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A un mese dall’accesso del candidato di estrema destra Jair Bolsonaro alla presidenza della Repubblica in Brasile bisogna riprendere la riflessione su quanto accaduto e sul "che fare?" richiesto dal momento. Essendo ben consci che non si tratta di una questione interna brasiliana, ma di un processo che coinvolge lo scenario internazionale. E forse quanto accaduto in Brasile è una sperimentazione e non un fatto isolato. Non è semplice identificare gli attori, probabilmente numerosi, ma anche coordinati, che si muovono sul palcoscenico della riorganizzazione delle relazioni e dei rapporti di forza prodotti dalla crisi decennale, ma è bene essere molto vigili, porsi molte domande e possibilmente trovare qualche risposta non semplificata. Va anche tenuta presente la necessità della ricostruzione politica di un centro democratico la cui implosione ha aperto la strada alla destra estrema e anticostituzionale (questione che non riguarda solo il Brasile). Si traducono alcuni articoli dai blog indipendenti brasiliani: un’analisi della probabile composizione del governo Bolsonaro che si insedierà a gennaio, il riassunto di un articolo sul ruolo delle "chiese" evangeliche nelle elezioni e nel futuro esecutivo, una sintesi dell’incontro fra le forze politiche di sinistra per coordinare un fronte unitario ed infine un aggiornamento sulla persecuzione giudiziaria, vendetta più che processo, contro il prigioniero politico Luiz Inácio Lula da Silva. Si sottolinea l’importanza di agire in modo continuativo anche in Italia per imporre il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani per Lula. (T.I.) Il futuro governo Bolsonaro Adalberto Monteiro* Fatta eccezione per gli analisti che appoggiano Bolsonaro, i più, di differenti impostazioni politiche, convergono sul pronostico che il futuro governo Bolsonaro sarà una minaccia reale per la democrazia. Le divergenze concernono l’enfasi di tale rischio e se le istituzioni della Repubblica e della società avranno, o no, la forza di deviare tale rischio e contenerlo. Tuttavia autorità di istituzioni della Repubblica hanno appoggiato la campagna di Bolsonaro e faranno parte del suo governo. Bolsonaro è stato eletto con il 55% dei voti validi, poco più di un terzo dell’elettorato e un quarto della popolazione. Secondo il politologo dell’università fluminense Renato Lessa, è il primo dirigente popolare della destra liberista dopo il 1946. Nel corso della campagna elettorale e prima di essa tutto ciò che Bolsonaro ha detto è incompatibile con la Costituzione Federale; dopo l’onda democratica che ha fatto irruzione nell’ultima settimana antecedente al secondo turno del 28 ottobre, egli adesso giura che rispetterà e attuerà la Costituzione. Tuttavia, anche dopo eletto, è tornato a promettere di combattere socialisti, comunisti e quello che definisce attivismo, cioè i movimenti e le entità del popolo e della classe lavoratrice. Fa giuramenti alla democrazia e alla Costituzione, ma dopo eletto ha ripetuto che non vi è stata dittatura militare in Brasile e che la censura verso la stampa è stata mite. In modo chiaro Bolsonaro indica che il suo governo restringerà l’opposizione di sinistra: sia istituzionale-parlamentare, sia dei movimenti sociali. In questo contesto la gradazione del verbo "restringere" dipenderà dalla dinamica concreta dei rapporti di forze. La libertà di stampa anch’essa subirà limitazioni, questione ripresa da Bolsonaro prima e dopo la campagna. Anche in rapporto alla grande stampa che non gli è stata sottomessa. La composizione del governo Bolsonaro, per i nomi fino ad ora annunciati, è coerente con la propaganda della campagna. Due "superministri" sono già stati ufficializzati. Paulo Guedes, economista e banchiere ultraliberista che comanderà un vasto settore dell’economia e il giudice Sérgio Moro, simbolo dell’Operazione Lava Jato, che sarà titolare di un Ministero della Giustizia rafforzato. Fino a questo momento tre militari della riserva, di alto grado, sono stati annunziati quali ministri: il generale Augusto Heleno, capo del Gabinetto di Sicurezza Istituzionale (GSI); il generale Fernando Azevedo e Silva, ministro della Difesa; il tenente-colonnello e astronauta Marcos Pontes, ministro di Scienza e Tecnologia. Oltre a questi tre ministri militari, vi è il vicepresidente della Repubblica generale Hamilton Mourão, il cui incarico nel governo deve ancora essere definito. Il ministro degli Esteri sarà l’ambasciatore Ernesto Araújo, altrettanto di estrema destra quando il presidente. Ricardo Velez Rodrigues, un ottuso professore colombiano, è stato scelto come ministro dell’Educazione con criteri dettati dal fondamentalismo religioso e da quanto di più reazionario si trova nel sottomondo intellettuale del paese. Con il giudice Sérgio Moro e gli ufficiali della riserva Bolsonaro vuole rafforzare vincoli e legami con le forze armate e appoggio di settore del ministero pubblico e del potere giudiziario, l’apparato della Lava Jato. La divisa e la toga. Paulo Guedes è chiamato per implementare l’agenda neoliberista per garantire l’appoggio di agenti economico-finanziari dentro e fuori il paese. La scelta di Ernesto Araújo indica che il paese sarà retto da una politica estera meschina, che colloca il Brasile su una rotta di attrito e collisione con paesi alleati e amici e che lo accoda agli interessi e ai dettami degli Stati Uniti d’America. Vedremo quale sarà la contropartita di Trump a Bolsonaro, ammesso che ve ne sia una. L’appoggio di settori del giudiziario è determinante perché il contenuto dittatoriale del governo Bolsonaro abbia una apparenza legale e costituzionale. Ma tendono ad esserci tensioni e dissidenze, specie nei tribunali superiori. Soprattutto il Supremo tribunale federale/STF, come già dimostrato nel caso dell’autonomia delle università, potrà essere importante fattore di contenimento degli attacchi di Bolsonaro alla Costituzione. Quanto alle forze armate, la questione è più complicata: si sentono voci di cautela, da parte di autorità militari in servizio, che sottolineano la separazione fra governo e forze armate; ma è ragionevolmente probabile un cammino di crescente politicizzazione nelle caserme. Ancora una questione da definire: in che misura Bolsonaro avrà egemonia e controllo delle due Camere del Congresso Nazionale? Eletto sotto la bandiera della non politica, come si relazionerà con i politici? In ogni modo, anche con l’opposizione in minoranza, il Congresso Nazionale sarà uno dei più importanti spazi della resistenza e dell’opposizione che si farà al governo. Ci sarà una ripresa della crescita economica nel 2019? Dai dati dell’IBGE/Istituto di statistica nel 2015 e 2016 si è avuta una riduzione complessiva del PIB del 7%; nel 2017 il paese ha avuto una stagnazione, con il PIB introno all’1% positivo, e nel 2018 le previsioni puntano ad una magra crescita di 1,4% circa. Le previsioni della Banca Centrale e del mercato indicano che l’economia crescerà al di sopra del 2% nel 2019, dipendendo, dicono, dalle riforme, soprattutto quella fiscale, inclusa con peso la riforma della previdenza. È una variabile molto importante ancora aperta. Come si organizzerà, si agglutinerà la resistenza in presenza della dispersione e delle differenziazioni che emergono? Quale ampiezza raggiungerà l’opposizione? E i movimenti sociali, le centrali sindacali dei lavoratori, colpite dalla riforma del lavoro, che livello di mobilitazione avranno, sotto forte minaccia di criminalizzazione? Non si è ancora concluso un mese dalle elezioni e già Bolsonaro subisce qualche logoramento. La scelta di Ernesto Araujo come ministro degli Esteri è stata molto criticata dentro e fuori il paese. Il suo superministro dell’Economia è stato ostile verso il Mercosul e verso l’Argentina, grande importatrice di manufatti del Brasile, in specifico automobili. Bolsonaro ha riaffermato quanto detto in campagna, che vuole proprio privatizzare settori della Petrobras. Questa conferma riaccende la mobilitazione e l’opposizione di settori patriottici. L’indicazione di Ricardo Velez Rodriguez all’Educazione ha alimentato forte repulsa di autorità e personalità del settore. La bravata, durata una settimana, di annunciare il trasferimento dell’ambasciata brasiliana a Gerusalemme per siglare una relazione privilegiata con lo Stato di Israele si è risolta in un grave attrito con i paesi del mondo arabo, potendo provocare un notevole danno alla diplomazia e alla bilancia commerciale brasiliana. *Adalberto Monteiro, giornalista e segretario di comunicazione del Comitato Centrale del PCdoB/Partito comunista del Brasile.
Fonte: Portal Vermelho, 25 novembre 2018 Gli evangelici definiscono l'agenda di Bolsonaro Monica de Bolle Secondo Monica de Bolle, direttrice di studi latinoamericani e mercati emergenti della Johns Hopkins University, l’implosione dei partiti politici ha creato uno spazio politico inedito per gli evangelici, che insieme ad altri gruppi esterni alla struttura partitica cominciano a dettare gli indirizzi del nuovo governo. L’elezione di Marcelo Crivela a sindaco di Rio nel 2016, un quadro importante della Igreja Universal do Reino de Deus (Iurd) sembrava già simbolica. "Dal momento che la fiducia nei partiti è scesa enormemente, ma la fiducia nelle chiese no, sembra che questo porti ad una maggiore coesione del Fronte parlamentare evangelico/FPE che si sta unendo ad altri gruppi per definire l’agenda del futuro governo Bolsonaro". La preoccupazione di Monica de Bolle è molto aumentata nell'ottobre 2018, quando la FPE ha lanciato il manifesto "Il Brasile per i Brasiliani", con una dettagliata agenda economica e un chiaro ordine del giorno sui costumi, e ha ufficializzato il suo appoggio a Jair Bolsonaro alla vigilia del secondo turno elettorale. L’esempio più recente di influenza degli evangelici è il veto alla nomina del direttore della Fondazione Ayrton Senna, Mozart Neves, alla carica di ministro dell’Educazione, area oggetto di molta attenzione nel manifesto del FPE. Bolsonaro avrebbe poi sondato Silas Malafaia (leader del ministero Vitória em Cristo, legato all’Assemblea di Deus), scegliendo tuttavia Ricardo Vélez Rodríguez, allineato alla lotta al "marxismo culturale" e indicato dal filosofo cristiano Olavo de Carvalho. Monica de Bolla vede molte analogia fra gli evagelici brasiliani e il movimento neopentecostale statunitense "ma con una componente ideologica addizionale che qui (negli Usa) non esiste, che è la storia del marxismo culturale. Tutto è marxismo culturale adesso in Brasile, le persone non sanno che cosa sia marxismo, ma tutto è marxismo culturale". Quello che Monica sottolinea è che il manifesto della bancada evangelica è un piano di governo. Ma oltre ai temi che sempre rivendicano (scuola senza partito, lotta al marxismo culturale, discriminazione di genere ecc.) si parla di riforma dello Stato e di riforme politiche. I municipi con maggior numero di evangelici sono quelli che hanno votato Bolsonaro al di sopra del 60%. La bancada evangelica è enorme: 199 deputati e quattro senatori. La loro maggiore preoccupazione è occupare spazi politici, poi imporre la loro agenda sui costumi. Hanno una grande capillarità sul territorio nelle infinite chiese che si spandono fino nei quartieri. Fonte: Brasil 247, 24 novembre 2018. Articoli di Monica de Bolle sono disponibili online anche in inglese Dirigenze politiche e sociali discutono le sfide del prossimo periodo Questo il tema centrale trattato dalle dirigenze del PT/Partito dei lavoratori, del PCdoB/Partito comunista del Brasile, del Psol/Partito socialismo e libertà nell’incontro di venerdì 23 novembre presso la Scuola nazionale Florestan Fernandes nella regione di Guararema, São Paulo, promosso dal MST/Movimento dei lavoratori senza terra. La riunione di decine di parlamentari e militanti sociali ha discusso la costruzione e il rafforzamento di un fronte democratico in difesa dei movimenti popolari, dei diritti della classe lavoratrice, dei diritti umani per resistere al governo di estrema destra. Obiettivi sono anche la difesa della democrazia, la libertà dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva e il ripristino dello Stato democratico di diritto. La presidente nazionale del PCdoB Luciana Santos, eletta vicegovernatrice di Pernambuco, ha sottolineato il contesto internazionale in cui è avvenuta l’elezione di Bolsonaro. "Non dobbiamo sottovalutare la capacità delle fake news, abbiamo visto non solo in Brasile, ma nel mondo ciò che notizie false diffuse in modo massiccio possono causare. Bolsonaro ha incarnato l’antisistema, ma è da 35 anni nella vita politica… È la crisi del capitalismo che produce crisi di civiltà. Il nostro compito è ampliare l’opposizione per fare fronte a questo nuovo ordine che è stato insediato", ha aggiunto. Sulla stessa linea il presidente nazionale del Psol, Juliano Medeiros, ha parlato dell’importanza di agglutinare la sinistra e delle contraddizioni del nuovo governo. "Il processo dialettico di parola e ascolto sarà decisivo per organizzare la resistenza. Il fenomeno del populismo di estrema destra che è presente in parte del mondo è giunto ai paesi dell’emisfero sud… Bolsonaro non avrà problemi a accordarsi con i peggiori quadri della vecchia politica". La presidente nazionale del PT, senatrice Gleisi Hoffmann, ha ricordato il cammino del golpe. "Il governo Bolsonaro è stato eletto con la promessa di rompere con la politica tradizionale, creare sicurezza alla popolazione e finire con la corruzione. Come farà tutto ciò?" Secondo Gleisi la lotta per la libertà di Lula è una meta strategica nel prossimo periodo. "Dobbiamo ricordare che in 500 anni l’unico varco di miglioramento che la popolazione povera brasiliana ha avuto è stato negli ultimi tredici anni. L’ex presidente è il nostro anello con il popolo. La sua libertà va al di là di una questione di giustizia e questa lotta sarà presente in tutti i momenti del PT nel prossimo periodo…. Dobbiamo stare attenti. La lotta per la democrazia è interpretata in modo diverso nei settori della società. Noi rappresentiamo l’opposizione. Un’opposizione di 47 milioni di persone che hanno detto no al governo Bolsonaro. E in questa opposizione tutti sono importanti e necessari", ha concluso. João Pedro Stedile, della direzione nazionale del MST, ha criticato l’enorme disuguaglianza economica e sociale del Brasile. "Abbiamo bisogno dell’egemonia della classe lavoratrice. La mistica del popolo è la solidarietà e questo nessuno ce lo può togliere. Solo la solidarietà potrà risolvere i problemi della nostra società e costruire nuovi paradigmi. Questo dovrà essere anche il compito della sinistra, costruire una nuova strategia di conduzione politica e la via elettorale non è per questo sufficiente. Il Frente Brasil Popular è la prova di ciò ed è stato uno strumento importante di lotta e aggregazione". Fonte: dai siti di Portal Vermelho e del MST, 23 novembre 2018 A metà novembre 2018, mentre continua l’iter dei processi in corso, in particolare quello di nessuna consistenza sul cosiddetto rustico di Atibaia, il Ministero Pubblico federale di San Paolo ha presentato una nuova denuncia contro l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ancora una volta con fondamenti giuridici e giudiziari inconsistenti. Nota della difesa dell’ex presidente Lula L’avvio di un’ulteriore azione penale chiaramente infondata contro Lula dà continuità alla persecuzione giudiziaria contro l’ex presidente iniziata nel 2016 con l’obiettivo di interdirgli l’attività politica, oltre a porre a rischio la sua salute. È un'ulteriore tappa del lawfare contro Lula, che consiste nella deturpazione delle leggi e delle procedure giudiziarie a fini di persecuzione politica. Lula non ha commesso alcun crimine durante l’esercizio della carica di presidente della Repubblica e tanto meno ha preso parte a qualsivoglia organizzazione criminale. Al contrario, il suo governo è servito da modello per altri paesi e i programmi promossi in quel periodo sono stati apprezzati e premiati da entità internazionali come le Nazioni Unite. L’accusa inoltre mina i fondamenti giuridici elementari e lo Stato di diritto nel pretendere di attribuire a Lula e alle persone che hanno partecipato al suo governo la pratica di crimine organizzato in un periodo precedente al 2013, quanto tale delitto non era neppure previsto legalmente. La difesa di Lula verrà presentata nei termini legali con la prospettiva che la decisione che ha determinato la procedura dell’azione venga ritirata, ristabilendo la sicurezza giuridica e le garanzie fondamentali per l’ex presidente. Cristiano Zanin Martins Fonte: https://lula.com.br, 23 novembre 2018. Per seguire la persecuzione giudiziaria di Lula e le iniziative internazionali in difesa del prigioniero politico Lula si può utilmente consultare il sito del Comité internacional Lula Livre, in diverse lingue. Introduzione e traduzioni di Teresa Isenburg
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cura di Nicoletta Manuzzato |