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Nel momento in cui si accentua la crisi economica, politica e sanitaria internazionale Walter Sorrentino, medico, vicepresidente nazionale e segretario di Politica e relazioni internazionali del PCdoB/Partito comunista del Brasile, fa il punto sulla situazione. (T.I.)

In data 16 marzo Sorrentino, medico, ha inviato un aggiornamento di commento: La situazione si aggrava ogni giorno e lo stupore cresce. Per il fine settimana (15 marzo) il presidente aveva convocato (sì convocato!) manifestazioni di strada contro il Congresso e contro la Suprema Corte/STF. Con 200 casi di coronavirus comprovati e sapendo che la curva esponenziale della pandemia ci raggiungerà nelle prossime due settimane, tutte le manifestazioni e gli incontri previsti sono stati disdetti in base all’orientamento delle autorità pubbliche. Bolsonaro no. È apparso a manifestazioni di sue falangi, ha avuto contatto fisico intenso e scattato selfie. Quella gente gridava: "Via il Congresso". Il presidente è stato completamente irresponsabile e ha sostenuto che il coronavirus è una "crisettina". È il terrapiattismo. I suoi grandi sostenitori della Chiesa neopentecostalista Universal hanno mantenuto i culti di moltitudini, in base alla stessa visione.

Le lotte dei brasiliani

Walter Sorrentino

Il PCdoB/Partito comunista del Brasile nella costruzione del suo orientamento politico segue con attenzione la situazione del mondo. Allo stesso tempo, amici e amiche, desidero fare alcune considerazioni sulla situazione brasiliana che ha importanza sulla scena internazionale.

Il Brasile come nazione è alla deriva. Non vi è coesione intorno a un progetto per utilizzare gli immensi vantaggi del paese e il carattere laborioso del popolo brasiliano per costruire una società stabile, più prospera e democratica. L’instabilità economica, politica, istituzionale è massima.

Nel corso di tredici anni e mezzo governi progressisti, per la prima volta nella storia brasiliana, hanno impresso un orientamento che univa simultaneamente l’interesse nazionale, democratico e popolare. Il paese cresceva a tassi ragionevoli e aveva conquistato un enorme prestigio internazionale grazie a una politica estera indipendente e dignitosa, la distribuzione del reddito fu intensa, la democrazia fioriva.

È stato un grande risultato e, allo stesso tempo, furono commessi importanti errori. Non c’è stata attenzione e direzione per introdurre nella società trasformazioni strutturali e democratiche indispensabili, come la riforma politica e la riforma tributaria progressiva; inoltre si è consentito un avanzamento della deindustrializzazione del paese. Potenti avversari: apparati, gruppi di interesse pubblici e privati, mezzi di comunicazione di massa monopolistici, il dominio del settore finanziario e i suoi legami antinazionali e proimperialisti hanno formato un possente fronte unico contro ciò che rappresentavano i nostri governi.

A partire dal giugno 2013 le nostre forze sono state spinte su posizioni di crescente difesa politica. Inoltre ha influito l’ideologia del multiculturalismo con le sue lotte per cause e per identità che, certamente giuste, frammentano la società brasiliana se non sono legate a un progetto di nazione. Con il colpo di Stato di impeachment del 2016 e l’incarcerazione politica di Lula nel 2018 abbiamo subito una sconfitta strategica che ha portato all’elezione nel 2018 di un presidente di indole fascista, che promuove la distruzione dello Stato nazionale e delle prospettive autonome della nazione brasiliana.

In Brasile si è formata una nuova egemonia di idee nella società, che dà base al nuovo autoritarismo di estrema destra sul piano sociale e delle idee, non solo nelle forze politiche. Vi è un nuovo immaginario del popolo, non sono state solo le élites a eleggere Bolsonaro. La sinistra progressista al governo ha perso dal 2013 la fiducia di grandi parti della popolazione.

La crisi mondiale del 2008 ha colpito duramente l’economia brasiliana e tale processo si è approfondito a seguito dell’impeachment. Dopo oltre tre anni e mezzo dalla deposizione della presidente Dilma Rousseff il paese ha vissuto due anni di recessione e altri due di stagnazione della crescita del PIB. Il quale in questo periodo ha perso circa l'8%, mentre il reddito medio dei brasiliani è caduto attorno al 10%.

L’attuale ministro dell’Economia, proveniente dal mercato finanziario, noto sicofante, ha fornito al presidente un cammino per la ripresa dell’economia interamente falso. Quello di fare riforme, diminuire la pressione fiscale sullo Stato e aumentare il tasso di profitti degli imprenditori per "ripristinare la fiducia", che farebbe ritornare gli investimenti esteri. I risultati sono stati catastrofici. Da cinque anni, anche considerando la possibilità di una ripresa ciclida dell’economia, il paese è paralizzato. In Brasile non vi è ipotesi di ripresa dell’economia senza investimenti pubblici e sostegno per una maggiore domanda. Il cammino del ministro Paulo Guedes è addirittura peggiore di quello di Macri in Argentina, il cui destino è stato suggellato da una sonora sconfitta.

L’orientamento del governo Bolsonaro ha fatto implodere l’interesse nazionale e quello dei lavoratori. Riforme antipopolari nel settore del lavoro, della previdenza e sindacale hanno raso al suolo i diritti sociali. L’indirizzo assolutamente fiscale della politica economica ha depresso ulteriormente la domanda, anche perché circa il 40% della forza lavoro si trova in condizioni di disoccupazione o precarizzazione del lavoro senza diritti, per rendere possibile allo Stato garantire il servizio del debito interno, gallina dalla uova d’oro del settore finanziario. Privatizzazioni e distruzione dello Stato si susseguono ogni giorno. Il presidente è inetto alla gestione dello Stato, ciò che produce confusioni e contraddizioni anche fra i suoi membri.

È un governo in permanente conflagrazione, come tecnica politica per alimentare la simbologia di essere antisistema, radicalizzare lo zoccolo duro del bolsonarismo nella società – oggi intorno al 12% - e provocare le istituzioni per promuovere nel paese una scalata autoritaria di nuovo tipo, estremamente pericolosa, in quanto installata all’ombra dello stesso ordinamento costituzionale, attraverso il lawfare, la manipolazione degli organi dello Stato contro gli avversari, lo Stato di polizia in costruzione accelerata con misure inviate al Congresso. Denunce successive di legami del clan familiare con miliziani divengono note alla società.

La lotta contro questo stato di cose si sviluppa su molti fronti, anche se in condizioni di svantaggio. La sinistra politica e sociale, più le forze progressiste, resistono attivamente per ridurre i danni delle riforme promosse e unire le forze. Ma non trovano cammini di unità più decisi sul piano tattico immediato.

Riteniamo che questo sia anche riflesso della nuovissima situazione internazionale. Essa si presenta come il completo fallimetno del neoliberismo senile, incapace di promuovere consenso e speranze nei popoli.

L’egemonia della finanziarizzazione delle ricchezze spinge all’indebitamento degli Stati che lentamente si sono indeboliti. La crisi della globalizzazione neoliberista impone un'Economia Politica di Stati nazionali in conflitto attraverso protezionismo, guerre commerciali. Nella situazione geostrategica l’establishment nordamericano ha stabilito una guerra continua e multimediale, con tutti i mezzi e con armi di rinnovata letalità, per accerchiare la Cina e contenere la Russia. È apertamente in gioco l’egemonia degli USA.

Queste crisi combinate hanno prodotto crisi nella democrazia liberale classica occidentale. L’agenda imposta dal capitale fittizio fornitore di interessi, con la sua accumulazione sfrenata, si impone solo con nuove forme di autoritarismo. Esse intrecciano la cattura dello Stato da parte di interessi di gruppi statali e privati e sono facilitate dal multiculturalismo che trasforma la lotta politica in lotta per cause, frammentando il significato di un progetto di traformazione. Questa è stata una vittoria ideologica del multiculturalismo e delle sue startegie, che ha coinvolto fortemente la Sinistra.

Le reti sociali modellano, e non solo riflettono, la coscienza sociale frammentaria della realtà. Il neoautoritarismo in corso avrà gli algoritmi al posto delle baionette; la falsificazione al posto della verità; l’emozione al posto della ragione; le pulsioni invece di un sentimento medio convergente nell’interesse di tutta la società. Promuovere la polarizzazione è il nuovo mantra politico.

È tutto un cambiamento epocale. Cose nuove, non solo approfondimento del percorso precedente, esigono una riflessione strategica delle destre, ciò che è in franco declino. Tutto ciò produce asfissia della politica, affonda la rappresentatività dei partiti. Vi è un senso di fatalità fra i popoli, che cercano di aggrapparsi a identità che non sono quelle di classe. Il malessere sociale e politico generalizzato è stato cavalcato dall'estrema destra che cresce, non dalla sinistra. Si è prodotto un autoritarismo diffuso, per una società frammentata, difficile da rappresentare.

Allo stesso tempo cresce l’indignazione dei popoli per la brutale concentrazione di ricchezze contrapposta alla privazione dell’immensa maggioranza. Indignazione che può trasformarsi in coscienza sotto una direzione politica lucida. In America Latina l’offensiva dell’imperialismo USA è massiccio. Abbattono governi, promuovono aggressioni e blocchi e anche guerre di aggressione come nel caso del Venezuela. La scalata è in ascesa. La resistenza è grande, l’indignazione dei popoli è grande; ciò nonostante importanti sconfitte si accumulano nel campo progressista.

Oggi, mondialmente la crisi epidemiologica in corso del coronavirus aggraverà ancora di più la crisi della domanda e l’economia mondiale. Si stima che la crescita del PIB mondiale nel 2020 non supererà l’1%. La domanda scarsa ha abbassato nel mondo il prezzo del petrolio, catena di produzione di immenso valore aggiunto, e aggrava i conflitti geopolitici. L’industria 4.0 avrà sempre meno bisogno di petrolio e colpisce profondamente il mercato del lavoro. La massa di diseredati che non avrà neppure diritto a essere sfruttata attraverso un salario aumenterà brutalmente. La concentrazione dei redditi e della ricchezza è bruciante. Sono tutti fattori di combustione per la crescente indignazione e il malessere che si accresce nelle società.

È in mezzo a questa realtà che lottiamo in Brasile. In Brasile essa è ancora più acuta per la sua condizione di nazione in un processo di neocolonizzazione. La borsa in questi giorni ha avuto perdite fra il 12 e il 15%. Il presidente agisce in modo irresponsabile, aggredisce ripetutamente la Costituzione, attacca il Congresso e il STF/Supremo tribunale federale, promuove manifestazioni di strada in contrapposizione a quelli che chiama "i politici". È un pagliaccio molto pericoloso, aggressivo e senza senso della misura, che compie in successione crimini di responsabilità che possono promuovere il suo impeachment. Continua ad avere un appoggio molto grande per l’agenda economica che ha terziarizzato a favore del "mercato", ma non ha dato effetti e si squalifica ogni giorno.

Bolsonaro nel 2019 ha promosso una strategia politica che avanza, la progressiva marcia per un nuovo regime economico, politico e sociale. Questa strategia si svilupperà in modo accelerato se otterrà un secondo mandato. Una controrivoluzione conservatrice in un contesto di un sistema politico squalificato. Impedire l’impeachment e ottenere la rielezione sono al centro della sua agenda. Cosa sarà il mondo e l’America Latina se Trump e Bolsonaro saranno rieletti?

La società è divisa e fa le sue esprienze, con crescente delusione verso Bolsonaro. In particolare, la società non dà appoggio agli ammiccamenti autoritari del governo.

Respinge gli attacchi al Congresso e al STF, anche contro i mass media (che peraltro hanno appoggiato l’elezione di Bolsonaro). Cresce la coscienza del lawfare e degli intenti di infilarlo nella Costituzione. Parimenti quella relativa all’impianto di uno Stato di polizia, con base in nicchie nei livelli medi e bassi delle forze armate e delle polizie militari, con l’appoggio di mega istituzioni evangelicali neopentecostali. Gli attentati all’educazione e alla cultura, oltre che alla politica estera, sono respinti da settori sempre più vasti. Le reti di comunicazione sono palco di guerre, con lo scopo di annichilire oppositori. Si rifiuta a Bolsonaro il salvacondotto per misoginia e omofobia. Insomma il soffocamento della società civile in corso.

È una nuova curva... non punti fuori dalla curva. Nulla è gratuito, vi è una logica che guida. La "stabilità delle istituzioni"? Al suo posto la demolizione dello Stato. Un governo di conflagrazione attraverso polarizzazione, protetto da un nucleo duro sociale e ideologico, con appoggio evidente a un'agenda economica ultraliberista.

In tale contesto le nostre lotte per diritti sociali, libertà e sovranità si impongono. Un Fronte Popolare programmatico, capace di reinventarsi, unendo la sinistra politica e sociale con le forze progresssite è sempre stato all’ordine del giorno, in particolare dei comunisti.

Ma in una realtà difensiva nella correlazione di forze politiche, sociali e nell’immaginario popolare, il centro della nostra azione deve essere isolare e sbarrare l’offensiva autoritaria bolsonariana, chiarire la base centrale del suo intento strategico. Così pensano i comunisti.

Il terreno più favorevole per questo, quello più sfavorevole per lui, è una democrazia incentrata sull’unità d'azione delle nostre forze. Per lo Stato democratico di diritto, contro il lawfare, contro lo Stato di polizia, per la difesa anche delle istituzioni del Congresso e del STF, per l’educazione e la cultura senza bavagli ideologici conservatori, per le libertà civili.

La vita dimostra che su questo terreno Bolsonaro non irrigimenta forze. Lì ha avuto le principali sconfitte. A differenza di quanto avviene rispetto all’agenda economica e sociale che vuole spezzare il Brasile e il popolo. Quando si hanno molti avversari, molto potenti, in situazione difensiva, è ancor più necessaria la capacità di manovra nell’unire forze per isolare e sconfiggere l’avversario, ripristinare il patto democratico rotto dal golpe e alimentare il confronto sui destini del paese. Chiaro che per la sinistra questo si fa con ampia mobilitazione e unità popolare.

Riteniamo che in questo terreno democratico sia necessario dire BASTA. È quello che la società si aspetta da noi. Un'ampia concentrazione di forze democratiche incentrata su punti nodali contro l’offensiva autoritaria. Una polarizzazione diretta nero-bianco, destra-sinistra non paralizza l’offensiva autoritaria. Anche perché fino al 2022 la nazione sarà distrutta nelle sue fondamenta.

In questo momento il paese si prepara ad affrontare la crisi epidemiologica del COVID-19, il coronavirus. La Borsa di San Paolo in una settimana è caduta del 14,7%, perdendo circa 100 miliardi di dollari. La catatonia del governo, all’inizio, è stata terribile. Lo stesso presidente ha detto pubbliche buffonate sulla "crisetta" che non preoccupa tanto. Il paese ha un sistema pubblico di salute che è uno dei grandi attivi nazionali, ma il governo non ha mezzi per garantire il rigore necessario per affrontare la crisi. E continua a manifestarsi contro il Congresso e il STF, attaccandoli senza tregua. La situazione si aggrava per ripetuti conflitti provocati da Bolsonaro, un essere piccolo, brutale, meschino e reazionario sotto tutti i punti di vista.

Concludo dicendo che, in mezzo a tante instabilità, gli sviluppi della nostra lotta sono aperti. (15/3/2020)

Traduzione di Teresa Isenburg

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a cura di Nicoletta Manuzzato