensione. Se un presidente della Repubblica fa una riunione con le istituzioni per discutere la governabilità del paese, la tranquillità, ognuno bada al suo cortile dal suo lato, ognuno bada alle sue galline e non lascia entrare la volpe nel pollaio, si cerca... è normale. Anzi una volta io avevo suggerito a Dilma che era necessario che lei responsabilizzasse le istituzioni per quello che stava accadendo in Brasile... Ma quando si convoca una riunione e alla riunione si presenta il presidente della Suprema Corte e l’informazione che viene data è che il patto concerne la riforma, non è credibile. Perché? Perché se qualcuno della società brasiliana volesse entrare con un ricorso contro la riforma, entra nella Suprema Corte e un presidente della stessa si sentirà vincolato o no, potrà votare o no? Ciascuno deve preservarsi, preservarsi per entrare in scena quando necessario. Quello è stato molto più uno spettacolo pirotecnico che una cosa seria. Posso sbagliarmi, ma nella mia valutazione credo che sia mancata serietà. Anche se il presidente può riunirsi con chi vuole... non si può scherzare, ripeto, non si scherzi con la democrazia, non si scherzi...

Voglio esprimere la gratitudine che ho per il popolo brasiliano, e la volontá che ho di tornare in libertà per combattere per il popolo brasiliano, credo che questo governo stia distruggendo il paese, stia umiliando il paese, siamo governati da leggeroni, lui e Trump, Trump sta diventando una barzelletta internazionale, con la differenza che là Trump è presidente del più importante paese del pianeta terra e può dire tante stupidate... Ma in ogni modo: nessuna disperazione, nessuna disperazione, mai pensare che non serve lottare, l'unica cosa che risolve è la lotta, la lotta, la lotta e il popolo brasiliano ha diritto di lottare per conquistare un'esistenza migliore.

Organizzazione e traduzioni di Teresa Isenburg

 

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a cura di Nicoletta Manuzzato