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Brasile: contagio sanitario, separazione sociale

Cerco di mandare qualche informazione sulla costellazione coronavirus in un paese della semiperiferia, che unisce quindi settori avanzati culturalmente ed economicamente e ambiti vasti ai margini. Per il contagio iniziato negli ultimi giorni di febbraio non potrò dare riferimenti epidemiologici perché sono assenti a causa dell’indebolimento imposto al Servizio unico di salute/SUS pubblico negli ultimi tre anni e mezzo; ma parlerò invece di alcune conseguenze sociali connotate dall’ormai dominante polarizzazione fra situazioni includenti ed escludenti e presenterò alcune considerazioni politico-amministrative.

Il ministro della Salute Luiz Henrique Mandetta chiede comportamenti volontari di isolamento e non aggregazione, ma si scontra con l’atteggiamento irresponsabile di colui che dovrebbe dare l’esempio, il cosiddetto primo cittadino Bolsonaro. Già 15 persone, che sono state coinvolte nel viaggio presidenziale negli Usa dal 7 al 10 marzo, risultano positive al virus. Bolsonaro continua negativo ai controlli. Domenica 15 marzo ha partecipato fisicamente a una manifestazione a Brasilia, dopo avere invitato attraverso le sue reti altri a presentarsi. La manifestazione di estrema destra fascistizzante era già di per sé un orrore istituzionale, dal momento che aveva come parola d’ordine la chiusura del Congresso e del Supremo tribunale federale/STF, poteri costituzionali che un capo di Stato deve rispettare.

Altre manifestazioni come quella del 14 marzo, per chiedere a due anni di distanza "Chi ha ucciso Marielle?", o quella del 18 marzo per la giornata di lotta erano già state rimodulate per ovvi motivi di sicurezza sanitaria. Bolsonaro no, coadiuvato dal mondo neopentecostale del vescovo Edir Macedo ("coronavirus è solo strategia di Satana e dei media"), della Chiesa universale e del pastore Silas Malafaia ("Coronavirus! Vogliono chiudere le chiese di cui sono pastore? Si rivolgano alla giustizia"), della chiesa Vitoria in Cristo, che proprio il 14 marzo chiamavano i fedeli. Il comportamento pubblico di Bolsonaro ha prodotto un forte rigetto. L’ex ministro della Sanità Alexandre Padilha lo ha denunciato alla Procura Generale della Repubblica per avere violato tre articoli del codice penale mettendo a rischio la salute di terzi. Sullo sfondo si profila una grave crisi diplomatica con la Cina, per gli insulti che il clan Bolsonaro lancia contro la Repubblica Popolare relativamente al contagio.

In questo contesto i governatori degli Stati agiscono nell’ambito dei poteri di cui dispongono in materia di salute pubblica: sia interrompendo le comunicazioni come a Rio, chiudendo scuole, luoghi pubblici e riorganizzando il lavoro come a San Paolo, migliorando la prevenzione come a Maranhão.

Si traducono alcuni testi che parlano dello smantellamento della salute pubblica, in Brasile come altrove, negli ultimi anni e qualche stralcio di proposte economico-sociali per far fronte alla situazione. Il 18 marzo fra le espressioni politiche di protesta nei confronti dell’esecutivo, è stata significativa la manifestazione sonora/panelaço alle 20,30 in coincidenza con un pronunciamento del presidente. Molto partecipata in tutto il paese. (T.I.)

Il tetto di spesa è diventato genocidio

Paulo Moreira Leite di Jornalistas pela Democracia

Il Brasile ha ormai uno scenario definitivo per il Covid-19. Chi può lascia un campione per analisi all’ospedale Albert Einstein (di San Paolo). Chi non può prende un numero alla roulette della rete pubblica di salute per vedere che cosa succede. Non è difficile indovinare.

Sia la tragedia italiana che la prestazione di quei paesi che hanno raggiunto un'efficacia considerata fino ad ora accettabile fanno riferimento all’assistenza della rete pubblica. È così perché non è possibile affrontare un'epidemia che si diffonde attraverso l’aria che tutti respiriamo, in ambienti che tutti frequentano, a prescindere dal conto in banca, dal colore della pelle o dal quartiere in cui si abita, con l’appoggio esclusivo della rete privata, per quanto posso essere sofisticata e ampia (…)

In Brasile, in cui la Costituzione del 1988 ha creato un sistema pubblico di salute come contrappunto alla seconda maggiore disuguaglianza del pianeta, l’arrivo del coronavirus rende attuale l’eterna battaglia fra ricchi e poveri, borghesi e proletari, ben vestiti e scalzi.

Completa il quadro un governo borioso in cui il presidente, per sfuggire alle sue responsabilità, è arrivato a dire che "altre influenze hanno ucciso di più, se non mi sbaglio". Si è sbagliato, per il principio che ogni vita umana è unica e insostituibile. E qui stiamo parlando di una minaccia contro decine di migliaia che hanno bisogno di essere curati e protetti.

A gennaio, quando il pericolo sembrava contenuto in Cina, era già possibile sapere che il Brasile avrebbe avuto bisogno di mille nuovi letti per cominciare la danza. Non è nulla per un'epidemia che cresce a sbalzi (Folha de S. Paulo, 12/3/2020). Ieri, con 69 casi già confermati, si valutava che i contagiati potrebbero arrivare a 30.000 nei prossimi trenta giorni. In questo clima, il Ministero della Salute ammetteva che era stato capace di abilitare cento letti,  un decimo di un progetto già insufficiente. È una stretta drammatica, in un paese in cui l’occupazione di letti era già al limite del 95% prima del Covid-19, con poche dimissioni  (Estado de S. Paulo, 12/3/2020).

Fra le poche cose che si sanno sul Covid-19, l’aggressività è il tratto marcante, che esige cure raddoppiate, di preferenza in UTI (…) Spesso citato nei giornali, l’isolamento di pazienti in casa si scontra con diversi inconvenienti (…) Infatti la soluzione non vale per metà delle abitazioni brasiliane, che non hanno acqua corrente.

Certamente bisognerà fare di più. Quando? Nessuno lo sa.

Ma Paulo Guedes e Jair Bolsonaro potrebbero fare la loro parte. Seguendo l’indicazione del deputato Alexandre Padilha, già ministro della Salute nel governo Dilma, potrebbero restiruire i nove miliardi sottratti al bilancio della salute nel 2019 per rispettare il tetto di spesa pubblica che tanto piace al mercato finanziario (imposto nell'autunno 2016, prima misura dopo il colpo di Stato di deposizione di Dilma del governo anticostituzionale Temer).

I nove miliardi non risolverebbero i problemi, ma almeno, oltre a rappresentare un aiuto indispnsabile alla salute di un popolo di 210 milioni, ridurrebbero il grado di indecenza in un paese che dovrà affrontare una guerra dolorosa per la sopravvivenza. Qualche dubbio?

Fonte: Brasil 247, 12/3/2020

Come i governi hanno smantellato il SUS/Sistema unico di salute

Unica opzione per migliaia di brasiliani, il SUS vive un’esplosione di ricoveri in ospedali in difficioltà per mancanza anche di sapone. La caduta di investimenti e l’aumento della domanda creano una "situazione di guerra". In diversi ospedali pubblici del Brasile la situazione sfiora il caos. L’aumento della domanda di servizi prodotta dalla pandemia di coronavirus mostra già la fragilità del SUS, come indicato dai lavoratori dell’area di cinque regioni del Brasile.

"La situazione è di guerra", riassume in un'intervista a Deutsche Welle Brasil Cleonice Ribeiro, direttrice del Sindacato dei Lavoratori Pubblici della Salute nello Stato di San Paolo (SindSaúdeSP). "Ci sono ospedali senza sapone o carta per le mani. I lavoratori che curano i pazienti non hanno alcol gel, occhiali di protezione o maschere". È a San Paolo che si è dato il primo caso di morte per Covid-19 in Brasile (…) dati del Ministero della Salute contabilizzano 234 malati (…)

Per milioni di brasiliani il SUS è l’unica alternativa per la salute. "Ci sono 40 milioni di persone senza libretto di lavoro, nell’informalità, senza lavoro. Sono persone totalmente esposte, vulnerabili che, se si ammalano, cercheranno il SUS", dice il funzionario dell’INSS/Istituto nazionale di sicurezza sociale Moacir Lopes, direttore della Federação Nacional de Sindicatos de Trabalhadores em Saúde, Trabalho, Previdência e Assistência Social (Fenasps). "La situazione attuale è traumatica. Il caos è completo. Il SUS viene smantellato da tempo. Adesso si vede". In tutto il paese 42.000 mila ambulatori di salute seguono gratuitamente la popolazione. Secondo calcoli del ministro della Salute queste unità sono in grado di assistere il 90% dei casi di coronavirus se i sintomi sono lievi.

"Ci sono gli ambulatori, ma non sono strutturati neppure per le situazioni correnti, immagina adesso", riflette la dipendente del Ministero della Salute Cleuza Faustino, presidente della Fenasps.

Sei ospedali, tutti a Rio de Janeiro, sono federali. Ci sono altri quaranta ospedali universitari federali. Il resto della rete pubblica è gestito da governi statali e municipali. Secondo il Ministero, nel paese di sono 55.101 letti di terapia intensiva, di cui 27.445 sono del SUS. La preoccupazione è che, se molte persone si ammalano in una volta sola, il sistema non abbia la capacità di curare tutti simultaneamente (…) Di fronte alla diffusione della malattia, il governo federale ha promesso di rendere disponibili R$ 432 milioni (…) ma ci si scontra con un aumento dei prezzi.

Fra i lavoratori del SUS il clima è di inquietudine. Nello Stato di San Paolo, che ha 47.000 lavoratori distribuiti in 45 ospedali, la maggiornaza ha fra i 50 e i 60 anni. "Da vent’anni non ci sono praticamente concorsi pubblici", precisa Ribeiro del SindSaúdeSP.

Un censimento fatto da ricercatori della Fiocruz/Fondazione Oswaldo Cruz, dal titolo "Monitoraggio dell’assistenza ospedaliera in Brasile (2009-2017)", ha concluso che il numero di letti nel SUS è in caduta: "Vi è stato un disinvestimento cronico nel SUS, che ne ha compromesso la capacità, con l'eliminazione di letti)", afferma il medico e ricercatore della Fiocruz Josué Laguardia. Una delle conclusioni della ricerca è che la rete degli ospedali del SUS si è ridotta del 5,5%. Fra pubblici e privati, nel 2009 gli ospedali erano 4.783, nel 2017 4.521.

Secondo la Fenasps, l'emendamento alla Costituzione PEC 55 (poi 95) che sotto il governo Temer ha bloccato la spesa pubblica fino al 2036, limita la risposta del SUS. Lo scorso anno il bilancio destinato alla salute è stato di R$ 147 miliardi; nel 2020 il valore è caduto a 136. Secondo la stima della Fenasps una preparazione adeguata del SUS per rispondere alla pandemia esige un investimento extra fra 20 e 30 miliardi di R$.

Fonte: Vermelho con informazioni di Deutsche Welle, 17/3/2020

Il coronavirus decimerà i poveri del Brasile

Ligia Bahia, medica sanitaria, professoressa dell'UFRJ/Università Federale di Rio de Janeiro

"Le classi medie possono isolarsi, usare alcol gel, fare cose via internet. I poveri no. Quando l’epidemia esploderà, decimerà i poveri di questo paese. Possiamo ritardare l’esplosione di questa epidemia. Ma quando esploderà, flagellerà soprattutto la popolazione povera. Le condizioni di vita di questa popolazione favoriscono il coronavirus. Nelle case in cui abitano vivono molte persone, vi è inquinamento ambientale, bisogna lavorare sempre. Questa precarietà non è oggetto di politiche pubbliche in Brasile. Sarebbe necessario un grande sforzo di coordinamento con il settore privato, di convocazione del settore privato in modo tale che la capacità installata sia utilizzata in modo coordinato. Perché i pazienti più gravi possano avere la stessa chance di essere curati, sia quelli che hanno piano di salute che quelli che non lo hanno". Se questo non verrà fatto ci sarà una mortalità molto alta fra i poveri. "È uno scandalo perché caratterizzerà un'enorme iniquità".

Per far fronte all’epidemia in modo dignitoso, la proposta di Ligia Bahia è la creazione di un'unica fila di ricovero nel SUS. E cita il recente decreto della Spagna che convoca e utilizza l’infrastruttura del settore privato per far fronte all’epidemia. "Abbiamo bisogno di un decreto come quello della Spagna. La Costituzione brasiliana permette di mobilitare risorse private in casi di catastrofi. L’epidemia del coronavirus è una catastrofe".

Fonte: intervista a Tutaméia TV, http://www.jornaldaciencia.org.br 17/3/2020

Sospendere il pagamento del debito pubblico può liberare miliardi di reais

Claudia Motta di Atual Rede Brasil su Maria Lucia Fattorelli

Il Brasile può disporre di alcune migliaia di miliardi di reais per combattere il coronavirus utilizzando risorse del pagamento di interessi del debito pubblico per finanziare misure di sostegno alle aree di assistenza sociale, salute, educazione e far fronte all'epidemia di Covid-19.

L’indicazione è della coordinatrice nazionale dell’audit cittadino del debito pubblico, Maria Lucia Fattorelli. "In questo quadro di pandemia di coronavirus il governo dovrebbe decretare un audit (valutazione indipendente) completo del debito pubblico, accompagnato dalla sospensione immediata del pagamento degli interessi e dei servizi, al fine di liberare risorse per investimenti rilevanti nelle aree essenziali per la popolazione".

La revisora fiscale in pensione dell'Agenzia delle Entrate spiega che il governo ha speso R$ 1.000 miliardi in dieci anni per remunerare giornalmente le banche. La valutazione indipendente in primo luogo dovrebbe identificare chi sono i beneficiari del debito pubblico brasiliano. "Questa identificazione sarà importante per poter separare i grandi beneficiari (banche, investitori internazionali, speculatori ecc.), dai piccoli (famiglie e individui, fondi dei lavoratori ecc.)". (Segue un'interessante parte tecnica delle modalità manipolate di calcolo degli interessi in rapporto a spese correnti).

Fonte: Brasil 247, 17/3/2020

Le centrali sindacali propongono misure pro-occupazione

Le centrali sindacali hanno mantenuto per mercoledì 18 marzo la Giornata nazionale di lotta con interruzioni, scioperi e proteste. Ma a causa del coronavirus l’orientamento è di non compiere atti in piazza né iniziative che comportino aggregazione di persone.

Nella riunione di lunedì 16 marzo le centrali hanno approvato una piattaforma comune denominata "Misure di protezione della vita, di salute, occupazione e reddito dei lavoratori e delle lavoratrici". Secondo il movimento sindacale, il piano del governo Bolsonaro per far fronte alla pandemia, basato su riforme di indirizzo liberale, "va controcorrente rispetto alle misure adottate dai paesi nella lotta al coronavirus e di protezione delle economie locali".

Secondo le centrali "il confronto con il coronavirus rassomiglia a una economia di guerra e, di fronte alla negligenza del governo, diventa di pubblico dominio esigere misure effettive". Come prima misura si chiede la revoca dell'emendamento costituzionale sul tetto di spesa (del 2016) "È anche necessario sospendere i dispositivi della Legge di Responsabilità Fiscale che impedisce l’aumento di spesa in salute degli Stati e dei municipi in questo momento di crisi estrema", aggiunge il documento. Inoltre vi è la proposta di sospendere il pagamento del debito pubblico con l’obiettivo di utilizzare le risorse per rafforzare la sicurezza sociale (salute, previdenza e assistenza sociale). (Segue un puntuale elenco di richieste circostanziate per la difesa dei lavoratori e dei redditi).

Fonte: Vermelho,17/3/2020

Traduzione e introduzione di Teresa Isenburg

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a cura di Nicoletta Manuzzato