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Brasile: crisi sanitaria, economica, istituzionale
L’editoriale della rivista scientifica britannica di
riferimento internazionale The Lancet del 9 maggio denuncia
senza mezzi termini la situazione negativa della gestione della
pandemia di coronavirus da parte del governo Bolsonaro. Al 15
maggio i numeri ufficiali registravano nella Federazione (210
milioni di cittadini/e) 218.223 casi positivi, 84.970 recuperati,
14.817 morti. Nello Stato di San Paolo (44 milioni) i contagiati
sono 38.479, i morti 4501. Si ritiene che la sottostima chieda di
moltiplicare da 4 a 6 volte i dati ufficiali. Il decorso dell’epidemia è in fase ascendente ed espansiva, mentre i posti letto
del SUS/Sistema unico di salute pubblico sono già molto occupati.
In questo contesto, fin dall’inizio della manifestazione
della malattia il 26 febbraio il signor Bolsonaro ha assunto una
posizione, unica al mondo, negazionista e di attacco primitivo alla
scienza che si protrae nonostante la gravità evidente della
situazione. In una pratica di necropolitica, ontinui
comportamenti offensivi (non usare la maschera, convocare
manifestazioni, dedicarsi a momenti ludici in mezzo al lutto, ecc.)
si mescolano ad affermazioni antiscientifiche (è un raffreddore,
certe medicine guariscono ecc.). Negli ultimi giorni continui sono
gli appelli del signor Bolsonaro alla necessità economica di
riaprire tutte le attività e di ritornare tutti al lavoro in
disprezzo, anche espresso verbalmente, del distanziamento
sociale, dell’uso continuativo di protezione individuale, di
attenzione igienica. Molti ovviamente imitano questo pessimo
esempio che viene dall’alto.
Il momento vede sommarsi tre crisi diverse: quella
sanitaria affrontata a livello federale con leggerezza, quella
economica peggiorata da misure tardive e inadeguate, quella
istituzionale dovuta al ripetersi, da parte di componenti
dell’esecutivo e della società civile come attori, imprenditori,
opinionisti, di azioni fuori dalla Costituzione. In questo contesto
si è prodotta una rottura fra esecutivo federale e governatori
degli Stati, espressa in modo inappellabile dal governatore di San
Paolo il 15 maggio durante una delle quotidiane conferenze stampa.
Si riporta il testo del discorso che ben trasmette il livello del
contrasto. La continua propaganda contro la quarantena e le altre
misure di prevenzione ben note ha conseguenze gravi: a San Paolo
l’indice di confinamento è al 48%, molto basso per contenere il
contagio, dato che sappiamo che bisogna arrivare almeno al 60%.
Certamente maggiore fermezza nei controlli sarebbe necessaria, ma
sia la capitale che lo Stato hanno leader di centrodestra assai
prudenti. Ad esempio non coinvolgono le molte aggregazioni dei
movimenti sociali per operare nelle periferie. Le quali in parte si
organizzano in modo autonomo, ma una collaborazione
istituzioni/movimenti sociali organizzati avrebbe un effetto
sinergico. Ma non ci si può illudere con chi ha scelto nel 2018 di
appoggiare Bolsonaro per un progetto neoliberista (divenuto
rapidamente fascistizzante).
Diversa è la gestione fra gli Stati del Nordeste, già
riuniti da luglio 2019 in un consorzio di coordinamento e oggi
guidati nell’azione di contrasto al coronavirus da un comitato scientifico che lavora a stretto contatto con la
popolazione in loco, anticipando l’accompagnamento sanitario prima
che tutto ricada sugli ospedali. Un metodo un po’ simile, da quello
che si legge, a quanto fatto nello Stato indiano del Kerala con
risultati egregi. Quando quest’onda di tempesta si sarà acquietata
sarà utile fare uno studio comparato sui diversi metodi di
contrasto e contenimento del contagio applicati dalle
amministrazioni e dai gruppi sociali attivi.
In questa situazione gravissima, e con un carico di
sofferenze disumano e volontariamente esasperato, ci si può
domandare come nonostante tutto il signor Bolsonaro mantenga un
appoggio non giustificato da fatti reali. Traduco un articolo del
sociologo Jessé Souza, che da anni studia l'élite brasiliana. E' un
testo interessante che ragiona sull’avanzare dell’ideologia
dell’odio e del razzismo come strumento per conquistare adesione
politica e di conseguenza consenso elettorale, che porta ai più alti
incarichi politici persone destabilizzanti e incuranti di regole e
procedure democratiche. E' un testo che non parla solo del Brasile,
conviene leggerlo e pensarci un po’ su.
Infine
segnalo un articolo, che peraltro ha già avuto una discreta eco,
del Financial Times sul contagio che colpisce, oggi come nella
conquista, le popolazioni native storicamente isolate e con
condizioni immunitarie diverse da quelle di altri gruppi. (T.I.
17/5/2020)
Il governatore dello Stato di San Paolo João Doria in
conferenza stampa il 15 maggio
(…) Desidero anche sottolineare che il giornale Globo di oggi
ha rivelato in un articolo che il governo Bolsonaro sta
deliberatamente ritardando la liberazione di risorse per gli Stati
brasiliani come forma di ricatto ai governatori statali. Il gesto
dimostra una volta di più l’insensibilità, l’intolleranza e l’incapacità del presidente Jair Bolsonaro di capire la dimensione
della carica che occupa come presidente della Repubblica. Il
presidente Bolsonaro mescola i canali e pensa che governare il
Brasile sia amministrare la sua famiglia. Non è così, presidente.
Governare il Brasile è avere sensibilità e capacità e visione per
governare per tutti i brasiliani, quelli che l’hanno eletto e
quelli che non l’hanno eletto. Brasiliani di tutte le parti del
paese. L’atteggiamento di ricattare i governatori di Stato perché
hanno compiuto il proprio dovere e il proprio obbligo di rispettare
la scienza e la salute per proteggere la vita dei brasiliani
è un gesto deplorevole e spero che il presidente compia, se ne è
capace, la sua promessa di meno Brasilia e più Brasile e anche la
sua promessa di obbedire al patto federativo. San Paolo, a fianco
degli altri 26 Stati brasiliani, intende difendere l’interesse
della popolazione e soprattutto la vita dei brasiliani.
Presidente Bolsonaro, si ricordi che fino a questo momento 14.000
brasiliani hanno perso la vita (…) Non siamo in un gioco, non siamo
in un campionato di jet ski, non stiamo competendo al tiro al
bersaglio, non stiamo facendo una grigliata nel giardino del
Palazzo dell’Alvorada, siamo in una gravissima crisi di
salute, di vita e di economia, presidente (i riferimenti
sono agli atti ludici pubblici di Bolsonaro in mezzo al lutto).
Il Brasile si sveglia spaventato con le quotidiane crisi per
aggressioni gratuite, aggressioni alla democrazia, aggressioni alla
Costituzione, aggressioni alle istituzioni, aggressioni al
Congresso Nazionale, aggressioni al Supremo Tribunale Federale,
aggressioni alla stampa, aggressioni e insulti ai giornalisti,
aggressioni a ministri del suo stesso governo, come lei ha fatto e
continua a fare. Lo ha fatto con Gustavo Bebianno, lo ha fatto con
il generale Santos Cruz, lo ha fatto con Sérgio Moro, lo ha fatto
con Luiz Henrique Mandetta e adesso anche con Nelson Teich (è
l’elenco dei ministri e alti funzionari sollevati dall’incarico
durante quasi un anno e mezzo di presidenza).
Presidente Bolsonaro,
governi, amministri il suo paese con equilibrio, con pace nel
cuore, con comprensione, con discernimento e con grandezza. La
smetta con le aggressioni, la smetta con i conflitti, la smetta di
porre il paese in un crogiolo di interminabili litigi e attriti.
Il paese, per vincere la pandemia, ha bisogno di essere unito e in
pace.
Bolsonaro e razzismo nella pandemia
Jessé Souza
Jair Bolsonaro è probabilmente l’unico capo di Stato al mondo che
ancora nega i pericoli del coronavirus. Sebbene in qualunque altro
luogo siano state prese misure restrittive, il presidente
brasiliano sembra che continui a sentire la necessità di giocare
con la pandemia, che riduce a "piccolo raffreddore". Addirittura fa
massiccia propaganda contro la quarantena e personalmente indice
comizi contro la chiusura dei negozi. Dice anche che persone
anziane e con malattia cronica che moriranno di Covid-19
morirebbero comunque, e che la morte di alcune migliaia di persone
non deve fermare l’economia. In questo periodo Boslonaro una volta
di più dimostra la sua incapacità quasi patologica di esprimere un
qualsivoglia tipo di empatia. Ha imparato con l’ex consigliere
capo di Donald Trump, Steve Bannon, e con il suo apprendista
stregone brasiliano, il giornalista conservatore e teorico
della cospirazione Olavo de Carvalho, dal quale lui
stesso e i suoi figli sono considerati "guru intellettuali", l’idea che le emozioni umane più forti sono l’odio e il
risentimento. E l’ascesa di Bolsonaro mostra che coloro che hanno
accesso a una "fionda di notizie false", come WhatsApp, e hanno
denaro sufficiente possono mantenere il proprio elettorato felice
semplicemente manipolando l’odio senza la necessità di offrire loro
nulla. In definitiva il Congresso brasiliano, il Supremo tribunale
federale e i governatori di tutti gli Stati si sono opposti al
presidente. Il figlio di Bolsonaro, Eduardo, deputato federale, ha
recentemente affermato che il virus era parte di una strategia
cinese per govenare il mondo. La Cina, maggior partner commerciale
e investitore del Brasile, ha risposto ufficialmente che un virus
aveva contaminato il cervello. Pochi giorni fa, il ministro
dell’Educazione aveva scatenato una crisi diplomatica fra i due
paesi diffondendo propaganda razzista contro la Cina su Twitter.
In questo contesto i generali del governo – che dirigono la
maggioranza dei Ministeri - sotto il comando dell’attuale
presidente di fatto generale Walter Souza Braga Netto, hanno assunto
la guida dell’esecutivo e riposizionato Bolsonaro a una figura
puramente decorativa. Per questo inizialmente avevano impedito di
dimettere il ministro della Salute, il medico Luiz Henrique
Mandetta. In controtendenza rispetto agli indirizzi di Bolsonaro su
come affrontare la crisi, Mandetta, molto popolare, seguiva
le raccomandazioni dell’OMS e
aveva proposto una strada difficile contro il propagarsi della
pandemia. Ma alla fine Bolsonaro è riuscito a prevalere.
Bolsonaro sta perdendo consenso soprattutto nella classe media più
istruita, almeno da quanto dicono i sondaggi di opinione e anche le
proteste serali nelle aree residenziali benestanti con panelaços
(il noto battere le pentole alle finestre). Tuttavia ciò che è
davvero degno di riflessione è la popolarità quasi non intaccata di
Bolsonaro, con l’appoggio stabile di circa un terzo
dell’elettorato, soprattutto fra i membri delle chiese evangeliche,
nelle classi più povere. Questo gli consente di avanzare nella sua
agenda neoliberista. Ed è particolarmente drammatico che Bolsonaro
incentivi i suoi più leali seguaci ad agire in modo irresponsabile.
Come spiegare questo grado di pazzia collettiva?
Bolsonaro è rappresentante e leader principalmente della
"immondizia bianca" (escória branca: il termine è
stato coniato nel sud degli Usa per indicare in modo peggiorativo i
componenti delle classi bianche basse)
brasiliana. In Brasile essa non include solo
persone di pelle bianca: anche molti neri si identificano con il
populismo di estema destra e negano che vi sia razzismo in Brasile.
I componenti della Spazzatura Bianca si sentono svantaggiati
rispetto alla classe media bianca e appoggiano la critica di
Bolsonaro contro scienza, ricerca e arte spinti da tale sentimento.
Dal momento che la "conoscenza" come capitale culturale – la base
dei privilegi della classe medio-alta – è intuitivamente percepita
dal punto di vista della "immondizia bianca" come la ragione della
sua privazione di privilegi, questo gruppo si accoda in modo quasi
incondizionato alla crociata oscurantista del presidente. Allo
stesso tempo essa compensa il suo sentimento di inferiorità
attraverso l’odio e la violenza contro i poveri e i neri che sono
ancora più in basso nella gerarchia sociale e sopprimono ogni
forma della loro cultura. Questa oppressione è realizzata con
estrema brutalità: in specifico adolescenti neri delle favelas sono
uccisi ogni anno a migliaia.
In questa logica la prospettiva di una catastrofe sanitaria nei
quartieri poveri, in cui le famiglie vivono in contiguità stretta e
in condizioni igieniche miserevoli, per certi gruppi sembra una
promessa. L’informazione che il coronavirus ucciderà molti anziani e
poveri nelle favelas è musica per le orecchie dei seguaci radicali
di Bolsonaro. Ci si augura che la morte di molti anziani, appunto,
possa ridurre il deficit del sistema previdenziale. Allo stesso
tempo, le milizie usano il caos nelle favelas per favorire il loro
modello di affari simile a mafie. Ogni morte di giovane nero, che
non potrà diventare un "criminale", è festeggiata con cinismo come
"pulizia etica".
Bolsonaro addirittura, con ostacoli burocratici, rimanda di tre mesi l’aiuto di emergenza di 600
reais (100 euro) al mese
approvato dal Congresso per i più poveri. Sia attraverso la
disseminazione incontrollata di Covid-19, sia con l’aggravamento
della povertà ovviamente lui punta a creare il caos che giustifichi
una risposta armata della milizia e dell’esercito, così come la
chiusura delle istituzioni politiche. Un golpe che coinvolgesse
militari, milizie e chiese evangeliche potrebbe salvare il
presidente. Lui stesso e la sua
famiglia sono esposti a numerosi indizi di corruzione e anche di
assassinio (ad esempio il caso della consigliera comunale Marielle
Franco).
La regola del razzismo.
La popolarità di Bolsonaro apparentemente è ancora abbastanza ampia
e questo si deve in buona parte al razzismo subliminare del paese,
che costituisce la base ideologica del suo potere. Dal momento che
in Brasile il razzismo non può essere manifestato apertamente – dal
1930 si parla di "popolazione di razza mista" che risale al
sociologo Gilberto Freire e all’ex presidente Getúlio Vargas che ha
amministrato il paese fra 1930 e 1945 e governato dal 1950 al 1954 -
oggi esso è praticato dalla porta di servizio, diciamo così. Un
modo è reinterpretare l’effetto razzista in una "lotta contro la
corruzione". E' ciò che ha mostrato l'Operazione Lava Jato, come
furono denominate la indagini di corruzione nella semi pubblica
Petrobras. L’obiettivo era distruggere il PT/Partito dei lavoratori
e Lula, con l’appoggio della stampa e … di processi
giudiziari manipolati. La stampa brasiliana e internazionale ha
elogiato il processo della Lava Jato come il maggior colpo alla
corruzione nel paese. Di fatto esso è servito all'élite politica e
alla classe media bianca per giustificare il razzismo contro i
poveri. Infatti durante i governi di centrosinistra 2003-2016 il
PT aveva facilitato, ad esempio, l’accesso all’università per
persone povere e nere, passando da tre a otto milioni di studenti.
Molti della classe media videro il proprio privilegio
educativo in pericolo. Diffamando il PT come corrotto si corruppe
la sovranità della maggioranza dei brasiliani e si rese possible la
deposizione anticostituzionale della presidente Dilma Rousseff.
Tuttavia il fattore decisivo per il successo di Bolsonaro è stato
il sorgere e risorgere di un razzismo "popolare" in Brasile, con il
cui aiuto si è spezzata la solidarietà di classe che il PT aveva
costruito fra i più poveri dal 2002. Questo razzismo si manifesta
fra le classi meno favorite nel contrapporre "poveri onesti" a
"poveri delinquenti". Il delinquente è un "criminale" come un
piccolo trafficante o una prostituta, in maggioranza neri. Anche
gli omosessuali sono marcati come "delinquenti".
Il potere delle milizie.
Vi è un altro fattore sul quale Bolsonaro basa il proprio potere:
le milizie. Molte persone della Spazzatura Bianca, come Bolsonaro,
fanno parte dei livelli inferiori delle forze armate o della forza
di polizia organizzata militarmente, la Polizia Militare. Un grande numero
di loro serve anche le cosiddette milizie. Queste sono
veri amministratori e garanti dell’ordine nel paese. I
poliziotti attivi nelle milizie sono l’appoggio armato più
importante di Bolsonaro. Il principale affare delle milizie è il
traffico di droghe e il contrabbando di armi. Ma sfruttano anche i
più poveri con servizi molto cari: dal gas da cucina all’accesso
alla televisione, all’acqua, all’elettricità e ai trasporti.
Niente funziona senza la mediazione delle milizie e chi esce di
strada viene assassinato. La milizia si vende come "fornitrice di
servizi pubblici", che elimina crimini e mantiene la comunità
"pulita". Bolsonaro e la sua famiglia non solo proteggono ufficiali
della milizia, ma li considerano loro partner politici e amici. La
vicinanza fra i due gruppi è dimostrata da un incidente avvenuto a
giugno dello scorso anno (2019), quando la polizia spagnola ha
confiscato 40 kg di cocaina da un soldato della delegazione
Bolsonaro in scalo a Siviglia nel viaggio al vertice del G20 a
Osaka. L’incidente non ha ridotto il potere di Bolsonaro e anche
nella crisi sanitaria la sua rete di poteri sembra ancora
praticamente intatta. In essa ultime, ma non meno importanti, sono
le chiese evangeliche. Esse fra l’altro riciclano denari
delle attività illegali delle milizie, usati ad esempio per
finanziare elezioni e così espandere la propria influenza.
Fonte: https://jornalggn.com.br/
del giornalista Luis Nassif, 11/5/2020
Indigeni muoiono di coronavirus nelle barche prima di
raggiungere gli ospedali
L’arrivo della malattia a comunità isolate è conseguenza di
garimpeiros e trafficanti di legname illegali che negli ultimi
mesi, soprattutto durante la pandemia, hanno aumentato le loro
attività. Le comunità amazzoniche portano i loro congiunti ammalati
lungo la rete delle idrovie che solcano la foresta nella ricerca di
cure mediche. Ma quando le barche attraccano a Manaus molti dei
malati sono già spirati. "Il coronavirus non aspetta. Muoiono nelle
barche", ha detto Arthur Virgílio, sindaco di Manaus. "La paura
del genocídio non è eccessiva", ripete Carlos Nobres, climatologo
di alto profilo internazionale.
Fonte:
articolo di Andres Schipani e Bryan
Harris (responsabile del Financial Times in Brasile) sul
Financial Times di metà maggio, ripreso in molte sedi,
incluso GGN del 15 maggio. Mi scuso di introdurre un'autocitazione,
cosa che abitualmente evito, ma Teresa Isenburg, L’Amazzonia e
la foresta, Jaca book, 2012 fornisce un inquadramento non
disutile.
Traduzione e introduzione di Teresa Isenburg |
Latinoamerica-online.it a
cura di Nicoletta Manuzzato |