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Il blocco Brics+ e l'America Latina Dal 22 al 24 ottobre si è tenuto, nella località russa di Kazan, il XVI Vertice del blocco Brics+. Erano presenti i rappresentanti di 36 nazioni, nonché il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Una chiara testimonianza dell'interesse suscitato da questo germe di un mondo multipolare, in grado di sviluppare istituti alternativi per il commercio e la finanza internazionali e di aggirare così le sanzioni statunitensi ed europee da cui molti sono colpiti. All'inizio del 2024 ai cinque membri storici, Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, si erano aggiunti Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto ed Etiopia (l'Arabia Saudita non ha ancora formalizzato la sua adesione). Anche l'Argentina avrebbe dovuto far parte di questo gruppo, come completamento di un processo iniziato durante la presidenza di Cristina Fernández. Ma l'attuale capo dello Stato Javier Milei aveva già preannunciato, ancor prima di vincere le elezioni, che il paese "sotto il nostro governo non starà nei Brics" perché "non andremo ad allearci con i comunisti". Il XVI Vertice ha sancito l'ingresso di tredici nuovi Stati, ammessi come "associati": i latinoamericani Cuba e Bolivia insieme ad Algeria, Bielorussia, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan, Vietnam. Ha sorpreso invece l'esclusione del Nicaragua e soprattutto del Venezuela a causa del veto posto da Brasilia. Lula non si è recato a Kazan (era presente invece Celso Amorim) per i postumi di un incidente domestico su cui si è molto speculato: qualcuno ha pensato a un pretesto per evitare incontri imbarazzanti con Nicolás Maduro, che era tra gli invitati. Il governo brasiliano, che pure a suo tempo aveva sponsorizzato la candidatura venezuelana, si è ora opposto adducendo la rottura del rapporto di fiducia con Caracas. Si riferiva alla mancata pubblicazione degli atti ufficiali che avrebbero dovuto testimoniare la vittoria di Maduro alle elezioni del 28 luglio, vittoria contestata dalle opposizioni. Una motivazione che contrasta con la politica dei Brics+, basata sulla non ingerenza negli affari interni di ciascun paese. Molto si è discusso su questo veto, che il Ministero degli Esteri bolivariano ha definito "un atto aggressivo e ostile". Con ogni probabilità la decisione brasiliana risponde non solo al desiderio di non giungere a uno scontro aperto con gli Stati Uniti, ma anche a problemi interni: Lula non conta su una maggioranza parlamentare e deve appoggiarsi su una coalizione spostata in senso conservatore. Per il blocco Brics+ questo significa la perdita di un socio dotato della principale riserva petrolifera mondiale. E anche le ripercussioni sulla regione latinoamericana saranno pesanti, come scrive Atilio Boron su Página/12: "Quanto avvenuto sottrae prestigio al Brasile e fa apparire il suo governo come un docile alleato di Washington che opera in America Latina, favorendo la disconnessione, per non dire la 'disintegrazione' tra i paesi dell'area. Tutto ciò alimenta il sospetto sulle future intenzioni di Itamaraty [sede del dicastero degli Esteri] sul terreno internazionale. Per questo la mossa di Lula a Kazan è un 'veto suicida' perché indebolisce l'attrazione internazionale del Brasile non solo in America Latina, ma a livello mondiale". (28/10/2024)
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cura di Nicoletta Manuzzato |