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Brasile: crisi e impasse
Walter Sorrentino*
Il Brasile è irretito in accadimenti molto seri. La tendenza
fondamentale è la strategia del presidente Bolsonaro di produrre
rotture istituzionali e cambiare il regime politico, economico e
sociale scritto nella Costituzione (del 1988).
Per questo, base centrale è attaccare lo Stato democratico di
diritto, promuovere la polarizzazione politica e il caos sociale,
allineare il Brasile alla strategia degli Usa di isolarci dal
multilateralismo, incluso verso America Latina e Cina. Oggi,
assediato, Bolsonaro passa a una nuova dittatura, un
autoritarismo neofascista, in disprezzo dell’attuale
Costituzione, per concentrare il potere, impedire la cassazione del
suo mandato e rieleggersi nel 2022.
La situazione è molto dinamica e instabile, i fatti e le
contraddizioni si accumulano. In primo luogo vi è il
contesto di un mondo in rapido e profondo cambiamento. Uno dei
cambiamenti più decisivi è la transizione di egemonia in corso a
livello internazionale. Il mondo non vive più sotto il segno dell'unipolarità
e la crisi attuale della pandemia e dell’economia capitalista
ha battuto un altro chiodo in quel sarcofago. La capacità degli Usa
di dominare il mondo è diminuita, la sua egemonia non è più
incontestabile, nonostante tutto il suo potere; la Cina
cresce economicamente e tecnologicamente, accrescendo il suo ruolo
nel concerto internazionale e la sua influenza morale globale per
un destino dell’umanità condiviso. Il multilateralismo acquisisce
basi più forti. Questa è la tendenza da sottolineare: presieduto da
Bolsonaro, il Brasile è stato pienamente catturato da questa
dimanica non salutare.
Un secondo aspetto della situazione in Brasile è la
convergenza e l’aggravamento di tre grandi crisi. Nella pandemia il
paese è secondo solo agli Stati Uniti per lo sviluppo del Covid-19,
con oltre 800.000 contagiati e oltre 40.000 vite umane perse. Sono
numeri più alti che il resto dell’America Latina e dei Caraibi,
sebbene noi si abbia poco più di un terzo della popolazione totale.
Ancora non siamo arrivati al culmine del contagio, atteso per
luglio-agosto. Indicatori sanitari prevedono che si potranno
superare i 100.000 morti.
Fra i diversi fattori che diffondono questa insidiosa infezione,
uno è il fatto che in Brasile il governo federale ha apertamente
sabotato l’isolamento sociale, prescrivendo invece in modo
generalizzato la clorochina, alimentando la falsa contraddizione
fra salvare l’economia o la vita. Bolsonaro ha già licenziato due
ministri della Sanità e oggi ha militarizzato il Ministero, che
continua a non avere un titolare. Ha introdotto un nuovo metodo per
(dis)informare sul numero di casi e di morti per Covid-19, con lo
scopo di ridurre lo choc della malattia e agevolare la fine del
confinamento sociale. Come Trump, Bolsonaro ipotizza di ritirare il
paese dall’OMS/Organizzazione Mondiale della Sanità.
Altra crisi è quella dell’economia con le sue profonde conseguenze
sociali. La pandemia ha prodotto un crollo brutale di offerta e
domanda, che si è sovrapposto a una preesistente depressione
economica, con tre anni di recessione e tre anni di stagnazione. Ci
sono 8,6 milioni di nuovi disoccupati. Il pil è caduto dell'1,5%
nel trimestre, con previsioni da 5,7% a 9% nell’anno.
Inoltre si aggiunge un’altra situazione critica nel campo politico
e istituzionale provocata da continui attacchi politici di
Bolsonaro agli altri poteri della Repubblica e della Federazione,
contro la sinistra e contro l’interesse nazionale, al fine di
causare apertamente rotture istituzionali. I suoi accoliti
suppongono che la Costituzione comprenda il ruolo del
potere moderatore delle forze armate, ciò che è un assurdo
giuridico ovvio e esplicito.
In questa sfera politica e istituzionale possiamo parlare di una
terza tendenza che si rafforza nel paese. Bolsonaro conosce
un crescente isolamento politico, finendo nell’angolo del ring,
mentre allo stesso tempo aumenta la sua reazione aggressiva tipica
di chi è accerchiato, con la tecnica politica di non
arretrare mai, di fare sempre fughe in avanti, raddoppiando
la posta delle minacce.
La lontananza generale del suo governo in rapporto alla pandemia,
la rovinosa gestione dello Stato, la completa mancanza di decoro
comportamentale nella carica presidenziale, senza avere una base
politica solida nel Congresso (adesso egli è senza partito), lo
pone in accerchiamento. La partecipazione dei suoi figli ai
gabinetti dell’odio che promuovevano le macchine di diffusione
di notizie false (anche durante la campagna elettorale) con
finanziamento illecito, gli attacchi al potere giudiziario e
la dimissione del ministro Moro lo rendono bersaglio di crescente
rigetto e contenimento da parte del sistema politico e di diverse
indagini giudiziarie. Si delinea all’orizzonte l’impeachment
o anche la cassazione della lista, incluso il vicepresidente.
Tuttavia Bolsonaro, il suo clan e membri del governo non possono
essere sottovalutati nella reale intenzione di provocare una
rottura istituzionale. Lo Stato di polizia è già quasi un'evidenza.
L’uovo del serpente fascista è già presente nelle attività della
milizia, nell'insistere ad armare la popolazione liberalizzando
l’acquisto di armi e munizioni, esclusivo delle forze armate; vanno
nella stessa direzione anche la mobilitazione dei livelli basso e
medio delle polizie militari (degli Stati) e un sistema parallelo
di informazioni fornito da componenti della polizia federale. Tutto
ciò non può essere considerato solo una bravata.
Su questa base si fonda la quarta tendenza nell’attuale situazione.
È un cambiameno importante nella congiuntura: è stata
definitivamente stabilita un'ampia unione delle forze
democratiche, progressiste e popolari per dire “Basta!” al governo
Bolsonaro.
Il movimento coinvolge la maggioranza della società civile, come
pure organizzazioni popolari e partiti politici. Manifesti e
manifestazioni, iniziative di tutti i tipi, composte da forze
ciscuna con la propria visione del futuro del paese, si uniscono
nello stesso diapason, un fronte attivo che non è formale, per la
democrazia e lo Stato democratico di diritto, per la vita e per i
diritti sociali. Questo include anche un'evidente divisione del
sistema politico e degli interessi delle classi dominanti, che
vogliono liberarsi del presidente e mettere le loro forze in campo.
È un movimento organico di questi settori, dalla destra
democratica fino al centrodestra. È meglio attrezzata con i suoi
poteri istituzionali, con la grande stampa (quasi unanime contro
Bolsonaro), con istituzioni sacre come il STF/Supremo Tribunale
Federale e anche una parte dei gruppi di potere economico,, il cui pensiero è esplicitamente diviso per quel che
concerne l’obbligatorietà di politiche di austerità e fiscali
per crescere attraendo capitali stranieri, come è ancora il
lunatico orientamento del ministro dell’Economia.
Le quattro tendenze indicate al momento stanno portando a una
impasse. Bolsonaro non riesce a imporre le rotture
istituzionali desiderate, respinte dalla maggioranza della società,
dal STF e da parte del Congresso nazionale. Per questo sarebbe
necessario trascinare le forze armate come istituzione, ciò che non
sembra una strada, perché le squalificherebbe per una situazione
senza gloria agli occhi di tutta la società. Tuttavia esse vigilano
in quanto è per loro vitale, per il proprio ordine gerarchico e per
la disciplina (contro una deriva partitica dei propri effettivi) e,
soprattutto, per garantirsi il monopolio delle armi contro il
progetto di armare la popolazione per formare milizie.
Altro polo di impasse è che il movimento democratico deve
ancora accumulare maggiori forze politiche, economiche e sociali
per un processo di impeachment o cassazione della lista
eletta nel 2018. Chiaramente esso non ha raccolto le forze
necessarie per isolare e sconfiggere Bolsonaro.
Oggi non riusciamo ad arrivare a 172 firme nella Camera dei
deputati per chiedere una Commissione parlamentare di inchiesta; ne
abbiamo circa 130 mentre ne necessitano 300 per l’impeachment.
Va considerato che ancora stiamo studiando le forme adatte per
esprimere il peso della piazza e dare alla lotta politica una
dimensione di massa, nostro patrimonio genetico. Movimenti
antirazzisti e antifascisti stanno crescendo, donne e giovani sono
molto attivi, così come i fronti sociali e centrali sindacali.
La questione è come salvaguardare il discorso dell’isolamento
sociale per salvare vite e la stessa ripresa dell’economia in
presenza di una pandemia che è ancora in espansione.
Di fronte a tali elementi, un dibattito coinvolge le nostre forze
di sinistra e centrosinistra, progressiste in generale, di
organizzazioni popolari in particolare: qual è il centro
dell’azione politica in questo momento? Una risposta unificata e
coerente è ancora in fase di costruzione. Riteniamo che è decisivo
lottare per la vita e la democrazia come elemento centrale,
in un'ampia unione di forze per salvare la nostra nazione
dall’abisso. È necessario riunire nell’azione politica tutti coloro
che in questo momento sono disposti a lottare contro il nemico
principale, il bolsonarismo, per la difesa della democrazia,
qualunque sia la posizione politica, ideologica e il progetto
politico futuro. Questo riflette il fatto che non sottostimiamo in
alcun modo la strategia del nemico e che non riteniamo che
esista bolsonarismo senza Bolsonaro.
Le forze democratiche non possono dividersi per interessi per la
futura elezione presidenziale del 2022. Evidentemente coloro che
compongono l’ampia unione di queste forze hanno prospettive diverse
per il progetto post-pandemia e per il progetto di nazione. Allo
stesso tempo è evidente che è necessario che le forze più avanzate
costruiscano l’unità popolare con un nuovo progetto, per togliere
il paese dalla situazione attuale e per lo sviluppo in accordo con
gli interessi nazionali, democratici e popolari. I due compiti – un
ampio fronte democratico e l’unità popolare – operano in due fasce
complementari e congiunte, ma distine, con differenti tempi
politici e ritmi.
Ma la questione immediata e primaria per noi forze avanzate
è il fronte democratico per rimettere il patto democratico spezzato
dal colpo di Stato del 2016 (con la deposizione anticostituzionale
della presidente Dilma Rousseff) come condizione prioritaria
per la legittima disputa del progetto per il paese e, ugualmente,
la necessità di unirci per avere una voce fra tali forze
politiche più ampie per uscire dalla crisi del paese. La
sinistra deve prepararsi per guidare il fronte democratico, non per
allontanarsi da esso, e capire che non è ragionevole in tale
situazione ampliare il bersaglio di nemici simultanei e distrarsi
dal nemico principale. Insomma, il fronte ampio democratico è il
nostro compito principale in questo momento.
Concludendo momentaneamente, l’agonia del paese può trascinarsi per
più tempo, continuando nella guerra di movimenti di assedio,
crescente isolamento e soffocamento del governo, fino alla guerra
di posizione per sconfiggere definitivamente la strategia di
Bolsonaro e finire con il suo potere presidenziale. La variabile
decisiva sarà l'insoddisfazione popolare.
La chiave è che le uscite saranno politiche.
Ancora non si sono cristallizzate, sia per la forma di
togliere Bolsonaro dal potere, sia per il day after. Come avviene
in politica in quanto scienza e arte, queste costruzioni comportano
trattative per produrre possibili convergenze all’interno di un
quadro specifico di correlazione di forze presenti.
Verrà il momento in cui l’impeachment diventerà il centro
di un'azione politica immediata. (giugno 2020)
**Walter Sorrentino, medico, è vicepresidente
nazionale del Partito Comunista del Brasile/PCdoB e segretario di
Relazioni internazionali
Traduzione di Teresa Isenburg |
Latinoamerica-online.it a
cura di Nicoletta Manuzzato |